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Un leghista in… Terza Posizione. Bestiario di Governo senza freni

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C’è il solito Salvini che parla di cose che non sa, c’è Meloni che confessa la mancanza di classe dirigente e c’è anche chi, nel Lega, dice che se Salvini non sarà ministro è tutta colpa della sinistra. Bentornati al nostro bestiario di governo.

MATTEO PARLA DI COSE CHE NON SA
Il 4 ottobre, il leader della Lega Matteo Salvini ha pubblicato un video su Facebook in cui ha fatto i complimenti a una coppia di tabaccai di Ladispoli, nel Lazio, che hanno dichiarato, in un’intervista con Il Messaggero, di non vendere “gratta e vinci” ai percettori del reddito di cittadinanza. “Non è possibile che uno strumento per aiutare chi teoricamente è in povertà, pagato da tutti gli italiani, venga usato da qualcuno per andare in tabaccheria e comprarsi il gratta e vinci”, ha dichiarato Salvini.

“È chiaro che il reddito di cittadinanza va rivisto”. Peccato che in base alla legge che anche Salvini ha votato alcune categorie di beni e di servizi non possono essere acquistate con la carta del reddito di cittadinanza, con cui, tra l’altro, non si possono fare acquisti online. Quindi l’acquisto di gratta e vinci con la carta del reddito di cittadinanza è vietato dalla legge.

Si potrebbe obiettare che un percettore del sussidio può comunque utilizzare i contanti prelevati per acquistare un gratta e vinci, senza che l’esercente sappia che facciano parte del sussidio. Nell’articolo del Messaggero citato da Salvini, però, i tabaccai di Ladispoli hanno raccontato di aver rifiutato l’acquisto di gratta e vinci proprio con la carta di pagamento elettronica. Detta altrimenti, hanno fatto rispettare quanto già previsto dalla legge.

LA CONFESSIONE DI GIORGIA
Dice Giorgia Meloni: “Se in un dicastero l’alleanza di centrodestra non ha un esponente di livello adeguato, non vedo alcun problema ad affidare a un tecnico quell’incarico”. La frase è illuminante: se leggete l’ipotesi di un ministro tecnico in un certo ruolo significa che nessuno nell’alleanza di destra l’avrebbe saputo fare. Detto questo: cosa sa fare Salvini?

FUORI DI CIOCCA
Angelo Ciocca, europarlamentare leghista e tra i promotori della corrente bossiana Comitato del nord, prova a difendere Salvini ma poi esagera: “È sbagliato dire che è colpa di Salvini, ma il Comitato del nord di Bossi è un’operazione anti sfascio della Lega. Togliamo le risorse al reddito di cittadinanza e mettiamole subito sul caro bollette. Salvini al Viminale? Se non viene scelto vuol dire che i ministri li sceglie il centrosinistra”. Sempre colpa dei comunisti, insomma.

RIVOLUZIONE O TRANSIZIONE?
“Siamo in contatto con il governo uscente per favorire una transizione ordinata. Abbiamo margini di tempo stringenti ma noi siamo pronti. E abbiamo le competenze e le capacità”, ha detto Giorgia Meloni parlando nel corso della riunione dell’esecutivo nazionale FdI, a quanto riferiscono fonti interne al partito. Doveva essere un rivoluzione, sarà una transizione. L’importante è che ne siano consapevoli gli elettori.

SIMBOLI E MATRICI
Il simbolo di Terza Posizione, ispirato alla runa Wolfsangel della Divisione Panzer SS, tatuato sul braccio di Cristiano Di Martino, nuovo segretario cittadino della Lega a Bologna. Nel movimento eversivo militò il terrorista Luigi Ciavardini condannato per la strage di Bologna. La vedete la matrice?

MELONI SANTA SUBITO
Repubblica: “Non bastasse Matteo Salvini, a peggiorare l’umore ci si mette anche una fastidiosa bronchite. Giorgia Meloni, però, non può riposare. Chiusa nel salone del gruppo, che domina la sommità di Montecitorio, la premier in pectore non si ferma un minuto”. Poi sigla dell’Istituto Luce.

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La pacchia di Giorgia

Ve la ricordate quando Giorgia Meloni diceva «è finita la pacchia» lasciando presagire una sua entrata in campo, questa volta nel lato di chi governa, che non avrebbe lasciato scampo a tutti? Ieri Giorgia Meloni durante la riunione dell’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia ha detto che «ci troviamo di fronte alla fase forse più difficile della storia della Repubblica italiana: siamo nel mezzo di un conflitto, i cui contorni sembrano irrigidirsi ancora di più. Restano incognite sul tema della pandemia, viviamo una crisi economica e energetica che sembra destinata a provocare un effetto domino sui prezzi delle materie prime e dei prodotti alimentari».

Giorgia Meloni che prometteva un’Italia «libera dalle catene dell’Europa» ieri si è affrettata a scrivere che «la lettera del presidente della Commissione europea @vonderleyen ai capi di Stato e di Governo Ue è un passo in avanti per far fronte alla crisi energetica. Una sfida europea che come tale deve essere affrontata e che deve vedere gli sforzi di tutti per aiutare famiglie e imprese».

Lo so, sembra incredibile. Del resto è la stessa Giorgia Meloni che nel 2012, nel bel mezzo del governo Monti, diceva che «non saranno i tecnici a salvare il mondo, ma la politica. Solo i politici, a differenza dei tecnici, sono portatori di una visione del mondo». Poi si scagliò contro il comitato dei saggi voluto da Napolitano per le riforme: «l’idea che pochi tecnici non eletti da nessuno – disse – o pochi politici con idee contrapposte, possano offrire soluzioni all’Italia senza ricorrere a dei compromessi al ribasso su ogni tematica è un’utopia che abbiamo già pagato a caro prezzo nel corso dell’ultimo anno». Fino a qualche settimana fa, parlando dei ministri tecnici del governo Draghi, li descriveva come “gente non voluta dagli italiani”. Ora invece è ormai assodato che nel suo prossimo governo ci saranno ministri “tecnici”: «Se non c’è un politico adeguato, nessun problema ad affidarsi a tecnici». Bene così.

Uno degli aspetti più tragicomici del governo Meloni che deve ancora iniziare è che dopo anni passati a ripetere “siamo pronti, dateci solo le elezioni”, ora ancora prima di cominciare li sentiamo dare la colpa alla guerra, al Pnrr, alle bollette e al quaderno mangiato dal cane. Ha ragione da vendere Carlo Calenda quando dice che «all’opposizione dicono che l’Ue va ribaltata, i barconi affondati e promettono tutto; quando arrivano al governo nominano i tecnici, diventano europeisti e spiegano che per responsabilità istituzionale non possono mantenere le promesse». Peccato che lui abbia fatto lo stesso con il nucleare ma vabbè.

Sta di fatto che la pacchia finita sembra essere quella di Giorgia, alle prese con il governare a cui anelava. Intanto fuori la crisi economica – per le bollette e per l’aumento dei prezzi – rischia di diventare presto una crisi sociale. Gli arrabbiati che hanno foraggiato Meloni rischiano di rivoltarsi contro. E anche questa è una storia già sentita. Chissà se il centrosinistra (o l’area progressista, come la chiamano quelli che si vergognano di pronunciare la parola sinistra) dovrebbe essere pronto.

Buon giovedì.

Nella foto: Giorgia Meloni e Luca Ciriani all’esecutivo di Fratelli d’Italia, Roma, 5 ottobre 2022

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Per fare la guerra ai poveri ora accusano Grillo di essere un terrorista

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Azzerare il conflitto. L’ordine dei liberal italiani, impegnati nella loro trionfale marcia verso il fatturato senza nessuno scrupolo verso il lavoro, in questi anni sta riuscendo nella sua impresa più grande: raccontare come possibile una democrazia in cui contano solo coloro che sono d’accordo – ognuno con le sue inclinazioni – definendo “altro” chiunque alzi la voce contro lo status quo.

L’attacco al Reddito di cittadinanza non è una critica dura a uno strumento di sussidio ma è il feticcio da agitare contro la povertà

Non è una roba nuova. La lotta di classe – definizione ormai usurata e usurpata da decenni di attacchi e mistificazioni – esiste ed è necessaria ogni volta che una parte consistente della popolazione non ha voce nelle scelte della sua classe dirigente.

La classe sotto scacco non sono più solo i lavoratori. Oggi sotto le bombe di una politica e una stampa ferocissime sono finiti anche coloro che il lavoro non lo hanno oppure che ce l’hanno talmente poco dignitoso: i poveri. L’attacco al Reddito di cittadinanza non è una critica dura a uno strumento di sussidio ma è il feticcio da agitare contro la povertà.

Così basta che Beppe Grillo lanci un appello alle “Brigate di Cittadinanza” perché gli odiatori dei poveri saltino sulla sedia e sparino cannonate. “In questo momento drammatico per l’Italia, chiunque parli di Brigate è un folle e un irresponsabile”, dice Matteo Salvini, uno che si è distinto da sempre per la responsabilità delle sue parole. Maurizio Gasparri evoca addirittura le Brigate Rosse (vede rosso dappertutto), spiegandoci che “parlare in questo modo vuol dire mettersi fuori dalla costituzione, dalla democrazia, dalla legalità repubblicana”.

Non poteva mancare, in soccorso alla destra con i peli irti, anche la deputata calendiana Daniela Ruffino: “Utilizzare il termine ‘brigate’ evoca in un paese come il nostro, brutti ricordi legati al terrorismo”, avverte. Il segretario e deputato della Lega, Andrea Crippa parla di “pagliacciata”. “Siamo alla pazzia” aggiunge il collega del Carroccio Luca Toccalini.

“Se non è istigazione al terrorismo, poco ci manca – rincara il leghista Igor Iezzi -. In ogni caso, delle due l’una: o Grillo ignora la storia più recente che ha imbrattato di sangue il nostro Paese durante gli Anni di piombo o il fondatore del Movimento 5 Stelle è diventato completamente matto. Le sue parole restano comunque di una gravità inaudita. Ci aspettiamo da Conte una presa di distanza chiara e netta”.

Scatenato, ancora il leghista Crippa: “Serietà e rispetto per gli italiani. Si è superata qualsiasi pagliacciata: tirare in ballo addirittura le Brigate è pura follia”, sostiene. Libero ieri in prima pagina titolava “Grillo fa le sue Br”.

Grillo ha solo invitato i percettori del Reddito di cittadinanza a “servire la comunità”

E via così, in un florilegio di anime belle che invocano il terrorismo e cretinate del genere. Ma cosa aveva detto Beppe Grillo? Ha invitato i percettori del Reddito di cittadinanza a “servire la comunità” con “opere di bene nel proprio quartiere o nel proprio Paese, perché servire la comunità è un dovere ma anche e soprattutto un diritto di ognuno”: “Cittadini che si possano sentire liberi di poter riparare una panchina dismessa, ripristinare un giardino abbandonato, costruire giochi per i bimbi, mettersi a disposizione per il prossimo”, ha scritto Grillo.

Il fondatore propone quei “lavori socialmente utili” di cui parlano spesso politici (di destra e di sinistra) per i percettori. Niente di più, niente di meno. L’attacco a Beppe Grillo è la reazione pavloviana che i terrorizzati dal conflitto hanno ogni volta che qualcuno dissente e invita alla lotta democratica. Nessuno di loro ha letto il messaggio di Grillo, nessuno di loro ha approfondito, l’importante è bastonare i poveri e quelli che si propongono di rappresentarli.

Leggi anche: Brigate di Cittadinanza, l’ultima proposta di Grillo: la nuova idea del fondatore del Movimento 5 Stelle

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Si va verso un Esecutivo botanico. Continua il Bestiario di Governo

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Avanti con brio e senza soste. Eccoci al nostro quotidiano bestiario di governo.

LA RUSSA CINCISCHIA
Questa è straordinaria. Poiché a Giorgia Meloni si imputa di voler fare un governo tecnico ieri Ignazio La Russa prova molto goffamente a difenderla e spiega: “Un governo si qualifica tecnico non in base al numero dei tecnici che c’è – anche perché c’è sempre stata una quota di tecnici in qualunque governo – ma quando è guidato da un tecnico. Il governo che stanno preparando i leader si fonda su un programma comune presentato agli elettori da forze politiche e sarà guidato da una leader di partito, se il presidente della Repubblica darà l’incarico alla Meloni. Quindi è sicuramente un governo politico che potrà giovarsi, perché no, di un numero, certamente non grande, di persone che non hanno messo la loro faccia in campagna elettorale non essendo candidati” Capito? Conta solo il Presidente del Consiglio. Se ci fosse un cactus e tutti tecnici sarebbe un governo botanico.

TI PIACEREBBE, SALVINI…
“Non le bollette, l’aumento dei prezzi, la guerra, la povertà, la criminalità nelle città. No, per i giornali di sinistra il problema dell’Italia è la Lega, sono io!”. Ti tranquillizziamo Matteo, sei tutto fuorché un problema. Semplicemente il nostro mestiere ci costringe a seguire la cronaca della tua caduta. Ti piacerebbe essere “il problema dell’Italia”, non sei nemmeno più quello.

BASSETTI E IL PAESE CHE AMA
“Io ministro? Pronto a dare consigli per il mio paese che amo“. Così Matteo Bassetti, direttore Clinica Malattie Infettive ospedale San Martino di Genova, a 24 Mattino su Radio 24. “Io sono contento – aggiunge Bassetti – di fare quello che faccio, poi se si vorrà chiedermi un consiglio sarò ben lieto di darlo perché amo questo paese, lavoro per un’università pubblica, per un ospedale pubblico, credo – conclude- che il nostro Sistema sanitario nazionale abbia bisogno di tanti consigli e quindi sono pronto a darli”. “Il Paese che amo”, ha detto proprio così. Si vede che sta già prendendo ripetizioni.

GRANDE FREDDO NELLA LEGA
Umberto Bossi lancia la sua corrente “Comitato Nord” ma qualcuno non ci crede. “Perché tutta questa fretta e perché proprio ora Questa iniziativa serve a confondere le idee ai tanti che vorrebbero seguirci”, si sfoga Gianni Fava sfidante di Salvini all’ultimo congresso. “Siamo tornati al cerchio magico, come tanti anni fa. C’erano quelli che andavano in giro parlando a suo nome, ‘si fa così perché l’ha detto Bossi’, e poi scoprivi che Bossi non ne sapeva nulla. Mi piacerebbe parlarci, anche se non me lo permetteranno. Gli spiegherei che non si cava sangue da una rapa”. “C’è un brutto clima”, ha detto ieri Salvini riferendosi al Paese. A noi pare che il “brutto clima” sia intorno a lui, sinceramente.

LA CHIAMAVANO SANATORIA
Segnatevelo: arriverà il condono prima di Natale e la chiameranno “sanatoria”. In effetti sana i rapporti tra la destra e i suoi elettori. Però in questo caso nessuno lo chiamerà “voto di scambio”.

SPARITA LA RELAZIONE DEL MEF
A sei giorni dal consiglio dei ministri che ha varato la Nota di aggiornamento al Def (Nadef), è ancora fantasma la Relazione 2022 sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Il documento preparato da una commissione di quindici esperti è stato consegnato al Tesoro in tempo utile, ma sul sito del ministero non ce n’è traccia. Lì dentro ci sono i numeri sui risultati della lotta all’evasione aggiornati al 2020 e le prime valutazioni su una misura cara a tutto il centrodestra: la flat tax al 15% per le partite Iva con redditi fino a 65mila euro introdotta dal governo gialloverde su richiesta della Lega. Curioso, vero?

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Licenziare anche i morti

Ci sono molti dolori nella storia di Sebastian Galassi, il rider morto schiantato contro un suv lo scorso 2 ottobre, in via De Nicola a Firenze, mentre correva per rispettare i tempi dell’algoritmo. C’è la vita di un 26enne che studiava grafica per il web e poi la sera inforcava la bicicletta per racimolare un po’ di soldi, schiavo qualche ora al giorno per provare a mantenersi. C’è una lista di morti schiacciati che comprende William De Rose a Livorno lo scorso 25 marzo, Romulo Sta Ana morto il 29 gennaio a Montecatini e Roman Emiliano Zapata, deceduto il 19 settembre sul Terragno, nel trevigiano.

C’è un settore che continua a tollerare le condizioni precarie (illegali, bisognerebbe avere il coraggio di scrivere “illegali”) di lavoratori che devono correre perché pagati a cottimo, l’ennesimo lavoro dove il rispetto della sicurezza è un costo solo che in questo caso il costo è addossato ai lavoratori. C’è la narrazione delle grandi piattaforme di consegne (Glovo, Deliveroo e Uber) che chiamano tutto questo “flessibilità” e “libertà”, secondo lo schema ma della solita cosmesi linguistica che racconta i diritti come vincoli. Era accaduto qualche anno fa con la “precarietà”, ci siamo cascati, ci ricaschiamo di nuovo.

Ci sono sentenze (a Firenze, a Bologna, a Milano, a Torino, a Palermo) che dicono che questi lavoratori andrebbero inquadrati diversamente ma non vengono rispettate, rimangono nel fascicolo della letteratura dei diritti. C’è Glovo che licenzia un morto: «Gentile Sebastian, siamo spiacenti di doverti informare che il tuo  – si legge nel testo, una comunicazione meccanica e standardizzata senza traccia di contatto umano -. Per mantenere una piattaforma sana ed equa, talvolta è necessario prendere dei provvedimenti quando uno degli utenti non si comporta in modo corretto». Nella mail risalta un particolare importante: i lavoratori sono chiamati “utenti”. Dietro quella parola si sente l’odore di un lavoro che diventa un favore.

Infine c’è la manifestazione convocata oggi a Firenze che otterrà molto meno spazio dei verbosi editoriali di vecchi intellettuali (vecchi perché fuori dal tempo) che scrivono dei giovani che non lavorano perché non hanno voglia di lavorare e non si chiedono mai – nemmeno un volta – se Sebastian avesse accettato un qualsiasi lavoro, in condizioni più umane, senza dover andare forsennatamente in bicicletta per la città per pochi spiccioli.

Buon mercoledì.

Nella foto: incidente in cui è rimasto coinvolto un rider, Milano, 20 settembre 2022

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La Meloni sembra Draghi. Già in bilico tutte le promesse

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“Ragazzi, io leggo cose abbastanza surreali sulla stampa, che poi dovrei anche commentare. Consiglio prudenza”. Giorgia Meloni dagli uffici di Fratelli d’Italia a Montecitorio tenta di calmare i cronisti sul totonomi del prossimo governo.

La Meloni ha fatto sfaceli per mandare a casa i Migliori. Ma adesso vuole imbottire il Governo di tecnici

Vorrebbe, la Meloni, che qui fuori non si parlasse del governo che verrà, come se non esistessero le voci dei suoi alleati che da giorni si affastellano con ipotesi, smentite e recriminazioni. Va male a Giorgia Meloni. Non è una “voce” che Matteo Salvini abbia preteso fin dai minuti successivi al conto delle schede il Viminale per sé, consapevole che solo il ministero dell’Interno sarebbe un atterraggio morbido dopo il tonfo alle elezioni

A Salvini il Viminale serve per cupidigia personale ma soprattutto per calcolo politico: dopo il deludente risultato elettorale nella Lega aspettano solo che il segretario leghista perda la partita anche delle trattative politiche per impallinarlo. Dall’altra parte Silvio Berlusconi continua a ripetere che pretende pari dignità della Lega. Detta in soldoni Silvio vuole al governo gli stessi ministri che verranno dati al Carroccio, uguali nel numero e nel prestigio.

Il puzzle del prossimo governo per Giorgia Meloni è un sentiero irto su più fronti: deve tenere buoni gli alleati nonostante li abbia fagocitati nei numeri, ha l’obbligo di rassicurare la comunità internazionale e dovrà affrontare l’emergenza dei prezzi dell’energia. Ieri il responsabile di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli intervenendo ad Agorà ha provato a smorzare le polemiche:

“Sarà un governo politico. – ha detto – Con chiara indicazione politica, saranno persone con una chiara connotazione politica, con un mandato politico, culturale, elettorale che si riconoscono nel nostro programma, che hanno contribuito a scrivere il nostro programma. Saranno politici di qualità”.

Salvini e Meloni però sono tutt’altro che tranquilli. Oggi è fissato il Consiglio federale della Lega

Salvini e Meloni però sono tutt’altro che tranquilli. Per oggi è fissato il Consiglio federale della Lega “per fare il punto della situazione, con l’obiettivo di costruire in tempi rapidi la squadra di governo più efficace possibile”.

Ieri il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani a Radio 24 ha chiesto ancora una volta “un governo politico con tanti ministri politici”: “se c’è qualche tecnico – ha aggiunto Tajani – non è un problema ma il centrodestra è coeso e non vedo grandi difficoltà. I leader lavoreranno e troveranno la soluzione giusta”.

Del vero punto politico però non parla nessuno: Giorgia Meloni, ancora prima di diventare presidente del Consiglio ha già smentito molte delle promesse in campagna elettorale. Nel giro di qualche ora si è allineata con Mario Draghi seguendolo sul no secco allo scostamento di bilancio per arginare la crisi dei prezzi dell’energia, si è affidata a lui per impostare le scelte economiche in previsione della prossima Legge di bilancio e si affida a Draghi per costruire la propria credibilità internazionale.

“Stiamo dicendo ai nostri elettori che l’opposizione di questi mesi era solo propaganda – dice un senatore meloniano riconfermato – e rischiamo di essere deludenti prima ancora di andare al governo”. Ricorrere ai tecnici, più che ai politici, sarebbe per molti (sopratutto nella Lega e in Forza Italia) l’ammissione di un’inadeguata classe dirigente.

“Chiedevamo le elezioni per dire basta ai governi tecnici e ora li facciamo noi?”, è la domanda che verrà posta a Salvini oggi durante la riunione tra i maggiorenti della Lega. Immaginate lo sconforto di un elettore di questa destra che ascolta le ipotesi di riconferma del ministro dell’Economia che fu di Draghi (che dell’economia dovrebbe essere il vampiro, secondo l’idea diffusa).

Immaginate lo sconforto di chi si aspettava una netta inversione di rotta e invece osserva Meloni entrare in combutta con il “governo dei migliori” mentre gli odiati Renzi e Calenda s’offrono per essere la stampella per le riforme. C’è nell’aria il profumo di un governo semi tecnico, un po’ più oscurantista del precedente nella sua componente politica, in cui cambia solo il direttore dell’orchestra.

“Troppi parlamentari al governo creano un problema in Aula per avere la maggioranza!”, spiega il meloniano Donzelli. Una classe dirigente, del resto, è più difficile da costruire rispetto al consenso elettorale.

Leggi anche: La squadra di governo della Meloni è in alto mare. La premier in pectore prende tempo. Ecco tutti i nomi in corsa per una poltrona a Palazzo Chigi

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Cento vacche Nkore per la Meloni. Riparte il Bestiario di governo

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C’è il principe dell’Uganda che offre 100 mucche per Giorgia Meloni, c’è la Lega che si divide in correnti come un PD qualsiasi e c’è la bufala delle 7 mogli e il Reddito di cittadinanza. Eccoci al nostro bestiario di governo.

CI MANCAVA L’UGANDA
Muhoozi Kainerugaba, capo dell’esercito Ugandese e figlio del Presidente ieri ha preso in mano Twitter e ha offeso 100 mucche per prendersi Giorgia Meloni: “Quante vacche dai al prossimo primo ministro italiano?”, ha scritto, aggiungendo “Io le darei immediatamente 100 Vacche Nkore”. Al di là dello schifoso sessismo della battuta Muhoozi ha deciso di coronare la sua figura barbina internazionale parlando di Annibale che avrebbe conquistato Roma (e no, non è così) e poi ha cercato di rimediare spiegando che le vacche Nkore sarebbero le più pregiate del suo Paese. lA Meloni del resto a qualche potente allupato sarà abituata, vista la sua coalizione.

BOSSI È VIVO E LOTTA INSIEME A NOI
Sembrava avesse perso il seggio invece Umberto Bossi è bello baldanzoso. All’interno della Lega di Salvini si è creato la sua corrente “Comitato Nord”. Nel Comitato “non sono coinvolti nomi che non fanno parte del partito”, spiega Bossi. Peccato che sia falso: a capo dell’organizzazione c’è l’europarlamentare Angelo Ciocca e a gestire i rapporti con i militanti c’è il deputato Paolo Grimoldi. L’aria in casa Lega è così tesa che il nemico giurato di Salvini Gianni Fava sente però puzza di complotto: “Comitato Bossi? Mossa sospetta, surreali correnti nordiste in partito Salvini. Le circostanze con le quali nasce la cosiddetta corrente bossiana all’interno delle ‘Lega Salvini Premier’ sono quantomeno sospette”, dice ai giornalisti. Un bell’ambientino, non c’è che dire.

NE ARRESTANO UNO AL GIORNO
Il sindaco di Priolo Gargallo (in provincia di Siracusa), Pippo Gianni è stato arrestato dalla polizia con l’accusa di concussione. Gianni aveva aderito ad agosto a “Lega Sicilia – Prima l’Italia”, la costola isolana del partito di Salvini. Non c’è che dire: ultimamente Salvini ha un fiuto infallibile.

DECIDE SILVIO
Se qualcuno avesse dubbi sulla natura padronale di Forza Italia può rileggersi la dichiarazione di ieri di Antonio Tajani che non è mica uno qualunque, è il coordinatore nazionale del partito: “Io ministro? Deciderà Berlusconi. Non ho smanie particolari”. Il diritto di avere un’opinione del resto da quelle parti è una smania particolare, si sa.

REDDITO PER 7 MOGLI
La destra, Salvini in testa, si scatena per un presunto marocchino che avrebbe 7 mogli e ognuna di loro prenderebbe il Reddito di cittadinanza. La rilancia Salvini (te pareva), la rilanciano tutte le gole profonde della destra. Però nessuno sa il nome di questo tizio. Anzi, nel pomeriggio di ieri viene fuori che la notizia nascerebbe da qualcuno che “l’avrebbe sentita al bar” (complimenti al giornalista!). Nessuno pone la domanda che smonta la balla: la poligamia è un reato in Italia e per avere Rdc si deve presentare stato di famiglia. Bufalari, semplicemente.

CHI VI RICORDA?
“Vogliamo avere qui, nel nostro paese, invece di ‘mamma’ e ‘papà’, ‘genitore numero 1, numero 2, numero 3’? Siamo completamente impazziti? Vogliamo davvero che le perversioni che portano al degrado e all’estinzione siano imposte nelle nostre scuole fin dalle elementari?»: chi l’ha detto? No, no, non Giorgia Meloni. L’ha detto Vladimir Putin due giorni fa al parlamento russo. Non serve nemmeno aggiungere commenti, vero?

A CHI SI RIFERIVA?
Meloni: “L’obiettivo è non disturbare chi vuole creare ricchezza” Si riferiva agli operai vero?

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Nostra signora dell’Ipocrisia

La politica fertilizza la memoria breve, brevissima. Funziona così perché gli italiani hanno molto meno tempo per la politica di quanto pensino politici e commentatori: lavorano, si ingegnano sul come galleggiare, stiracchiano redditi troppo corti per coprire tutto il mese e trascinano famiglie. La memoria breve fortifica la speranza: convincersi che tutto sia veramente nuovo aiuta a credere a un cambiamento reale.

Sarà per questa maledetta memoria breve che non ci si accorge dell’ipocrisia di Giorgia Meloni che i giornali compiacenti chiamano “maturità”. La leader che urlava in Spagna con i camerati di Vox promettendo sfaceli e additando poteri forti e criminali se ne sta in un angolo cinguettando con Draghi che fino a qualche giorno fa era un vampiro da trafiggere. Dopo avere incassato il 26% dei voti ripetendo che non andava bene niente, che tutti erano sbagliati e che il suo merito più grande fosse quello di essersi opposta (l’unica a destra) a questo obbrobrio oggi Giorgia Meloni muore dalla voglia di non interrompere il flusso del governo dei migliori.

Non è una questione meramente tecnica (il presidente della Repubblica deve iniziare ancora le consultazione, deve ancora affidare l’incarico per la formazione del governo): in un periodo di crisi spaventosa che si abbatte sui cittadini e sulle imprese Giorgia Meloni non trova la lingua per dire agli italiani quale sarebbe la soluzione che vorrebbe intraprendere, la destra non trova una posizione unica per tranquillizzare gli italiani sulle prossime bollette. Rimangono le cronache di “contatti tra Draghi e Meloni” sulle pagine dei giornali, utili a una riverniciata di credibilità internazionale e poco altro.

Giorgia Meloni che sì presa i voti dei “tutti a casa!” è tentata dal tenersi il ministro Franco all’Economia. Franco, tanto per capirsi, è il ministro del migliori che Mario Draghi ha sempre ritenuto il suo più fidato collaboratore. Franco, tanto per capirsi, era il papabile presidente del Consiglio se Mario Draghi fosse andato al Quirinale. «Se mi chiede cosa penso di Daniele Franco le dico che ho gli occhi a cuoricino» ha detto ieri Federico Freni, Sottosegretario al ministero dell’Economia (Lega), ospite a Restart su Rai2.

Intorno a nostra signora dell’Ipocrisia soffia forte il vento del paternalismo. La “prima donna” che avrebbe dovuto essere l’inizio di una rivoluzione ha scatenato lo spirito protettivo patriarcale di un’orda di maschi che con artefatto paternalismo consigliano Meloni, le sussurrano quanto è brava, la invitano a godere dell’ombra di Draghi e la applaudono come una bambina che muove i suoi primi passi.

Accade il contrario di ciò che urlacciando lei aveva promesso. “Diamole tempo”, diceva ieri un interessato Calenda. Già.

Buon martedì.

 

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Alla faccia di Regeni

Che questo non sarà un governo attento ai diritti civili appare chiaro anche ai più stolti. L’idea di diritti civili che circola dalle parti di questa destra (che solo noi chiamiamo centrodestra nonostante non abbia nulla di centro, nulla di moderato, nulla di progressista) consiste in un conservatorismo che sfiora la restaurazione. Lo si vede nell’idea di famiglia, lo si sente in ogni discorso che riguardi il mondo LGBTQIA+, lo si nota nell’approccio che metta ad ogni problema.

Ieri però la presidente del Consiglio in pectore Giorgia Meloni, così attenta in questi giorni successivi alle elezioni a non dire una sola parola di troppo, ha vergato una risposta al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi in cui è scivolata nella sua vera natura. Andiamo con ordine. Al Sisi, ebbro per il profumo di soldi che viaggia sull’asse italoegiziano ha pubblicato un messaggio sul suo profilo Facebook: «Estendo le mie più sincere congratulazioni alla signora Georgia Meloni per la vittoria del suo partito alle elezioni generali nell’amica Repubblica Italiana, augurandole il successo nel guidare l’Italia verso la prosperità e un futuro luminoso». «Non vedo l’ora di lavorare con lei, anche nel quadro della solida partnership che unisce Egitto e Italia, al fine di sviluppare le relazioni bilaterali e trasferirle verso orizzonti più ampi di proficua collaborazione in tutti i campi, coerentemente con l’antica storia di i due Paesi e la loro grande civiltà, e per il bene dei due popoli amici e dell’intera umanità», ha aggiunto Sisi concludendo il messaggio.

Nel mezzo di queste dichiarazioni di affetto politico del resto ci sono aziende come l’Eni che da anni gestisce importanti giacimenti petroliferi in Egitto e che poco tempo fa ha ottenuto una nuova assegnazione dal governo del Cairo. Ballano anche le armi, molte armi, che l’Italia spedisce in Egitto con il cuor leggero, non ultime le due fregate che italiane che il governo egiziano ha celebrato fastosamente.

Tra Italia e Egitto però si tende anche un filo nero sporco del sangue coagulato di Giulio Regeni, lo studente triestino fracassato di colpi dopo una lunga tortura dagli uomini della Guardia nazionale egiziana, direttamente comandata da al Sisi. Una tragedia che oltre al sangue ha ingoiato bugie di stato, depistaggi e una continua mistificazione. I presunti colpevoli dell’efferato omicidio sono da anni protetti dal presidente egiziano in persona ingolfando, si teme per sempre, un’indagine che si può classificare tra le più dolorose farse internazionali di questi ultimi anni nei confronti dell’Italia. Un’indagine circondata da promesse e rassicurazioni (anche dall’inetto e desaparecido ultimo ministro Luigi Di Maio) che non sono mai state mantenute. Tra Italia e Egitto c’è anche la dolorosa agonia giudiziaria di Patrick Zaki, studente egiziano a Bologna che dopo un ergastolo cautelare si ritrova ad affrontare un processo senza nessun rispetto dei diritti umani.

I diritti umani, appunto. Giorgia Meloni ha risposto alle felicitazioni di al Sisi così: «L’Italia è pronta a rafforzare la nostra cooperazione bilaterale su molti campi: sicurezza energetica, stabilità del Mediterraneo e del Medio Oriente, diritti umani e libertà religiosa. Grazie signor Presidente al-Sisi». Diritti umani. Come si possa “rafforzare la nostra cooperazione bilaterale sui diritti umani” con un Paese che con noi non ne ha minimamente tenuto conto è un mistero. In compenso la frase, così garbata e diplomatica come lo è Meloni in questi giorni, gronda sangue dappertutto.

Buon lunedì.

 

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Prosegue la santificazione di Giorgia Meloni

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C’è la solita santificazione di Giorgia Meloni, c’è lei che si complimenta con l’Egitto per i diritti umani e c’è la Lega che si è inventata – indovina un po’ – la secessione. Eccoci al nostro bestiario di governo.

SEMPRE A PROPOSITO DI MELONI SANTA
Corriere della Sera: “La visione di Giorgia. La vincitrice delle elezioni viene accolta come una regina da Coldiretti e, va detto, lei non sbaglia un colpo: i contenuti sono giusti, il tono pure. E così, alla sua prima uscita dopo il voto che l’ha proiettata verso Palazzo Chigi, è apoteosi. Al punto che spesso è difficile capire cosa dica a causa dei «Giorgia, Giorgia»”. E poi: “In ogni caso, Meloni non promette quello che non intende mantenere”. Viene in mente un celebre giornalista del Corriere negli anni ’30 che scriveva: ““Sorge il sole, Canta il gallo, Mussolini monta a cavallo”. Certa stampa non riesce proprio a non trasformare in divinità il leader di turno.

PROMESSE ELETTORALI
Secondo alcune fonti del centrodestra sarebbero stati Salvini e Berlusconi a promettere a Letizia Moratti che sarebbe stata candidata presidente in Regione Lombardia. Non male come scelta: ne ha presi due su tre della destra e ha mancato l’unica che ora decide davvero.

SECESSIONE!
Nota della Lega:”Dopo trent’anni di battaglie, questa sarà la legislatura che finalmente attuerà quell’Autonomia delle Regioni che la Costituzione prevede.” Umberto Bossi ci crede così tanto che ha fondato il ‘Comitato Nord’ – spiega Bossi – «con rinnovato entusiasmo alla conquista degli obiettivi che sono stati alla base della fondazione della Lega nel marzo 1984». Tradotto: sono 38 anni che vi prendono in giro. Fenomenale il leghista Marco Reguzzoni che dice: “ho visto Bossi di nuovo con gli occhi di tigre”. Quando si dice il tempismo delle metafore.

QUESTIONE DI PALATO
Tajani: “Per Forza Italia Salvini può fare il ministro di qualsiasi dicastero”. Del resto dalle loro parti hanno stomaci forti, sono pronti a ingoiare di tutto.

IL CRETINISMO CORSARO
Riecco Massimo Corsaro e soprattutto riecco il suo uso disinvolto dei social network. L’ultimo tweet dell’ex parlamentare di destra finito sotto accusa recita così: “Non so cosa facesse il padre di Meloni quando lei era bambina e lui aveva lasciato casa. So per certo che la sinistra ha portato in Parlamento una persona perché suo fratello spacciava”. Se da una parte si capisce il riferimento alle polemiche sugli articoli di stampa – prima quella spagnola, poi quella italiana – sulle vecchissime vicende che riguardavano il padre della leader di Fratelli d’Italia, dall’altra l’ex deputato (ex Msi, ex An, ex Pdl, l’ultimo partito d’appartenenza fu proprio Fdi nel 2015, lasciato in polemica) attacca l’elezione di Ilaria Cucchi (neosenatrice di Sinistra-Verdi) nel modo che si vede, omettendo e mistificando la vicenda – ricostruita da diversi processi – che ha portato alla morte del fratello Stefano, con tanto di successivi depistaggi.

MELONI MANDA UNA CAREZZA A AL SISI
Meloni in risposta ai complimenti per la vittoria del Presidente egiziano Al-Sisi:”l’Italia è pronta a rafforzare la nostra cooperazione bilaterale su molti campi: sicurezza energetica, stabilità del Mediterraneo e del Medio Oriente, diritti umani e libertà religiosa. Grazie Presidente al-Sisi”. Giulio Regeni e Patrick Zaki ringraziano. Roba da brividi.

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