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Salvini scappa

L’aveva definita “zecca tedesca“,”sbruffoncella” e “complice di scafisti e trafficanti”. La prima e la terza definizione sono passibili di condanna. Che Carola Rackete sulla quale su Left abbiamo scritto molto sia “complice di scafisti e trafficanti” appare, allo stato attuale, una diffamazione bella e buona.

Solo una tra le tante che alcuni membri di questo governo usano per soffiare sul razzismo che hanno promesso di sfamare durante la loro campagna elettorale.

Matteo Salvini ha probabilmente diffamato Carola Rackete ma dopo avere passato mesi a infamarla ieri ha deciso di farsi salvare dai suoi compagni di brigata nella Giunta per le elezioni che ha negato l’autorizzazione a procedere, dopo la denuncia per diffamazione della capitana di Sea Watch 3. A favore di Salvini hanno votato in dieci: i senatori del Carroccio, di Fdi e di Forza Italia, con tre voti contrari (due del Pd e 1 del M5s) e due astenuti, il renziano Ivan Scalfarotto e Ilaria Cucchi dell’alleanza Verdi-Sinistra.

Ilaria Cucchi ha spiegato di aver ritenuto doveroso astenersi “avendo avuto con l’onorevole Salvini, oggi ministro, numerosi procedimenti come persona offesa e/o indagata per lo stesso titolo di reato”. Il gruppo Verdi-Sinistra ha comunque confermato che voterà l’autorizzazione a procedere in Aula.

Non ci sta il senatore del Pd Alfredo Bazoli: “È una vergogna. – dice -. Non è accettabile che si usi questo strumento della insindacabilità per proteggere e impedire che vada a giudizio un ministro che si è permesso per un mese e mezzo consecutivo da qualunque canale, tv o social di insultare una persona, protesta il senatore parlando di “un precedente molto pericoloso perché così si autorizza chiunque a dire qualunque cosa in un’aula parlamentare essendo autorizzato a farlo, e si fa un pessimo servizio alle nostre prerogative che vanno salvaguardate sì ma non in questo modo. Ci si scherma dietro ragioni giuridiche che sono totalmente infondate, secondo noi”. Dello stesso avviso anche Ketty Damante del Movimento 5 stelle: “Per noi – spiega – Salvini dovrebbe difendersi nel processo, e non dal processo esattamente come ogni altro cittadino. Nel merito, le sue parole contro Carola Rackete non rappresentavano opinioni politiche ma veri e propri insulti, di fronte ai quali oggi il leader leghista si scherma con l’immunità parlamentare anziché renderne conto davanti a un giudice. In aula confermeremo il nostro voto di oggi”.

Curiosa la difesa di Adriano Paroli di Forza Italia che si trincera dietro a “l’articolo 68” che “prevede che si individui il fatto per cui un senatore abbia espresso le sue opinioni nell’esercizio del suo mandato. Ciò non induce la Giunta a intervenire con un’analisi della veridicità o gravità delle affermazioni, non ci compete. Per me era evidente che quello che ha detto il ministro era nell’esercizio del suo mandato”. Per Paroli quindi un senatore che scippa un’anziana nell’esercizio del suo mandato è un problema che non gli compete, evidentemente.

Salvini scappa semplicemente questo. E lo fa nel momento in cui al Viminale c’è qualcuno che prova a fare peggio di lui.

Buon mercoledì.

*

L’immagine di apertura è una illustrazione di Paola Formica

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Pd, Zan: “Nessuna scissione, Calenda & C. si rassegnino”

Alessandro Zan è stato in prima fila per la campagna delle primarie della neoeletta segreteria Elly Schlein e non ha dubbi: “il PD è nato per essere un partito plurale – dice – che tiene dentro diverse anime e sensibilità e deve continuare a esserlo per non snaturarsi”. “Ha vinto Elly perché è riuscita a rimotivare tante persone a sinistra che ima questi anni si erano allontanate dal Partito democratico”, spiega, “perché non si sentivano appresentate.

Parla il dem Alessandro Zan: la partecipazione dimostra che l’innovazione paga. “I progressisti sono tali se sanno essere universalistici”

L’enorme partecipazione è la dimostrazione che il progetto di Schlein ha allargato”. Dice Zan: “Se qualcuno se ne vuole andare sono dispiaciuto, in un grande partito le primarie possono dare esiti diversi. Il partito laburista ce lo insegna. Elly rappresenta una politica di innovazione, fuori dagli schemi: sono aumentate le disuguaglianze e bisogna tornare a parlare alle persone con i redditi più bassi che si sono astenute nelle ultime elezioni. La sinistra deve stare là, con le persone che fanno più fatiche, le più fragili che hanno subito gli effetti della pandemia e della guerra”.

“Se abbiamo una destra che fa la destra che sta con i gruppi di potere la sinistra deve essere universalistica che vede il welfare come investimento, che crede nei beni comuni. è bello che per la prima volta sia stata eletta una segretaria che rappresenta l’antitesi della donna sola al comando che è a Palazzo Chigi (tra l’altro contro i diritti delle donne). Quella di Elly è una leadership collettiva, lei stessa è convinta che non possiamo ancora una volta affidarci a un leader solo al comando a cui affidare tutte le nostre speranze”.

“Sono gli stessi valori del cristianesimo – dice Zan – e anche questo schema per cui i cattolici dovrebbero essere più a destra non c’è più. Penso che il Pd debba rimanere la casa di tutta la sinistra, quella del cristianesimo democratico, quella socialista, quella più movimentata”.

E sulle parole di Calenda che invita i progressisti ad abbandonare il Partito democratico Zan ha le idee chiare: “Non ci sarà nessuna scissione. Calenda avrebbe potuto più elegantemente augurare buon lavoro a Elly e proporre temi su cui lavorare insieme all’opposizione. Il Paese ha bisogno di questo, non di politicisimi che vedono i partiti come contenitori”.

Leggi anche: Ambiente e salario minimo. La Schlein alla prova dei fatti. Dopo il passaggio di consegne con Letta la nuova leader del Pd parte subito con il tesseramento

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Il Pd di Elly, al di là delle chiacchiere

Ieri qualche sedicente esperto di politica discettava comodo in televisione dicendoci che «le primarie del Partito democratico sono state uno scontro di persone ma mancavano i programmi». È solo uno dei tanti esempi della mostrificazione dei Dem da parte di chi non li ha votati, non aveva intenzione di votarli e confida nella loro distruzione prevedendo di guadagnarci qualche briciola.

Stefano Bonaccini e Elly Schlein si sono affrontati con i programmi. Ora resta da vedere se verrano rispettati ma le linee sono chiare. «Le priorità sono il contrasto a ogni forma di disuguaglianza – ha spiegato appena eletta – il diritto a un lavoro dignitoso, la necessità di affrontare con massima urgenza l’emergenza climatica. Dobbiamo ricostruire fiducia là dove s’è spezzata». Ma vediamo cosa contiene il suo programma per capire come si muoverà nello scenario politico.

Sul lavoro Schlein ha preso le distanze in modo netto dalle politiche di renziana memoria. Secondo Schlein è necessario «voltare nettamente pagina dopo gli errori del Jobs Act e del decreto Poletti sulla facilitazione dei licenziamenti e la liberalizzazione dei contratti a termine». La battaglia è per contrastare la precarietà limitando i contratti a termine, rendendo più conveniente il lavoro stabile, abolendo le forme più precarie come gli stage extracurriculari e gratuiti e regolando i lavoratori delle piattaforme. E insiste sul reddito di cittadinanza: «Non va abolito, va migliorato». E poi rimarca la necessità di una battaglia per il salario minimo. «Saremo quel partito – ha detto – che non si dà pace finché non avremo posto un limite alla precarietà, posto un limite ai contratti a tempo determinato, abolito gli stage gratuiti, lottato per portare a casa il salario minimo. E lo dico già da ora, l’ho detto in queste settimane: ci rivolgeremo a tutte le altre opposizioni per fare questa battaglia insieme, per dire che sotto una certa soglia non è lavoro, è sfruttamento».

Anche sul cambiamento climatico la linea è netta. No al nucleare, maggiori investimenti sulle energie rinnovabili, un piano fiscale eco-friendly, in grado di azzerare progressivamente i sussidi ambientalmente dannosi e legare le imposte indirette alle emissioni di Co2 e una vera legge sul consumo di suolo. Sulla sanità si promette un maggiore investimento puntando sulla sanità pubblica, potenziando la cura domiciliare e territoriale. Nel suo discorso ha anche parlato di immigrazione: «Proprio oggi (abbiamo) un’altra strage nel mare, davanti a Crotone, che pesa sulle coscienze di chi solo qualche settimana fa ha voluto approvare un decreto che ha la sola finalità di ostacolare i salvataggi in mare, quando invece ci vorrebbero vie legali e sicure per l’accesso a tutti i Paesi europei e ci vorrebbe una Mare Nostrum europea. Una missione umanitaria per il soccorso in mare».

Idee chiare sul fisco: «il sistema fiscale italiano deve diventare più chiaro, comprensibile e semplice. In una riforma fiscale complessiva e progressiva anche il tema dei grandi patrimoni deve essere affrontato in un’ottica redistributiva, a partire dall’allineamento della tassa sulle donazioni e successioni al livello degli altri grandi Paesi europei». Poi ci sono i diritti, su cui Schlein ha sempre avuto una barra dritta e un’idea chiara.

Di punti programmatici ce ne sono, eccome. E sono i punti programmatici comuni a molti esponenti della socialdemocrazia in Europa, niente di mostruosamente radicale come vorrebbe far credere qualcuno. Resta da vedere se Schlein riuscirà a compiere ciò che ha in mente. Ma i punti ci sono, eccome. E il suo avversario Stefano Bonaccini, con grande senso di responsabilità e delle istituzioni, si è messo a disposizione.

Buon martedì.

Nella foto: Elly Schlein frame del video del discorso dopo la vittoria alle primarie Pd

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Romanzo Viminale, quello di Piantedosi ormai è il dicastero dell’Inferno

Il ministro dell’Inferno Matteo Piantedosi riesce a essere peggio ogni giorno che passa. Mentre ancora si recuperano le persone in mare (meglio: i cadaveri in mare) Piantedosi riesce a piazzarsi davanti a un microfono e trova il coraggio di dirci che “la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo le vita dei propri figli”.

Il ministro dell’Inferno Matteo Piantedosi riesce a essere peggio ogni giorno che passa

La frase oltre che stupida e disumana è indice di un’ignoranza piuttosto pericolosa nella bocca di chi dovrebbe decidere delle sorti di disperati per terra e per mare. Se studiasse il ministro dell’Inferno potrebbe imparare che il concetto di “scegliere di partire” esiste solo nelle comode menti dei comodi europei sui loro divani.

Iracheni, iraniani, afghani e siriani scappano. Scappano da condizioni di vita che mettono in pericolo i loro figli molto di più di un qualsiasi barchino o di qualsiasi traversata con i piedi ghiacciati. Se Piantedosi avesse i figli in pericolo non starebbe ad ascoltare i consigli i qualche burocratico ministro di qualche altro Paese.

Caricherebbe i suoi figli ovunque, in spalla o in barca, perché una morte incerta è sempre meglio di una morte certa, in qualsiasi condizione e in qualsiasi situazione. I disperati, caro Piantedosi, se ne fottono dei giudizi degli altri sulle loro scelte esistenziali. Del resto quella di ieri è solo l’ultima delle tante bugie che Piantedosi, per conto di Giorgia Meloni e del suo governo, continua a propagare per fomentare la propaganda e nascondere l’inettitudine.

C’è, ad esempio, la solita bugia dei porti chiusi del blocco delle partenze che è uno slogan a cui può credere solo chi non ha minimamente idea di cosa siano le migrazioni nella storia dell’uomo. Pensare di fermare le persone (con muri o con pattugliamenti) è un’illusione che serve solo a coniare qualche slogan da appiccicare sui manifesti. Una persona su 30 è migrante.

L’attuale stima globale è che ci fossero circa 281 milioni di migranti internazionali nel mondo nel 2020, il che equivale al 3,6% della popolazione mondiale. Leggendo questi numeri ci si rende conto di quanto sia vigliacca la prosopopea e l’allarme su qualche gommone? Vigliacca anche la bugia che ripete “è colpa degli Stati che li fanno partire su quelle imbarcazioni”.

Nessuno Stato fa partire nessuno. Le imbarcazioni insicure e sovraffollate sono il frutto della mancanza di qualsiasi via legale per partire. Lì dove c’è l’illegalità, da sempre, c’è insicurezza. Se si decide di lasciare gestire le migrazioni agli scafisti (che Piantedosi condanna e arresta fingendo di non sapere che sono le stesse persone che il governo italiano finanzia illudendosi di “controllare le partenze”) è normale che le traversate siano gestite in modo criminale.

Le Ong non fanno da calamita ai disperati in fuga. La maggior parte dei migranti arriva su imbarcazioni fantasma

Basta anche, davvero, con questa pagliacciata delle Ong. Le persone che arrivano qui solo in minima parte lo fanno con navi di Ong. Il tratto in cui è avvenuta la tragedia di Crotone non è presidiato da nessuna Ong e già questo smaschera la bugia del “pull factor”, ovvero delle Ong come “calamita” che invoglia le partenze. Per gestire le migrazioni ci vuole competenza, intelligenza e cuore. Le parole di Piantedosi sono solo propaganda spiccia senza nessun fondamento. Ministro Piantedosi, studi e vedrà che i temi complessi non si sciolgono ripetendo bugie.

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Per la Schlein il primo ostacolo è il fuoco amico

“Abbiamo ammazzato il Pd”. La frase di Lorenzo Guerini dopo la batosta storica che ha preso la sua corrente Base riformista riflette perfettamente la natura degli ex renziani: il partito è roba loro, sono loro e non gli elettori a deciderne le sorti (l’hanno “ammazzato” perché hanno fatto votare le persone?) e il partito esiste solo se corrisponde ai loro desiderata. I sedicenti “progressisti”, al di là delle congratulazioni di facciata sono il primo vero nodo di Elly Schlein da segretaria.

La neo segretaria del Pd Elly Schlein deve guardarsi le spalle dai renziani. Ancora forti nel partito nonostante la batosta dei gazebo

Il lavoro di logoramento è già iniziato e, come sempre, è pateticamente prevedibile. Per capire la sceneggiatura basta farsi un giro sui giornaletti suggeritori e tra i social dei cosiddetti intellettuali di riferimento dei liberali dem: la sciagura Schlein per loro si manifesterà con “il partito fagocitato da Conte e Casalino”, l’imperdibile editorialista dell’inchiesta ci dice di una “trasformazione del partito in una specie di “Arci diritti” destinato a rappresentare la parte più elitaria delle ztl cittadine, oltre che il Pigneto, Nolo e la brigata dei cuoricini sui social” e i più sprezzanti del ridicolo vedono addirittura “un rischio per l’Ucraina”.

Il primo pensiero leggendoli sarebbe quello di confinare le strampalate tesi a isterie da sconfitta ma basta aspettare qualche ora per ritrovarsi il copione recitato dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori che retoricamente domanda se Schlein “terrà la posizione atlantista o no? Terrà la linea Letta sull’Ucraina o no? Sarà pragmatica sul lavoro che non è solo difesa dei salari ma anche creazione di lavoro o no?”.

Evidentemente il passa parola funziona, eccome. Nessuno di loro che riflette sul risultato e ha una pur piccola tentazione di mettersi in discussione. Lorenzo Guerini nella “sua” Lodi ha preso una scoppola nonostante avesse schierato per Bonaccini il sindaco Furegato e tutti i suoi assessori. Nella “sua” Bergamo Giorgio Gori ha dovuto contare 363 voti a favore di Schlein contro i 215 di Bonaccini mentre nella provincia Schlein prende 240 comuni su 243.

Sono passate poche ore dalla vittoria e la segretaria del Partito democratico si ritrova già a dover fare i conti con le minacce di scissione di qualche ex renziano sui territori. Chi si è già scisso è lo storico dirigente della Margherita Beppe Fioroni che all’Adnkronos spiega che con la vittoria di Schlein “nasce un nuovo soggetto che non è più il Pd che avevamo fondato e prendo atto della marginalizzazione dell’esperienza popolare e cattolico democratica” e saluta tutti (quelli che si ricordavano che nel Pd ci fosse ancora Fioroni).

Scontata è anche la battaglia a testa bassa che contro Elly Schlein lancerà il Terzo polo: “Dopo l’elezione di Schlein il campo è ben definito: Pd/5S su posizioni populiste radicali; Fdi guida la destra; il Terzo Polo che rappresenta riformisti, liberal democratici e popolari. Domani partirà un cantiere aperto e inclusivo per arrivare a un partito unico. Porte aperte”, scrive su twitter Carlo Calenda, leader di Azione.

Anche qui lo schema è prevedibile, quello di sempre: autonominarsi rappresentanti di un’area pur non riuscendo a prenderne i voti è un problema che non sfiora lontanamente Calenda e i suoi compari. La retorica di Schlein “radicale” è la stessa degli ex renziani all’interno del Pd. Che le posizioni di Schlein siano le normali posizioni dei partiti di centrosinistra in tutta Europa è sfuggito ai competenti di casa nostra: l’importante, come sempre, è provare a demolire il Pd per vedere se avanza qualche transfugo da poter imbarcare.

Socialdemocratiche come Elly Schlein in Europa ce ne sono moltissime ma forse ha ragione il giornalista Matteo Pascoletti quando scrive “già inizia a sbroccare gente che nella vita deve autocertificarsi “moderata” o “liberale” perché per l’educazione piccolo-borghese ricevuta è troppo radicale dire “babbo, mamma, sono di destra!”…”.

Ma non sono solo gli scissionisti del passato e del futuro l’unico problema per la nuova segretaria del Pd. Ora c’è innanzitutto da “tenere insieme” la truppa parlamentare rinnovando le cariche senza provocare strappi. Le capigruppo alla Camera e al Senato dei dem (Debora Serracchiani e Simona Malpezzi) dovrebbero essere sostituite con persone vicine a Schlein. Si fanno i nomi di Chiara Braga, Chiara Gribaudo e Michela Di Biase per la Camera e Francesco Boccia e Antonio Misiani al Senato.

Stessa cosa accadrà in Europa dove Brando Bonifei potrebbe non essere più capo della delegazione. Poi c’è da comporre la segreteria con Boccia, Marco Furfaro (coordinatore e portavoce della mozione Schlein) oltre agli ex Articolo 1 Arturo Scotto, Roberta Agostini e Nico Stumpo e alle ex sardine Mattia Santori e Jasmine Cristallo. Ha sostenuto Elly Schlein anche il più volte ministro Dario Franceschini che sa bene come far pesare il proprio aiuto quando si tratta di nomine nella segreteria.

E qui arriva l’altro ostacolo che la segretaria dem dovrà essere brava a aggirare: sul suo nome, in nome di un rinnovamento declamato ma mai praticato, convergono anche ex trombati che vorrebbero usare Schlein come gancio per rimettersi in gioco. Accade sul piano nazionale e nel piano locale: chi conosce bene il Partito democratico ammette di avere intravisto tra i nomi della “mozione Schlein” sui territori gente che non ha nulla a che vedere con le idee, i modi e i principi della neo segretaria.

Salire sul carro del vincitore per riciclarsi del resto è un vizio vecchio come la politica. Una candidatura per la segreteria nata in tempi ristretti rischia di avere antenne deboli sui territori e farsi sfuggire gli eventuali cacicchi che sono un rischio dietro l’angolo. Infine c’è un rischio che vale per tutti, in tutti i partiti: cadere nell’errore di credere che il potere sia una posizione e non un esercizio. Saranno in molti a consigliare a Elly Schlein di smussarsi per non provocare frizioni e per restare salda in sella. È l’errore in cui cadono quasi tutti: la sua vittoria è l’apertura di una possibilità, nient’altro. Le cose cambiano cambiandole.

Leggi anche: M5S: “Dalla Schlein parole simili alle nostre. Il Movimento c’è da tempo con proposte chiare su povertà, ambiente e lavoro. Passiamo ai fatti”

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Siate maledetti, scafisti politici

Per avere l’idea di cosa sia accaduto ieri a Steccato di Cutro basta andarsi a cercare il video in cui alcuni mezzi delle forze dell’ordine passano a pochi centimetri da una montagna coperta da un lenzuolo. Là sotto ci sono decine di morti, molte donne e molte bambini, che sono la montagnola dell’umido in cui noi buttiamo i nostri errori e nostri orrori.

Numeri ufficiali non ce ne saranno, tranquilli. I numeri ufficiali dei morti nel Mediterraneo sono statistiche che possono sapere esattamente quanti se n’è inghiottiti il mare. I morti si valutano sui racconti dei sopravvissuti – racconti disperati e disperanti – e sui corpi che si disimpigliano e infine galleggiano. Il mare che vomita corpi morti sulla spiaggia dell’Italia mentre il suo governo trattiene le navi che vorrebbero salvare, poi le multa e mentre si accorda con le peggiori autarchie per chiudere i confini è l’incubo che ci meritiamo.

Quella di ieri non è una giornata diversa dalle altre. Il Mediterraneo è un buco mortifero tutti i giorni. Ieri è semplicemente accaduto che anche i peggiori satrapi che governano questo Paese hanno dovuto farci i conti perché il sangue ha sporcato la tranquilla domenica pomeriggio dei loro elettori. «Si commenta da sé l’azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di un’immigrazione senza regole», ha detto ieri Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio di fronte agli accadimenti del mondo, quando non ha il copione scritto dai suoi alleati internazionali, mostra irrimediabilmente tutta la sua ignoranza: l’immigrazione senza regole è quella che marcisce sotto i governi che vorrebbero nascondere l’immigrazione sotto il tappeto. L’immigrazione “senza regole” è figlia dei cretini che vorrebbero fermare la gente che scappa dalla fame e dal piombo sventolando razzismo di bassa lega che non sa (e non vuole sapere) quello che accade da quelle parti del mondo.

Mentre in Calabria si recuperano i cadaveri sfranti dal mare sulla terra sgorgano le lacrime ipocrite. Il mare non uccide, le persone uccidono. I colpevoli di queste morti (come di tutte le morti nel Mediterraneo sono coloro che non hanno capito che senza canali legali l’immigrazione sarà sempre in mano all’illegalità («indispensabile che l’Unione Europea assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie», ha detto ieri Mattarella). I colpevoli di questi morti sono coloro che hanno interessi (o si disinteressano) di «guerre, persecuzioni, terrorismo, povertà, territori resi inospitali dal cambiamento climatico» in un continente in cui rischiare di morire è l’unica strada per sperare di sopravvivere. I colpevoli di questi morti sono coloro che stringono le mani in Libia di persone che sono ufficiali di polizia di giorno e poi scafisti di notte. I colpevoli di questi morti sono quelli che bloccano le navi che salvano vite con decreti illegali e immorali. I colpevoli di queste morti sono i partiti che non hanno mai avuto la voglia di opporsi, nonostante fingano di essere dalla parte giusta.

I colpevoli siano maledetti. E siano maledetti gli speculatori – cara Giorgia Meloni – dell’immigrazione per riempirsi la pancia di voti. Siano maledetti gli scafisti politici.

Buon lunedì.

 

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Schlein, non avete visto arrivare il futuro

Il primo dato politico nella vittoria di Elly Schlein, ora nuova segretaria del Partito Democratico, è che all’interno del PD, all’interno del presunto centrosinistra italiano e sulle colonne di presunti autorevoli giornali in molti non ci hanno capito niente.

La vittoria di Elly Schlein alle primarie del Partito Democratico potrebbe essere una deflagrazione per il quadro del centrosinistra

I presunti “competenti” della politica italiana sono un accocco di conservatori concentrati sulle loro piccole posizioni di rendita. Se il Partito Democratico deve imparare una lezione da questa vittoria può scrivere in stampatello che ha una classe dirigente non solo sconnessa dalle periferie: sono sconnessi dalla realtà e infatti la realtà ieri gli è caduta addosso.

Il secondo dato politico è che “i diritti non interessano a nessuno” è una delle frasi per riconoscere i cretini che parlano di politica. Il punto è che i diritti bisogna rappresentarli oltre che declamarli e per rappresentarli bisogna essere credibili. Elly Schlein è stata credibile, a differenza di quel nugolo di uomini che la vedevano come souvenir per i diritti, pronti a esporla sulla mensola nel corridoio del partito.

Il terzo dato politico è che ora cambia davvero tutto. Ma non cambia tutto perché come dice qualche sedicente libdem “il PD è diventato sinistra radicale”: cambia tutto perché quella minoranza arrogante che teneva in mano il partito e che voleva possedere le chiavi di lettura del Paese torna giustamente a essere il. Catino dei conservatori.

Qualcuno sta già preparando le valigie per tuffarsi nel sedicente Terzo polo ma i peggiori – vedrete – rimarranno nel PD per paura di perdere qualche piccolo privilegio locale. Cambia il quadro politico nazionale perché il PD ora non ha più scuse: deve essere il partito del cambiamento dopo essere stato il partito del potere.

È un’occasione enorme per il PD e per il Paese. La vittoria di Elly Schlein potrebbe essere una deflagrazione per il quadro del centrosinistra. E potrebbe essere una bellissima deflagrazione. “Ancora una volta non ci hanno visto arrivare”, ha detto ieri Schlein in conferenza stampa. Lì dentro c’è già tutto.

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Fuga dalla scuola senza precedenti ma Valditara ha altre priorità. Quattro milioni di studenti non arrivano al diploma mentre altri 11,7 non si sono mai iscritti alle superiori

Se il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara si occupassi di robe più serie del riscrivere i valori costituzionali di questo Paese e del far rissa con le presidi – peggiorando ogni giorno la sua posizione – potrebbe dirci qualcosa dello sfacelo fotografato ieri dal Rapporto Plus 2022 scritto dai ricercatori del Inapp: ben 11,7 milioni di italiani non si sono mai iscritti alla scuola secondaria superiore, quasi 4 milioni si sono fermati nel loro percorso di istruzione senza conseguire un diploma di scuola secondaria di secondo grado.

Sono più uomini (62%) che donne (38%). A fronte di quasi 11 milioni di cittadini che acquisito il diploma non hanno proseguito gli studi, esistono 5 milioni di diplomati che si sono iscritti a percorsi universitari senza portarli a termine, con un dispendio di tempo e di risorse assai significativo. “Ancora oggi il 41% della popolazione tra 18 e 74 anni ha al massimo la licenza media (17,7 milioni di persone) – scrivono i ricercatori dell’Inapp- i diplomati sono la maggioranza: 42%, pari a 17,9 milioni di persone. La porzione di popolazione con titolo di studio più elevato è composta da 6,1 milioni di laureati (14%) e 1,3 milioni di persone con master e dottorati di ricerca (il 3%) e le donne continuano ad avere livelli d’istruzione più elevati”.

“Sono dati che fotografano in modo abbastanza netto il nostro sistema di istruzione e di formazione professionale – ha spiegato il prof. Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp- che deve essere migliorato per garantire una migliore aderenza dei percorsi formativi ai bisogni di competenze emergenti dall’evoluzione della società e per garantire anche un adeguato sistema di orientamento e di supporto capace di rompere la frequente dipendenza dei percorsi formativi dal retroterra culturale e reddituale dei genitori”. Altro che merito, di cui tutti straparlano. In Italia c’è bisogno di orientamento, investimenti nella scuola esostegno ai più fragili: sono questo le attività da sostenere per garantirsi nuove generazioni integrate e adeguate ai tempi, sia come cittadini sia come lavoratori.

Nel Rapporto Plus si analizza anche la partecipazione ad attività formative che coinvolge circa il 19% del totale delle persone tra i 18 e i 74 anni. Nel dettaglio, la formazione interessa meno chi non ha un lavoro rispetto agli occupati, in controtendenza con il resto d’Europa. Meno di 12 persone in cerca su 100 hanno seguito uno o più corsi di formazione e solo il 4,5% degli inattivi.

Zero tituli

Sempre con riferimento a chi non ha un lavoro, per gli uomini si osservano livelli di partecipazione a corsi di formazione quasi doppi rispetto alle donne. Per gli over50 si registrano i livelli di partecipazione più bassi e al contrario i laureati registrano quelli più alti (10%). Quasi il 60% delle attività formativa è svolta a distanza. La partecipazione ad attività formative degli occupati è invece superiore al 17%, molto simile tra donne e uomini. È più alta nelle classi d’età più mature e aumenta al crescere del titolo di studio (il 45% dei laureati ha fatto almeno una attività formativa).

La formazione degli occupati cresce inoltre all’aumentare della dimensione d’impresa ed è particolarmente elevata per il settore servizi (38%). Questo è un Paese che non studia. “Da questi dati emerge come la formazione non venga ancora adeguatamente utilizzata come una leva in grado di far fare un salto di qualità all’incontro tra domanda e offerta di lavoro e ai processi di riallocazione imposti dalle profonde trasformazioni del sistema produttivo. Anche sul piano personale, per chi vuole progredire nella propria carriera lavorativa – ha concluso il presidente dell’Inapp – la formazione, e in particolare l’apprendere ad apprendere, costituisce la base su cui costruire il proprio ruolo nel mercato del lavoro”.

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Antimafia Duemila sugli spettacoli “A casa loro” e “falcone, borsellino e le teste di minchia”

(fonte)

Ieri, al teatro comunale di porto San Giorgio è andato in scena il monologo ‘A Casa Loro’ interpretato dall’artista antimafia e giornalista Giulio Cavalli. Un monologo teatrale che nasce dai reportage di Nello Scavo (giornalista di Avvenire) e racconta il dramma di chi prova a fuggire dall’Africa per arrivare in Italia, restando spesso imprigionato in Libia.

Questa sera, invece, venerdì 24 febbraio (ore 21.15) l’Isola di Chiaravalle in via G. Bruno 3 ospiterà lo spettacolo “Falcone, Borsellino e le teste di minchia – Il ridicolo onore” scritto e interpretato sempre da Giulio Cavalli.

Recuperando i canoni dei giullari del ‘500 ma conservando il rigore del giornalismo d’inchiesta, il monologo ripercorre la storia delle mafie, smontando il presunto onore dei boss con la risata. Ridere di mafia diventa così una sorta di antiracket culturale: la parola come arma bianca con cui prendere parte ad una battaglia che non può e non deve passare di moda.

Castigat ridendo mores direbbero i latini: correggere i costumi con la risata.

I due monologhi, ha detto Cavalli, “sono i due temi su cui stiamo lavorando quest’anno e sono temi su cui io lavoro da sempre quindi quello dell’immigrazione, anzi più dell’immigrazione direi sullo sconcio accordo che c’è tra Italia e Libia e per cui l’Italia è capofila nell’Europa per pagare miliziani libici di questo stato che in realtà non è uno stato“.

L’altro ieri Giorgia Meloni diceva a Kiev ‘bisogna vedere con i propri occhi’, e io penso che il teatro e il giornalismo sia un ottimo modo per portare le persone lì senza che si debbano spostare”.

‘Falcone, Borsellino e le teste di minchia’ “invece riprende il mio teatro più classico, quindi la giullarata, e racconta di questi trent’anni di mafia, di antimafia, di tutto ciò che non va nella narrazione che c’è stata e del fatto che abbiamo dato molto credito ai boss mafiosi – ce ne siamo innamorati non per ultimo Matteo Messina Denaro – e che ancora trent’anni dopo continuiamo a raccontare le mafie come un sistema criminale e non come un sistema di potere. L’anno scorso era il trentennale di Falcone e Borsellino e uno dei più grandi insegnamenti che ci hanno lasciato era stato proprio questo”.

“Nel primo caso lo spettacolo sulla Libia è uno spettacolo classico mentre nel secondo si ride perché sono convinto che la risata contro la mafia funzioni. Ce lo insegnano i giullari del ‘500 che i potenti ma soprattutto i prepotenti non sopportano la risata”.

E poi ancora, in merito al dibattito che si è accesso intorno al 41 bis: uno degli scopi di una “precisa parte politica del governo, mi sembra evidente, lo raccontano gli ultimi vent’anni della storia di questo Paese” sia “abolire mezzi di indagine o comunque mezzi giudiziari che servono per sconfiggere la mafia” in “nome di un garantismo che non ha niente a che vedere con il garantismo”.

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La multa alla Geo Barents e il decreto Piantedosi: una storia già scritta

Alla fine è accaduto. Una nave è stata multata per avere salvato vite e viene da chiedersi come racconteremo un fatto del genere ai nostri figli. La logistica dell’orrore macchinata dal ministro Piantedosi miete il suo primo provvedimento. La notizia arriva da Medici Senza Frontiere. «Le autorità italiane ci hanno appena comunicato che la Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere, è stata raggiunta da un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa da 10 mila euro. Stiamo valutando le azioni legali da intraprendere per contestare l’accaduto. Non è accettabile essere puniti per aver salvato vite».

Sette giorni fa la nave aveva lasciato il porto di Ancona dopo avere cambiato equipaggio. «La Capitaneria di Porto di Ancona ci contesta, alla luce del nuovo decreto, di non aver fornito tutte le informazioni richieste durante l’ultima rotazione che si è conclusa con lo sbarco ad Ancona di 48 naufraghi». Medici Senza Frontiere specifica che «la contestazione non è dunque correlata con la missione che si concluse a La Spezia». Qualche giorno fa, il 17 febbraio, dalla nave erano sbarcati 48 migranti, di cui nove minorenni, salvati al largo delle Libia. Tutto si era svolto regolarmente.

Multati per aver risposto all’allarme di una imbarcazione in difficoltà

La “colpa” della Geo Barents è di avere modificato la propria rotta dopo avere avuto un porto assegnato. Ma perché la nave aveva modificato la rotta Semplicemente perché aveva ricevuto l’allarme di un’imbarcazione in difficoltà. E poiché quel fazzoletto di Mediterraneo è un pozzanghera mortifera, durante il suo tragitto l’imbarcazione di MSF ha incrociato un terzo quasi-naufragio. Li hanno salvati, ovviamente, com’è scritto nel diritto internazionale e nelle secolari regole del mare. Sessantuno migranti, tra cui 13 donne e 24 minori nel suo secondo salvataggio, 107 persone recuperate nel terzo salvataggio. Tutta gente che per Piantedosi e compagnia doveva marcire in mezzo all’acqua pur di avere “le carte a posto”.

Le sanzioni alla Geo Barents e l’abitudine all’illegalità di Stato
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. (Getty)

Come sempre l’Ue richiamerà l’Italia alle sue responsabilità, dimenticandosi delle proprie

Ora cosa accadrà? Segnatevelo perché è una storia già scritta. Medici Senza Frontiere presenterà ricorso, ricorrerà sicuramente in tutte le sedi. Comincerà una battaglia legale che non interesserà a nessuno, di cui non scriverà nessun giornale, finché per l’ennesima volta un tribunale ripeterà quello che sappiamo da sempre: salvare non può mai essere un reato, nemmeno se al governo ci sta gente che ha promesso ai suoi elettori di bombardare le Ong. E non solo: per l’ennesima volta accadrà che l’Ue richiamerà l’Italia alle sue responsabilità, fingendo di non essere quella stessa Unione Europea che finanzia muri e fomenta autarchie a respingere illegalmente i migranti.

Geo Barents, i minori sbarcati a La Spezia portati in pullman a Foggia. Quasi 800 chilometri dopo oltre 100 ore di navigazione
Sbarco di migranti (Getty Images).

Non abituiamoci all’illegalità di Stato

Ogni volta che accade una cosa del genere, ogni volta che ci ritroviamo di fronte a una palese irregolarità da parte del governo italiano sulla pelle di questi disperati, sorge il dubbio che scrivere l’ennesimo articolo possa davvero servire. Si viene colti anche da una certa malinconia nel pensare che i lettori possano essere “stufi” di leggere sempre le storie. Non è un bivio facile per chi si occupa di giornalismo e ha il privilegio di poter scegliere i propri temi. Il rischio vero però è che l’abitudine all’illegalità di Stato (a cui il governo aspira) archivi la sopravvivenza e la dignità delle persone. Il gioco vale la candela. Un altro pezzo sui migranti, ancora Sì, ancora. Ancora, per tutte le volte, ogni volta, che il governo e il ministro dell’Interno si ostinano a rendere lecita una pratica disumana che fa schifo da ogni lato la si guardi. Ancora, ogni volta che si intasano i tribunali per far loro ribadire gli stessi concetti che ripetono da anni. Ancora, perché il decreto Piantedosi e la volontà di sabotare il salvataggio di vite umane sono cose talmente orrende che dovrebbero campeggiare in prima pagina ogni giorno della settimana. Inoltre sappiamo anche come andrà a finire. E mentre quelli provano a inventarsi regole irregolari quelli muoiono. Ancora.

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