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Da Palazzo Madama ai domiciliari. Bestiario di Governo a catinelle

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Non ci si poteva aspettare inizio più bestiale di un governo che deve ancora partire. Ora si scopre che c’è un altro audio di Berlusconi, quelli continuano a litigare e intanto dalla Gran Bretagna arriva una foto nitida di come finisce la destra. Eccoci al nostro bestiario di governo.

LO CHIAMAVANO IMMUNITÀ
Era appena uscito dal Parlamento, non essendo stato rieletto, e aveva da poco terminato di portarsi via gli scatoloni con tutte le sue cose. Ha messo il piede fuori dal senato perdendo il magico potere dell’immunità parlamentare e Marco Siclari (nella foto), Forza Italia, è stato arrestato dalla squadra mobile di Reggio Calabria che ha eseguito a Roma l’ordinanza di custodia cautelare firmata nel febbraio 2020 dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri.

L’ex senatore ha sulle spalle una condanna 5 anni e 4 mesi per scambio elettorale politico mafioso con le cosche di Sant’Eufemia d’Aspromonte e Sinopoli. Il boss Domenico Laurendi, appartenente al locale di ‘ndrangheta di Sant’Eufemia d’Aspromonte della famiglia mafiosa Alvaro, stando alla ricostruzione degli inquirenti, avrebbe battuto cassa dopo che Siclari a Sant’Eufemia d’Aspromonte ha rastrellato “782 voti, pari al 46,10% dei voti espressi validamente – scrivono i magistrati – con uno scarto di 350 voti in suo favore rispetto al secondo più votato”. Bentornato alla vita reale.

SI LITIGA SU CHI DEVE PARLARE
Come a scuola. La destra si presenterà in delegazione da Mattarella per le consultazioni e tocca chiarire chi deve parlare con il Presidente della Repubblica. In occasione delle consultazioni, parlerà Giorgia Meloni, “altrimenti non servirebbe andare al Quirinale come unica delegazione della coalizione”, dice a Rainews 24 Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati. “Berlusconi, da fondatore del centrodestra, deve prendere atto che ora la leader del centrodestra è Giorgia Meloni”, aggiunge. Anche perché visto com’è in forma Silvio sarebbe capace di raccontare una barzelletta e cantare una canzone.

DISCO DI PLATINO
Non sono finiti gli audio di Silvio Berlusconi. Donatella Di Nitto, giornalista Lapresse, degli audio di Berlusconi spiega: “Abbiamo l’audio integrale dei 20 minuti di intervento. Se esce un terzo audio? Dopo la nomina…”. E poi: “Il terzo audio di Berlusconi stupirà? Non possiamo mettere freni a Berlusconi.” Pronti a ballare di nuovo.

SAPORE DI DEMOCRAZIA
Ignazio La Russa dopo il colloquio con Mattarella per le consultazioni: “Colloquio molto cordiale, sempre emozionante stare con il Presidente”. Deve essere rimasto stupito dal fascino della democrazia.

CICCHITTO DIXIT
Sentite che ha da dire Fabrizio Cicchitto, ex capogruppo del Popolo delle Libertà: “Guardate che Berlusconi era così anche vent’anni fa. La resa scenica è logorata dagli anni, certo, ma l’animus pugnandi è lucido. Silvio a volte fa cose irrazionali che dipendono da un’esorbitante personalizzazione dei conflitti. E ora gli interessa solo una cosa, credetemi e non è politica: lui vuole sfregiare Giorgia Meloni, l’abusiva. Silvio non sopporta nessuno che lontanamente possa essere il suo successore, nemmeno con il suo sostegno. Ed è incapace di accettare l’idea che gli anni siano passati, e che una storia sia finita”. Tutte cose che quando le scriviamo noi ci dicono di averle inventate. Ma ora che le dice un ex dirigente di quel partito, la sua parola vale almeno qualcosa

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Tutto a posto

Avrebbe anche potuto ballare nudo di fronte a Mattarella, ubriaco, con il fido Apicella nella parte del menestrello ma quest’alleanza non sarebbe caduta lo stesso. Con Silvio Berlusconi è tutto risolto, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e il leader di Forza Italia si presenteranno a Sergio Mattarella con il loro codazzo di sgherri per apparecchiare il nuovo governo. Sarà presente anche Antonio Tajani, il braccio destro di Silvio pronto per sedersi sulla poltrona del ministero agli Esteri, dopo essere stato certificato come “europeo e atlantista” da sé stesso, dai suoi alleati e da ottimi uffici stampa.

Il trio Meloni-Salvini-Berlusconi continua a essere una cordata in cui il leader di Forza Italia dimostra di volersi occupare dei suoi piccoli affari (Giustizia e televisioni), Matteo Salvini corroderà dall’interno l’alleanza convinto di riuscire a tornare ai fasti perduti e Giorgia Meloni potrà insistere nella parte della funzionale “donna forte” che invece nel giro di qualche settimana ha già ingoiato di tutto.

Perché in fondo, anche se non hanno il coraggio di ammetterlo, il collante che li tiene insieme non ha niente a che vedere con la politica, è la brama di potere senza governi troppo larghi che gli mettano i bastoni tra le ruote. Tutto legittimo, per carità: i voti dicono chiaramente che questi hanno il dovere di provare a governare. Solo che quei voti si aspettano esattamente le dichiarazioni di Berlusconi, si aspettano le intemperanze nostalgiche del fascismo di La Russa, sono golosi di famiglia tradizionale intesa come manganello, non vedono l’ora di annusare il sangue tra i denti di Salvini, confidano entro Natale in un condono che chiameranno sanatoria.

Non si sa quanto dureranno. Che Giorgia Meloni sia già all’opera per costruire un quarto polo a destra con un gruppo cuscinetto per approdo di transfughi vari (e Maurizio Lupi si è volentieri prestato per esserne il cocchiere) ci dice che le alchimie parlamentari sono tenute molto in considerazione. Al centrosinistra toccherà non cedere ancora una volta al potere per il potere, provando per una volta a trattenersi dall’andare al governo largo con gli occhi lucidi di gioia e la scusa della responsabilità nazionale.

È tutto un copione già visto, così noiosamente vecchio, da far venire voglia di sbagliarsi sul finale scontato.

Buon venerdì.

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Tutti contro Berlusconi amico di Putin

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Le uscite di Silvio Berlusconi, prontamente registrate da una talpa interna e poi diffuse attraverso l’agenzia di stampa La Presse, continuano a essere un’ombra consistente sul governo che verrà, nonostante il rituale delle consultazioni al Quirinale e la tranquillità ostentata a cui credono in pochi.

Gli audio deliranti di Berlusconi con gli elogi a Putin continuano a essere un’ombra consistente sul governo che verrà

Nel centrodestra non si placa la caccia all’infedele come se la gravità consistesse nell’averlo diffuso e non nelle parole pronunciate. Di “atto irresponsabile e infedele” parla Matteo Salvini e la neocapogruppo Licia Ronzulli definiva “criminale” la manina dei deputati “che hanno fatto uscire l’audio” con una mossa “incredibile, vergognosa, spregiudicata”.

Sulla stessa linea anche Isabella Rauti, di Fratelli d’Italia, che però non rinuncia alla stoccata contro Berlusconi: “Ogni audio rubato, – spiega ospite alla trasmissione Agorà – chiunque sia il soggetto defraudato, io lo trovo uno sfregio rispetto alla dialettica politica. Detto questo, quelle affermazioni evidentemente sono inopportune e sono anche cariche di una certa gravità. Però dobbiamo anche ricordare che lo stesso Berlusconi ieri sera ha fatto una nota per puntualizzare, oggi i giornali la riportano”.

Dentro Forza Italia è in corso una guerra tra bande che vede da una parte la Ronzulli e dall’altra Tajani e i suoi

Una cosa è certa: dentro Forza Italia è in corso una guerra tra bande che vede da una parte la Ronzulli e dall’altra Antonio Tajani e i suoi (tra cui Anna Maria Bernini) che non smettono di attaccarsi e accusarsi di essere la causa del disastro. Proprio Tajani è finito nell’occhio del ciclone, con l’opposizione in ordine sparso che si domanda quanto possa essere credibile agli occhi della comunità internazionale un uomo di Berlusconi al ministero degli Esteri, nel delicato ruolo di essere rappresentante dell’Italia nel mondo.

Tajani ai suoi ha confidato di non credere però che quell’audio rubato possa essere opera dei suoi nemici interni al partito (per dirla più semplice: di Ronzulli) poiché, ripete, “Meloni non riaprirà la trattativa ministeriale. Andrà al Quirinale con la sua lista dei ministri. Quella trattata con Berlusconi perché è Berlusconi a trattare su questi punti. E anche su di me decide Berlusconi”. Durante la giornata però arrivano bordate da tutte le parti.

Per Conte un esponente Forza Italia alla Farnesina è inaccettabile

“Le parole di Berlusconi delineano una politica estera inaccettabile per l’Italia. – dice Giuseppe Conte del Movimento 5 Stelle -. Si pone adesso un problema serio per il nostro Paese: non credo che possa essere accettato che Forza Italia esprima il ministro degli Esteri. è un problema serio per la credibilità del nostro Paese. è una questione che poniamo con forza e la porremmo con chiarezza anche al presidente Mattarella nel corso delle consultazioni”.

A ruota lo segue Carlo Calenda che scrive: “Le parole di Berlusconi confermano che Forza Italia è un partito inaffidabile e chiaramente schierato con la Russia. Il Ppe dovrebbe prendere posizione e Antonio Tajani non dovrebbe diventare ministro degli Esteri. Meloni non ha una maggioranza con cui poter governare”.

A difendere Tajani ci pensano invece il capogruppo e presidente del Ppe Manfred Weber al summit dei Popolari a Bruxelles (dov’è volato il forzista) che lo accoglie con parole nette: “Noi supporteremo qualsiasi governo che abbia un chiaro approccio a favore dell’Ue, a favore dell’Ucraina e a favore dello Stato di diritto. Sono felice che Antonio Tajani sia qui, lui è la garanzia dell’atlantismo di Fi”. Dello stesso avviso anche la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola: “Conosco Tajani da molti anni, è un convinto europeista e convinto atlantista. E sono convinta che lavorerà per tenere l’Italia al centro dell’Europa”.

Il coordinatore di Forza Italia, appena atterrato a Bruxelles, prova a rimarcare la linea: “Sono qui per confermare ancora una volta la posizione del mio partito, la mia posizione personale e la posizione del leader del mio partito totalmente in linea con la Nato, con l’Europa e contro l’inaccettabile invasione della Russia”, dice ai giornalisti. Da Forza Italia prova a correre al riparo anche Alessandro Cattaneo, capogruppo alla Camera di Forza Italia parlando di «un audio sottratto evidentemente con intenzioni malevole non cancella una decennale storia di Tajani come uomo di riferimento delle istituzioni europee, saldamente ancorato ai valori dell’atlantismo.

Una vita spesa sotto la bandiera dell’Europa non può essere scalfita da chi ci vuole male e gli vuole male ma io dico che non sposterà nulla questo brutto episodio, andiamo avanti», dice a Radio 24. In giornata interviene anche Berlusconi che, come sua abitudine prova a ribaltare la situazione contro i suoi avversari: “È naturale che tra forze politiche alleate, leali, ma diverse tra loro ci siano delle normali discussioni. Le divisioni vere le abbiamo viste – e continuiamo a vederle anche in questi giorni – fra i nostri avversari delle sinistra”, scrive sul suo account Twitter.

Ma è solo una tregua. Giorgia Meloni ha già parlato con i suoi e con Mattarella e ha intenzione di mettere al sicuro il suo governo. Per questo ha incontrato l’ambasciatore americano a Roma per rassicurare Washington e per questo sta pensando a un “cuscinetto” politico in Parlamento dove poter accogliere eventualmente i “responsabili” forzisti nel caso in cui Berlusconi tiri troppo la corda. Occuparsi di alchimie parlamentari prima dell’insediamento di un governo indica che la strada sarà lunga e tortuosa, non è una gran premessa.

Noi Moderati di Maurizio Lupi sarà il “quarto polo” della destra per raccogliere transfughi a cui Meloni ha già ceduto tre deputati e un senatore. Il gruppo al Senato è cosa fatta e si sta provando in tutti i modi di costituirne uno anche alla Camera. Così un partito che vale lo 0,89% potrebbe essere l’architrave del governo che prometteva di essere “coeso e autorevole” e “espressione del voto popolare”.

Ieri si parlava di un incontro tra il meloniano Francesco Lollobrigida e il deputato di Forza Italia Alessandro Battilocchio, molto vicino a Tajani, in cui si sarebbe discusso di almeno 8 deputati di Berlusconi pronti ad uscire. Non male come inizio, non c’è che dire.

Leggi anche: Tajani costretto a scusarsi per le uscite di Berlusconi. “Forza Italia sta con la Nato ed è contro l’invasione russa. L’audio è una vendetta”

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Calenda in guerra pure sulla pace. Contromarcia per dispetto a Pd e M5S

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Farsi la guerra sulle manifestazioni contro la guerra è già un’idea stupida ma convocare una contromanifestazione per dichiarare la propria pace più degna di quella degli altri è un capolavoro. Protagonista dell’ennesimo episodio di egomania politica à Carlo Calenda (e chi altrimenti) che ieri non ha resistito alla tentazione di lanciare il 5 novembre una manifestazione a Milano “senza bandiere di partito”, dimenticando che anche nella manifestazione nazionale non c’è nessuna appartenenza politica.

Il 5 novembre a Roma avrà luogo la manifestazione per la pace promossa da diverse associazioni. Calenda ne lancia un’altra lo stesso giorno a Milano

Riannodiamo il filo: il 5 novembre a Roma avrà luogo la manifestazione promossa da diverse associazioni riunione nella coalizione Europe For Peace contro la guerra, per l’immediato ‘cessate il fuoco’ e per la promozione di un negoziato e di una conferenza internazionale per fermare il conflitto in Ucraina.

“A otto mesi dall’invasione della Russia pensiamo sia arrivato il momento di spingere per un negoziato multilaterale, internazionale“, ha spiegato Francesco Vignarca, della Rete pace e disarmo, presentando l’iniziativa. Gli organizzatori sono stati chiari fin dall’inizio: “Questa sarà la manifestazione della società civile italiana – hanno precisato -, non è promossa da alcun partito.

Saranno i benvenuti, se aderiranno alla nostra piattaforma“. Diverse le associazioni e le realtà che hanno già aderito, dalla Cgil nazionale, alle Acli, Arci, passando per Emergency, Libera, Forum del Terzo Settore, Mediterranea, Sant’Egidio e tante altre. Un elenco in continuo aggiornamento.

Ieri ha ufficialmente aderito anche il Movimento 5 Stelle con Giuseppe Conte postando un video su Twitter in cui afferma: “Non è questo il momento di restare inerti e silenti. L’Italia e l’Europa non devono chiudere in un cassetto i propositi di pace. C’è una maggioranza silenziosa che ha deciso di far sentire la propria voce”. E avverte: “L’escalation militare ci sta portando, giorno dopo giorno, verso il punto di non ritorno di una guerra atomica”.

A questo punto Calenda, morso nella sua Contefobia, annuncia: “Sabato 5 novembre scenderemo in piazza a Milano per ribadire il sostegno all’Ucraina contro l’invasore russo. La pace non può nascere dalla resa degli ucraini. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore”, twitta, in risposta al video di Conte. E aggiunge: “Sarà una manifestazione senza bandiere di partito. Invitiamo Pd, +Europa e Beppe Sala e tutte le associazioni e le personalità politiche interessate, a partecipare e organizzare con noi”.

Del resto il leader di Azione non ha ancora capito che nessuno chiede la resa dell’Ucraina (come va cianciando da giorni) e che il Movimento 5 Stelle non ha niente a che vedere con l’organizzazione di una marcia di portata nazionale. Usare la guerra in Ucraina per brigare le proprie piccole questioni politiche da cortile in Italia è uno sport abusato. Tutto ovviamente sulla pelle degli ucraini.

E così il primo a buttarsi a pesce sulla proposta di Calenda è proprio Carlo Cottarelli che entusiasta twitta “ci sarò” sperando di allargare il suo sostegno in vista delle prossime elezioni regionali in Lombardia. Significativo il tweet di Alfredo D’Attorre che scrive: “Caro Cottarelli, ma le è chiaro che la manifestazione di Calenda è nella sostanza contro il Pd, nella cui lista lei è stato eletto al Senato? Se pensa che questo sia il modo sia il modo per allargare il consenso in vista delle regionali in Lombardia, mi sa che parte male…”. E così la “punta di diamante” del Pd alle ultime elezioni continua a collezionare successi…

Leggi anche: Manifestazione per la pace il 5 Novembre a Roma. Conte l’ha proposta e ci sarà mentre Calenda ne vuole fare un’altra a Milano

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Da fan di Hitler a moderato. Continua il Bestiario di Governo

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Il fan di Hitler ora è un moderato, dalle parti di Forza Italia negano anche l’evidenza e La Russa ormai è fuori giri. Eccoci al nostro bestiario di governo.

VI RICORDATE CALOGERO PISANO?
Ne avevamo parlato nel nostro bestiario elettorale. Calogero Pisano (nella foto) correva da capolista nel collegio di Agrigento e si era fatto riconoscere perché inneggiava al “grande statista” Adolf Hitler (oltre ovviamente a Putin). Era stato “sospeso” dal partito di Giorgia Meloni ma è stato eletto lo stesso (grazie anche a questa meravigliosa legge elettorale). Ieri è entrato nel gruppo “Noi moderati”. In effetti ha tutte le qualità del moderato moderno, se ci pensate bene.

MUSSOLINI E DE MITA PARI SONO
L’appassionato sostenitore del sedicente terzo polo (che invece è il quarto ed è sesto tra i partiti) Claudio Velardi ieri si è sbizzarrito scrivendo: “Un tale a nome Benito Mussolini fu ministro dell’industria. Come, nel dopoguerra, Gava, Andreotti, Colombo, De Mita, Prodi, Savona, Bersani, Letta, Scajola, Di Maio, Patuanelli… che facciamo, procediamo con graduatorie di merito e successive cancellazioni? Voi siete malati…”. Non vedono differenze tra Mussolini e Gava, Andreotti, Colombo, De Mita, Prodi, Savona, Bersani, Letta, Scajola, Di Maio, Patuanelli. Perché loro sono “sani”. Così Mussolini diventa “un tale” come tanti. Del resto da quelle parti hanno lo stomaco forte, sono pronti a tutto.

CATTANEO SENZA VERGOGNA
“Noi siamo atlantisti ed europeisti. Su questo non può esserci nessun dubbio“. Lo afferma il nuovo capogruppo alla Camera di Forza Italia, Alessandro Cattaneo, in un’intervista a La Stampa. Cattaneo si sofferma sulla questione Berlusconi-Putin: “Quel che ha detto era un momento di dialogo all’interno di assemblea. Poi Berlusconi è un uomo di pace e faceva riferimento a eventi del passato”. Se hanno un talento, quelli di Forza Italia, è il totale sprezzo per il ridicolo. Per il loro padrone potrebbero perfino giurare che il sole sia nero, che la terra sia un cubo e che Ruby sia la nipote di Mubarak.

ILLEGALE PERSINO LA VODKA
A proposito delle dichiarazioni di Berlusconi sulle bottiglie di vodka ricevuto in regalo dal suo amichetto del curore Putin, la portavoce della Commissione Europea per la Concorrenza, Arianna Podestà: “L’importazione di vodka nell’Ue dalla Russia è proibita dalle sanzioni decise nel quinto pacchetto. Niente esenzioni per i regali che si qualificano come import”. Illegale perfino nell’ammazzacaffè.

VADA PURE, LA RUSSA…
Contestato per il suo intromettersi nelle questioni politiche nonostante il suo ruolo di garanzia il neo presidente del Senato Ignazio La Russa davanti a un manipolo di cronisti ha detto: “Io sono molto più informale e libero cercando però di essere nella sostanza più terzo di quanto vi immaginate, molto più terzo. Poi quando vado a via della Scrofa… se vado alle riunioni… se non vado alle riunioni… Non ci sono andato, ma se voglio andarci ci vado, non c’è scritto da nessuna parte che io possa dover dire in che bar vado o se devo prendere l’ascensore A o B”. Chissà dove dovrebbe andare, La Russa…

LA STAMPELLA DEL FASCISMO
Il signor Weber e il signor Berlusconi ripetono che Forza Italia sarà la garanzia per un governo europeista, atlantista e che difenda i valori dell’Ue. Lasciatemi contestarlo. Forza Italia é passata dall’essere il pilastro del centrodestra alla stampella del post-fascismo». Così la presidente del gruppo dei Socialisti e democratici, Iratxe García Pérez. Sempre a proposito di Giorgia Meloni che continuamente ci invita a non rovinare l’immagina dell’Italia in giro per il mondo…

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Non riusciranno mai a prendere le distanze dalla loro natura

Se ti mascheri pur di prendere il potere succede, prima o poi, che si sciolga il cerone e si vedano i connotati. Giorgia Meloni alza la voce contro Silvio Berlusconi dopo l’ennesimo audio pubblicato da LaPresse in cui il leader di Forza Italia non fa altro che mettere in fila uno dopo l’altro i frammenti di discorsi che ripete da mesi. Solo che visto nella sua interezza il pensiero dell’ex cavaliere è un fardello troppo pesante da portare di fronte alla comunità internazionale. Giorgia Meloni è arrabbiatissima. C’è da capirla, ha messo in moto un processo di travestimento (aiutata dai sospettabilissimi giornalisti che non resistono di fronte al potere) che si scioglie come neve al sole. Ma la destra italiana è questa, è sempre stata questa, sarà sempre nient’altro che questo.

Chiedere a Forza Italia di prendere le distanze da Berlusconi è un’ipocrisia che in queste ore si ripete con sprezzo del ridicolo. Ciò che pensa (e dice) Berlusconi non è niente di diverso dalle posizioni di molta parte della Lega e di molta parte di Fratelli d’Italia. Le posizioni di Berlusconi sono le stesse del presidente della Camera Lorenzo Fontana, le stesse che si scovano scorrendo i social di dirigenti di Fratelli d’Italia che non hanno ancora ripulito la propria presenza online. La differenza sta solo nel sabotaggio clinico e organizzato nei confronti del satrapo di Arcore mentre tutti gli altri godono di un condono.

Vale lo stesso per la guerra all’aborto. Maurizio Gasparri non è una scheggia impazzita che autonomamente deposita un progetto di legge (come accade ogni volta che viene eletto): tutta la destra italiana ha quelle posizioni, tutta la destra italiana è il punto di riferimento delle associazioni pro vita, tutta la destra italiana sabota la legge 194 nelle regioni in cui riesce a mettere le mani sulle leve della maternità.

Non passeranno troppi giorni prima che qualcuno, dalla Lega o da Fratelli d’Italia, alzi la propaganda contro gli immigrati colpevoli di ogni efferatezza. Anche in quel caso il trucco consisterà nell’isolare quel pensiero come iniziativa personale e Giorgia Meloni si presenterà compita e simpatica per assicurare che le posizioni del governo (sempre che questo governo si faccia davvero) sono diverse e più accomodanti.

La destra che vince prendendo i voti di destra e poi vorrebbe governare con la maschera dei moderati è un’operazione fallimentare su più fronti. Fallirà agli occhi dell’Ue e della comunità internazionale (come già avviene) per la scompostezza delle sue posizioni; fallirà sul piano interno poiché sarà puntellata ogni giorno da un’opposizione che non dovrà fare troppa fatica per sbugiardarla; fallirà con i propri elettori che l’hanno votata perché quelli vogliono, eccome se lo vogliono, che inverta le azioni e le posizioni e quindi rimarranno facilmente delusi; fallirà dentro i partiti perché nella Lega e in Fratelli d’Italia è fin troppo facile presentarsi come “nuovi” perché più spericolati (e quindi più “di destra”) dei segretari che si vogliono rovesciare.

Ancor prima delle consultazioni con il presidente Mattarella è chiaro che il “centrodestra” è destra in purezza, che quello che chiamiamo centro è il vero centrodestra (e infatti soccorrerà questa destra) e che in questi mesi i nostri “grandi” giornalisti hanno stilato liste di putiniani in cui ci finivano Augias, Barbara Spinelli e l’Anpi mentre – sbadati – si sono persi i partiti di governo.

Buon giovedì.

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Patto della vodka tra Silvio e Putin. Bestiario di Governo senza freni

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C’è Silvio scatenato, Mussolini al ministero (a questo punto mettiamo anche i Savoia) e ci sono Carlo e Matteo, la rana e lo scorpione. Eccoci al Bestiario di governo.

SILVIO BIFRONTE
Due dichiarazioni di ieri di Silvio Berlusconi. Prima dice “mai parlato di compensazione con la Lega sui ministeri” e quindi uno pensa che non ci sia nessun malumore con il peso dato al partito di Salvini rispetto a Forza Italia. Passa poco, pochissimo e esce una nuova dichiarazione di Berlusconi: “Ho insistito che tutte le cariche in maggioranza siano date secondo il numero degli elettori. Noi abbiamo soltanto 170/180 mila elettori in meno della Lega. Però abbiamo 20 deputati in meno rispetto alla Lega e 10 senatori in meno, che non corrispondono alla differenza che c’è sugli elettori”. Voi comprereste un’auto usata da quest’uomo?

IL LETTONE DI VLADIMIR
La notizia la dà La Presse: “Putin per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Io gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e con una lettera altrettanto dolce. Io l’ho conosciuto come una persona di pace e sensata….”, avrebbe detto Berlusconi ai suoi parlamentari. E poi: “I ministri russi hanno già detto in diverse occasioni che siamo noi in guerra con loro, perché forniamo armi e finanziamenti all’Ucraina. Io non posso personalmente fornire il mio parere perché se viene raccontato alla stampa viene fuori un disastro, ma sono molto, molto, molto preoccupato. Ho riallacciato i rapporti con il presidente Putin, un po’ tanto”.

Sempre a proposito della vigliaccheria di cercare gli amici di Putin tra i pacifisti e poi tacere sui potenti. Subito dopo il presidente Silvio Berlusconi ha smentito la notizia su una presunta ripresa dei rapporti con Vladimir Putin. “Il presidente Berlusconi ha raccontato ai parlamentari una vecchia storia relativa a un episodio risalente a molti anni fa”: è quanto viene diffuso da fonti Fi. Allora siamo tranquilli, no?

PRONTI, VIA!
In Senato Giorgio Salvitti, Giovanna Petrenga e Antonio Guidi lasciano il gruppo di Fratelli d’Italia e aderiscono a Civici d’Italia-Noi Moderati-MAIE. Un inizio con il botto, non c’è che dire.

CANCEL CULTURE
Un tweet di Pierluigi Bersani e la foto di Benito Mussolini scomparirà da Palazzo Piacentini, sede del ministero dello Sviluppo Economico. Un caso che si allarga subito dopo, quando il presidente del Senato Ignazio La Russa, che non ha mai fatto un passo indietro riguardo alle sue idee, definisce come “cancel culture” quanto accaduto. Tutto è iniziato quando l’ex ministro ed ex segretario dem ha rilanciato un’indiscrezione riportata dalla giornalista di La7 Alessandra Sardoni negli scorsi giorni, provocando la marcia indietro del Mise: “Mi giunge notizia che al Mise sarebbero state esposte le fotografie di tutti i ministri, Mussolini compreso. In caso di conferma, chiedo cortesemente di essere esentato e che la mia foto sia rimossa”, ha scritto sui social Bersani, che guidò il ministero per quasi due anni tra il 2006 e il 2008 durante il governo Prodi.

“La foto di Mussolini al Mise? Se è un problema la togliamo – ha risposto Giorgetti intercettato dai cronisti a Montecitorio -. Ci stanno tutti i ministri, ahimè Mussolini è stato il primo ministro delle Corporazioni”. La vedete la matrice? A questo punto mettiamo anche la foto dei Savoia.

LA RANA E LO SCORPIONE
Scrive Repubblica: “Gelo tra Renzi e Calenda: è scontro sulle vicepresidenze dei gruppi del Terzo Polo”. Gli interessati ovviamente negano. Anzi, dicono che va tutto a gonfie vele. Ce la ricordate la favole della rana e dello scorpione?

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Istruzioni per i prossimi cinque anni

La giornata di ieri involontariamente è un ottimo bugiardino per sapere come affrontare i prossimi 5 anni o quelli che saranno con questo governo che viene e che non si sa quanto durerà. Ci sono dentro la composizione, la corretta posologia, le condizioni per cui è indicato, i casi in cui non deve essere utilizzato, gli eventuali effetti collaterali e le modalità di assunzione e di conservazione.

La composizione, innanzitutto. Ieri abbiamo saggiato con mano cosa c’è dentro questo governo che viene. Ci saranno vecchi arnesi della politica che, chissà perché, con il tempo dovrebbero essere diventati autorevoli. Ci sono fascisti, parecchi fascisti. Politici che depositano disegni di legge contro l’aborto pochi minuti dopo essere stati eletti (e Gasparri no, non è uno qualsiasi), ci sono i veri amici di Putin, ci sono destrorsi travestiti da liberali che di liberale non hanno un bel niente.

La posologia. Arriverà tutto in dosi leggere, come sta accadendo in questi giorni, prima e dopo i pasti: alla fine non ci accorgeremo nemmeno che la compressione dei diritti generali sia il frutto di molte piccole compressioni rivendute come iniziative personali. Darà assuefazione.

Malattie o condizioni per cui è indicato. È indicato per nostalgici che non avrebbero mai sperato di essere così in alto nella Repubblica nata dalla liberazione dal fascismo, è indicato per le beghe giudiziarie di Silvio Berlusconi e per le sue televisioni, è indicato per la riabilitazione di Salvini e la sua fortificazione contro gli agenti interni del suo partito.

Casi in cui non deve essere utilizzato. Non può diventare l’occasione per restaurare idee, pregiudizi e oscurantismi che dovrebbero essere vietati per una sana e robusta Costituzione.

Eventuali effetti collaterali. Secchezza della credibilità di un Paese nel quadro internazionale. Dolori per la libertà di scelta e di opinione.

Modalità di assunzione e di conservazione. Faranno di tutto per non perdere il potere. Se scaricheranno Berlusconi cercheranno quegli altri liberali per trovare un punto d’appoggio. Continueranno a voler decidere come governare e come dovrebbe essere l’opposizione.

Buon mercoledì.

Nella foto: Il presidente del Senato Ignazio La Russa a Porta a porta, 18 ottobre 2022

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Berlusconi in trincea sulla Giustizia. Torna in gioco la Casellati

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Proviamo a riavvolgere il nastro. Alle elezioni del 25 settembre quasi tutti gli analisti e gli addetti ai lavori davano Forza Italia per morta. “Silvio Berlusconi non sta bene”, dicevano nei corridoi del Parlamento e nelle redazioni immaginavano una Forza Italia svuotata a sinistra da Matteo Renzi e Carlo Calenda e a destra da Giorgia Meloni pigliatutto.

La tregua tra Berlusconi e la Meloni è durata un attimo. Il Cav non si rassegna a perdere il ministero della Giustizia

Forza Italia invece chiude all’8,11%, poco meno di Matteo Salvini che pure veniva presentato come l’astro – seppur calante – di un centrodestra in cui Silvio Berlusconi avrebbe potuto raccogliere al massimo qualche vecchio nostalgico cel Cavaliere che fu.

Ciò che sta accadendo nel centrodetra in questi giorni inizia lì, con il redivivo Berlusconi, ancora una volta, che non riesce a scindere la vitalità dal potere e quindi cambia completamente pelle sentendo il profumo di quello che può guadagnare. I dissidi con Giorgia Meloni, fin dai minuti successivi ai risultati delle elezioni, non sono altro che un riposizionamento all’interno dell’alleanza di destra non più come il “vecchio saggio” da tenere nel cassetto dei simboli di quello che fu ma come parte attiva della coalizione.

Berlusconi del resto in tutta la sua carriera ha sempre venduto più di quello che aveva in mano, è riuscito a vendere un quartiere alle porte di Milano sfoderando solo promesse e progetti, figurarsi se non riesce a rivendere un pari dignità, confermata dai numeri, con la Lega di Salvini che solo fino a qualche mese fa sembrava essere il partito egemone del centrodestra.

Qui iniziano i problemi nell’alleanza: Berlusconi non ci sta più a fare il padre nobile di Matteo Salvini e pretende di essere una colonna attiva del governo che verrà. Per Silvio però essere “attivo” ha solo un significato: ottenere posti, ministeri di rilevo, riuscire ad accontentare la schiera di politici sul libro paga.

La Meloni, d’altro canto, ha un primo inaspettato problema. Aveva immaginato un governo con uomini del suo partito, della Lega e pescati tra i “tecnici” vicini alla destra immaginando per Forza Italia solo qualche posto simbolico e invece si ritrova a dover trattare con Berlusconi posti veri, che pesano.

Meloni sa benissimo che concedere spazio a un partito che non si è mai rinnovato nella classe dirigente come Forza Italia significa inevitabilmente presentarsi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con nomi che rimandano al passato, tra l’altro un passato non proprio felice nella memoria degli italiani. Poi c’è la seconda scena di questo romanzo Quirinale: Silvio Berlusconi viene beccato da un fotografo con quegli appunti su Giorgia Meloni in cui viene definita come “supponente”, “arrogante” e altri epiteti della stessa risma.

Che Berlusconi prenda appunti è un caso politico solo per chi la politica ha bisogno di sceneggiarla per aumentare gli ascolti, ciò che conta davvero è che Giorgia Meloni risponda ai giornalisti “io non sono ricattabile”. Eccolo lo snodo del giallo. Se la Meloni non è ricattabile si presume che Berlusconi lo sia, evidentemente. Chi ricatta Berlusconi? Su cosa è ricattato Berlusconi? Non lo possiamo sapere.

Evidentemente per molti arguti giornalisti questa è una questione di poco conto. Di certo sappiamo, nonostante nella destra lo neghino tutti, che Silvio Berlusconi intende il potere come protezione personale dai suoi processi e come volano per le sue aziende.

È un segreto di Pulcinella che le priorità di Forza Italia fossero tre: sistemare Licia Ronzulli in un ministero (missione fallita che ha riportato Berlusconi nel cassetto degli uomini che no, non possono promettere tutto alle donne), ottenere il ministero alla Giustizia per cancellare quella legge Severino che costringerebbe Silvio a decadere un’altra volta in caso di condanna del processo Ruby Ter in cui è imputato e ottenere il controllo sulle televisioni per garantirsi il mantenimento del duopolio Rai-Mediaset che ha tenuto a galla le sue reti televisive.

Qui si sprofonda negli anni ’90, con lo stesso fetore delle leggi ad personam che hanno insozzato la storia repubblicana dell’Italia. La rivoluzionaria Meloni però sembra accettare (anche se a malincuore) e Matteo Salvini è troppo impegnato a difendersi dagli attacchi interni nel suo partito, non ha energie per occuparsi della questione.

Così arriviamo a due giorni fa, con Berlusconi e Meloni che fanno la pace come si riappacificano tipicamente a destra, negando perfino che ci sia stata ala guerra. Dall’incontro di via della Scrofa esce lo schema del governo da sottoporre al Presidente della Repubblica Mattarella.

Il Cavaliere vuole la Casellati per cancellare la legge Severino. Se va avanti così, Giorgia può già cominciare a cercarsi un’altra maggioranza

Giorgia Meloni vorrebbe salvare almeno le apparenze mettendo Carlo Nordio alla giustizia ma l’ex magistrato per Berlusconi è “una testa calda” e rischia di non mantenere gli impegni. Berlusconi incontra Nordio solo per cortesia, sminuendolo subito: “Nordio lo incontro perché mi piace di incontrarlo e di parlarci,- dice il leader di Forza Italia – noi abbiamo detto alla Giustizia c’è l’ex presidente del Senato Elisabetta Casellati. Su questo c’è l’accordo. Meloni ha suggerito soltanto: c’è Nordio che è bravissimo, vedilo, perché magari ti convinci che è la scelta giusta, ma io sono già convinto della scelta della Casellati, conosco le cose che ci sono da fare come riforma della giustizia”.

Un ministero alla giustizia regalato al Caimano sembrava impensabile fino a poco tempo fa. Ora addirittura dobbiamo sorbirci Renato Schifani che ci fa la morale: “Ho vissuto accanto a Berlusconi la persecuzione giudiziaria alla quale è stato sottoposto, – dice il presidente della regione Sicilia a Sky – e pensare che attraverso il ministero della Giustizia possa fare delle leggi ad personam lo trovo assurdo. Berlusconi ha già dato. Credo che a tutto ci sia un limite. Berlusconi ha raggiunto il massimo di quello che si possa pagare come persecuzione giudiziaria. Quali leggi ad personam potrebbe fare? Potrebbe invece fare finalmente quella riforma a cui teniamo, che è la separazione delle carriere”.

Capito? Alla fine ha vinto lui, ancora una volta. E si torna alla scena iniziale: chi era davvero ricattabile?

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Ora la Meloni vuole scegliersi pure l’opposizione

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C’è un aspetto che sfugge a molti commenti di questo governo che deve ancora nascere con a capo di Giorgia Meloni che merita molta attenzione. Dopo aver per anni ripetuto di essere “pronti” per governare dimostrando invece di non riuscire a trovare la quadra nemmeno con i propri alleati la destra, che non governa ma parla già da governatrice, negli ultimi giorni si è inventata il manuale della buona opposizione che vorrebbe.

La Meloni se l’è presa con il segretario del Pd Letta per le sue frasi su Fontana

Giorgia Meloni se l’è presa con il segretario del Partito democratico Enrico Letta per le sue frasi su Fontana presidente della Camera piuttosto risentita: “Per Letta Fontana è sfregio ad Italia – ha detto ai giornalisti la presidente del Consiglio in pectore -. è interessante questa sinistra che ci parla di rispetto per le istituzioni ma è un rispetto che vale solo se le rappresentano loro. è un’idea curiosa di democrazia che però abbiamo già sperimentato”.

Il trucco di scambiare le persone che rappresentano le istituzioni per le istituzioni stesse è antico quanto la Repubblica. Ogni volta viene estratto dal cilindro per difendersi da scelte e persone ritenute largamente impopolari. Non sfugge però che Giorgia Meloni faccia la scena dell’assediata sia all’opposizione che al governo: si lamenta in entrambi i casi perché evidentemente funziona sempre.

Non c’è che dire: se questa destra ha un enorme talento è il vittimismo che sfodera in qualsiasi occasione. Del resto funzionava già ai tempi di Silvio quando gridava al fuoco al fuoco mentre con l’altra mano appiccava l’incendio. Siamo ancora qui.

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