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I danni ambientali della guerra

A pochi giorni dall’anniversario del conflitto in Ucraina, Greenpeace e la Ong ucraina Ecoaction pubblicano una Mappa dei danni ambientali causati dalla guerra e per denunciare i gravissimi impatti sugli ecosistemi. Le due organizzazioni chiedono inoltre al governo di Kiev e alla Commissione europea di istituire un fondo per il ripristino dell’ambiente, vittima silenziosa della guerra. I dati, raccolti da Ecoaction e consultabili online, sono stati confermati dalle immagini satellitari e mappati da Greenpeace Central and Eastern Europe (Cee). La mappa illustra 30 dei 900 eventi raccolti, per evidenziare gli impatti ambientali più gravi. In base alle informazioni ufficiali, dall’inizio delle ostilità sono stati danneggiati circa il 20 per cento delle aree naturali protette del Paese, e 3 milioni di ettari di foresta, mentre altri 450 mila ettari si trovano in zone occupate o interessate dai combattimenti. «Mappare i danni causati dalla guerra in Ucraina è complicato dal fatto che gran parte del territorio liberato potrebbe essere disseminato di mine e altri ordigni esplosivi, mentre le forze russe occupano ancora parti del Paese, rendendo difficile la raccolta dei dati», dichiara Denys Tsutsaiev di Greenpeace Cee a Kiev. «È però necessario evidenziare questi danni, perché il ripristino ambientale deve avere un posto centrale nel dibattito sul futuro dell’Ucraina. I fondi devono essere stanziati adesso, non quando la guerra sarà finita».

INFOGRAFICA I danni ambientali della guerra in Ucraina
Milano, 21 feb (GEA) – Nell’infografica GEA, la ‘Mappa dei danni ambientali’ causati dalla guerra in Ucraina secondo Greenpeace e la Ong ucraina Ecoaction. Le due organizzazioni chiedono al governo di Kiev e alla Commissione Ue “di istituire un fondo per il ripristino dell’ambiente, vittima silenziosa della guerra”. I dati, raccolti da Ecoaction e consultabili online, sono stati confermati dalle immagini satellitari e mappati da Greenpeace Central and Eastern Europe (CEE). La mappa illustra alcuni dei 900 eventi raccolti per evidenziare gli impatti ambientali più gravi. In base alle informazioni ufficiali, dall’inizio delle ostilità sono stati danneggiati circa il 20% delle aree naturali protette del Paese, e 3 milioni di ettari di foresta, mentre altri 450 mila ettari si trovano in zone occupate o interessate dai combattimenti.
AFT/VOR

La mappa mostra come l’invasione russa abbia devastato l’ambiente ucraino: la guerra ha provocato incendi, danneggiato gli habitat e inquinato l’acqua, l’aria e il suolo, mentre i bombardamenti dei siti industriali hanno provocato ulteriori contaminazioni. Le esplosioni, inoltre, rilasciano nell’atmosfera un cocktail di composti chimici. Il principale, l’anidride carbonica, non è tossico, ma contribuisce al cambiamento climatico. Gli ossidi di zolfo e di azoto possono inoltre provocare piogge acide, modificando il pH del suolo e causando la bruciatura della vegetazione, soprattutto delle conifere. Le piogge acide sono pericolose anche per gli esseri umani e per la fauna, perché hanno un grave impatto sulle mucose e sugli organi respiratori. Anche i frammenti metallici delle granate sono pericolosi per l’ambiente. La ghisa mista ad acciaio è il materiale più comune per i bossoli delle munizioni e non contiene solo ferro e carbonio, ma anche zolfo e rame. Queste sostanze si infiltrano nel terreno e possono finire  nelle acque sotterranee, entrando nelle catene alimentari di esseri umani e animali. L’intera regione è a rischio di catastrofe e presenta gravi pericoli per la salute della popolazione circostante.

Greenpeace ed Ecoaction chiedono che la ricostruzione delle città avvenga parallelamente al ripristino ambientale del Paese. La sofferenza e la distruzione ambientale in tempo di guerra sono immense e hanno conseguenze a lungo termine sulla vita delle persone e sugli ecosistemi delle aree colpite. Per questo motivo, Greenpeace chiede che si rendano subito disponibili risorse finanziarie per il ripristino ambientale dell’Ucraina.

Buon mercoledì.

Nella foto frame del video da Presa diretta del 21 marzo 2022 sul disastro ambientale causato dalla guerra in Ucraina

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Meloni in Ucraina teleguidata dagli States

“Credo sia doveroso essere qua per ribadire la posizione del governo italiano e forse anche rendersi conto personalmente di quel che serve a un popolo che si batte per la libertà”. È quanto ha detto Giorgia Meloni al suo arrivo a Kiev dove, ieri mattina, la premier è stata accolta dalla delegazione del governo ucraino con un mazzo di rose e da una rappresentanza dell’Ambasciata italiana e dall’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk.

La Meloni ce la mette tutta per nascondere la delusione di un viaggio che avrebbe desiderato molto più appariscente

La presidente del Consiglio ce la mette tutta per nascondere la delusione di un viaggio che avrebbe desiderato molto più appariscente e che invece è stato smorzato dalla visita del presidente Usa Joe Biden. È una Giorgia Meloni che prova a riprendersi la scena internazionale, promettendo nuovi aiuti militari a Kiev anche se ha frenato sull’invio dei tanto agognati caccia, e a seppellire le infelici uscite del suo compagno di governo Silvio Berlusconi.

Zelensky spara contro il Cavaliere e gela il premier Meloni: “A Berlusconi non hanno mai bombardato la casa”

“Non siete soli. Combatteremo per voi e la vostra libertà”, ha ribadito poi Meloni prima di lasciare Irpin per tornare a Kiev. Come dire: non ascoltate il mio collega di governo e fidatevi di me. Caso chiuso? Macché. In serata a tornare sulle parole di Silvio è stato Volodymyr Zelensky che ai cronisti che gli chiedevano un commento sulle parole di Silvio, ha gelato tutti: “Credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata e che nessuno ha ammazzato i suoi parenti”.

È una Giorgia Meloni visibilmente scossa quella arrivata a Kiev. “È sempre diverso vedere con i propri occhi credo che aiuti anche gli italiani a capire” ha aggiunto la presidente del Consiglio e, a chi le domandava se fosse emozionata ha risposto: “Sono curiosa, determinata a capire quello di cui questo popolo ha bisogno”. Ben venga che Meloni veda con i suoi occhi. Magari ci si aspetterebbe che i politici (tutti) possano empatizzare in ogni occasione con più predisposizione e intelligenza.

Chissà cosa ne penserebbe Meloni, ad esempio, di vedere “con i suoi occhi” come si sta a caracollare in mezzo al mare dopo essere stati violentati dai libici aggiungendo giorni di viaggio a un viaggio che è infernale per scelta del suo governo e del suo ministro Piantedosi. “L’Ucraina apprezza la pronta risposta del presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, che ha ribadito il sostegno incrollabile del governo italiano all’Ucraina dopo le dichiarazioni inaccettabili di Berlusconi”, ha detto all’Ansa l’ambasciatore ucraino a Roma Melnyk, rispondendo ad una domanda su come giudichi le posizioni dei diversi partiti italiani nel sostegno a Kiev anche dopo le ultime dichiarazioni del leader di Forza Italia su Zelensky.

Durante la sua visita a Irpin, Meloni ha autografato la bandiera della città, lasciando la sua firma accanto a quella di altri leader che in questi mesi hanno visitato quest’area dell’Ucraina particolarmente colpita dall’aggressione russa. Il Governo italiano ha consegnato alle autorità locali due generatori a supporto delle infrastrutture critiche, accanto a due dei 45 mezzi dei vigili del fuoco donati sempre dagli italiani, Meloni ha detto: “Continuiamo a lavorarci”.

Kiev, ha detto ancora il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko, “è grata alla presidente Meloni per la sua leadership e per il suo impegno nel continuare a sostenere l’Ucraina”. “Contiamo sull’ulteriore pieno sostegno da parte dell’Italia nel vincere la pace per l’Ucraina, ristabilire la sua sovranità e integrità territoriale e portare la Russia a rispondere dei suoi crimini”, ha aggiunto.

“Guardiamo inoltre al ruolo costante di Roma – ha proseguito Nikolenko – nel rafforzamento delle capacità di difesa dell’Ucraina per proteggere il nostro popolo dalla brutale guerra della Russia, L’Ucraina accoglierebbe con favore il sostegno attivo di Roma per l’attuazione della formula di pace del presidente Zelensky e il progresso dell’integrazione dell’Ucraina nell’Unione europea e nella Nato”. Il sostegno di Giorgia Meloni è chiaro. Quello del suo governo invece è tutto da chiarire.

 

Leggi anche: A Kiev l’incontro tra Meloni e Zelensky. L’Italia “non tentennerà”. Ma per ora l’invio dei caccia in Ucraina è escluso

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Forza Nuova cita La Russa

Chi vuole chiamare in tribunale la difesa di Roberto Fiore nel processo che riguarda l’assalto della sede romana della CGIL? Nientedimeno che il presidente del Senato Ignazio La Russa.

La difesa di Fiore imputato per l’attacco alla sede della Cgil chiama a testimoniare il presidente del Senato La Russa

Una richiesta, ha detto l’avvocato Nicola Trisciuoglio, legata ad “una intervista nel corso della quale La Russa fa riferimento ad agenti infiltrati nella manifestazione del 9 ottobre e che sarebbero stati presenti anche ad una manifestazione del presidente di FdI – ha spiegato il difensore – svolta nelle settimane antecedenti. Secondo noi è un buon motivo convocarlo sul perché di questa sua percezione e cosa ha inteso dire relativamente alla presenza di agenti infiltrati”.

La Procura ha espresso parere contrario sulla richiesta della difesa mentre il giudice si è riservato di decidere. Fiore, leader di Forza Nuova, è imputato insieme, tra gli altri, a Giuliano Castellino e all’ex Nar Luigi Aronica. Le accuse per loro tre sono di devastazione aggravata in concorso, resistenza e istigazione a delinquere.

Accade, ogni tanto, che qualche esponente politico, anche se ricopre le più alte cariche, creda di poter cianciare liberamente con la stampa di ipotesi impossibili, solo per fomentare il proprio elettorato e per accarezzare i colpevoli di qualche malefatta.

Le parole però pesano e infine succede che ritornino utili a qualcuno nello svolgimento di un processo. Che le parole del senatore La Russa siano utili alla difesa del leader di Forza Nuova per svilire un crimine è una coincidenza che non stupisce nessuno.

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I conti della Meloni sul Superbonus: numeri a caso e propaganda

Qualcuno insegni a Giorgia Meloni a far di conto. Non servono cose difficili, basterebbe la consapevolezza che la frase che usa per demolire il superbonus non ha nessun senso. Dire che “il superbonus costa 2mila euro a italiano” significa non avere mai avuto occasione di buttare un occhio, ad esempio, al bilancio sociale e ambientale del Superbonus.

Nessun disastro sul Superbonus. La misura è stata positiva: meno di 40 miliardi hanno generato un ritorno economico di 125 miliardi

I numeri Nomisma presentati a luglio scorso erano chiari: i 38,7 miliardi investiti a quel tempo generavano un ritorno economico di 124,8 mld (pari al 7,5% del Pil). Il valore economico totale generato dal Superbonus 110% è pari a 124,8 miliardi di euro, suddivisi tra effetto diretto (56,1 mld), effetto indiretto (25,3 mld) e effetto indotto: 43,4 mld.

Da un’analisi elaborata dal Centro Studi Cni (Consiglio nazionale degli Ingegneri), la spesa del Superbonus è sostenibile almeno fino al completamento degli interventi previsti dal Pnrr. A settembre 2021 gli interventi con super ecobonus avevano raggiunto i 7,5 miliardi di euro. Si stima che questi abbiano attivato nel sistema economico una produzione aggiuntiva di 15,7 miliardi di euro e occupazione per oltre 120.000 posti di lavoro e che possano contribuire alla formazione di quasi 10 miliardi di Pil (calcolato come somma tra il valore aggiunto totale attivato dai Superbonus e le imposte sui prodotti e lavoro connessi).

Poi c’è il bilancio ambientale. Il Superbonus agisce anche in questa direzione: rendere infatti le abitazioni più efficienti dal punto di vista energetico, permette di ridurre i consumi per il riscaldamento e raffrescamento con la conseguente riduzione delle emissioni.

Il valore ambientale generato dal Superbonus concorre a ridurre la CO2 e alla strategia energetica nazionale

Il valore ambientale finora generato dal Superbonus 110%, quantificato come riduzione dell’impronta ecologica dell’ambiente costruito, ha una duplice strategia: concorre alla decarbonizzazione, grazie alla riduzione di 979 mila tonnellate di CO2 (corrispondente alla capacità di stoccaggio di 6 mln di alberi) e concorre alla strategia energetica nazionale, grazie all’installazione di pannelli solari e fotovoltaico, un passo importante verso la transizione ecologica e l’autonomia energetica.

È stato calcolato che per abbattere una tonnellata di CO2 con il Superbonus son stati spesi 55€ (investire nel settore industriale ne costa 95€/t, nella mobilità sostenibile 52€/t). Se Meloni non è legittimamente d’accordo con la misura le conviene trovare argomenti più seri.

Leggi anche: “Governo debole coi poteri forti. Lo sciopero resta sul tavolo”. Bombardieri (Uil): occorre chiedere di più alle banche. “A rischio 120mila posti, ma siamo stati snobbati”

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Aggressioni fasciste in mezza Italia. Ma la Meloni non ha nulla da dire

No, non è un caso isolato. L’aggressione contro alcuni studenti del liceo Michelangiolo non è un caos isolato e non è nemmeno una questione “tra ragazzi”. La preside dell’istituto superiore Pascoli, sempre a Firenze, ha raccontato di non aver potuto “fare a meno di notare la somiglianza con quanto successo” nella sua scuola.

Il pestaggio di Firenze è solo l’ultimo di una lunga serie di aggressioni fasciste. Dietro ci sono spesso associazioni come CasaPound

In quel caso erano ragazzi coperti dal cappuccio della felpa e dalle cinghie. Ma c’è un’emergenza di aggressioni fasciste in Italia Basta far parlare i numeri. Il sito ecn.org ha provato a mappare le aggressioni avvenute dal 2014 a oggi. “L’obiettivo dichiarato di questo progetto – si legge nel sito – è quello di costituire un osservatorio attendibile ed aggiornato sui rigurgiti neofascisti e sulle attività antifasciste nella nostra penisola. Ciò fatte salve ovviamente le varie e diverse valutazioni sull’antifascismo e sui metodi che ogni singolo e/o formazione antifascista abbia intenzione di porre in essere per contrastare il neofascismo organizzato, e le diverse sensibilità circa la gravità della situazione odierna”.

Sono 225 le aggressioni di matrice fascista avvenute in Italia fino a oggi

I numeri, appunto: sono 225 le aggressioni di matrice fascista avvenute in Italia fino a oggi. Di queste 80 sono riconducibili a CasaPound e 25 a Forza Nuova. Sono 12 gli episodi di chiara matrice nazista. Negli ultimi anni abbiamo avuto almeno 28 attentati (visto che stanno tornando così di moda), per la maggior parte di natura incendiaria con l’utilizzo di bombe carta e molotov. L’anno scorso il 25 marzo a Bergamo due militanti di CasaPound hanno picchiato un uomo senegalese.

Sempre l’anno scorso un liceale, a Roma, è stato pestato per un volantinaggio non gradito. “Erano dieci o dodici, più grandi di noi”, disse lo studente del Mamiani. Gl aggressori facevano riferimento a Generazione popolare, vicina a Forza Nuova. Poi ci sono gli omicidi: il 4 marzo 2018 a Firenze Idy Diene è stato ucciso a colpi di pistola in strada da un fiorentino di 66 anni, Roberto Pirrone. “Ucciso perché nero”. Due anni prima a Fermo un nigeriano è morto per le botte di alcuni ultras razzisti mentre provava a proteggere la sua compagna.

Nel 2015 Roberto Pantic è stato ucciso nel suo camper: “L’ex parà fu mosso dal suo odio razzista per i nomadi” · Il pm ha contestato l’aggravante dell’odio razziale, insieme con quella dei futili motivi, a Roberto Costelli. Sempre a Firenze rimane tragicamente famosa la vicenda in cui morirono due senegalesi (2 rimasero feriti) un militante di CasaPound, Gianluca Casseri, ucciso in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine.

Il silenzio imbarazzato della presidente del Consiglio Meloni aggiunge un’evidente imbarazzo

L’onda nera parte da molto lontano. E il silenzio imbarazzato della presidente del Consiglio Giorgia Meloni aggiunge un’evidente imbarazzo. Azione studentesca, l’organizzazione a cui appartengono i 6 ragazzi indagati per il pestaggio dei giorni scorsi, è il movimento di Fratelli d’Italia per gli studenti delle scuole superiore.

Non è una cellula impazzita capitata all’improvviso. Tra i loro slogan risuona quel “difendiamo la patria come fecero gli arditi” dalla chiara matrice che non ha bisogno di troppe interpretazioni. Per questo stupisce assistere alla minimizzazione dei dirigenti regionali di Fratelli d’Italia e al silenzio dei vertici nazionali.

La questione è politica, come fanno notare il segretario del Pd Enrico Letta (“Governo che mantiene il silenzio sull’inaccettabile pestaggio squadrista avvenuto davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze. Silenzio che se continua si fa complice”, ha scritto) e Matteo Renzi (che si domanda “perché la stessa destra che interviene su tutto, da Peppa Pig alla scaletta di Sanremo, non ha sentito il bisogno di condannare senza se e senza ma quello che è avvenuto?”). No, non è un caso isolato.

 

Leggi anche: Il pestaggio di studenti a Firenze diventa un caso politico. Letta e Renzi si scagliano contro il silenzio del Governo Meloni

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Mario Tozzi, Gasparri e quell’irresistibile voglia di bonificare la storia

Se non vi siete ancora ripresi dal degrado di una classe politica che mentre si ritrova in maggioranza in Parlamento e mentre è al governo ha comunque sprecato una decina di giorni per commentare la scaletta del Festival di Sanremo preparatevi all’ultima uscita di Maurizio Gasparri che ha individuato il nuovo nemico: il divulgatore e giornalista televisivo Mario Tozzi.

E cosa può avere combinato il buon Tozzi che si occupa di ambiente, di storia e di divulgazione scientifica La pietra dello scandalo sarebbe una puntata dedicata alle bonifiche nell’Agro Pontino realizzate durante il Ventennio fascista e che, si spiega nel corso della trasmissione, hanno prodotto forti impatti ambientali. «Indomita, nonostante le perplessità suscitate, Rai3 manderà in onda la nuova stagione di un presunto programma sull’ambiente – aveva commentato Gasparri – che attaccherà, con folli argomentazioni, le bonifiche dell’Agro Pontino. Un’opera tentata per anni, avviata e realizzata nei primi decenni del secolo scorso, che sconfisse miseria e malattie diffuse in quella parte d’Italia malsana e paludosa». Per il senatore si tratta di «una follia che da sola giustifica un ricambio dei vertici». E aggiunge sui suoi social: «Il servizio pubblico che tifa per il degrado e la malaria va rifondato. Tutti a casa».

Per il senatore Gasparri la difesa dell’Agro Pontino significa, evidentemente, la difesa del fascismo e di Benito Mussolini. Non c’è, nelle parole del senatore berlusconiano, nient’altro che un posizionamento politico personale sulla pelle della Rai e di Tozzi, semplicemente per non rimanere indietro in questa corsa a indossare il profumo nostalgico migliore del momento. Sullo sfondo si intravede anche il core business del partito del suo padrone: distruggere la Rai in ogni modo, con ogni mezzo, usando di volta in volta il personaggio televisivo di turno come manganello.

Buon martedì.

Nella foto: Mario Tozzi (frame da “Sapiens”, RaiTre) e Maurizio Gasparri (frame da video SenatoTv)

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Meloni, il Superbonus e la propaganda per bambini

L’incaglio è evidente e questa volta non bastano una manciata di parole di circostanza per cavarsela. Lo stop al Superbonus edilizio (anzi, meglio, le modalità dello stop al superbonus edilizio) conferma che il governo Meloni riesca fin da queste prime battute a dimostrarsi pasticcione. La decisione di bloccare le cessioni del credito delle agevolazioni fiscali è un cappio alla gola per le aziende.

Meloni come sempre prova a buttarla sul populismo d’accatto: “Il Superbonus è costato 2mila euro a ogni italiano”. Ma i conti non tornano

Non funziona nemmeno la presidente del Consiglio Meloni che prova come sempre a buttarla sul populismo d’accatto: “il superbonus è costato 2mila euro a ogni italiano – dice -. Quando spende lo stato non è nulla gratis”. Verissimo. Solo che questo gioco di dividere le spese per il numero degli abitanti è molto pericoloso e si ritorce facilmente contro.

Quei 25 miliardi sono crediti decennali. Ogni italiano, neonati inclusi, ha speso negli ultimi 24 mesi 275 euro in armi. Solo l’anno scorso ogni in italiano, in 12 mesi, neonati compresi, ha speso 1680 euro per pagare l’evasione fiscale che questo governo senza troppe remore accarezza per ottenere voti.

Continuiamo: mentre le famiglie e le imprese italiane sono strozzate dall’aumento del gas gli extraprofitti di 9 mesi (solo 9 mesi) di Eni diviso per il numero degli italiani, neonati compresi, è di 285 euro a testa. Le mafie? Costano 680 euro a italiano, neonati compresi. LA corruzione è stimata sui 230 miliardi all’anno. Diviso per ogni italiano, neonati inclusi? 3900 euro a testa.

C’è una differenza sostanziale che la presidente Meloni omette: a differenza di mafie e corruzione la ricaduta del superbonus in termini di creazione di lavoro e di sostenibilità ambientale è un guadagno che andrebbe sottratto al costo. Ma qui non è in discussione una misura che, come tutte, è ovviamente perfezionabile. Qui si tratta di discutere di una modalità propagandistica che potrebbe funzionare al massimo in un programma per bambini, vista la sua inutile stupidità. Esattamente come le divisioni qui sopra.

Non è un caso che contro Giorgia Meloni ieri abbia deciso di schiantarsi anche Silvio Berlusconi: “Il Parlamento sovrano discuterà il decreto, e, nei tempi richiesti, ove lo ritenesse opportuno, potrà apportare utili modifiche“, dice. La prova che Meloni e i suoi sono ben consapevoli di rischiare grosso la si può intendere anche dalle parole di Tommaso Foti, capogruppo di Fdi alla Camera. “La proposta di Forza Italia per un tavolo di maggioranza sul superbonus?

Vedremo, per ora aspettiamo l’incontro di oggi a Palazzo Chigi, dove ci sono già le associazioni che hanno diretto interesse sul decreto”, ha detto il meloniano, rispondendo a Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo. Oggi il governo incontra le associazioni di categoria e ci vorrà molto di più di una semplice divisione per bambini per ottenere la fiducia delle imprese. Erano pronti, dicevano. Si vede.

 

Leggi anche: Retromarcia della Meloni sul Superbonus: le proposte di FdI sul tavolo per non spaccare la maggioranza

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Agguati fascisti. Tutto bene?

Sta circolando il video dei neofascisti di Azione studentesca ai danni degli studenti del liceo Michelangiolo di Firenze. Nel video c’è uno studente per terra coperto di calci e di pugni anche da adulti. Ha ragione il sindaco di Firenze Dario Nardella a parlare «aggressione squadrista intollerabile». Ci mancherebbe.

Ma chi sono i punti di riferimento di questi vigliacchi fascisti? Basterebbe leggere con attenzione il comunicato del Coordinamento di Fratelli d’Italia di Firenze che dopo aver espresso “profondo rammarico” per gli scontri si è affrettato a chiedere «che venga fatta chiarezza sull’episodio con la corretta ricostruzione dei fatti e auspichiamo che tutti, soprattutto coloro che rivestono incarichi istituzionali come ha fatto il sindaco di Firenze, abbiano la stessa accortezza nel commentare l’accaduto senza additare responsabilità prima che le stesse siano acclarate, cosa che rischia soltanto di alimentare ulteriormente un clima già troppo pesante». Capito? Nemmeno con un ragazzino per terra pestato a calci da degli adulti basta a fargli intendere la “matrice”. Un comunicato che fa orrore.

Anche perché la matrice di Azione studentesca sta tutta nei loro patetici slogan. «Sogna, combatti, distinguiti». «La rivolta comincia dai banchi, chi non lotta è complice». Oppure «difendiamo la patria come fecero gli arditi». Frasi che non hanno bisogno di troppe interpretazioni. Solo che anche loro spesso, proprio come gli “arditi” a cui fanno riferimento, riescono a distinguersi per vigliaccheria.

«Sono minorenni, al massimo hanno 20 anni» ha detto il coordinatore fiorentino di Fratelli d’Italia. Fratelli d’Italia che ha il suo simbolo in bella evidenza sulla sede di Azione studentesca e Casaggì (il centro sociale di destra) in via Frusa che dice? «Nessuno provi a costruire ambiguità o dubbi sul nostro pensiero – ha detto Francesco Torselli, capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio regionale della Toscana – Le aggressioni, le intimidazioni, gli atti vigliacchi non appartengono né alla nostra storia né al nostro modo di fare politica. Fratelli d’Italia e i suoi movimenti giovanili rifiutano la violenza come forma di manifestazione politica e condannano apertamente qualsivoglia aggressione o intimidazione, da qualsiasi parte esse arrivino». No, è vero. Non ci sono ambiguità.

Notate, tra le altre cose, il silenzio di quelli che si sono fatti insanguinare gli occhi per un po’ di vernice lavabile sui muri degli ambientalisti. Notate come sono sbadati. Notate come sono fascisti.

Buon lunedì.

Nella foto: frame del video dell’attacco di Azione studentesca davanti al liceo Michelangiolo di Firenze

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Faida nella Lega sull’Autonomia. Calderoli porta Zaia alla Consulta

L’autonomia differenziata ogni volta che esce dalla propaganda o dalle confuse poche righe di un programma elettorale si schianta contro la realtà. Questa volta l’incidente è ancora più gustoso poiché a scontrarsi sono il leghistissimo ministro Roberto Calderoli (uno che l’autonomia la infila in ogni mezza frase detta agli elettori e alla stampa) e il leghistissimo presidente della Regione Veneto Luca Zaia.

Faida nella Lega sull’Autonomia differenziata. Il Governo impugna la legge Finanziaria del Veneto. Che anticipa un principio della riforma sulle Regioni

Ora il ministro che ha promesso l’autonomia differenziata ha chiesto e ottenuto di impugnare davanti alla Corte costituzionale una legge della Regione Veneto che cercava di anticipare l’autonomia tributaria. Il paradosso si è consumato l’altro ieri quando il ministro per l’Autonomia e gli Affari regionali ha chiesto e ottenuto nel Consiglio dei ministri di ricorrere alla Consulta contro la legge veneta numero 30 del 2022, la Finanziaria regionale. E a far sorridere ancora di più è che quella veneta è l’unica legge di Stabilità contestata dallo Stato centrale. Ma ad aumentare l’aspetto tragicomico della vicenda c’è il fatto che si tratti dell’unica impugnazione messa in atto dal Governo Meloni.

Oggetto del contendere sono sei righe illustrate in Consiglio regionale dall’assessore al Bilancio di Zaia che chiedeva che l’attività di recupero dell’Irap e dell’addizionale Irpef dovessero rimanere nelle casse della regione. Il ragionamento è sempre il solito, quello leghista: questi soldi sono dei veneti e quindi vanno al Veneto. Niente di nuovo all’orizzonte se non fosse che quei soldi (stimati tra i 20 e i 30 milioni di euro all’anno) devono seguire le regole.

E infatti Palazzo Chigi in uno stringato comunicato spiega che certe disposizioni della regione Veneto “si pongono in contrasto con la normativa statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, violando l’articolo 117, comma 2, lett. e) della Costituzione, nonché l’articolo 81, relativamente alla copertura finanziaria”.

Zaia non ci sta, prende carta e penna e risponde: “Nel mio oggetto sociale c’è scritto che devo occuparmi degli interessi dei veneti. – scrive in una nota – È esattamente quello che ho sempre fatto, nel momento in cui mi è stato affidato il governo della Regione”. La spiegazione: “Nel caso in questione, che riguarda aspetti molto tecnici sul recupero di somme oggetto di controlli fiscali, restiamo convinti che la parte di provvedimento impugnata sia destinata a tutelare gli interessi dei veneti, per cui andiamo avanti.

Sarà la Corte Costituzionale a dover decidere: andremo dinanzi alla Consulta per ribadire la correttezza di quanto abbiamo proposto”. Poi Zaia ha un’illuminazione: “Non possiamo permetterci – dice Zaia – di rinunciare a priori a proporre provvedimenti innovativi, dalla forte connotazione regionale. Prova ne è che è stata impugnata dal governo solo una piccola parte, minoritaria, della complessa legge regionale di Stabilità. Altre porzioni importanti e con carattere di novità sono state attentamente vagliate dall’esecutivo senza alcuna eccezione”.

Cioè: Zaia sapeva che la sua proposta non rispettava la legge ma ancora una volta ha preferito la forma alla sostanza, facendo un po’ di rumore utile anche per la battaglia interna nella Lega. Una cosa si può subito riconoscere: anche se l’autonomia differenziata rimane un nebuloso progetto che difficilmente – anche questa volta – troverà la luce il partito di Salvini è riuscito ad anticipare i tempi con una bella autonomia differenziata all’interno del suo partito. La Lega veneta esulta per avere avuto un’idea eccezionale e la Lega al governo gliela ricaccia in gola. Tutto, come sempre, alla faccia dei cittadini.

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L’assoluzione su Ruby non restituisce a Berlusconi alcuna credibilità

Accade questo. Silvio Berlusconi viene assolto nell’ennesimo processo Ruby. Un’assoluzione che ha a che fare con tecnicismi, di sicuro un’assoluzione che non mette in discussione il fatto che un uomo politico, nel ruolo di presidente del Consiglio, si sollazzasse in serate in cui giovani ragazze si accordavano al telefono per spartirsi i completini sexy e per mostrare le proprie grazie. Niente di male, sia chiaro, ma un premier che frequenta un privé (anzi, se lo fa in casa) sarebbe una notizia in qualsiasi situazione.

Ragazze infilate nel listino di Formigoni in Lombardia

Anche perché gli urlati di qualche giornalista amicissimo della destra che accusano le intercettazioni come causa dello spiare mondiale dalla serratura di casa Berlusconi sono totalmente infondati: il Cavaliere viene “scoperto” perché ne parla allegramente con i suoi amici e con i suoi compagni di partito (chiedere al capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale in Lombardia che predisse il disastro proprio per l’ostentazione del capo) e perché una di quelle ragazze venne infilata (senza passare dal voto) nel listino dell’ex presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni, pagate con soldi pubblici per avere un ruolo politico guadagnato in modi immorali, se non illegali.

Nicole Minetti. (Getty)

Feste anche con minorenni, altro che statista incompreso

C’è di più. Berlusconi venne “beccato” perché una di quelle ragazze era minorenne. E qui varrebbe la pena rileggersi cosa disse di lui la sua ex moglie Veronica Lario. Ma stiamo andando oltre. Quello che ora ci interessa è ciò che stanno facendo da due giorni i cantori del berlusconismo, quasi tutti grati a Silvio per i bonifici ricevuti indirettamente con una qualsiasi delle sue tante attività, da quelle editoriali a quelle televisive passando per quelle politiche o imprenditoriali o calcistiche. Il teorema è sempre lo stesso: per colpa di quelle malefatte Berlusconi – che a detta loro sarebbe uno statista incompreso dal Paese – si è ritrovato escluso dalla vita pubblica e si è ritrovato con l’immagine sporcata. Ne parlano tutti per due giorni, gente di destra, gente di centro e presunta gente di una presunta sinistra irresistibilmente attratta dal potere in tutte le sue declinazioni.

Karima El Mahroug si è presentata in aula per l'udienza del processo Ruby ter: la legale ha ribadito che non ha mai avuto rapporti con Berlusconi.
Karima El Mahroug. (Getty Images)

Sull’Ucraina Weber del Ppe prende le distanze

Poi accade un fatto semplice, a prima vista marginale. Il capogruppo dei Popolari europei Manfred Weber verga un tweet che lascia poco spazio a interpretazioni: «a seguito delle osservazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina abbiamo deciso di annullare le nostre giornate di studio a Napoli. Il supporto per l’Ucraina non è facoltativo». E poi aggiunge: «Antonio Tajani e Forza Italia hanno il nostro sostegno e proseguiamo la collaborazione con il governo italiano sui temi dell’Ue». Tradotto: la riunione dei Popolari prevista a Napoli a giugno si farà senza Silvio Berlusconi. Sono stati molti gli europarlamentari popolari che hanno fatto sapere a Weber di non voler partecipare a un incontro in cui sarebbe stato presente il leader di Forza Italia. «O lui o noi», hanno detto. E il Ppe ha scelto loro.

perché mario draghi sta perdendo la pazienza
Silvio Berlusconi con Manfred Weber del Ppe (da Fb).

La credibilità è andata in frantumi per tante cose

Straordinaria la difesa del ministro degli Esteri e vice presidente del Consiglio Tajani, che per sua sfortuna si ritrova anche a essere il coordinatore nazionale del partito di Berlusconi: «Berlusconi è Forza Italia. Forza Italia è Berlusconi. Non condivido la decisione di rinviare la riunione di Napoli. Anche perché Berlusconi e Fi hanno sempre votato come il Ppe sull’Ucraina, come dimostrano gli atti del Ppe», dice Tajani. La logica sarebbe semplicissima: il Ppe stima Tajani e Forza Italia, ma disistima Berlusconi, Tajani gli dice che Berlusconi è l’anima e la mente di Forza Italia quindi evidentemente il Ppe disistima Forza Italia ma ha troppo pudore per ammetterlo. Torniamo quindi al punto di partenza. Davvero c’è qualcuno che pensa che la credibilità di Berlusconi si sia frantumata per Ruby Rubacuori e non per cose molto più importanti? Nel dubbio, rileggetevi la sentenza di condanna di Marcello Dell’Utri. Altro che camera da letto.

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