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Di cosa parliamo quando parliamo di questa destra

In primis smettiamo di chiamarlo centrodestra. Non lo fa nessun giornalista della stampa internazionale: la coalizione che si prepara a vincere le elezioni è destra pura, una destra con Salvini che invoca le ruspe contro i disperati e con Giorgia Meloni che urlaccia ai comizi di Vox. Che la presenza di Berlusconi possa calmierare questo estremismo rivenduto come buon senso è un’illusione che serve a certa stampa italiana per renderli digeribili. Ma non sono digeribili.

Smettiamo anche di spaventarci per gli avvertimenti di Giorgia Meloni o Guido Crosetto: Fratelli d’Italia è un partito che è nato proponendosi come erede del fascismo (e noi no, non pensiamo che il fascismo possa diventare edibile nemmeno nella sua forma modernizzata) ed è un partito che continua ad allevare estremisti. Lo diceva Steve Bannon chiaramente descrivendo Fratelli d’Italia («Fratelli d’Italia è uno dei vecchi partiti fascisti», disse testualmente) e ce lo dicono la fiamma tricolore, quel «Mussolini è stato un buon politico, non ci sono stati altri politici come lui negli ultimi 50 anni» pronunciato dalla giovanissima Meloni e, arrivando al presente, i saluti romani di dirigenti e candidati e militanti di Fratelli d’Italia in occasione della celebrazione del 40esimo anniversario del Movimento sociale italiano.

Se serve altro c’è il braccio teso del consigliere comunale a Ventimiglia Ino Isnardi, ci sono le braccia tese dei tre consiglieri di minoranza – Valeria Amadei di Fratelli di Italia, Francesco Biamonti della Lega e l’indipendente Mauro Siri – a Cogoleto in occasione del Giorno della memoria, ci sono gli slogan ripetuti da diversi candidati (“boia chi molla”, “me ne frego”) e ci sono le divise nostalgiche come quella di Galeazzo Bignami con la svastica al braccio o quella da Ss di Gabrio Vaccarin, consigliere comunale di Nimis.

Volendo vedere c’é anche la vicinanza a organizzazioni che si autodefiniscono neo fasciste come Lealtà azione. Alla loro festa nel 2018 hanno partecipato l’ex eurodeputato Carlo Fidanza e il consigliere comunale di Saronno Alfonso Indelicato, un indipendente eletto nelle liste di FdI. A Monza è stato eletto (e nominato assessore allo Sport) Andrea Arbizzoni, che descrive Lealtà azione come la sua «comunità politica e umana». Nel 2019 a Lodi era diventato segretario cittadino di Fratelli d’Italia Omar Lamparelli, che è anche un militante di Lealtà azione.

Poi ci sarebbero i programmi. Questi giorni di campagna elettorale ci dicono che i temi su cui questa destra vuole costruire la propria credibilità sono il “blocco navale” che gli stessi compagni di partito di Giorgia Meloni riconoscono essere impossibile per legge. Nel programma della coalizione è prevista la «sostituzione dell’attuale reddito di cittadinanza» con «misure più efficaci di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro» senza specificare quali. C’è la Flat tax che oltre a essere palesemente incostituzionale è l’ennesimo regali ai ricchi.

C’è molta confusione sulla soluzione della crisi energetica, con Meloni e Salvini in disaccordo sull’eventuale scostamento di bilancio e con il nucleare come vuota promessa elettorale, soluzione di tutti i mali. Non c’è una posizione precisa sulla guerra in Ucraina, con Salvini e Berlusconi che ogni giorno barcollano su Putin. C’è la leva militare obbligatoria perorata da Salvini. C’è l’ostilità contro l’aborto testimoniata dalla vicinanza di Giorgia Meloni all’associazione ProVita & Famiglia (potranno non abolirlo, gli basterebbe rendere inaccessibile).

Parliamo di questa roba qui. Buon lunedì.

 

* In foto, i consiglieri comunali di Cogoleto che il 27 gennaio del 2021, nel Giorno della Memoria, votarono alcune delibere di seduta facendo il saluto fascista: Valeria Amadei (Fratelli di Italia), Francesco Biamonti (Lega) e Mauro Siri (indipendente). I tre andranno a processo per violazione della legge Mancino

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Crisi energetica Il dormiente governo Draghi investe nelle armi

La narrazione della caduta del governo Draghi era netta: il peccato mortale commesso nei confronti dei “migliori” avrebbe impedito all’Italia di prendere qualsiasi decisione, perfino di spostare qualche spicciolo. Del resto è la stessa narrazione di queste ore in cui alla «caduta del governo Draghi» (frase che va pronunciata con contrizione per funzionare benissimo) si imputa l’immobilismo sulla crisi energetica in arrivo. Fa nulla che i partiti della prossima maggioranza di centrodestra non siano d’accordo tra loro, che l’Europa non riesca per ora a trovare la quadra e che una maggioranza su una scelta qualsiasi non esista all’interno del Parlamento ormai agli sgoccioli. Demonizzare la “caduta del governo Draghi” è il modo migliore per pompare la campagna elettorale e nel frattempo per evitare di prendere una posizione condivisa.

In un Paese che rischia la recessione, quasi 13 miliardi vanno alla Difesa

Ma quel governo che dovrebbe essere “dormiente” ha potuto comunque premiare il re dei dormienti, il ministro della Guerra Guerini che dallo scioglimento delle Camere ha potuto sottoporre al Parlamento più di 20 programmi di riarmo per un investimento totale di quasi 13 miliardi di euro. Tredici miliardi di euro, di questi tempi, in un Paese che a detta di molti rischia la recessione. L’Osservatorio sulle spese militari italiane snocciola la lista della spesa: «Cinque programmi (scudo antimissile, armamento droni Predator, elicotteri Carabinieri, sistemi di ricognizione aerea, razzi anticarro) per una spesa complessiva pluriennale di quasi un miliardo sono stati presentati al Parlamento il 26 luglio e approvati velocemente (e all’unanimità) dalle Commissioni Difesa di Senato e Camera rispettivamente il 2 e 3 agosto. Altri sei programmi (nuovi pattugliatori e cacciamine della Marina, ammodernamento degli elicotteri per la Marina, missili antiaerei, ammodernamento di cacciatorpedinieri per la Marina e carri armati per l’Esercito) per una spesa complessiva pluriennale di oltre 6 miliardi sono stati presentati dal ministero tra il 3 e il 10 agosto e calendarizzati per l’esame in commissione Difesa della Camera a partire dall’8 settembre. Ulteriori 10 programmi (elicotteri d’addestramento, gestione droni, navi anfibie per la Marina, radiotrasmissioni, satelliti spia, bazooka, un sistema di piattaforma stratosferica, droni di sorveglianza, potenziamento di capacità per brigata tattica, nuovi carri armati leggeri) per una spesa totale pluriennale di oltre 5,5 miliardi sono infine stati inviati al Parlamento dal ministro Guerini il 1 settembre, solo pochi giorni fa. Non è chiaro se le competenti Commissioni parlamentari arriveranno a calendarizzare i pareri (obbligatori) su questi atti del governo nei pochi giorni di vita ancora rimanenti della XVIII Legislatura». A questo si aggiungono i pareri positivi per i programmi d’armamento per un controvalore approvato di quasi 4 miliardi di euro e un onore complessivo di circa 7,3 miliardi di euro.

Crisi energetica Il dormiente governo Draghi investe nelle armi
Lorenzo Guerini (Getty Images).

Quando la corsa alle armi era “una cosa di destra”

No, non c’entra la guerra in Ucraina. Il trend della corsa alle armi parte da lontano. C’entra il tetto fissato dalla Nato del 2 per cento del Pil da destinare al settore. Dall’attentato alle Torri Gemelle nel 2001 l’incremento complessivo è del 90 per cento. Nel 2020 la quota di spesa militare globale ha raggiunto i 1.981 miliardi di dollari, i dati dell’anno scorso ancora non ci sono ma sicuramente verranno superati i 2 mila miliardi di dollari. Una volta in questo Paese esistevano gli attivisti per il disarmo, i pacifisti e un blocco maggioritario dei partiti che riteneva il contenimento della spesa militare una priorità, preferendo investire su welfare, cultura e sanità. Ci si aspettava, insomma, che un La Russa sprizzasse gioia immaginando l’aumento delle spese militari. Era roba di destra, di estrema destra. La stessa Forza Italia, fin dalla sua nascita, non ha mai mostrato particolare empatia per la rincorsa alle armi. Pochi giorni fa il sedicente Terzo polo di Renzi e Calenda (che nella migliore delle ipotesi sarebbe il quarto) ha rilasciato una card in cui fiero rivendica di voler incrementare la spesa militare per raggiungere l’obiettivo del 2 per cento del Pil entro il 2025. Come una destra estrema qualsiasi, quella che fino a qualche anno fa sarebbe stata derisa da tutti gli altri. Non è di destra il ministro Guerini che si professa tra l’altro ultra cattolico, tanto per completare il paradosso. L’odore di guerra ha pervaso le narici anche degli insospettabili. Ci siamo abituati anche a questo. È normale che poi la destra, quella che ha il coraggio di dichiararsi, faccia meno paura.

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Letta rischia di far rimpiangere il 18,8% di Renzi

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Primo, non dare troppo credito ai sondaggi. Nelle stanze del Partito democratico il pericolo “fascismo” è già stato rimesso nel cassetto. Non funziona come strategia elettorale, il messaggio ormai è logorato fin dai tempi del primo Berlusconi e l’allarme viene in continuazione sminuito da tutti gli avversari risultando inefficace.

Enrico Letta insiste nell’attaccare Renzi come responsabile della legge elettorale

Enrico Letta insiste nell’attaccare Renzi come responsabile della legge elettorale (mica per niente il Rosatellum prende il nome proprio dal coordinatore nazionale di Italia Viva Ettore Rosato): “Chi ha votato questa legge elettorale? Io no. Con il cerino in mano restano Rosato e Renzi nel Terzo polo che potrebbe andare con la destra. Questa legge elettorale è stata il tentativo sbagliato di Renzi di costruire una leadership a sua immagine e somiglianza. È sbagliatissimo”, ha detto ieri il segretario del Pd.

La polarizzazione Letta-Meloni non funziona

Ma all’intento del partito sono molti sono convinti (forse a ragione) che discutere di meccanismi elettorali non sia la strategia elettorale per apparire “vicini” alle esigenze dei cittadini preoccupati dall’inverno che arriva. La polarizzazione Letta-Meloni non funziona. Il M5S e il cosiddetto terzo polo (che poi sarebbe il quarto) di Renzi e Calenda continuano legittimamente a occupare la scena e il sondaggio presentato a Porta a Porta che indica il partito di Letta sotto la soglia psicologica del 20% richiede di dare una svolta.

Del resto da settimane si racconta come “disastro” quel 18,8% con cui Renzi aveva lasciato il partito e avvicinarsi sarebbe uno smacco non rimediabile. Nelle retrovie intanto scalpitano i falchi che non vedono l’ora di cucinare Letta in occasione delle prossime elezioni del segretario. Letta puntava molto su un’apertura a sinistra con Sinistra/Verdi in coalizione (e le loro candidature di Aboubakar Soumahoro e Ilaria Cucchi) e sull’ala più “sociale” rappresentata dal vicesegretario Peppe Provenzano ma Unione Popolare (che non viene quasi mai citata dagli esponenti del Pd) e il M5S sembrano funzionare da argine.

Difficile prendere voti a sinistra con Di Maio e Cottarelli. “Arriverà qualche novità nei prossimi giorni”, dicono dal Nazareno. E già il fatto che stiano cercando qualcosa di nuovo certifica che la campagna elettorale si è incagliata.

 

 

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Un salario che più minimo non c’è. Continua il bestiario elettorale

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L’Istituto Demoscopico Noto Sondaggi pubblica un sondaggio che terrorizza il Pd dato al 19,5%. Il Centrodestra (Fdi-Lega-Fi- Noi moderati) è dato al 46,7% mentre il Centrosinistra (Pd-Art1-Psi-Si-Europa verde- +Europa e Impegno civico) si ferma al 25,7%. Sicuri che funzioni l’appello di Letta al “voto utile”? Brutte notizia anche per la Lega di Salvini: Fratelli d’Italia potrebbero non solo superarla, ma addirittura doppiarla.

È quanto emerge dalle stime di voto elaborate da Demos per l’Osservatorio sul Nordest del Gazzettino, pubblicate dal quotidiano veneto-friulano. Si tratta di dati-choc per il Carroccio che, se confermati, costituirebbero la premessa per una resa dei conti senza precedenti ai piani alti del partito. Secondo la stima dell’istituto diretto da Ilvo Diamanti, FdI arriverebbe al 30,5%, la Lega si fermerebbe al 14,4%.

QUELL’IRRESISTIBILE VOGLIA DI RENZI
Ventisei luglio. Incontro riservato al Four Seasons di Atene. Al tavolo il principe saudita Mohammed bin Salman – secondo la Cia mandante del brutale omicidio del giornalista Jamal Khashoggi – e un gruppo di una ventina tra capi di Stato, dall’albanese Edi Rama al montenegrino Dritan Abazović, parlamentari europei, oligarchi russi, imprenditori e giornalisti. Tra loro c’era anche il leader di Italia viva Matteo Renzi, reduce (il giorno prima) da uno dei primi incontri con Carlo Calenda in vista dell’alleanza elettorale. Lo racconta in uno scoop il quotidiano Domani. Scopo dell’incontro? Il progetto di Bin Salman di esportare verso occidente energia solare saudita. Chissà che ne dice Calenda che mentre si impegna per spingere (piuttosto goffamente) il nucleare il suo socio briga per staccare assegni ai sauditi.

L’OTTIMISMO DI OLIVIERO
Gennaro Oliviero, presidente del Consiglio regionale della Campania, non le manda a dire: “Il Pd a Caserta Sarà sotto il 10%, lo votiamo solo io e forse mia moglie”. A questo punto potrebbero già fissare una riunione per un’analisi della sconfitta.

CALENDA OSSESSIONATO
“Mi chiedono se Draghi vuole restare. Non so se Draghi vuole restare o meno, credo che se la situazione sarà inevitabile risponderà all’appello dell’Italia come ha fatto fino ad ora. Ma non so se è così rilevante questo, forse è più rilevante cominciare a votare per le persone che propongono quel metodo di governo”. Lo ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda, all’incontro con Confcommercio. Una campagna elettorale tutta su Draghi, forse perché si vergognano di Gelmini e compagnia. In tutto questo Draghi non ha mai fatto un cenno, se non per smontare lui stesso il mito dell’agenda Draghi. La campagna del sedicente terzo polo (che nella migliore delle ipotesi sarà il quarto) è sostanzialmente pubblicità ingannevole.

STUPIDI O STUPITI?
Lo dice benissimo il giornalista Marco Esposito: “E niente, da anni insultano i percettori del reddito di cittadinanza e oggi scoprono che chi lo percepisce voterà l’unico partito che lo difende e che ha intenzione di mantenerlo. E che quindi in alcune regioni farà il pieno. Ma sono stupiti”.

UNA DOMANDA PER IL PD
Il Pd insiste per un salario minimo non deciso dalla politica. Nota Lorenzo Zamponi, attivista di Up! Su la testa!: “Posizione ambigua al limite del misterioso. Come può un salario minimo “contrattuale” e non “legale” (quindi basato sui minimi dei Ccnl esistenti e non su una soglia fissata per legge) avere una soglia minima di 9 euro (evidentemente fissata per legge?)”. Bella domanda. Si attende una risposta.

CI SONO TRUFFE E TRUFFE
15 società hanno emesso fatture false per 1,8 miliardi di euro. Beneficiari finali della frode Auchan e Carrefour Italia. Avete sentito qualcuno lamentarsi?

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I morti che invece non piange nessuno

Il numero di vite rivendicate dal Mediterraneo continua ad aumentare. Mercoledì 7 settembre la Guardia nazionale tunisina ha riferito che le sue navi avevano recuperato altri tre corpi al largo della costa meridionale di Gabes. Le vittime erano state su una barca che trasportava altri quindici migranti quando è stata “intercettata” e riportata in Tunisia.

Dall’inizio di quest’anno, oltre mille persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale cercando di raggiungere l’Europa, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni.

Lo stesso giorno in cui le autorità tunisine hanno recuperato i tre corpi, più a sud nella città di Zarzis, le madri dei migranti scomparsi si sono riunite per chiedere la verità sui loro figli che sono scomparsi ormai da anni, in alcuni casi anche un decennio.

Decine di donne, alcune con i volti dei loro figli stampati sulle loro magliette, agitavano le foto dei loro amori scomparsi. Tra la folla c’erano anche cartelli che dicevano: “Stop alla violenza contro i migranti” e cartelli e magliette con lo slogan “Ferries, not Frontex”.

Per le madri quella marcia in città (che è luogo di partenza per il Mediterraneo) è il solo modo per mantenere viva la memoria dei loro figli e per chiedere risposte.

«Stiamo lottando per ottenere la verità sui nostri figli», ha detto Fatma Kasroui, una madre tunisina in lutto che non ha avuto notizie di suo figlio dal 2011. «Abbiamo bussato alle porte del ministero degli Interni e del ministero degli Affari esteri. Abbiamo organizzato sit-in. Ma non abbiamo avuto risultati. Come possono le autorità tunisine dirci che i nostri figli sono semplicemente scomparsi?».

Il raduno si è svolto 10 anni dopo la tragedia di una barca partita da Sfax con 130 migranti a bordo, diretti in Italia. Solo 56 sono sopravvissuti a quel viaggio. Un decennio dopo, rimangono molti dubbi su quanti siano effettivamente i morti.

L’Ue fornisce aiuti economici alla Tunisia, che è paralizzata dal debito. In cambio, il Paese si impegna a fermare i migranti che partono dalle sue coste, provando a impedire gli arrivi in Europa. Nonostante ciò, il numero di tentativi di attraversamento dei migranti – e delle sparizioni – dalla Tunisia continua ad aumentare.

Il numero di disastri causati da questi tentativi disperati è talmente alto che la Tunisia è a malapena in grado di seppellire i cadaveri. Ci sono due cimiteri di migranti in città, con quasi 1.000 corpi sepolti. Ormai non c’è più spazio.

Troppo facile usare l’immigrazione solo quando sarà un’utile arma d’opposizione contro il prossimo governo di destra. Troppo ipocrita essere “umanitari” a fasi alterna, nei momenti in cui torna utile per la propria battaglia politica. C’è in corso un guerra feroce da anni in cui l’Europa ha il triste ruolo del mandante.

Buon venerdì.

 

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L’onda nera minaccia pure la comunità arcobaleno

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Come sono i programmi dei partiti politici che si presentano alle prossime elezioni sulle riforme per la comunità LGBTQIA+? Pd, +Europa, Sinistra Verdi, Movimento 5 Stelle e Unione Popolare hanno nel proprio programma la proposta di matrimonio egualitario tra coppie omosessuale che superi le attuali unioni civili.

Contrario ovviamente il centrodestra (e Italexit di Paragone) ma spicca la contrarietà di Renzi e Calenda (eppure è proprio Renzi a rivendicare di “avere fatto per le coppie gay più di ogni altro”) e quella della coalizione di Di Maio e Tabacci.

Solo M5S, Sinistra Verdi e +Europa concordano nell’educazione sessuale e affettive nelle scuole

Solo M5S, Sinistra Verdi e +Europa concordano nell’educazione sessuale e affettive nelle scuole. Tutti gli altri, Pd e Unione Popolare compresi, temono evidentemente la propaganda (falsa) che in questi anni si è fatta sull’inesistente “teoria gender”.

Solo M5S, + Europa e Sinistra Verdi nel proprio programma hanno inserito l’omogenitorialità, tema che in questi ultimi giorni è stato sollevato da Giorgia Meloni in risposta a un padre gay. Unione Popolare, +Europa e Sinistra Verdi hanno inserito nel proprio programma elettorale l’impegno a riformare la legge 164 del 1982 per l’identità di genere.

Sul Ddl Zan hanno preso posizione Pd, M5S, +Europa, Sinistra Verdi, Unione Popolare e perfino Renzi e Calenda dichiarandosi disponibili a votarlo nella prossima legislatura. Mentre solo Sinistra Verdi ha pensato a una legge per il divieto alle teorie riparative. Sulla tutela dei diritti intersex si sono espressi +Europa e Sinistra Verdi.

Contro i matrimoni gay Renzi e Calenda giocano con i sovranisti

Secondo un’analisi del sito gay.it è la coalizione di Fratoianni e Bonelli (e Possibile) che nel proprio programma ha compreso un maggior ventaglio di diritti, seguita da +Europa, Unione Popolare, Movimento Cinque Stelle e solo per la legge contro l’omotransfobia il cosiddetto terzo polo di Renzi e Calenda.

Poi ci sono i numeri della realtà, con la coalizione di centrodestra che ha espresso invece sempre una forte contrarietà a qualsiasi allargamento dei diritti. Nella comunità LGBTQIA+ sono in molti a temere che si possa assistere alla compressione di quelli già esistenti se non addirittura alla cancellazione.

Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che su questi temi non nascondono la loro vicinanza con l’oscurantismo di Viktor Orbán, potrebbe riservare pessime sorprese.

Leggi anche: “Conquiste civili sotto attacco. Il Paese corre un grave rischio”. Lo scrittore Simone Alliva: dal Pd pessima campagna elettorale. “Fratelli d’Italia e Lega fomentano l’intolleranza”

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Altro che gas, si razioni Cingolani. Continua il Bestiario elettorale

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La legge elettorale che fa schifo a tutti, il ministero della banalità energetica e Calenda tradotto. Eccoci al nostro bestiario elettorale.

IL ROSALETTUM

“Ha ragione Meloni”, quando dice che il Rosatellum lo impose il Pd: “Fu Renzi che lo impose, pensando a se stesso, pensando di prendersi il 70 per cento del Parlamento, poi è andata come è andata”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, a Rtl102.5. Come già dicevamo ieri alla fine sembra che questo Rosatellum non l’abbia mai votato nessuno, quando in realtà non lo votarono solo Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle. Qualcuno potrebbe fare notare a Letta che il Pd ha avuto tutto il tempo, al governo, per fare una nuova legge elettorale. Qualcuno potrebbe far notare a questi che la riduzione dei parlamentari senza il contrappeso di una nuova legge elettorale è tutta farina del loro sacco. Ma che fatica…

DI MAIO CONTRO PUTIN
“I russi devono sospendere le ingerenze nella campagna elettorale italiana”, dice Di Maio, non si capisce bene a chi. Forse ora Putin batterà in ritirata per le terribili parole del ministro? Ma dai. In compenso Di Maio insiste anche nel dire che “noi possiamo arrivare fino al 6%. Nei prossimi giorni tante persone che ascolteranno le proposte politiche decideranno per chi votare. Io giro l’Italia e vedo che la gente ci vuole dare fiducia”. È evidente che abbia perso il senso delle proporzioni, un po’ in tutto.

BANALITÀ ENERGETICA
Ieri su La Stampa Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, centro di ricerca indipendente specializzato su energia e ambiente scrive la sua sul “piumano Cingolani” esaltato (ovviamente) da quasi tutti. Secondo Tabarelli, le ultime disposizioni del governo circa i risparmi negli edifici della pubblica amministrazione o nei condomini, nella migliore delle ipotesi, ci porteranno un risparmio non superiore a 3 miliardi di metri cubi su base annuale, contro le stime “ottimistiche” del governo cha parlano di 5,3 miliardi: “Il confine fra risparmio energetico e povertà energetica è grigio, in particolare in Italia, un paese che si sta impoverendo dalla crisi dal 2008, perché il suo Pil non cresce più”, scrive.

Dunque – avverte l’esperto – per questo inverno il rischio è il razionamento, e da qui la recessione, soprattutto se la Russia dovesse chiudere del tutto i rubinetti. Il solito Cingolani insomma, che si affida al gran cuore dei cittadini con un portafoglio sempre più piccolo. (Il titolo geniale è di Francesco Lenzi).

I TERRITORI
Il direttore delle news di Radio Capital Edoardo Buffoni ha messo in fila tutti i candidati in territori non loro: Elisabetta Casellati, dal Veneto alla Basilicata; Anna Maria Bernini, da Bologna al Veneto; Claudio Lotito, da Roma al Molise; Stefania Craxi, da Milano a Marsala; Bobo Craxi, da Milano a Palermo; Angelo Bonelli, da Roma a Imola; Roberto Speranza, dalla Basilicata a Napoli; Vincenzo Amendola, da Napoli alla Basilicata; Dario Franceschini, da Ferrara a Napoli; Ilaria Cucchi, da Roma a Firenze; Beatrice Lorenzin, da Roma a Verona; Laura Boldrini, da Macerata alla Toscana; Maria Elena Boschi, dalla Toscana alla Calabria; Stefano Patuanelli, da Trieste alla Campania; Vittoria Baldino, dal Lazio alla Calabria. A proposito della legge elettorale che doveva premiare la fedeltà ai territori. Ce ne vuole per affezionarsi a questa politica…

CARLO & GIORGIA
“Noi al governo con Meloni? Non esiste, le ho solo dato un consiglio. Ho detto che se fossi Meloni farei esperienza in un governo di larga coalizione, per imparare a fare il ministro. Era un consiglio, mica ho detto che volevo andare al governo con lei”, dice Calenda. Tradotto: le ho solo consigliato di fare un governo con noi. Irredimibile.

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Lo stop all’invio di armi in Ucraina è sparito dal programma di Verdi e Sinistra italiana

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La polemica circola sui social: il programma di Sinistra Italiana-Verdi depositato e firmato per presentarsi alle elezioni è diverso da quello che la coalizione presenta sul sito. La differenza più eclatante sarebbe l’invio di armi in Ucraina.

Il blocco immediato all’invio di armi in Ucraina è menzionato solo sul sito di Verdi e Sinistra italiana. Ma non c’è traccia nel programma depositato

“Un quesito sul programma di @SI_sinistra e @europaverde_it. Nella versione online sul sito dei rossoverdi si parla di stop immediato all’invio di armi all’Ucraina. In quella depositata e firmata quella riga pare manchi. Perché @NFratoianni, @AngeloBonelli1, @EleonoraEvi? Grazie”, scrive il giornalista Leonardo Filippi.

In effetti a proposito della guerra in Ucraina sul sito della coalizione si legge: “Viviamo in un mondo in continuo e costante riarmo, con sanguinosi conflitti attivi e numerosi fronti emergenti, con una guerra alle porte dell’Europa, frutto dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo.

In questo quadro l’impegno dell’Italia e dell’Europa per la pace e la sicurezza globale deve partire dal ripristino del dialogo multilaterale e da una spinta verso il disarmo globale. Va interrotto subito l’invio di armi in Ucraina e riaperta la strada del confronto diplomatico con determinazione e convinzione, prima che sia troppo tardi”.

Nel programma depositato al Viminale non si fa cenno alla questione. I nervi a fior di pelle in piena campagna elettorale soffiano sulle reazioni. Qualcuno scrive che “la stampante aveva purtroppo finito l’inchiostro proprio in quel punto”, qualcuno scrive “perché hanno la faccia come quella parte del corpo che si appoggia sulla poltrona”.

Su Twitter l’account Collettivo Inconscio sembra non avere dubbi: “La domanda è retorica: la risposta è che in cambio della poltrona cade qualunque riferimento a fermare la guerra, nel patto con il Pd. Rimane però (per i gonzi che voteranno questi personaggi) nel sito online”.

La discrepanza finisce perfino nelle chat dei partiti avversari (soprattutto a sinistra), indecisi se usare la polemica. Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, raggiunto al telefono spegna la diatriba: “La spiegazione è semplicissima: la legge stabilisce un termine per depositare il programma mentre sul sito il nostro programma è in continuo aggiornamento”, spiega.

Il segretario di Sinistra Italiana non accetta i dubbi sulla sua posizione per la guerra in Ucraina: “Noi siamo ovviamente per lo stop dell’invio di armi. Su queso tema c’è poco da giocare: siamo gli unici che hanno votato coerentemente in Parlamento. Parlano per noi i nostri voti. è del tutto evidente che il nostro programma si evolve, viene aggiornato. Mi occuperei piuttosto del programma di Fratelli d’Italia che all’improvviso era scomparso”.

E come risposta a chi dubita della coerenza del partito Fratoianni ricorda “un elemento al di sopra ogni polemica: il tabulato dei nostri voti in questa legislatura. Cosa abbiamo votato sulla guerra ma anche i nostri voti sugli accordi con la Libia”. “Sarebbe curioso – dice Fratoianni – piuttosto vedere come hanno votato alcuni ex grillini che ora sono candidati con Unione Popolare”.

Di “semplici aggiunte” parla anche il leader di Verdi Europei Angelo Bonelli che racconta come le “elezioni anticipate abbiano imposto un’accelerazione per cui non siamo stati in grado di fare tutto. Ci siamo dovuti arrangiare con il tempo a disposizione”.

“È una polemica strumentale e stupida: un conto è se non avessimo fatto integrazioni, questo lo capirei. Il programma sul nostro sito ha diverse integrazione anche in tema di agricoltura e welfare”. Bonelli sottolinea come il veleno di questa campagna elettorale arrivi soprattutto da sinistra: “capisco discutere dei contenuti ma gli attacchi personali e strumentali proprio non li capisco”.

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Tutto quello che stiamo concedendo a Giorgia Meloni

Per fortuna esistono media come Pagella Politica che si assumono la bega di andare a spulciare il passato, roba che qui da noi risulta indelicata e maleducata – chissà perché – in campagna elettorale. Così abbiamo l’opportunità di riscoprire comodamente che Giorgia Meloni contro le sanzioni alla Russia lo era fin dal 2014, quando dichiarava in Parlamento che quelle sanzioni fossero «inutili e masochiste» perché massacravano il mercato italiano. Perché conta ricordarlo? Perché una frotta di giornalisti inginocchiati (quelli che amano il potere, da qualsiasi parte provenga) oggi è impegnata a dipingere Meloni come la statista responsabile che sgrida Salvini e invece dicevano le stesse identiche cose.

Possiamo comodamente ricordarci quindi che il programma di Fratelli d’Italia per le elezioni europee del 2014 ci diceva che «l’euro e le sue regole si sono purtroppo rivelati un fattore di disgregazione dell’unità europea» e proponeva lo «scioglimento concordato e controllato dell’eurozona». Anche in questo caso lei e Salvini pari sono: accarezzano gli estremismi sperando (e spesso riuscendo) di potere incamerare i voti fingendo poi di normalizzare le posizioni. È un atteggiamento che non ha nulla a che vedere con la politica “matura” che leggiamo in giro. Anche in questo caso – vale la pena sottolinearlo – nessuno ha chiesto a Giorgia Meloni il perché di questa inversione a U, nessuno ha chiesto spiegazioni. Il voltafaccia le è concesso da una stampa collaborazionista anche con i politici più reazionari.

Ha dell’incredibile il fumus intorno all’irruzione sul palco di un attivista Lgbtqia+ salito a sorpresa sul palco durante un comizio di Giorgia Meloni a Cagliari: la leader di Fratelli d’Italia è riuscita a fare la figura della “progressista”. Giorgia Meloni si è opposta alle unioni civili con tutte le sue forze, declama lo slogan della “famiglia tradizionale” evidentemente contro le coppie gay (essendo lei non sposata è evidente che quello sia il suo obiettivo). Eppure Giorgia Meloni è riuscita a uscirne ancora più convincente per l’elettorato medio. Un trionfo di ipocrisia.

Potremmo (e dovremmo) anche ricordarci di Giorgia Meloni che è tutt’altro che “una responsabile energetica” (qui diventano responsabili e seri tutti quelli che sostengono una certa idea). Giorgia Meloni che oggi parla di “ideologia ambientalista” era la stessa che spingeva il referendum contro le trivelle. «Un referendum molto importante per la qualità del nostro ambiente e la difesa del nostro mare», diceva placida nel 2016.

Giorgia Meloni usa la stessa strategia di certo populismo di destra: passa una vita a votare “contro” e a assumere posizioni al limite del complotto per moderarsi improvvisamente nel tentativo di ricostruirsi una credibilità di cui non si è mai preoccupata. E noi, incredibile, glielo permettiamo e ci caschiamo.

Buon giovedì.

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Siamo al paradosso… di Polito. Bestiario elettorale senza freni

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Insieme per il Futuro (il partitino di Luigi Di Maio) perde pezzi prima di iniziare. Divergenze politiche? Figurarsi. Si tratta di posizioni non buone in lista. Il deputato Antonio Lombardo lascia il gruppo di Di Maio per confluire nel gruppo misto. Avrebbe contribuito alla scelta di lasciare il partito la sua candidatura sfavorevole nel quarto posto del Proporzionale Camera Sicilia 2-P02. Pensava che fosse il suo, di futuro.

REDDITO SENZA CITTADINANZA
Scrive Matteo Renzi, leader di Italia Viva: “Il reddito di cittadinanza raccontato ai ragazzi. La destra difende il reddito che ha votato con Salvini, la sinistra difende il reddito che ha votato con Di Maio, i 5S difendono il reddito che hanno votato con Conte. Gli unici seri su questo siamo noi #ItaliaSulSerio #Calenda”. Ma davvero? Per niente. Anche Italia viva ha votato misure a favore del reddito di cittadinanza. Per esempio, la legge di Bilancio per il 2021, approvata dal governo Conte II a dicembre 2020, ha aumentato i finanziamenti alla misura.

Italia viva, cioè Renzi, faceva parte di quel governo. A proposito, il programma di Renzi/Calenda non propone di eliminare il Reddito di cittadinanza (come viene ripetuto tutti i giorni) ma di “consentire concretamente alle agenzie private di trovare lavoro ai percettori del reddito”.

IL PARADOSSO DI ANTONIO POLITO
Lo spiega su Twitter il giornalista Simone Fontana: “Definiremo ‘paradosso di Antonio Polito’ quella particolare illusione ottica che fa sembrare Giorgia Meloni in costante movimento verso il centro moderato, quando invece è il racconto giornalistico a galoppare provvidenzialmente verso destra”. Una sintesi perfetta. Anche se sembra il paradosso di quasi tutta la stampa italiana.

UN SEGGIO VAL BENE UNA PROMESSA
Il sito Pagella Politica ha analizzato i programmi elettorali dei partiti. Tenetevi forte. Scrivono: “Più di nove promesse elettorali su dieci, contenute nei programmi dei principali partiti candidati alle elezioni, non hanno coperture economiche. Detta in parole semplici: i politici promettono agli elettori che introdurranno centinaia di interventi, senza però quasi mai dire dove prenderanno i soldi per finanziarli”.

Tra le 328 proposte isolate nei quattro programmi, solo in 13 casi sono specificate, a volte anche solo in linea generale, le risorse per finanziarle: in oltre il 96 per cento dei casi, le coperture mancano del tutto. Capolavoro del cosiddetto terzo polo (che poi sarebbe il quarto). Scrive Pagella Politica: “Nessun programma elettorale contiene mai le coperture finanziarie. Noi invece non fuggiamo dal problema. Perché è venuto il tempo della serietà”, recita il programma dei partiti guidati da Carlo Calenda e Matteo Renzi.

Il problema è che non è chiaro quante risorse intendono recuperare dall’evasione fiscale e quante dalla riduzione della spesa della pubblica amministrazione. E soprattutto non è chiaro, visto che mancano le cifre precise, quante delle promesse in spesa sarebbero coperte.

ELODIE LE CANTA A MELONI
A proposito del fatto che il femminismo non c’entra niente con l’elezione di una donna come premier, interviene la cantante Elodie: “Il problema è che (la Meloni) parla come un uomo del 1922”. In effetti…

LA CAMPAGNA DEI PARADOSSI
Enrico Letta in riunione con i candidati dice che “con il Rosatellum siamo di fronte a uno scenario da incubo”. Questa legge elettorale fa schifo a tutti. Eppure la legge venne approvata approvata in via definitiva al Senato il 26 ottobre 2017 con il voto favorevole di tutti tranne Giorgia Meloni che oggi la usa per vincere. Hanno aperto il recinto e si stupiscono che i buoi scappino…

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