Calcio, dilaga tra i giocatori la cultura dello stupro
Ma non sarebbe ora che il mondo del calcio ammetta di avere un serio problema con la cultura dello stupro? È di ieri la notizia della condanna a 6 anni di reclusione per 5 calciatori al tempo tesserati per la Virtus Verona, serie C, che dopo una trasferta a Cesena hanno invitato a una serata “alcolica” una studentessa. Era la notte tra il 18 e il 19 gennaio del 2020. La ragazza racconta che dopo aver bevuto “non mi sentivo bene”, ma “dopo un po’”, quando ha “iniziato a realizzare quello che stava accadendo”, la vittima ha sostenuto di aver reagito: “Ho chiesto loro di fermarsi, anche perché mi trovavo in uno stato di totale abbandono”.
Ma non sarebbe ora che il mondo del calcio ammetta di avere un serio problema con la cultura dello stupro?
I calciatori hanno negato ogni addebito sostenendo che la giovane “fosse lucida e consenziente”. Non la pensa così il giudice Paola Vacca, che lunedì scorso in rito abbreviato, li ha ritenuti responsabili di violenza sessuale aggravata. Da qui la condanna per Edoardo Merci, Gianni Manfrin, Stefano Casarotto, Guido Santiago Visentin e Daniel Onescu, unico a non aver abusato della studentessa perché dedito alle riprese. La scorsa settimana un altro caso.
“Ho sentito il mio corpo come se non fosse più il mio”, ha raccontato ai magistrati la studentessa americana di 22 anni vittima del presunto stupro di cui sono accusati assieme ad altri tre Mattia Lucarelli, figlio dell’ex giocatore Cristiano, e il compagno di squadra Federico Apolloni, dal 20 gennaio agli arresti domiciliari. La ragazza ha spiegato di aver trovato il coraggio di denunciare solo dopo averne parlato con i suoi genitori.
Con loro ha riflettuto, ma su quella sera il ricordo resta terribile: “Quando ho compreso quello che stava succedendo, sono rimasta congelata”. Sono diverse le pagine dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che riportano le frasi volgari pronunciate dai due ragazzi durante le presunte violenze contro la ragazza, che a un certo punto “si scagliò” contro uno di loro cercando di dimostrare “il proprio dissenso”, spiega il gip.
Ieri i tifosi del Bari hanno manifestato il proprio dissenso all’acquisto del calciatore Manolo Portanova, centrocampista del Genoa condannato a sei anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo. Dal giorno della sentenza – era il 6 dicembre – non ha più giocato, anche se in teoria avrebbe potuto farlo, essendo in stato di libertà. La Procura Figc ha aperto un fascicolo su di lui per valutare se ci fossero stati gli estremi per squalificarlo in base all’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva (rispetto dei principi di correttezza e lealtà dei tesserati), ma non c’è stato seguito.
Non è il caso di fare qualcosa Dal 1986 l’Nba, la Lega del basket Usa, ha ideato un programma noto come Rookie Transition Program, una sorta di corso obbligatorio per ogni giocatore matricola del campionato di basket americano finalizzato a mettere gli atleti in condizione di gestire la nuova esperienza sportiva dentro e fuori dal campo. Lo scopo è quello di educare a una gestione consapevole del denaro e della fama.
Come scrive in un articolo per Valigia Blu Valerio Moggia “dovrebbe essere necessario iniziare a chiedersi se non sia il caso di insegnare ai giovani giocatori, oltre a palleggiare e a fare i movimenti giusti per evitare un fuorigioco, anche cosa significhi consenso e quali siano i confini oltre i quali si verificano molestie o stupri. Se la nostra cultura spinge i ragazzi che giocano a pallone a sentirsi legittimati a comportamenti sbagliati, allora il calcio deve assumersene la responsabilità e lavorare per invertire la rotta”. Se non ora, quando?
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