In vigore il decreto Ong, ma la stretta viola il diritto internazionale
Poiché la sceneggiatura della realtà sa essere ferocissima proprio ieri, nel bel mezzo del mare di accuse contro i ministri Matteo Piantedosi e Matteo Salvini e nel bel mezzo del dolore che non si attenua per le vittime della strage di Crotone è entrato in vigore con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale il primo (e unico) atto politico del neo ministro all’Interno Piantedosi, degno erede di quel Salvini: il cosiddetto decreto “anti Ong”.
È entrato in vigore il decreto che rende più difficili i soccorsi delle Ong in mare. E ora non resta che attendere i prossimi morti
Il fatto che un ministro trovi il tempo di prendersela con le Ong mentre dovrebbe affrontare un evento mastodonticamente complesso come quello delle migrazioni, mentre le guerre infiammano il mondo, mentre il cambiamento climatico asseta interi popoli e mentre le catastrofi naturali stravolgono intere nazioni. Il ministro Piantedosi ha preso carta e penna per vergare un decreto che sostanzialmente rende già complicato e più costoso salvare vite umane. Il fatto che avvenga mentre urlano quelle bare messe in fila a Crotone aggiunge il paradosso allo sconcerto.
Cosa prevede il novo decreto
Il nuovo decreto-legge appare in sostanziale continuità con una disposizione contenuta nel decreto-legge n. 130/2020 (cd. decreto Lamorgese) che consente all’Esecutivo di “limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale” per motivi di ordine e sicurezza pubblica in conformità alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (cd. Convenzione di Montego Bay).
Divieto di transito e sosta che il nuovo D.L. n. 1/2023 esclude, tuttavia, nel caso di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al Centro di coordinamento per il soccorso marittimo dello Stato nella cui area Sar di competenza ha avuto luogo l’evento e allo Stato di bandiera della nave, e qualora ricorrano tutte le seguenti condizioni: a) che la nave che effettua sistematicamente attività di ricerca e soccorso abbia le autorizzazioni rilasciate dalle autorità dello Stato di bandiera e possegga i requisiti di idoneità tecnico-nautica alla sicurezza della navigazione; b) che siano avviate tempestivamente informative alle persone soccorse della possibilità di chiedere protezione internazionale; c) che sia chiesta nell’immediatezza dell’evento l’assegnazione del porto di sbarco; d) che il porto di sbarco sia raggiunto senza ritardo; e) che siano fornite alle autorità marittime o di polizia le informazioni per ricostruire dettagliatamente l’operazione di soccorso; f) che le modalità di ricerca e soccorso in mare non abbiano concorso a creare situazioni di pericolo a bordo né impedito di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco.
Come sottolinea Asgi (l’Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione) “pretendere, infatti, che il porto di sbarco assegnato sia raggiunto “senza ritardo” (lett. d) e che le modalità di soccorso non impediscano di raggiungerlo “tempestivamente”(lett. f) sottende la volontà di costringere le navi a non soccorrere persone a rischio di naufragio diverse da quelle già soccorse e delle quali abbiano contezza nell’area di mare ove si trovano ad operare, così come di impedire che le persone soccorse siano trasbordate da una nave umanitaria all’altra (per consentire a una di esse di tornare a cercare persone in pericolo)”.
Piantedosi ha firmato un decreto che viola trattati internazionali superiori
La pretesa infatti non potrà mai avverarsi perché, dice Asgi, “qualora il comandante della nave che già ha prestato un primo soccorso venga a conoscenza di una ulteriore situazione di pericolo dovrà sempre dirigersi verso la zona e prestare assistenza in ossequio all’obbligo inderogabile di soccorso previsto dal diritto internazionale consuetudinario e pattizio (art. 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Cap. V Regola 33 della Convenzione SOLAS) e dal diritto interno (v. art. 1113, art. 1158 Codice della Navigazione)”.
Il ministro Piantedosi ha firmato un decreto che viola trattati internazionali superiori. L’obbligo di soccorso imposto dal diritto internazionale è norma di rango superiore (art. 10 e 117 Cost.) e non può essere derogata da una disciplina interna volta a limitare i soccorsi stessi. Non solo, la normativa internazionale è di inequivoca lettura: lo Stato deve (e non già solo può) esigere dal/dalla comandante di una nave che agisca per prestare soccorso. Dunque, la selettività del soccorso sottesa al decreto-legge non potrà mai essere interpretata come ostativa al soccorso di tutte le persone che si trovano in mare in stato di pericolo.
Come scrive Asgi: “Il decreto legge n. 1/2023, preceduto da una narrazione politica finalizzata al contrasto dell’immigrazione definita illegale, contiene disposizioni che non potranno far cessare né i gravi motivi che inducono le persone a fuggire in mare dallo Stato di origine o di transito, né le operazioni di soccorso umanitario imposto dal diritto internazionale.
Dunque, tanto rumore per nulla, trattandosi di norme in parte già applicate, mentre altre sono inapplicabili per contrasto con il diritto internazionale ed europeo”. Fumo negli occhi della propaganda politica trasformato in legge giusto il tempo del primo ricorso che ne annullerà una parte consistente. Il decreto Piantedosi non esiste, durerà un soffio. I morti invece esistono eccome. Stanno là a ricordarci che regolamentare l’umanità è l’aspirazione torva di chi è pronto a tutto pur di solleticare una ferale propaganda.
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