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Il Governo taglia il Welfare per armarsi fino ai denti

Immaginate di intervistare sulla pace qualcuno che per mestiere si occupa di armi, fondatore di un partito (Fratelli d’Italia) che nel solco della destra italiana ritiene l’esercito con le sue munizioni il presidio naturale della stabilità politica, nel bel mezzo di una guerra in Ucraina che troppi utilizzano come clava per questioni politiche interne (se non addirittura personali) e aggiungeteci che quel qualcuno sia diventato ministro alla Difesa: vi sembra possibile?

Per i sovranisti il Reddito di cittadinanza è un costo mentre le armi sono considerate un investimento

Accade qui, in Italia, dove Guido Crosetto dopo essere stato lobbysta per le industrie delle armi viene intervistato dal quotidiano Il Foglio. Il pezzo è pura antologia bellicista. Crosetto si scaglia contro i “finti pacifisti” che di questi tempi sono tutti coloro che non esultano per il rumore di bombe e cannoni e chiedono uni mmediato cessate il fuoco e una soluzione diplomatica.

Ma non c’è solo la criminalizzazione di chi non vede nelle armi una soluzione nelle parole del ministro, c’è anche e soprattutto la promessa di fare ancora peggio per le spese militari: “Come ho spiegato ai miei colleghi ministri, la strategia del governo non può che essere quella di perseguire l’obiettivo del 2% della spesa militare in rapporto al Pil, come del resto hanno ritenuto di dover fare un po’ tutti gli esecutivi che ci hanno preceduto. Ovviamente, è un traguardo che va raggiunto con gradualità, in modo tale che l’aumento di spesa nel settore sia compatibile con le necessità di equilibrio della finanza pubblica”.

Si va spediti verso il maggior aumento di spese militari (già cominciato con Guerini ministro) della storia repubblicana. Tutto ciò accade nel bel mezzo di una pericolosa crisi con inflazione che cresce, problemi di costi delle bollette, crisi energetica, i risvolti di una pandemia non ancora superati, una mancata attenzione alla povertà: la soluzione è comprare cannoni.

Ma Crosetto si spinge oltre: “Anzi a tal proposito, nel recente Consiglio europeo ho annunciato ai miei colleghi un’iniziativa che intendo intraprendere. Proporrò formalmente l’esclusione delle spese per gli investimenti della Difesa dal computo del deficit nell’ambito del Patto di stabilità. Non è una trovata del momento, ne ho parlato coi colleghi ministri della Difesa, mi sono confrontato al riguardo anche col commissario Paolo Gentiloni.

Spero che pure Giancarlo Giorgetti, dal Mef, sollevi il tema. Alcuni paesi, ma non vi dirò quali, effettivamente si sono mostrati molto favorevoli”. Insomma per il governo Meloni il Reddito di cittadinanza che ha salvato un milione di persone dalla povertà durante la pandemia è un “costo” mentre la spinta agli armamenti è un investimento che meriterebbe di uscire dal patto di stabilità con l’Europa.

Tutto questo Crosetto riesce a dirlo fingendo di occuparsi del benessere e della dignità dei suoi cittadini. Dopo il pronome della presidente del Consiglio, dopo l’innalzamento del tetto dei contanti, dopo la favola del Ponte sullo Stretto ora la priorità di questo governo è acquistare armi per essere più credibili nel mondo.

La linea è chiara ed è tracciata. Rimangono almeno due dubbi: quanta pazienza potranno avere ancora gli italiani nel risparmiare qualche euro per arrivare a fine mese mentre si spendono miliardi per le armi e quanto ci metterà l’opposizione a capire che usare la guerra per arricchire i ricchi sfruttando il dolore degli ucraini è un gioco infame.

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Anche a Kobane c’è chiaramente un aggredito e un aggressore. Che si fa

Ha ragione Valerio Renzi. C’è stato un tempo in cui le donne yazide, curde, circasse e arabe campeggiavano sulle prime pagine di tutte le riviste patinate in Italia. Erano quelle che ci avevano aiutato a sconfiggere l’Isis, liberando Kobane. A Kobane ora cadono le bombe. Per Erdogan è stato fin troppo facile: l’attentato avvenuto a Istanbul lo scorso 13 novembre ha spinto l’autocrate turco ad additare il Pkk, formazione di guerriglia curda socialista, come colpevole. Da lì il passo è stato breve. Secondo Erdogan le bombe sono il modo migliore per creare una “zona cuscinetto” per garantire i propri confini.

Le bombe turche sono cadute su Kobane e altri territori curdi nel Nord della Siria e dell’Iraq, provocando vittime, tra cui anche un giornalista. Al momento, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, le vittime sarebbero quindici, di cui nove membri delle Forze democratiche siriane e sei militari siriani. Altre fonti, invece, preannunciano un bilancio più pesante: almeno quarantacinque morti, tra forze siriane e miliziani curdi. Farhad Shami, portavoce delle Forze democratiche siriane, su Twitter, ha scritto che tra i morti ci sarebbe anche un giornalista. E ha aggiunto: «L’occupazione turca sta prendendo di mira i giornalisti, cercando di coprire i suoi crimini».

In nome della propria sicurezza e sulla base di prove non verificate dalla comunità internazionale la Turchia ha aggredito. Anche a Kobane c’è chiaramente un aggredito e un aggressore. Solo che in questo caso l’aggressore è un Paese Nato ed è uno dei migliori clienti dell’industria delle armi italiana.

Ora che si fa L’evento è significativo. Si potrebbe organizzare un aperiguerra a Milano e urlare la necessità di armare il più possibile gli aggrediti. Ci ritroveremmo nella situazione di spedire armi a un Paese che si difende dalle armi che noi abbiamo venduto all’aggressore. Lo vedete il tilt?

Qualcuno è riuscito anche in una situazione del genere a dare addosso ai “pacifisti”. I pacifisti (di cui tutti parlano ma che in pochi hanno ascoltato) risponderebbero sempre allo stesso modo poiché da sempre tengono la stessa linea senza modificarla in base all’amicizia con una delle parti. Chiederebbero una pressione internazionale per un cessate il fuoco immediato (e con la Turchia è molto più facile che con la foga assassina di Putin perché la Turchia senza i soldi dell’Europa rimarrebbe molto prima in mutande) e chiederebbero che non si usino le armi per risolvere una tensione tra Stati. Attenti, quelli che chiedono una “resa unilaterale” dell’Ucraina – che verranno citati strumentalmente in questi giorni per giustificare le bombe sulla Siria e sull’Iraq – sono un’invenzione di sedicenti politici e commentatori. Non esistono, sono al massimo una decina di squinternati.

Ora basta osservare gli eventi per notare limpidamente l’ipocrisia.

Buon martedì.

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Soumahoro sta sbagliando tutto: qualcuno gli dica di fermarsi

Qualcuno che tiene alle importanti battaglie di Aboubakar Soumahoro e alla sua straordinaria esperienza di lotta e di politica gli dica per favore di fermarsi. Soumahoro insiste e sbaglia ancora. Dopo avere minacciato querela contro i giornalisti che hanno riportato la notizia dell’indagine sulla cooperativa di sua suocera e in cui lavorava sua moglie, il parlamentare di Sinistra Italiana e Verdi decide di parlare sbagliando quasi tutto quello che si poteva sbagliare in termini di comunicazione politica.

Soumahoro non poteva non sapere delle vicende giudiziarie delle cooperative

Prima pubblica un video sui suoi canali social in cui si mostra naturalmente ferito riproponendo l’ennesima tesi della montatura giornalistica contro di lui orchestrata dai giornali di destra. Falso, falsissimo: la notizia dell’indagine è stata data da Clemente Pistilli di Repubblica e di vicende giudiziarie riguardanti quelle cooperative se ne sa da almeno un anno. Soumahoro non può non saperlo e non può non rendersi conto che in una situazione che sarebbe stata facile da districare si sta letteralmente incagliando.

Non c’è ragione per non credere alla versione di Soumahoro, ma non dica che la notizia era falsa

Soumahoro sa che molti elettori ripongono in lui una grande fiducia (mi ci metto anche io tra questi) e dovrebbe sapere che quando dice «mi vogliono uccidere» e «vogliono seppellire le mie idee» per il ruolo pubblico che riveste deve dare risposte concrete. Se la risposta è «non so cosa faccia mia suocera», «non chiedo il casellario giudiziario a mia moglie» e comunque «Liliane non possiede nessuna cooperativa, non fa parte di nessun Cda e non è mai stata all’interno del consorzio Aid» e anche se è stata «una dipendente della Karibu, allo stato attuale è disoccupata», i suoi elettori non hanno alcun motivo per non credergli ma non hanno certo la sensazione di assistere a una smentita di una notizia che è stata additata come falsa.

La stessa sinistra fluida che Soumahoro critica è la stessa che lo ha fatto eleggere

C’è poi un altro particolare inquietante: Soumahoro nella sua intervista a Repubblica trova il tempo di dire di voler «dare un tetto, una nuova casa politica a tutti quelli che non si sentono più rappresentati da questa sinistra fluida, senza identità e senza idee». Quella «sinistra fluida» a cui fa riferimento è la lista che gli ha garantito un seggio da parlamentare con una candidatura blindata. Non vorremmo che possa pensare che la delusione dei suoi elettori (e compagni di partito) per quella frase venga letta come parte di un complotto. Soumahoro ha passato una vita di lotta, in un Parlamento che spesso non ha nemmeno idea della differenza tra i diritti e i privilegi. Non ci sono solo nemici, ci sono ostacoli da superare e nodi da sciogliere. Che stia sbagliando glielo stanno ripetendo perfino i suoi compagni di partito. Dai, su.

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Il monologo della Fifa (falso) per i mondiali di calcio

Dunque sono cominciati i mondiali in Qatar. I mondiali con i diritti calpestati. Il presidente della Fifa Gianni Infantino ha deciso di aprire con un monologo che, se possibile, crea ancora più imbarazzo dei mondiali stessi.

Infantino apre così: “Oggi provo sentimenti molto forti. Oggi mi sento del Qatar. Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano. Oggi mi sento gay. Oggi mi sento disabile. Oggi mi sento un lavoratore migrante. Mi sento come loro perché so cosa si prova ad essere discriminati, ad essere vittime di bullismo come straniero in un paese. A scuola ero vittima di bullismo perché avevo i capelli rossi e le lentiggini. Sono stato vittima di bullismo, in più ero italiano, quindi immagina. Non parlavo bene il tedesco. Cosa fai allora Ti rinchiudi nella tua stanza, piangi e poi cerchi di farti degli amici. Cerchi di impegnarti… Non inizi ad accusare o litigare, inizi a impegnarti. Questo è quello che dovremmo fare”.

Paragonare i lavoratori morti perché sfruttati, i gay perseguitati perché illegali e i suoi capelli rossi da bambino è un relativismo infantile degno della peggiore retorica.

Ma continuiamo. “Non è facile leggere tutti i giorni tutte queste critiche a decisioni prese 10 anni fa quando non c’era nessuno di noi. Ora tutti sanno che dobbiamo trarne il meglio e fare il miglior Mondiale di sempre. Doha è pronto, il Qatar è pronto, ovviamente sarà il miglior Mondiale di sempre””, dice Infantino. È vero, Infantino 10 anni fa non era nel posto che occupa ora ma non era nemmeno il ragazzi addetto alla macchinetta del caffè. Era segretario generale dell’organo di governo europeo, l’Uefa. Questa roba che ogni volta è colpa dei governi precedenti è tipica italiana.

Dice Infantino: “Cominciamo dai lavoratori migranti. Ci vengono raccontate molte molte lezioni da alcuni europei, il mondo occidentale. Sono europeo. In realtà lo sono. Penso che per quello che noi europei abbiamo fatto negli ultimi 3.000 anni, in tutto il mondo, dovremmo scusarci per i prossimi 3.000 anni prima di iniziare a dare lezioni morali alle persone”.

Infantino sbaglia il punto: la questione se, e fino a che punto, le società europee contemporanee siano responsabili del passato, e debbano forse anche intraprendere una restituzione, rimane un dibattito attivo. La tecnica del “ma anche” però non attacca: non possiamo cambiare gli errori passati ma possiamo non contribuire alla loro ripetizione.

E poi: “Molte organizzazioni hanno riconosciuto che gli standard sui diritti dei lavoratori qui sono simili a quelli dell’Europa occidentale, gli standard sono simili sulla sicurezza. Vediamo cosa succede nei prossimi 10 anni”. Amnesty, nel suo ultimo aggiornamento prima della Coppa del Mondo, afferma che il lavoro forzato continua “senza sosta” in Qatar, in particolare tra i lavoratori della sicurezza e domestici. La paga viene regolarmente trattenuta dai lavoratori, mentre migliaia continuano a lavorare in modo non sicuro.

E infine, dice Infantino: “Se vuoi criticare, vieni da me. Eccomi, puoi crocifiggermi, sono qui per questo. Non criticare il Qatar, non criticare i giocatori, non criticare nessuno, criticare la Fifa, criticare me perché sono responsabile di tutto. Quante occasioni abbiamo per unire il mondo? Vogliamo continuare a sputare sugli altri perché hanno un aspetto diverso o si sentono diversi? Difendiamo i diritti umani. Lo facciamo a modo nostro”.

Se fare notare il mancato rispetto dei diritti è uno “sputare” allora tutto il lirico monologo era solo finzione. Intanto una novità c’è: il ragazzo con i capelli rossi ha imparato a fare il bullo.

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Tolgono i soldi ai poveri per addobbare le chiese

Priorità del governo: un bonus matrimonio fino a 20mila euro. Ma solo se ti sposi in chiesa. Chi opta per il Comune, zero. Fate attenzione, la famiglia per questo governo è solo tra uomo e donna, solo tra sposati (anche se i leader non sono sposati o lo sono più di volta) e solo se la cerimonia è officiata da un prete.

Come racconta Lorenzo De Cicco su Repubblica, «la proposta di legge è firmata da una sfilza di deputati: in testa il vice-capogruppo a Montecitorio, Domenico Furgiuele, poi il presidente della commissione Attività Produttive e Turismo, Alberto Gusmeroli, i parlamentari Simone Billi, Ingrid Bisa e Umberto Pretto. L’obiettivo dichiarato dell’operazione è riequilibrare il gap tra i matrimoni civili e religiosi. Secondo l’Istat, si legge nella parte introduttiva del provvedimento, le unioni con rito civile sono cresciute rispetto ai livelli pre-pandemia (+0,7 per cento nel 2021 sul 2019), mentre quelli con rito ecclesiastico continuano a calare. A sentire i deputati del Carroccio, le ragioni “che allontanano le giovani coppie dall’altare e che le portano a prendere in considerazione solo ed esclusivamente il matrimonio civile” sarebbero principalmente di natura economica: “Il matrimonio civile – sostengono – è di per sé una celebrazione meno onerosa rispetto al matrimonio religioso”. Ma avrebbero un peso anche le lungaggini procedurali delle parrocchie: “Molte coppie sono dubbiose sui corsi prematrimoniali, i quali hanno una finalità ben precisa e spesso sottovalutata: cercare di far capire alla coppia se si è realmente pronti nel prendere la decisione di sposarsi”. Ecco allora l’idea: un incentivo di Stato, solo per chi sceglie dei pronunciare il sì all’altare».

Quanto costerebbe tutto questo? 716 milioni di euro, cioè 143,2 milioni per le cinque quote annuali. Non si tratta solo della laicità calpestata delle Stato (a cui siamo abituati da tempo): qui siamo proprio all’odio per chi non bacia l’anello al suo parroco. Non c’è differenza con le più oscurantiste finte democrazie.

Poi accade una reazione che dice ancora di più la proposta. Ieri sera esce la notizia e dal governo si sbracciano per dire che no, che non è loro intenzione applicare una legge del genere, che si tratta solo di un’iniziativa personale di alcuni deputati. Esattamente come accaduto con le proposte di legge contro l’aborto, esattamente come avvenuto per le promesse stratosferiche di Salvini. Sempre così: si lancia il messaggio per vedere l’effetto che fa. Si sperimenta quanto si può osare utilizzando la stampa come termometro.

Buon lunedì.

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“Ambiente e Sanità pubblica” i paletti di M5S per le intese regionali. Parla il consigliere del Movimento in Lombardia, Violi: “Niente da fare se sarà un prendere o lasciare”

La domanda che si fanno quasi tutti è: cosa farà ora il Movimento 5 Stelle in Lombardia. La candidatura di Majorino infatti viene vista da molti come una reale possibilità di riavvicinamento per le elezioni regionali al partito di Conte anche se il quadro nazionale complica non poco la situazione lombarda. Na abbiamo parlato con Dario Violi, consigliere regionale del M5S.

L’ingresso in campo di Pierfrancesco Majorino è un’importante novità nello scacchiere lombardo. E adesso?

“Ma a noi cosa cambia che sia Pierfrancesco Majorino? Ai lombardi cosa cambia Un gran pezzo dei lombardi chiede modalità e visioni completamente diversi, non è interessata ai nomi”.

Però sicuramente Majorino favorisce un confronto visto che è più vicino alle vostre idee, no?

“No. Noi se noi diciamo una cosa la manteniamo. Non la diciamo per dileggio. Da tempo chiediamo una visione comune sui temi e su un progetto e non su dei nomi. Sicuramente Majorino è più vicino a noi ma non ci dimentichiamo di quello che abbiamo detto fino ad ora. È una questione di metodo, non è il gioco di cambiare il candidato per ingolosirci”.

Ma almeno questo incontro per confrontare i temi con il Pd?

“Noi andiamo avanti sulla nostra strada. A giorni lanceremo le nostre proposte programmatiche, le basi minime, elaborate anche dopo l’incontro con Conte. I temi sono sempre gli stessi: sanità pubblica, ambiente. Dobbiamo lavorare per racontare una storia diversa da quella di Fontana e di Moratti che per noi pari sono. Se la trattativa sarà un ‘prendere o lasciare’ allora per noi è meglio lasciare”.

Nel Lazio un pezzo di sinistra si è staccata dal Pd per costruire un polo con il M5S e anche in Lombardia sembra che potrebbe accadere lo stesso. Avete contatti in corso?

“In alcuni territori della Lombardia qualche consigliere è stato contattato. È un segnale interessante e indica un posizionamento abbastanza chiaro. Al momento però non c’è un coordinamento lombardo su questo. Con chi ci vede al centro della scena siamo ben contenti di dialogare. Noi siamo siamo inclusivi, così anche con Majorino anche se la base è diversa. Questi vogliono condividere una visione con noi? Ben venga. Chi ha rincorso fino a ieri Calenda e discusso con Moratti invece non ci interessa”.

Si coglie un certo fastidio nelle sue parole per il comportamento del Pd. Sbaglio?

“Decisamente. Da un mese e mezzo dico che serve un’alternativa a Fontana. Qual è la visione comune? Cottarelli? Azione? Stanno sempre a discutere di contenitori, di leader. Prima di scegliere la casa con cui andare a vivere con mia moglie me la sposo no? L’opposizione comune potrebbe essere un fidanzamento ma poi quando ci si decide di sposarsi dobbiamo essere davvero sicuri”.

Non pensa che il tempo a disposizione però sia davvero poco?

“Il tempo non è un fattore. Fontana ha vinto con il 52% 40 giorni prima del voto. Era una coalizione ampia che raccontava la sua storia. Mi chiedo: dopo 28 anni di sconfitte in cui il mantra è sempre stato il nome non è ora di un ragionamento diverso? Non conviene cambiare metodo? Prima Sarfatti, poi Ambrosoli, poi Gori che era sindaco con la sua sconfitta più incredibile della storia. Ora ci provano con la sinistra del Pd. Ma non mancano i fondamentali? Non si ripete sempre la stessa storia Farsi venire il dubbio che il problema non è la scelta del candidato? Anche perché questa volta non c’è il treno delle politiche”.

Però violi, non è che in Lombardia i 5S contino moltissimo in termini di voti…

“No. È un sfida: 5 anni fa abbiamo preso un milione di voti. Esiste una parte di Lombardia che crede noi. Abbiamo fatto degli errori. Sulla base di quelli dobbiamo raccontare storie diverse a chi è stato deluso”.

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Perché Soumahoro avrebbe dovuto spiegare e non minacciare querele

Non è facile essere Aboubakar Soumahoro sotto il governo più di destra che l’Italia abbia avuto dalla Seconda guerra mondiale. Non è facile perché Soumahoro incarna la vittima ideale della narrazione tossica dei nemici dei poveri e dei disperati. A poveri e disperati Soumahoro si dedica tutti i giorni. Non è una semplice inclinazione di sensibilità politica, Soumahoro arriva da lì. Essere nero nell’apice del bianchismo, essere dichiaratamente di sinistra in questa foga destrorsa, essere istruito in mezzo a laureati imbarazzanti ed essere un simbolo di una parte politica poco rappresentata rende Soumahoro il boccone perfetto.

L’indagine coinvolge le cooperative della moglie e della suocera del deputato

È facile immaginare la gioia negli uffici di certi social manager e di certe redazioni quando Repubblica con un articolo a firma di Celemente Pistilli ha raccontato di un’indagine che coinvolge le cooperative della moglie e della suocera di Soumahoro che si occupano di accoglienza. Gli accertamenti della Procura di Latina partono dal sindacato Uiltucs e sono l’appendice di una vicenda su presunte irregolarità amministrative già finita davanti all’Ispettorato del lavoro, conclusasi qualche settimana fa con il riconoscimento di alcuni pagamenti arretrati ai lavoratori delle cooperative Karibu e Consorzio Aid che sollecitavano il saldo. Alla fine la prefettura ha versato circa 50 mila euro ai quattro dipendenti rimasti senza stipendio e ha sollecitato gli enti locali in ritardo con i pagamenti. Che c’entrano gli enti locali? Semplice: la cooperativa attraversava problemi di liquidità perché gli enti territoriali erano in ritardo con i pagamenti privati dall’appalto. Loro si difendono dicendo che le cooperative avrebbero presentato un’incompleta rendicontazione, qualcuno parla di cronici ritardi della pubblica amministrazione.

Perché Soumahoro dovrebbe rispondere spiegando non minacciando querele
Aboubakar Soumahoro (da Fb).

Le testimonianze di ospiti e lavoratori

Oltre a questo ci sono le testimonianze di alcuni ospiti del centro e di alcuni lavoratori che raccontano di scarse quantità di cibo, dell’occasionale assenza di elettricità e acqua e di condizioni pessime generali. Si tratta di testimonianze che ovviamente andranno riscontrate. Dal 2019 circola un dossier dopo la visita di un parlamentare che descrive la struttura come «sporca con parti al limite del fatiscente. Dai pavimenti con radici che divelgono il pavimento, soffitti con macchie evidenti di muffa, malfunzionamento della caldaia a pellet, sporco generale e gli esterni (ci sono tettoie con presenza di eternit) tenute quasi a discarica». Oltre a questo c’è un’altra indagine affidata ai carabinieri su otto sacchi neri contenenti documenti contabili e schede degli immigrati che sono stati ritrovati nei pressi della sede legale di Karibu.

Il garantismo non consiste nel non dare una notizia

Aboubakar Soumahoro quando la notizia è uscita sui giornali ha reagito promettendo querele: «Falso! Non c’entro niente con tutto questo e non sono né indagato né coinvolto in nessuna indagine dell’arma dei carabinieri, di cui ho sempre avuto e avrò fiducia. Non consentirò a nessuno di infangare la mia integrità morale. Per questo, dico a chi pensa di fermarmi attraverso l’arma della diffamazione e del fango mediatico, di mettersi l’anima in pace.  A chi ha deciso, per interessi a me ignoti, di attaccarmi, dico: ci vediamo in tribunale!».

Non è facile essere Aboubakar Soumahoro ma la responsabilità di ciò che il deputato di Sinistra Italiana rappresenta richiederebbe cautela anche nelle reazioni. Capiamoci, un’indagine sulla filiera dell’accoglienza in Italia è, ahinoi, una notizia di questi tempi. Piaccia o no l’immigrazione è uno dei temi caldi che garantisce dibattito pubblico, reazioni politiche e lettori. È una notizia. Che quelle cooperative coinvolgano i famigliari di un deputato della Repubblica è una notizia. Non si tratta di accusare qualcuno di reati, si tratta semplicemente di valutare l’opportunità degli atteggiamenti, delle relazioni e degli interessi che circondano un personaggio pubblico. Il garantismo che si invoca spesso in modo peloso non consiste nel non dare notizie ma nell’avere l’onestà intellettuale di non usarle come clava nella lotta politica.

Perché Soumahoro può diventare il volto della nuova sinistra
Aboubakar Soumahoro fuori dal parlamento (da Fb).

Il capitale di fiducia che Soumahoro ha sulle spalle richiede spiegazioni, non minacce

Non è facile essere Aboubakar Soumahoro ma Soumahoro ha sbagliato completamente la reazione. Promettere querela a un giornalista che riporta una notizia è la furiosa risposta che per anni abbiamo condannato quando a farlo erano gli altri. Non si capisce, tra le altre cose, chi avrebbe intenzione di querelare il deputato: la Procura di Latina I carabinieri che indagano? Gli unici che potrebbe perseguire probabilmente sono quelli che usano contro di lui un’indagine in cui non è coinvolto ma non l’ha fatto il giornalista che ha scovato la notizia. Che quelle cooperative siano di sua moglie e di sua suocera, ripetiamolo, è una notizia. Il capitale di fiducia e di consenso che Soumahoro ha sulle spalle richiede spiegazioni, non minacce. E la storia, come descritta qui sopra, è molto più lineare di quello che si pensa. In conclusione: lui dice che “non c’entra” ma in nessun pezzo viene indicato come indagato o responsabile. Avere una funzione pubblica, ancor più da deputato, richiede di essere opportuni, oltre che legali. Dei parenti di personalità politiche si è sempre scritto proprio per questo: piaccia o no è una notizia. Promettere querela a un giornalista è un atteggiamento che si è sempre contestato. Basterebbe spiegare. Funziona meglio e rende più credibili. Che un’indagine sia “un attacco” coordinato di presunti poteri oscuri è una roba che fa sempre piuttosto ridere. Se ne ha le prove lo dica, altrimenti sembra di sentire un Berlusconi qualsiasi. Riflettici, Aboubakar.

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Il Nazareno cambia statuto per la corsa della Schlein. La modifica consentirà ai non iscritti di competere per la segreteria

Si svolge oggi a Roma l’Assemblea nazionale del Pd. All’ordine del giorno anche le modifiche allo Statuto che dovrebbero permettere agli “esterni” di correre, e per esterni si intende in particolare Elly Schlein che, nonostante sia candidata per la segreteria, non risulta ancora iscritta al partito: entra quindi in conflitto con l’art. 12 comma 5 dello Statuto Pd che impedisce ai membri non iscritti di candidarsi come Segretario di partito.

Questioni aperte

Altro problema è quello dell’appartenenza ad altri partiti o movimenti politici, che potrebbe porsi come ulteriore ostacolo alla candidatura di Schlein, a oggi parte dell’Ufficio di presidenza di Green Italia. il movimento però si è recentemente trasformato da partito ad associazione, novità che dovrebbe permettere di schivare le clausole di incompatibilità. Il Pd dovrà quindi rivedere le carte in tavola per permettere a Schlein di candidarsi, modificando lo statuto che sarà rivalutato in Assemblea nazionale.

Le eventuali modifiche però, ai termini del regolamento, necessitano della maggioranza assoluta dell’assemblea. La candidabilità di Elly Schlein però non è l’unico problema del segretario dimissionario Enrico Letta che in questi ultimi giorni, complici anche i nervosismi per le elezioni regionali, si ritrova con una parte consistente del suo partito che spinge per accelerare il percorso congressuale lamentando la mancanza di una leadership legittimata.

Per questo Elly Schlein, insieme al presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, al sindaco di Firenze Dario Nardella e agli altri candidati, potrebbero dover accelerare le proprie mosse in vista di un’anticipazione del congresso. Le candidature ufficializzate nel Lazio e Lombardia hanno scontentato una parte del partito e senza un segretario autorevole e riconosciuto sarà difficile contenere i nervosismi. Poi, lì fuori, ci sarebbero anche gli elettori. Quelli che, secondo i sondaggi, sono sempre meno.
G.C.

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L’Assemblea Pd sta con Majorino, candidato al Pirellone senza primarie. Via libera definitivo all’eurodeputato filo-M5S. Si punta sulla compattezza per la sfida a Fontana e Moratti

Pierfrancesco Majorino ora è ufficialmente candidato. L’europarlamentare del Partito democratico è stato indicato dalla coalizione come candidato presidente per la Regione Lombardia contro Letizia Moratti e Attilio Fontana. L’assemblea regionale ha ratificato il suo nome e ora inizia per il Pd una campagna elettorale non facile in cui dovrà provare a recuperare il tempo e il terreno persi.

L’imprimatur

“Credo che la sfida sia oggettivamente fra me e Fontana visto che la corsa è per arrivare primi”: ha detto al Tgr Lombardia Majorino che ha voluto chiarire fin da subito che la candidatura Moratti (contro la quale guidò l’opposizione in consiglio comunale a Milano) non la ritiene assolutamente rilevante nella sua corsa. E sulla decisione, non da tutti gradita, di non fare le primarie ha spiegato che “avevamo bisogno di lanciare subito la campagna elettorale” per battere “la destra”.

“E credo che tutti – ha concluso – ci troveremo su questo obiettivo”. Sulle primarie evitate però rimane la riflessione amara di Pierfrancesco Maran, assessore del Pd a Milano con Beppe Sala che ieri sul suo profilo Facebook ha voluto esprimere il suo pensiero. “Quando vietano di giocare la partita, vincere è impossibile”.

L’appoggio per il ‘prescelto’, dice, è scontento: “Sosterrò con impegno il candidato nominato”, scrive Maran. “è senza alcun dubbio un errore grave non averle convocate – scrive su Facebook l’assessore riferendosi appunto alle primarie -. Ancora una volta il tanto annunciato “dobbiamo aprire il partito” è rimasto lettera morta”.

Detto questo, l’esponente dem non ha intenzione di lasciare il partito ma intende “continuare a guidare un’alternativa riformista e per la partecipazione, per rompere gli schemi di un sistema correntizio che, ormai, avendo perso il polso della società e anche della nostra comunità, continua a perdere consenso e si arrocca evitando le competizioni”.

“È una partita che va affrontata nel Partito democratico, senza produrre ulteriori divisioni, anzi – ha aggiunto – ricercando il dialogo costruttivo con tutte le forze di opposizione, per questo sosterrò con impegno il candidato nominato. Vogliamo una politica rivolta al futuro, anche per questo non abbiamo mai pensato che Letizia Moratti potesse essere un’opzione”. E conclude: “Da oggi continuerò con ancora maggiore determinazione a lavorare per una politica migliore e più aperta. Sono sicuro che saremo in tanti a farlo”.

Terzo polo furioso

L’ufficializzazione di Majorino intanto ha fatto saltare i nervi, com’era prevedibile, al cosiddetto Terzo polo che ieri per bocca di Carlo Calenda: “Il @pdnetwork ha scelto di correre in Lombardia con Majorino spostando l’asse della coalizione su Agnoletto (fronte anticapitalista) Sinistra Italiana e forse 5S.

Amen. Evitate ora di incasinare anche il Lazio continuando a supplicare i 5S. Almeno una proviamo a vincerla”, ha scritto il segretario di Azione. Era facilmente prevedibile che il sedicente Terzo polo bollasse chiunque non sostenga Letizia Moratti come un dirigente maoista. Loro sono fatti così: chi non è di destra è un pericoloso brigatista.

Appoggio a Majorino è arrivato invece ieri dalla candidata al congresso del Pd Elly Schlein: “La candidatura di Majorino in Lombardia è davvero un’ottima notizia. – ha scritto Schlein -. Da sempre in prima linea sul fronte dei diritti sociali e civili, amministratore competente, di grande coerenza, capace di unire e con una visione di futuro chiara. Forza Pier, siamo con te!”.

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