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Piantedosi si inventa il complotto, gli 007 dietro le Ong. Sparata del titolare del Viminale che poi ammette: non c’è riscontro

Si finisce sempre lì. Quando bisogna stimolare le papille elettorale dei propri sostenitori il governo Meloni si gioca la carta dei migranti e delle Ong. Questa volta è il turno del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che annuncia “sanzioni più dure alle Ong” e ci spiega che “ai salvataggi in mare deve pensarci lo Stato”.

Ospite alla festa di Fratelli d’Italia il ministro conferma di essere al lavoro sul codice di condotta anti Ong annunciato più di un mese fa. “Stiamo lavorando ad un codice di condotta nazionale. Speriamo che questo possa saldarsi con un codice di condotta condiviso anche dai nostri partner europei”, ha detto il titolare del Viminale all’Adnkronos a margine dell’intervento alle celebrazioni del decennale di Fdi.

“Come avete visto – ha aggiunto Piantedosi – anche nei consigli Ue degli affari interni c’è stato il commissario Schinas che ha parlato di far west da regolare. Vedremo se avremo comunanza di intenzioni”. Il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, aveva affermato al termine del consiglio Ue sui migranti a fine novembre che “le operazioni delle Ong non sono un tabù, si deve discuterne perché stiamo parlando della vita delle persone. Le operazioni nel Mediterraneo non possono avvenire in una situazione da Far West”.

Alla domanda sulla possibilità che ci siano nuovi provvedimenti di natura amministrativa il ministro ha spiegato: “Stiamo lavorando alla predisposizione di una traccia normativa per rendere più efficace la visione di non rassegnazione che l’Italia diventi impunemente l’unico punto di sbarco in Europa. Si tratterà di un quadro di regole che assoggettino l’attività delle Ong, questa navi private che agiscono senza regale e poi pensano di imporci la loro azione”, ha aggiunto, parlando di “sanzioni più efficaci” nei confronti delle organizzazioni umanitarie.

“Non può bastare una visita medica a bordo per depotenziare l’azione del governo. Ci stiamo lavorando. Confido nelle prossime settimane e nei prossimi giorni. Non intendo gravare il quadro penale”. “Come Paesi che partecipano alla vita democratica, avremmo l’ambizione che in ogni ambito, quindi anche nel salvataggio di persone in mare, debba provvedere lo Stato, non c’è bisogno ci siano le organizzazioni non governative”, ha spiegato il ministro intervistato da Maurizio Belpietro, alla festa del decennale del partito di Giorgia Meloni.

La mano dei servizi

Poi ha addirittura ha avanzato, immancabile, la trattativa del complotto: “Il sospetto – ha spiegato – che talune formazioni che partecipano a questo mondo siano ispirate in qualche modo, non so se per l’intervento dei servizi segreti, a creare meccanismi di condizionamento non lo dico io, ma lo dicono studi di qualche anno fa che hanno definito questi fenomeni come ‘armi di immigrazione di massa’”.

“Al di là delle notizie che arrivano, stiamo molto attenti, non mi stupirebbe se il protagonismo politico che alcune organizzazioni hanno manifestato nel voler condizionare le politiche migratorie del nostro paese fosse un anello di una catena più grande gestita da qualcuno che possa avere un interesse ad utilizzare l’immigrazione incontrollata come elemento di destabilizzazione del quadro politico, sociale ed economico del Paese”.

A nulla sono valse le parole di qualche settimana fa dell’Europa che tramite la portavoce della Commissione Ue Anitta Hipper, ha ribadito che nell’obbligo di salvare vite in mare “non c’è differenza tra navi Ong o altre navi’”. Piantedosi finge di dimenticare che anche la Germania si è recentemente schierata a sostegno delle organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo, con l’ambasciatore tedesco in Italia, Viktor Elbling, che ha twittato così: “Nel 2022 sono già oltre 1300 le persone morte o disperse nel Mediterraneo. Un 12% dei sopravvissuti sono stati salvati dalle Ong. Loro salvano vite laddove l’aiuto da parte degli Stati manca. Il loro impegno umanitario merita la nostra riconoscenza e il nostro appoggio”. Piantedosi insiste. Del resto un po’ di propaganda alla festa della presidente del Consiglio torna sempre utile.
G.C.

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L’unica invasione è quella della propaganda. Ecco i numeri

Il report 2022 sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes lo dice chiaramente: il 2022 è stato l’anno in cui l’invasione dell’Ucraina ha sparso in Europa milioni di ucraini (oltre 4.400.000 le persone registrate per la protezione temporanea solo nell’Ue fino all’inizio di ottobre) ma è anche l’anno in cui l’Ue ha continuato ad appaltare i suoi confini per respingere migranti e rifugiati ugualmente bisognosi di protezione: è avvenuto dalla Grecia a tutti i Balcani, dalla Libia alla frontiera con la Bielorussia, dalle enclave spagnole sulla costa africana alle acque mortifere del Mediterraneo e dell’Atlantico sulla rotta delle Canarie fino, ultima “novità” dell’anno, ai moli dei porti italiani. Cioè quelli di un Paese i cui governi di ogni colore ripetono da anni che l’«Italia non può fare tutto da sola», ignorando le statistiche sui rifugiati presenti nei Paesi europei che l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, aggiorna ogni semestre. Alla fine dello scorso giugno, ormai nel pieno della crisi umanitaria ucraina, vivevano in Italia poco meno di 296 mila “rifugiati” (cioè rifugiati in senso stretto e persone con protezione complementare o temporanea, e quindi profughi ucraini inclusi: la cifra equivale a cinque persone ogni mille abitanti). Però alla stessa data i rifugiati in Francia erano 613 mila e in Germania addirittura 2.235.000. 

Nessuna invasione, quindi, ma un’accoglienza a due velocità che distrugge l’enorme bugia del “non riusciamo ad accogliere tutti”. Non vogliamo accogliere tutti, semplicemente. E non è vero che l’Italia faccia più degli altri. Alla fine del ’21, prima della guerra, i rifugiati in Italia calcolati dall’Unhcr erano solo 145 mila, mentre però la Francia ne ospitava già mezzo milione e la Germania 1.256.000. Quanto all’incidenza sulla popolazione, la Grecia già sosteneva un carico multiplo rispetto a quello italiano: quasi 12 rifugiati ogni mille abitanti contro i nostri due o poco più; e persino la Bulgaria ne contava tre ogni mille. Mentre sempre nel ’21, se l’Italia ha registrato 45.200 richiedenti asilo per la prima volta, la Germania ne ha registrati 148.200, la Francia 103.800 e persino la Spagna ne ha ricevuti di più, 62.050 (dati Eurostat).

Le curatrici del Rapporto Mariacristina Molfetta e Chiara Marchetti scrivono: «Viene così da chiedersi chi dovrebbe prendersi i migranti da chi, per restare al livello dell’attuale “dibattito” nell’Ue. (Piuttosto, occorrerebbe discutere del fatto che le persone che sbarcano sulle nostre coste, a differenza di molte altre che chiedono protezione nell’Europa continentale, devono essere prima salvate da un mare pericoloso con missioni di soccorso degne di questo nome e dovrebbe essere loro risparmiato l’inferno di Libia: qui sì, è vero che l’Italia non può farcela da sola)».

Ma intanto ci troviamo in «un’Unione europea e un’Italia “sdoppiate”, solidali con gli ucraini e discriminanti e in violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali con altri – scrivono nell’Introduzione a Il diritto d’asilo. Report 2022. Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati (Tau Editrice 2022, pp. 440) Mariacristina Molfetta e Chiara Marchetti -: Per qualcuno le frontiere sono aperte, mentre per altri non lo sono nemmeno i porti dopo un naufragio. A essere a rischio è lo stesso diritto d’asilo e persino lo stato di salute delle nostre democrazie. In questo quadro di pesanti trattamenti discriminanti sia internazionali che nazionali si aprono interrogativi scomodi: i bambini sono davvero tutti uguali? Godono tutti degli stessi diritti? Le persone in fuga da conflitti e guerre che hanno già perso la casa e magari persone care non sono tutte uguali e non hanno tutte gli stessi diritti? Provocatoriamente ci viene da chiederci se invece per avere accesso a questi diritti bisogna essere biondi o cristiani o venire dal continente europeo…». 

Il diritto di accogliere i migranti che più ci piacciono e che sentiamo più simili a noi dov’è scritto? In quale trattato internazionale? In quale articolo di legge?

Buon venerdì.

Nella foto: migranti sulla Geo Barents ormeggiata a Catania chiedono aiuto, 8 novembre 2022

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Renzi si scandalizza del Qatargate ma è pagato da bin Salman

L’ha scritto perfino il giornalista de Il Foglio Luciano Capone, non certo una penna avversa a Matteo Renzi e al cosiddetto Terzo polo: “Vedo molti vicini al Terzo Polo scatenarsi sulla vicenda del Qatar, che coinvolge la sinistra. – ha scritto Capone -.

Matteo d’Arabia non viola alcuna legge. Però loda chi calpesta i diritti umani

Al netto dell’aspetto giudiziario, se c’è reato o meno si vedrà, dal punto di vista politico non sarebbe molto diversa da Renzi con l’Arabia Saudita: soldi a fronte di una buona parola”. Sul gigantesco scandalo che coinvolge l’Europarlamento e che vede importanti esponenti del centrosinistra italiano coinvolti (come l’ex eurodeputato Antonio Panzeri) si stanno scatenando tutti.

È perfino naturale: il gioco della politica prevede l’assunzione delle proprie responsabilità di fronte agli scandali e che a farsi corrompere per spendere buone parole sul Qatar (che coi diritti umani ha più di qualche problema) sia chi di diritti umani ne ha fatto una bandiera rende la reazione fin troppo facile. Si scatena la destra che sull’avversione al “buonismo” ha costruito il proprio impianto elettorale, si scatenano il Terzo Polo che critica la presunta “superiorità morale” sfoggiata alla sua sinistra e i partiti che guadagnano logorando quella coalizione.

Poi, ieri, comodamente seduto come ospite alla trasmissione Omnibus, ha deciso di prendere parola anche il senatore di Italia Viva Matteo Renzi che non è riuscito a trattenere il suo irrefrenabile gusto di demolire il Pd: “Io sono una persona onesta e pulita – ha detto -. Io non vado a vendere le armi in Colombia (con un riferimento a Massimo D’Alema, nda), io non ho garantito ventilatori cinesi malfunzionanti (riferendosi a Giuseppe Conte e Domenico Arcuri, nda) e soprattutto io non sono quella sinistra con la doppia morale, perché quelli che sono i protagonisti dello scandalo” cosiddetto Quatargate “sono quelli che sono venuti via dal Pd dicendo che io non rispettavo i valori della sinistra.

Quali sono i valori della sinistra di questi signori? I borsoni con i contanti? Sono valori anche quelli…”. Una considerazione immediata: che Renzi riesca a infilare tutti i suoi avversari politici in ogni suo discorso, su qualsiasi vicenda, di ogni ambito, è una caratteristica che qualcuno registra come un talento ma che ha a che vedere più con l’ossessione.

Ma andiamo avanti, perché che la morale sia fatta da un senatore italiano nonché leader di partito nonché ex presidente del Consiglio che presta la sua opera di “consulenza” a un altro Paese con evidenti problemi di diritti e democrazia come l’Arabia Saudita è qualcosa che ricorderemo a lungo. Dice Renzi che il suo ruolo è “cosa diversa da chi prende soldi per cambiare la propria opinione”.

Qui siamo alla metempsicosi: secondo Renzi è scontato che Panzeri e soci non possano avere idee positive sul Qatar ma allo stesso tempo – notate l’astuzia – ritiene naturale essere convinti della splendente democrazia del principe bin Salman. Ci fosse un giornalista con appena un po’ di nerbo gli potrebbe chiedere che differenza ci sia tra gli operai sfruttati morti per costruire gli stadi da calcio e il sistema della “kafala” del suo principe amico Mohammad bin Salman che ha pagato due euro all’ora con turni massacranti per montare il circo della Formula 1 che è sbarcato quest’anno in Arabia Saudita.

Ancora: “Se mi dicono che chi fa il parlamentare non può fare altro va bene. Basta che ci siano regole uguali per tutti”, dice Renzi. Qui la risposta migliore è del suo alleato Carlo Calenda, prima che perdesse la lingua su questo punto: “Ritengo inaccettabile – scrisse Calenda il 29 gennaio del 2021 – che un senatore della Repubblica, pagato dai cittadini, vada in giro per il mondo a fare il testimonial di regimi autocratici dietro pagamento di lauti compensi. Prendere soldi da governi di Paesi stranieri mentre eserciti ancora un’attività politica è inaccettabile. E sono per primi i liberali a doverlo dire con nettezza. Si tratta di una cosa semplicemente immorale e pericolosa”.

È un concetto immediato, facile facile. Non esiste una regola che vieti ai parlamentai di ubriacarsi nei bar sotto al Parlamento, eppure sarebbe un comportamento sconveniente. Anzi, in quel caso almeno non ci morirebbe nessun sfruttato. Torniamo al concetto espresso dal giornalista Capone: “Al netto dell’aspetto giudiziario” siamo di fronte alla “buona parola” in cambio di soldi. E qui sento già qualcuno bisbigliare: “Quindi state mettendo a confronto le due situazioni?”.

Facciamo rispondere sempre il giornalista de Il Foglio Capone, senza scomodare giornalisti considerati antirenziani: “Farsi pagare da regimi non democratici per parlarne bene è un problema in sé, a prescindere dall’aspetto legale. Se avviene commettendo un reato è ovviamente molto peggio, ma al momento non abbiamo ancora sentenze”, spiega Capone a chi avanza questo dubbio. Renzi però reclama di fare tutto alla luce del sole e con pagamenti regolari. Vero.

Anche qui risponde la firma de Il Foglio: “Quello è un aspetto che differenzierebbe la parte legale, se cioè c’è reato o meno. Ma dal punto di vista politico la strategia di coinvolgere politici occidentali, anche attraverso benefici economici, per parlare bene chiudendo un occhio sui diritti è la stessa”. Come disse Riccardo Noury, presidente di Amnesty International, dopo la presenza di Renzi come “conferenziere” a “Davos nel deserto”, un forum in cui economisti, analisti ed esponenti politici si confrontano, per parlare bene di Arabia Saudita: “Il punto non è andare o non andare, il punto è andare e fare dei salamelecchi”. Ci vuole credibilità per affrontare certi argomenti. Caro Matteo, lascia perdere.

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Alleanza M5S-Pd in Lombardia. L’intesa manda in tilt la sinistra

Il matrimonio si farà. Il Movimento 5 Stelle sarà nel perimetro della coalizione che sostiene Pierfrancesco Majorino (nella foto) alle prossime elezioni regionali in Lombardia, sfidando il presidente uscente Attilio Fontana e Letizia Moratti.

Il matrimonio si farà. Il M5S sarà nel perimetro della coalizione che sostiene Majorino alle prossime regionali in Lombardia

Gli incontri sui temi voluti da Giuseppe Conte, lasciando perdere i nomi e le somme dei simboli, hanno accontentato tutti i partiti della coalizione e il “campo largo” che alle elezioni nazionali si è dissolto poco prima della campagna elettorale riprende forma in Lombardia: trovata l’intesa sulle infrastrutture, sulla sanità, sull’ambiente, sul lavoro e sull’agricoltura.

I grillini hanno deciso di superare le evidenti tensioni tra Conte e Letta a Roma rivendicando autonomia territoriale in nome delle molte battaglie condivise all’opposizione con Pde +Europa. Il Movimento 5 Stelle ora organizzerà la consultazione con gli iscritti per confermare la decisione mentre il Partito democratico si ritrova a dover affrontare la grana +Europa.

Si sfila +Europa che però perde l’unico eletto. Usuelli scarica Della Vedova e resta con i giallorossi

Qui la situazione si complica parecchio: il segretario nazionale Benedetto Della Vedova ha chiarito fin dall’inizio “se ci sarà il M5S noi non ci saremo” e infatti nessun rappresentante del partito ha partecipato ai tavoli di lavoro sul programma. Il pensiero romano però non è in sintonia con le valutazione del consigliere regionale di +Europa Michele Usuelli e con alcuni dirigenti lombardi.

L’aria nel partito sull’asse Milano-Roma è tesissima. Usuelli due settimane fa aveva deciso, durante una seduta del Consiglio regionale, di sedersi tra i banchi dei 5 Stelle per lanciare un chiaro segnale. Di “un’occasione che non possiamo mancare di cogliere e sostenere” avevano parlato i vertici di Radicali Italiani, Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni. “Come Radicali – scriveva la dirigenza – abbiamo storicamente sempre subito i veti, mai imposti. Per questo in vista delle elezioni regionali della Lombardia e del Lazio non poniamo nessun veto né al Movimento 5 Stelle né ai Verdi/Sinistra Italiana, nonostante una distanza considerevole soprattutto sulla guerra in Ucraina”.

Della Vedova sembra però irremovibile. Tentato da Calenda per appoggiare Moratti (soluzione più che difficile dopo le bordate contro di lei proprio da parte di Usuelli) il segretario di +Europa starebbe pensando all’ipotesi di andare da solo (qualcuno vorrebbe Cappato ma è solo una suggestione) oppure di presentare una sua lista senza simbolo. Di spazio al centro ce n’è poco con Terzo polo e Letizia Moratti.

Differenze di opinione anche a sinistra nella lista regionale di Unione Popolare, l’alleanza che sotto la guida di Luigi De Magistris si è presentata alle ultime elezioni politiche tenendo insieme De.Ma, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo. L’ex sindaco di Napoli considera irripetibile l’occasione di sfilare la Lombardia alla destra dopo 28 anni ma l’assemblea regionale si è spaccata e ha infine deciso di andare da sola. Anche in questo caso non sarà facile spiegare ai propri elettori che Vittorio Agnoletto, in passato candidato presidente proprio a sinistra, sostiene Majorino mentre i suoi ex compagni di viaggio prendono un’altra strada.

Qualche imbarazzo anche per la consigliera regionale Elisabetta Strada eletta nel centrosinistra con Giorgio Gori che ora ha deciso di sostenere Moratti: “Le coraggiose prese di posizione di Nando della Chiesa, di Alessandra Kusterman e di tanti altri esponenti della società civile di sinistra, mi hanno motivato”, spiega Strada. Peccato che proprio ieri Dalla Chiesa abbia confessato di avere preso un granchio e ha ritirato il suo appoggio. Una cosa è certa: l’occasione di vincere in Lombardia la raccontano i numeri. Ognuno si assumerà le proprie responsabilità.

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Un pullman di tr… e polemiche su Berlusconi

La scena è ributtante fin dall’inizio. Una cena natalizia con la sua squadra di calcio del Monza, la fintamente aria allegra delle cene aziendali obbligatorie a cui non vorrebbe mai andare nessuno. Silvio Berlusconi che regge il microfono come un cantante di pianobar e per invogliare i calciatori a vincere le prossime partite contro Milan e Juventus promette “un pullman di tr**e” ai giocatori”. Tutti ridono, qualcuno perfino applaude.

Diventa un caso la promessa di Silvio Berlusconi ai giocatori del Monza. Ma a destra, dalla Meloni in giù nessuno ha nulla da dire

La servitù è una malattia irresistibile per chi ha occhi solo per il padrone. L’ex cavaliere nel video sorride tronfio, come sorridono quelli che sanno di avere toccato livelli infimi per solleticare gli sfinteri del pubblico e si sentono eroi. A rendere il tutto ancora più degradante si scorge Marta Fascina, la sposa per finta di Berlusconi, che osserva la scena. Mentre il branco di uomini esulta per le donne pezzi di carne lei è l’unica donna a cui tocca abbozzare un sorriso che le esce di sguincio.

Berlusconi, al solito, mostra la sua natura. Basta farlo parlare per più di qualche secondo senza le sue badanti che lo tengono a freno per vederlo incarnare il più becero maschilismo. Se esistesse nel mondo una fallocrazia ne sarebbe presidente ad honorem. Non è lui a stupire, a essere desolante è il fatto che pochi mesi fa qualcuno l’avrebbe votato come Presidente della Repubblica, con l’appoggio di certi presunti editorialisti e moralisti che sono classe dirigente di questo Paese.

“Non siamo sorprese, è il linguaggio con cui ha governato e impoverito l’Italia. È questo il personaggio, che non si smentisce, anzi, insiste, che Giorgia Meloni, Salvini e Tajani avrebbero voluto al Colle? Un vero maestro di vita e politica che dovrebbe uscire per sempre dalla vita pubblica”, dice Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra. Di “schifezza” e “tristezza” parla il leader di Azione Carlo Calenda mentre la presidente di Italia Viva Teresa Bellanova denuncia “una visione anacronistica e vergognosa”: “una frase sessista in cui ancora una volta la donna è non un soggetto con piena dignità, ma un oggetto ad uso e consumo degli uomini, un premio per i valorosi”.

Ma il punto vero lo coglie la deputata dei 5 Stelle Chiara Appendino: “Ora – scrive -, Berlusconi lo conosciamo, qualcuno dirà che non c’è nulla di nuovo. Peccato però che lui e il suo partito facciano parte della maggioranza di Governo e quindi chiedo a Giorgia Meloni cosa ne pensi lei, la prima donna Presidente del Consiglio, di questa rivoltante volgarità. Tacciamo e facciamo passare questo messaggio alle nostre figlie, Giorgia”.

E ancora: “È ammissibile che le donne siano considerate oggetti sessuali, premi da consegnare come fosse merce acquistata al mercato? Auspico che la Presidente Meloni e tutte le donne e gli uomini di Forza Italia e che compongono questa maggioranza di governo prendano le distanze e condannino queste ignobili parole pronunciate come se nulla fosse, di fronte a centinaia di persone”.

Risposte dalla maggioranza ovviamente non ne arrivano. Ma quando qualcuno molto spericolatamente esultava per Meloni come alfiere del femminismo a Palazzo Chigi in molti facevano notare che serve ben altro di una semplice donna al comando per riabilitare le donne. Dalla bambola gonfiabile portata sul palco da Matteo Salvini a quest’ultima (tra tante) uscita di Berlusconi si capisce subito cosa siano le donne per la maggioranza che sostiene questo governo. Il tetto di cristallo, per Giorgia Meloni, sono proprio i suoi alleati. E quelli no, non li ha sfondati, nemmeno educati.

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L’ultima grande idea del governo: sparare in città e nelle aree protette

«Spari nei parchi e nelle aree protette, spari in città, spari a tutti gli animali selvatici a qualunque ora del giorno e della notte, e in qualsiasi periodo dell’anno». Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf denunciano che «è quanto prevede un emendamento alla legge di Bilancio (l’emendamento numero 78.015) presentato da un pool di deputati di Fratelli d’Italia che, evidentemente, con tale iniziativa intendono dare seguito alle promesse di deregulation venatoria fatte durante la campagna elettorale, trasformando l’Italia in una vera polveriera».

In un comunicato le associazioni spiegano: «Se l’emendamento “caccia selvaggia” venisse approvato, una ristretta categoria di individui, peraltro sempre più isolata dal tessuto sociale, sarebbe autorizzata a fare strage di animali selvatici e a mettere in pericolo la pubblica incolumità con il pretesto del “controllo” della fauna». Ma non è tutto. Ci sarebbe anche un fantomatico «piano “straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica”» che, secondo Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf, «assesterebbe un colpo mortale al nostro fragile patrimonio di biodiversità».

«Ed è altresì un gravissimo segnale – prosegue la nota delle associazioni – quello manifestato dalla commissione Ambiente del Senato che, nell’esprimere il parere sul decreto-legge di riordino dei ministeri, ha approvato una osservazione in cui si chiede di individuare le modalità idonee per trasferire le funzioni statali in materia di fauna dal ministero dell’Ambiente al ministero dell’Agricoltura. Una proposta insensata, mix di incostituzionalità e illogicità, che denota la subordinazione di certa politica alle istanze di lobby venatorie e armieri».

Il tutto, vale la pena sottolinearlo, all’interno di una legge di Bilancio che ha poco a che vedere con l’argomento. Durissimi Angelo Bonelli e Eleonora Evi, dell’Alleanza verdi-sinistra: «Governo e maggioranza vogliono distruggere la legislazione ambientale italiana proprio in un momento in cui la biodiversità, minacciata dalla crisi climatica, dovrebbe essere maggiormente tutelata».

L’emendamento presentato da Fratelli d’Italia però ha un obiettivo chiaro: sottrarre anche i voti dei cacciatori alla Lega. E privatizzare la fauna selvatica per trasformarla in business è il sogno recondito.

Buon giovedì.

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Santanchè ministra da spiaggia. A Lady Twiga il mare piace solo privato

Le poche spiagge libere in Italia andrebbero privatizzate, ma subito. La regina delle idee strampalate e zeppe di conflitto di interessi ieri è stata la ministra del Turismo Daniela Santanchè, una che il ministero l’ha conquistato ad honorem per la sua esperienza imprenditoriale da socia fino al 25 novembre scorso del famoso Twiga di Forte dei Marmi. Poi, con poco sprezzo del ridicolo, ha deciso di liberarsi del suo “conflitto di interessi” cedendo le sue quote al suo compagno Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena e al socio Flavio Briatore.

Le poche spiagge libere in Italia andrebbero privatizzate, ma subito. A dirlo è stata la ministra del Turismo Daniela Santanchè

Nel suo intervento all’Assemblea di Confesercenti Santanché ha spiegato il suo progetto: “Credo – ha detto la ministra – che prima di otto mesi, un anno non saremo in grado di fare le gare” per le concessioni balneari, ma “io credo sia meglio assegnare prima le spiagge che non sono assegnate”. Poi l’affondo: “Ci sono spiagge libere meravigliose dove ci sono rifiuti e tossicodipendenti, nessuno pensa a tenerle in ordine, forse potremmo cominciare da lì. Naturalmente devono essere fruibili per tutti”.

Come possano diventare “fruibili per tutti” delle spiagge in mano ai privati è un mistero che Santanché non si è degnata di spiegarci, presa com’era dalla sua foga oratoria mentre spiegava che “le concessione balneari sono una delega del ministro Musumeci” – perché quindi parlarne? – e mentre si lamentava di un suo “presunto” conflitto di interessi che invece sta sotto gli occhi di tutti da tempo.

Non riuscendo comunque a trattenersi dal suo sovranismo balneare la ministra è riuscita anche a lamentarsi dal pericolo che alcune spiagge finiscano in mano a imprenditori stranieri. “Mi sentirei male” – ha detto Santanché – se le spiagge venissero gestite da multinazionali che potrebbero “standardizzare” l’offerta. Il pericolo? “Mi sentirei male se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole piuttosto che le melanzane alla parmigiana”, ha spiegato.

Sembra una barzelletta e invece ha proprio detto così. C’è dentro tutto l’armamentario della propaganda di destra: c’è il privato come salvezza di tutti i mali, c’è la strafottenza con cui se ne fregano del valore dei beni comuni, c’è quel ridicolo protezionismo dell’italianità usato solo per chiudere il mercato (di cui comunque si dicono grandi cultori) e c’è l’impunità con cui un’imprenditrice del settore riesce a dimenticare di essere un membro del governo.

Ma quali sono i reali problemi delle spiagge libere? Secondo il report di Legambiente, ‘Spiagge 2022’, è un mix di fattori a penalizzare le spiagge libere: la crescita in questi anni delle concessioni balneari che toccano quota 12.166, l’aumento dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, con i tratti di litorale soggetti ad erosione triplicati dal 1970, e il problema dell’inquinamento delle acque che riguarda il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento.

In alcune Regioni si registrano veri e propri record di privatizzazione a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Nel Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta (LU), Camaiore (LU), Montignoso (MS), Laigueglia (SV) e Diano Marina (IM) sono sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate.

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Fari spenti sulla mafia. A certa politica sta benissimo così

L’ultimo in ordine di tempo è stato Matteo Salvini. Da ministro dell’Interno il leader della Lega ha provato a riproporre lo stereotipo del ministro di ferro di matrice destrorsa, quello che nell’immaginario propagandistico è duro con i mafiosi, si ispira a Paolo Borsellino e non guarda in faccia nessuno. Non andò benissimo. Salvini ce lo ricordiamo per l’ennesimo video sui social mentre nuotava pesante nella piscina di una villa confiscata a un boss. Poco altro. D’altronde la destra – lo dicono i numeri – paga le troppe inchieste che vedono coinvolti politici locali e nazionali.

Inchieste e scandali a ciclo continuo. Ma il tema della mafia è sparito dal dibattito politico

Il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, è stato oggetto di innumerevoli inchieste giornalistiche che hanno raccontato le frequentazioni pericolose. A Catanzaro il procuratore Nicola Gratteri prova, in solitudine e con fatica, a sbrogliare gli intrecci che tesseva l’ex parlamentare Giancarlo Pittelli, uomo forte di Fratelli d’Italia in Calabria.

Alla fine la destra ha deciso di normalizzarsi e inabissarsi. Converrebbe non dimenticare, del resto, che uno dei tre leader, Silvio Berlusconi, è uomo che con Cosa Nostra ha intessuto rapporti economici e che Marcello Dell’Utri (fondatore di uno dei tre partiti al governo) è stato per anni l’ambasciatore presso la mafia per conto del leader di Forza Italia. Sarà per questo che l’ansia antimafiosa di questa brutta destra si è prontamente sopita limitandosi ad applaudire le operazioni delle forze dell’ordine e della magistratura. Un po’ poco.

Il tema dell’antimafia però si è rarefatto anche a sinistra dove sembrano lontane le stagioni in cui le piazze si riempivano per esprimere vicinanza ai magistrati (che sì, che continuano a rischiare di morire) e che affollavano gli eventi. La spinta originaria che accompagnò la maxi operazione Crimine-Infinito in Lombardia (mentre la neo candidata Letizia Moratti insisteva nel negare la presenza della mafia in Lombardia) si è affievolita perdendosi per strada le altre maxi operazioni che ci sono state in Piemonte, il maxi processo Aemilia in Emilia Romagna e per ultimo quello che si celebra proprio a Catanzaro.

Così accade che a Pioltello si sradichi per la seconda volta una locale di ‘Ndrangheta che si è riattivata dopo la scarcerazione del boss e la notizia finisca nella pagina delle cronache. Cronaca nera, ecco il punto. Anni di superficialità politica hanno concesso di relegare gli arresti, i processi e le condanne come casi di cronaca, episodi di criminalità organizzata che nel dibattito politico appaiono come totalmente estranei alle istituzioni, allo Stato e ai partiti. È la normalizzazione che proprio le mafie sognavano da tempo.

Se a questo ci si aggiunge un po’ di garantismo peloso (quello che non ha nulla a che vedere con la garanzia dei diritti ma che è soltanto un camuffamento dell’impunità) si ottiene la miscela perfetta: la mafia è solo roba di mafiosi, combatterla è compito di polizia e carabinieri e alle istituzioni base apparecchiare qualche buon evento in occasione delle commemorazioni. Perfino l’associazionismo antimafia sembra fiacco e intento a commemorare più i morti che occuparsi dei vivi.

Ieri in un’inutile conferenza stampa dopo l’ennesima maxi operazione il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha spiegato che “tutelare l’economia contro le infiltrazioni criminali è una premessa indispensabile per la crescita dei territori vessati dalla criminalità mafiosa ed a cui dobbiamo garantire sicurezza e legalità”.

Nessuno ha avuto il coraggio di chiedergli come si possa tutelare l’economia legale in un governo che sta concimando l’economia sommersa. Qualche giorno fa il candidato alla Regione Lombardia Pierfrancesco Majorino ha sottolineato la scomparsa del tema mafioso dalla politica lombarda. La presidente della commissione antimafia lombarda Monica Forte ha detto che non bisogna “trasformare l’antimafia in un tema elettorale”. E invece sarebbe utilissimo, per tutti.

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Sì, il Qatar-gate è un tema da congresso

Prima c’è stato Soumahoro. Su Soumahoro c’è, inutile nascondersi, un caso politico al di là dell’aspetto giudiziario (che tra l’altro non sfiora per ora il parlamentare dell’Alleanza Sinistra/Verdi). Da giorni non se ne sa nulla. Nessuna comunicazione da parte dell’interessato che aveva garantito a Bonelli e Fratoianni di “chiarire tutto” e invece dopo un passaggio parecchio sfortunato in televisione intervistato da Formigli è praticamente sparito. In quel caso abbiamo ascoltato voci “stupite” di chi l’ha candidato e basta. Ma a un parlamentare non è concesso trincerarsi dietro al silenzio e ai partiti non è concesso di rimanere immobili. Al di là dell’aspetto personale c’è quest’abitudine di candidare simboli e presunti portatori di testimonianze convinti che possa essere una buona scorciatoia per rappresentare certe istanze. Questo è un tema da congresso del più grande partito del centrosinistra in Italia. È qualcosa da analizzare e discutere.

Ora c’è il Qatargate. Anche in questo caso lasciamo perdere la strumentalizzazione dei giornalacci che (come nel caso di Soumahoro) ne approfittano solo per mettere merda nel ventilatore. C’è un tema sostanziale: le porte girevoli tra politica e lobby sono ben lungi da essere normate come si deve dalle istituzioni. Quindi dovrebbero intervenire i partiti. E anche questo è un gran tema per il congresso del Pd, una mucca nel corridoio, perché dalle porte girevoli è passato un ex ministro (uno dei peggiori) all’Interno che ha stretto le mani insanguinate della Libia e ora occupa un posto imprenditoriale e spericolatamente politico. E Minniti è solo il caso più eclatante tra tanti. Lo è anche Panzeri, l’ex eurodeputato che non se n’è mai andato da Bruxelles e che ha monetizzato spregiudicato i suoi rapporti politici. È una questione di fiducia, un patto che i partiti firmano con i propri cittadini al di là delle regole delle istituzioni. Qual è il codice etico che il Pd vuole garantire ai suoi elettori? Questo è un tema da congresso.

Se il Pd in pieno congresso non discute di ciò che (anche di mostruoso) accade a sinistra a cosa serve il Pd?

Buon mercoledì.

Nella foto: segreteria nazionale del Pd, 24 novembre 2022

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La faida nella Lega riapre la sfida in Lombardia

In Lombardia la destra che si è già spaccata in due (con Letizia Moratti sostenuta dal cosiddetto Terzo polo) trema ora per la faida interna nella Lega di Salvini.

Dopo la scissione della Lega il Comitato Nord è  pronto a votare la Moratti alle prossime regionali in Lombardia

Mentre nei congressi provinciali lotta all’ultimo voto per il consenso crescente del fronte del Comitato Nord (la fronda lanciata da Umberto Bossi per tornare alla Lega delle origini) in Lombardia i consiglieri regionali lombardi Roberto Mura, Federico Lena ed Antonello Formenti hanno deciso “di costituire il gruppo Comitato Nord, poiché hanno ritrovato dopo l’incontro di sabato scorso a Giovenzano quel sentimento che li aveva spinti ad iscriversi alla Lega Nord e che purtroppo da qualche tempo si è ormai perso nella Lega Salvini Premier: Autonomia, tutela degli interessi del Nord e valorizzazione del territorio”, scrivono in un comunicato stampa.

La decisione è stata presa dopo un incontro proprio con Bossi in persona. Matteo Salvini però non l’ha presa per niente bene e a stretto giro di posta a espulso in consiglieri nonostante i tre abbiano confermato la “loro volontà garantire il voto favorevole sui provvedimenti di bilancio che arriveranno nei prossimi giorni in Aula del Consiglio Regionale, a sostegno del Presidente Attilio Fontana e della maggioranza di Centrodestra”.

Bossi chiede al leader leghista di ripensarci ma tutti le voci da via Bellerio confermano che la decisione è irrevocabile. “Il partito è ormai la brutta copia di Fratelli d’Italia”, dicono gli scissionisti che lanciano anche un provocazione per la prossima campagna elettorale: “se il centrodestra non ci vuole cominceremo a guardarci introno”. Guardarsi intorno dove? La risposta arrivata ieri nel pomeriggio: “io, proprio con la scelta di una lista civica, sono aperta al dialogo con tutti i partiti politici e i movimenti che guardano a questa regione per la quale credo ci sia necessità di riprendere un ruolo importante anche in Europa e non solo come motore d’Italia”, ha detto all’Ansa Letizia Moratti, ingolosita dal poter fare uno sgambetto al presidente ricandidato Attilio Fontana.

Moratti ieri ha anche incassato l’appoggio di ‘Insieme’, partito d’ispirazione cattolica. Moratti ha sottolineato che “la mia è una posizione civica” che però “si riconosce nella dottrina sociale della Chiesa”. Il suo, sostiene, è un messaggio “che guarda a una società più giusta e inclusiva, una società che cresca in maniera sostenibile”. E quindi “credo sia un messaggio molto legato a quello cristiano, penso al messaggio di Papa Francesco nella sua enciclica ‘Laudato sì’”. Insomma, “l’assonanza con un certo mondo – ha concluso è assolutamente normale”.

Chissà che qualcuno non le faccia notare che la Lombardia di cui era vicepresidente fino a poche settimane fa (e governata da 28 anni dal centrodestra a cui lei ha sempre appartenuto) sia la regina delle disuguaglianze in Italia. Mentre la destra si sbriciola nel centrosinistra proseguono a grandi passi le trattative tra la coalizione di centrosinistra e il M5S.

Dopo l’ultimo incontro di sabato “che ha soddisfatto i rappresentanti presenti” fonti del Movimento 5 Stelle fanno sapere che “è stata condivisa dalle delegazioni la necessità di restituire il lavoro svolto da un lato alla coalizione di csx per una valutazione – a stretto giro – sull’esito nonché sulle restanti parti che sono rimaste aperte, nonché dall’altro lato per il M5S la per la restituzione agli organi interni”.

Per la coalizione rimarrà poi il nodo di +Europa che pubblicamente continua a dichiararsi indisponibile a una coalizione che preveda anche i grillini. Ma fonti autorevoli dei Dem dicono che “si risolverà anche questo, passo dopo passo”.

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