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La pena di morte funziona benissimo

L’altro ieri Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, diceva: «Il carcere non è una condanna a morte. È necessario intervenire affinché il dramma che sta interessando gli istituti di pena italiani in questo 2022 si possa fermare». Eravamo a quota 57 suicidi nel 2022. Nel frattempo se n’è suicidato un altro.

Nei primi 8 mesi di quest’anno sono stati 58 i detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri. Gli ultimi due in Sicilia, uno a Caltanissetta e l’altro a Siracusa. Ad agosto abbiamo registrato 15 suicidi, più di uno ogni due giorni. 57 furono le persone che si suicidarono in carcere in tutto il 2021.

«Proprio in questo mese così drammatico la nostra associazione – prosegue Gonnella – ha lanciato la campagna “Una telefonata allunga la vita”, chiedendo una riforma urgente del regolamento del 2000 che porti ad una liberalizzazione delle telefonate per i detenuti. In un momento di sconforto, sentire una voce familiare, può aiutare la persona a desistere dall’intento suicidario. I 10 minuti a settimana previsti attualmente non hanno più nessun fondamento, né di carattere tecnologico, né economico, né securitario. Cambiare quel regolamento non comporta alcun atto legislativo e il governo potrebbe farlo anche in questa fase transitoria».

«Dell’importanza dell’affettività per i detenuti – continua il presidente di Antigone – ci parla anche la relazione finale della Commissione ispettiva del Dap, chiamata ad indagare sulle ragioni delle rivolte che scoppiarono nelle carceri nel marzo 2020».

Secondo questa relazione, ad innescare le proteste non fu infatti una cabina di regia criminale. Il motivo va invece ricercato nell’insoddisfazione della popolazione detenuta per la poco dignitosa qualità della vita penitenziaria e, soprattutto, nella sospensione dei colloqui in presenza con i familiari.

«All’indomani di quelle chiusure – sottolinea Patrizio Gonnella – la nostra associazione chiese che a tutti i detenuti fossero concesse chiamate e videochiamate in più rispetto a quanto previsto dai regolamenti. Quella richiesta fu accolta e nel giro di pochi giorni nelle carceri di tutto il Paese arrivarono oltre 1.000 tra cellulari e tablet, senza che ci fossero problemi dal punto di vista organizzativo e della sicurezza. Questa iniziativa servì a riportare la calma negli istituti di pena e consentì ai detenuti di mantenere il rapporto con i propri affetti anche in quel periodo di chiusure parziali o totali».

«Oggi il dramma che sta attraversando il carcere non è il Covid ma sono i suicidi. La risposta, oggi come allora, passa anche dalla possibile vicinanza affettiva. Oggi come allora è urgente che il governo prenda provvedimenti e si liberalizzino le telefonate» conclude Patrizio Gonnella, che auspica che a settembre, alla ripresa dei lavori parlamentari, deputati e senatori osservino un minuto di silenzio per commemorare tutte le persone che si sono tolte la vita mentre erano sotto la custodia dello Stato.

Noi auspichiamo che qualcuno abbia il coraggio di parlarne in questa brutta campagna elettorale.

Buon martedì.

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In disaccordo pure sui migranti. Gara a destra a chi la spara più grossa

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Hanno costruito la loro propaganda sulla pelle dei migranti. Giocando sulla differenza tra migranti reali e migranti clandestini (che poi curiosamente coincide con i bianchi e i neri) Matteo Salvini e Giorgia Meloni si sono inventati negli anni “invasioni” mai avvenute, statistiche di crimini degli extracomunitari che non trovano nessun riscontro nelle cifre ufficiali del ministero e una “difesa dei confini” che altro non è che la versione edulcorata della “difesa della razza”. Ora la coppia del centrodestra che si finge unito non riesce nemmeno a tenere una linea comune sul loro argomento forte.

Salvini e Meloni hanno costruito la loro propaganda sulla pelle dei migranti

Da una parte c’è Giorgia Meloni (che si sente già presidente del Consiglio in pectore) che insiste con il blocco navale mentre Salvini rilancia sulla reintroduzione dei decreti sicurezza del primo governo Conte (e di cui Conte si dice pentito per averli avallati) che in parte sono già stati dichiarati incostituzionali dalla Consulta.

Ieri Giorgia Meloni su Facebook ha spiegato la sua strategia: “Uno Stato serio – ha scritto – controlla e difende i propri confini. Non mi stancherò mai di ribadire che l’unico modo per fermare l’immigrazione clandestina è il blocco navale: una missione europea in accordo con le autorità nordafricane. Solo in questo modo sarà possibile mettere fine alle partenze illegali verso l’Italia e alla tragedia delle morti in mare. È giunto il momento di voltare pagina. Avverrà il 25 settembre se gli italiani ci daranno fiducia”.

L’idea di Fratelli d’Italia è sempre la stessa: impedire alle navi l’accesso e l’uscita dai porti. Una soluzione demagogica che non trova nessun riscontro nel diritto internazionale e del mare: per l’Onu solo due Paesi in guerra possono bloccare le rispettive imbarcazioni. Meloni però fa finta di non capire e tira dritto: «Continuo a pensare che la cosa più seria da fare sia una missione europea per bloccare le partenze in collaborazione con le autorità libiche e quindi quello che si dice sul blocco navale come atto di guerra in realtà è una fake news”, ha detto ieri a Messina al mercato Vascone parlando di immigrazione.

“Probabilmente – spiega Giorgia Meloni – in Europa la richiesta di una missione europea per stabilire in Africa chi ha diritto ad essere rifugiato e distribuire solo i rifugiati, potrebbe essere più seriamente presa rispetto alla pretesa del governo italiano di fare entrare migliaia di migranti irregolari, che le altre nazioni non fanno entrare, e poi chiedere agli altri di prenderseli. Io ho fatto una proposta che mi sembra la più sensata di tutti”. E invece no. Oltre a essere insensata la proposta è giuridicamente impossibile. Però in campagna elettorale, si sa, anche le bugie rischiano di funzionare se ripetute.

Sempre a Messina, ma in piazza, contemporaneamente Salvini smentiva la sua alleata spiegando che “per il problema degli sbarchi non occorrono i blocchi, basta semplicemente riattivare i decreti sicurezza”. Anche questo ovviamente è falso: i decreti sicurezza sono incostituzionali. Del resto a Lampedusa l’hotspot è stracolmo con 1.600 ospiti.

La pigrizia della ministra Lamorgese si dimostra ancora una volta il miglior assist alla destra. Ci sarebbe poi la questione umanitaria: un’Europa che ha dimostrato come si possa organizzare con il coinvolgimento di tutti gli Stati un’accoglienza regolare in occasione dei rifugiati ucraini e che invece continua a appaltare gli africani alla violenza turca, libica e alle morti in mare. Ma questo non sembra un argomento da campagna elettorale.

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Per Meloni e Salvini sarà una resa dei conti, sulla pelle degli italiani

Da quella parte sono bravi a sottolineare le spaccature nel campo del centrosinistra. Meloni, Salvini e Berlusconi hanno avuto gioco facile nelle prime settimane di campagna elettorale con Calenda e la sua strategia dei due forni di andreottiana memoria, con il sedicente terzo polo che invece è il quarto (tra l’altro i sondaggi ogni giorno ci ricordano quanto li stiamo sopravvalutando) che sta facendo la migliore campagna elettorale possibile per Fratoianni e Bonelli rilanciando Sinistra italiana e Verdi tutti i giorni sui giornali.

Ma l’ostilità che pagheranno gli italiani è una serpe in seno all’alleanza di centrodestra. Matteo Salvini e Giorgia Meloni oggi a Messina si rincorrono per la città con comizi quasi contemporanei e i loro scherani sono già pronti per sfoderare l’applausometro da sventolare. Dentro la Lega solo Salvini spera in un miracoloso recupero che gli permetta di ritrovare i voti che in questi ultimi mesi sono passati alla sua competitrice interna. Fratelli d’Italia incoronerà Meloni il prossimo 25 settembre ma gli eventi da un minuto dopo le elezioni saranno meno lineari di quello che si pensa.

Meloni sta portando avanti la campagna elettorale fingendo che Salvini non esista, concentrata solo a non commettere grossolani errori e sperando che la magistratura non rovini la rincorsa a Palazzo Chigi (nel caso sarebbe già pronta la narrazione berlusconiana delle “toghe rosse”, ovviamente). Meloni e Salvini non si parlano. «Con Giorgia faremo in modo di vederci: io non ho l’agenda degli altri, se saremo nella stessa città, troverò il modo di abbracciarla, ma io, onestamente, faccio la mia corsa in giro per l’Italia e non so dove vanno gli altri», dice Salvini con il solito infastidito distacco che non riesce a nascondere una competizione mal sopportata da entrambi.

Meloni intanto si propone ogni giorno come sicura Presidente del Consiglio («se Fratelli d’Italia risultasse il primo partito», ripete sapendo che sarà così) avanzando dubbi su Mattarella. La preoccupazione della leader di FdI in realtà è rivolta agli “alleati” Salvini e Berlusconi e ai loro rapporti con il Quirinale che potrebbero – più per giochi interni che per preferenze del Capo dello Stato – fare svanire il sogno.

Una cosa è certa: Meloni e Salvini cominceranno a combattersi sul serio dopo la campagna elettorale. Troppo difficile la convivenza tra due leader di partiti che ormai sono sovrapponibili nell’offerta politica. La resa dei conti avverrà nel governo, in un momento difficilissimo per l’Italia, sulla pelle degli italiani.

Buon lunedì.

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Il rinascimento ungherese. Quirinalisti che non sanno quirilinare. Torna il bestiario elettorale

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Inizia la settimana, è lunedì, e siamo pronti a partire a mille con il nostro quotidiano bestiario elettorale.

SPORT SANO IN COROPRE INSANO

 

L’ex pallavolista Luigi Mastrangelo ora pronto per essere eletto in quota Lega schiaccia la cretinata del giorno: «Bisogna investire di più nello sport, togliendo magari qualcosa alla sanità», dice intervistato in radio da The Breakfast Club. Rendendosi conto di averla sparata grossa prova a aggiustare il tiro: «Non dico di togliere tutto alla sanità, ma qualcosina si può dedicare allo sport, visto che nello sport viene stanziato sempre molto poco e nella sanità tantissimo»·

Il suo ex allenatore Mauro Berruto (candidato nel PD) prova a rispondergli: «Sono allibito. Voglio bene a Gigi Mastrangelo, è stato un mio atleta per anni. Forse più che a lui bisogna chiedere a Matteo Salvini di dar conto di questa proposta di togliere soldi alla sanità per darli allo sport, perché è così imbarazzante che io non saprei commentarla». Ma Mastrangelo sfida il senso del ridicolo e non si ferma: «Noto con amarezza che da sinistra, quelli che la vita concreta delle persone non sanno minimamente cosa sia, si sono già affannati a replicare alle mie parole». In effetti ha ragione Mastrangelo: potremmo tutti palleggiare sotto rete mentre aspettiamo 6 mesi per un esame in ospedale.

 

Il rinascimento ungherese

 

L’Ungheria ha individuato un nuovo problema: alle donne piace troppo studiare e questo metterebbe a repentaglio non solo la crescita demografica del Paese ma anche l’economia e, per giunta, discriminerebbe gli uomini. L’insolita teoria è sostenuta in un rapporto redatto dall’Ufficio dei revisori economici del Parlamento che è considerato molto vicino al premier Viktor Orbán. “Se le donne studiano troppo poi non trovano uomini alla loro altezza, quindi non si sposano e non figliano”, dicono gli esperti di famiglia ungherese. Forse non vi sarà sfuggito che proprio all’Ungheria dice di volersi rifare per il modello di famiglia Giorgia Meloni. Forse sarà per questo che non si è laureata.

 

Lo stato di certo giornalismo italiano

 

Giorgia Meloni, dimostrando poca conoscenza della Costituzione, da giorni si rivende come prossima Presidente del Consiglio, ignorando che la nomina spetta al Presidente della Repubblica. Ieri Breda, considerato il numero uno dei quirinalisti, scrive sul Corriere della Sera:“ La dichiarazione di Meloni suscita «stupore» sul Colle. Fonti del Quirinale fanno notare che è una prerogativa del capo dello Stato nominare il premier e che non è possibile autoproporsi.

La Costituzione spiega che non c’è alcun automatismo”. Peccato che la notizia sia falsa. La nota dell’ufficio stampa del Quirinale dice: «Sono del tutto privi di fondamento articoli che presumono di interpretare o addirittura di dar notizia di reazioni o ‘sentimenti’ del Quirinale su quanto espresso nel confronto elettorale. Questi articoli riflettono inevitabilmente soltanto le opinioni dell’estensore». Viva i competenti.

 

Diversi Casini

 

Dice Pierferdinando Casini a proposito dei malumori degli elettori del PD per il posto che gli è stato regalato in lista: «Circoli Pd, ok le critiche, ma per vincere servono degli alleati». Qualcuno gli dica che non piace proprio come alleato. Niente di più.

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Elezioni, la campagna elettorale fa emergere il peggior populismo da tutti i partiti

Sarà la fretta, sarà l’estate, saranno le alleanze che si sono dovute decidere sul filo del rasoio, ma questa campagna elettorale agostana dell’anno 2022 sarà ricordata come quella con il peggior populismo di tutti i partiti, nessuno escluso. Qualcuno la definisce “un circo” ma
l’allenamento e la dedizione di chi si occupa di arti circensi non merita questo epiteto. Di sicuro siamo di fronte a una competizione politica in cui i contenuti evaporano dentro a una vignetta, strizzati in un tweet e in cui l’endogamia appare il tratto comune. In un momento cruciale per la crisi energetica, per la fame nel mondo (ci siamo già dimenticati le conseguenze della guerra  sull’alimentazione mondiale che rimedivano i giornali qualche mese fa), mentre il cambiamento climatico sconvolge gli equilibri e le economie, in Italia ci si diletta da settimane sui piccoli rancori personali di qualche leader d’accatto.

Matteo Salvini a Lampedusa (Getty Images)

Lo scollamento tra capi partito e cittadini

Venerdì, solo per fare un esempio, la coalizione di centrodestra che governerà l’Italia tra un mese ha passato tutto il giorno a veicolare due messaggi opposti: Salvini recuperava quella stolta tiritera del ripristino della leva obbligatoria e Silvio Berlusconi in contemporanea si mostrava fiero di averla tolta. Che due leader (che saranno di governo) spendano un’intera giornata litigando tra loro su un argomento che non interessa praticamente a nessuno rileva lo scollamento tra le preoccupazioni dei cittadini (bollette, lavoro, povertà, inflazione, cambiamenti climatici, sanità ingolfata anche senza pandemia) e i divertissement dei capi partito.

Enrico Letta (Getty Images)

Dai leader nessuna idea di Paese proiettata sul futuro

È anche la campagna elettorale in cui i programmi sembrano solo un orpello obbligatorio, una stanca compilazione di carte dovuta alla burocrazia, come se il voto debba essere figlio dell’antipatia per altri più che della convergenza nella visione del Paese. Non c’è, nelle dichiarazioni e nei programmi, un’idea di Paese che vada più lunga di dopodomani. Si passa dai feticisti dell’agenda Draghi (che perfino Draghi ha smentito) in onore di una nostalgia freschissima già diventata mitica alla santificazione dei “tempi dei nonni” senza nessuna coniugazione con il presente. Poi, come al solito, si abusa della paura: “Votate noi perché se arrivano quelli sarà un disastro”, ripetono i partiti che ancora oggi (ce ne siamo già dimenticati?) governano con quelli. Altri, ritenendosi scaltri, invece ammettono di confidare che questa campagna elettorale non decida nulla e che si ritorni a un bel governo “con tutti dentro” lasciando fuori il primo partito in Italia, dimostrandosi poco avvezzi alla democrazia.

Giorgia Meloni (Getty Images)

Dalla guerra alla pandemia, i grandi temi scomparsi

A traino di questo spettacolo poco edificante c’è la stampa, la solita vecchia stampa, che nel dubbio decide di inginocchiarsi già ai papabili di governo con l’imbarazzante complesso di inferiorità di chi crede che i giornali (e le radio e le televisioni) debbano farsi trovare pronti come megafoni del prossimo governo. Così chi ieri era un diavolo oggi viene morbidamente santificato. La destra viene chiamata centrodestra per non irritare qualcuno, il centrosinistra lo si vorrebbe a tutti i costi liberale, i liberali che in questo Paese contano sempre pochi punti percentuali diventano la lente con cui si dovrebbe guardare il mondo e mentre si riabilitano vecchi arnesi reduci dal fascismo contemporaneo ci si diverte a impallinare chiunque abbia idee non consone al moderatismo conservatore che si è truccato da riformista. I grandi temi che hanno infervorato questi ultimi mesi (guerra, pandemia) sono scomparsi. Una campagna elettorale così bassa è riuscita ad abbassare anche il dibattito generale. Poi dal 26 settembre ripartiranno i sermoni dei soloni moralisti a dirci che tutto fa schifo. E come al solito nessuno potrà fargli notare di essere stati, anche loro, un ottimo concime.

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Ronzulli in tilt sul rigassificatore. Bestiario elettorale à gogo

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C’è l’emergenza gas e com’è facilmente immaginabile gli animi eccitati partoriscono contributi per il nostro quotidiano bestiario elettorale. Ogni giorno intanto ci rendiamo conto della bassezza morale e culturale della politica.

Poche idee ma confuse

Licia Ronzulli ha le idee confuse sui rigassificatori. Ieri un tweet accompagnato da card ancora più esplicita, della senatrice di Forza Italia candidata in Lombardia, Piemonte e Puglia ha avuto il pregio di lasciarci basiti.

“La realizzazione dei rigassificatori permetterebbe al nostro Paese di importare gas liquido e renderci indipendenti dall’estero”, scrive sui social Ronzulli aggiungendo che “senza i No dei 5 stelle e della sinistra, riusciremo a superare la crisi energetica e mettere al sicuro le nostre famiglie e imprese”.

Ancora più esplicita e confusa (nonché in parte contraddittoria col tweet) la foto che accompagna il tweet: “Rigassificatori subito! Per estrarre gas naturale nazionale e renderci indipendenti dagli approvvigionamenti all’estero”. I rigassificatori però non servono a estrarre gas ma semplicemente permettono di riportare il gas dallo stato fisico liquido a quello aeriforme.

A proposito: a Piombino a non volere il rigassificatore è anche il sindaco che è di Fratelli d’Italia, il partito della leader della coalizione di Ronzulli. A tutto gas verso le figure barbine.

L’aborto morale

Eugenia Roccella di Fratelli d’Italia ospite a In Onda su La7 spiega: “L’aborto è un diritto? Io sono una femminista e le femministe non lo hanno mai considerato un diritto, dicendo che esula dal territorio del diritto». Quando Laura Boldrini le fa notare che sì, in Italia l’aborto è un diritto Roccella insiste: “Non direi che è un diritto, però c’è una legge e la legge va applicata e nessuno la contesta…”.

Secondo Roccella l’aborto non è un diritto perché “è il lato oscuro della maternità” ed è “la maternità che non è mai entrata nello spazio pubblico”. “Quindi l’idea che la maternità non è mai stata considerata come un elemento forte della cittadinanza delle donne…”, spiega. L’unico aborto di cui vergognarsi è questa classe politica che si prepara a governare il Paese.

Meglio tardi che mai/1

Ora si svegliano tutti. Il gas aumenta ed è panico tra i politici nostrani. Del resto noi siamo il Paese in cui un giornalista come Jacopo Iacoboni della Stampa (uno che piace ai “competenti” e quindi è considerato “competenti” l’8 marzo scorso scriveva sul suo account twitter: “Mosca: ‘Tagliamo il gas’ Benissimo, taglino il gas.

Vediamo chi compra il gas russo (Xi Jinping?), e a quali prezzi straribassati glielo compra. L’Europa può tranquillamente trovare altri fornitori (c’è la fila), è la Russia che faticherà drammaticamente a trovare compratori”. Iacoboni e i presunti esperti di geopolitica ora si svegliano e scoprono che questa guerra costa, costa agli ucraini, costa all’Europa.

Meglio tardi che mai/2

Carlo Calenda che fa Propone di fermare la campagna elettorale e di inscenare una riunione tra “leader” (ovviamente scelti prima di passare dal voto). Il senatore Gaetano Quagliariello coglie il punto: “Sembra quasi che a Calenda più che il rigassificatore interessi la convocazione di un ‘tavolo dei leader’ che gli conferisca lo status – dice-.

La sospensione della campagna elettorale – prosegue – non sarebbe utile soprattutto per chi ritiene che i rigassificatori vadano fatti, perché ogni giorno di dibattito in meno è un giorno perso per far sapere agli italiani cosa intendono fare gli schieramenti in caso di vittoria”. Del resto hanno lucrato su una guerra figuratevi se non hanno lo stomaco di farlo sull’aumento del gas. Avvoltoi.

24-continua

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Alla fine Forza Nuova l’hanno sciolta i cittadini (ma non è una buona notizia)

Forza Nuova non parteciperà alla prossima tornata elettorale. È la prima volta dal 2001 che la formazione di Roberto Fiore non partecipa a una tornata per le elezioni politiche per la mancanza delle 36mila firme necessarie e abbiamo dovuto perfino sorbirci la morale di un pluripregiudicato e ex terrorista come Roberto Fiore che parla di «sistema banditesco».

Fiore, insieme al suo compare Castellino, è stato arrestato insieme a altri 10 militanti forzanovisti per l’assalto alla sede della Cgil del 9 ottobre scorso al termine di una manifestazione no-green pass. È lo stesso Fiore già condannato per associazione sovversiva e banda armata, latitante nel Regno Unito per oltre 20 anni e tornato in Italia a reati prescritti.

Molti esultano: i fascisti rimangono fuori dalla democrazia, dicono. Peccato che lo scioglimento di Forza Nuova sia stato in cima all’agenda della politica solo per qualche settimana e ora si voglia fare passare un’esclusione “tecnica” come una vittoria politica. Forza Nuova che tutti i partiti avevano promesso di sciogliere in nome della Costituzione è stata sciolta dai cittadini italiani. Così la politica potrà tranquillamente continuare a sottovalutare il fenomeno dei rigurgiti fascisti in Italia e potrà tollerare la morbida applicazione delle leggi che già ci sono.

Ma dove andranno quei voti? La risposta è fin troppo facile Come accade per le mafie c’è una sostanziale differenza tra chi dice chiaramente di voler rifiutare i voti di qualcuno e chi invece sminuisce un fenomeno per lasciare intendere di restare il fianco. Qui il punto non è tanto la quantità dei voti (comunque pochi) ma la sponda politica a una militanza nei territori che da sempre si confonde con azioni criminali. Nelle liste di Giorgia Meloni ci sono personaggi che fanno riferimento alla radice culturale fascista (benché Meloni e Crosetto fingano male di non saperlo) e sulla parte (nera) del Paese non basta un’esclusione dalle elezioni per dichiarare compiuta la missione. Questo è chiaro, vero?

Buon venerdì.

Nella foto: Roberto Fiore davanti al Viminale per la presentazione del simbolo elettorale, 12 agosto 2022

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Parlate di mafia!

Come si possa ritrovarsi nella più grande iniezione di denaro dal dopoguerra senza avere una sana preoccupazione per la fame delle mafie è una questione che può avere solo due risposte: che ci sia sul tema un’ignoranza che non possiamo concedere alle forze politiche oppure che gli interessi tra certa politica e le mafie siano convergenti (non sarebbe una sorpresa, per niente).

Sono passati i tempi in cui tutti i partiti (perfino Salvini e Berlusconi) proclamavano di essere antimafiosi perché la lotta alle mafie era un prerequisito essenziale per la propria credibilità politica. Negli ultimi anni anzi la legislazione antimafia ha subito attacchi anche dai partiti tradizionalmente considerati “antimafiosi”.

Wikimafia segnala che «secondo un’indagine di SWG dello scorso luglio, da Nord a Sud non vi è territorio che si senta al riparo dalla presenza delle organizzazioni mafiose. Il 64% degli italiani trova insufficiente l’impegno dello Stato contro la mafia, tanto che il 54% individua nella complicità tra mafia e pezzi di Stato la causa della morte di Falcone e Borsellino. E se il 51% è convinto che il fenomeno mafioso sia ancora un problema concreto, che può essere sconfitto, il 41% oramai lo considera un problema irrisolvibile e che tutto ciò che viene fatto sia inutile».

Per questo lanciano 10 proposte ai candidati in Parlamento:

«1. Affrontare la questione morale, non solo inasprendo le pene per tutti quei reati alla base del rapporto tra mafia, politica ed imprenditoria, ma anche lavorando affinché all’interno del proprio partito si escludano dalle liste personalità in conflitto di interesse e aduse a pratiche clientelari e frequentazioni non specchiate.

2. Approvazione di una legge costituzionale che inserisca il carattere antimafioso della Repubblica italiana nella nostra Costituzione, accanto a quello antifascista.

3. Difesa e potenziamento dell’impianto legislativo antimafia, in gran parte ideato da Giovanni Falcone (dal 41bis all’ergastolo ostativo, fino allo scioglimento dei comuni per mafia), sollecitando il Governo italiano a intraprendere ogni iniziativa utile per sensibilizzare l’Unione europea sull’urgenza del contrasto alle mafie a livello comunitario.

4. Approvazione di una legge che istituisca Sezioni distrettuali antimafia nei Tribunali della Repubblica, composte da giudici con comprovata e certificata esperienza e conoscenza del fenomeno mafioso, che abbiano la medesima competenza territoriale delle Direzioni distrettuali antimafia.

5. Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, potenziando l’Agenzia nazionale, snellendo le procedure di assegnazione e facilitando il riuso sociale da parte di enti del terzo settore composti perlopiù da giovani under 35 prevedendo specifici fondi per l’iniziale messa in sicurezza, ristrutturazione e avvio attività, anche attingendo dal Fondo Unico Giustizia.

6. Introduzione dell’obbligo di dichiarazione del titolare effettivo in bandi, gare, convenzioni pubbliche e quant’altro presupponga impegni economici da parte delle amministrazioni pubbliche.

7. Introduzione del divieto per la pubblica amministrazione e per gli enti territoriali dello Stato di contrarre rapporti di natura economica con società aventi residenza fiscale nei c.d. Paesi offshore e/o con i titolari effettivi aventi residenza fiscale nei medesimi Paesi e/o siano controllate da società schermo o da reticoli societari opachi.

8. Approvazione di una disciplina di tutela per giornalisti, ricercatori e cittadini che punisca severamente il ricorso alle querele temerarie, nuovo strumento di intimidazione per colpire la libertà di stampa e di ricerca in Italia.

9. Tutela del diritto all’informazione e alla ricerca accademica, introducendo limiti al diritto all’oblio per quei personaggi i cui comportamenti, pur non penalmente rilevanti, mantengano una rilevanza pubblica, storica e politica nella storia della lotta alla mafia e del movimento antimafia.

10. Introduzione nelle offerte formative delle scuole primarie e secondarie di almeno un’ora alla settimana dedicata allo studio del fenomeno mafioso e alla storia delle principali organizzazioni mafiose e del movimento antimafia, introducendo nell’organico docenti un insegnante specializzato in materia, come previsto per l’insegnamento della religione cattolica.

Chiedete ai candidati del vostro collegio se se la sentono di aderire. Vale la pena parlarne e soprattutto costringere la politica a esporsi. Soprattutto adesso che l’antimafia sembra essere diventata un vezzo di pochi. Trovate tutte le informazioni qui».

Buon giovedì.

Nella foto: l’arrivo a Palermo della nave della legalità, 23 maggio 2019

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Draghi forever e l’harem di Silvio. Bestiario elettorale senza sosta

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Parla Draghi e tutti si sciolgono, senza nemmeno avere capito cosa abbia detto. Mentre le alte cariche dello Stato passano da quelli di Comunione e Liberazione continua il nostro bestiario elettorale.

Drive in Berlusconi

Preoccupato dal fatto che non se ne leggesse molto in giro ieri ho recuperato le agenzia di stampa delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi. Come mai è così silenzioso?, mi sono chiesto. Invece non è silenzio, è irrilevanza. Ieri Berlusconi ha detto «abbiamo candidato volti nuovi, espressioni della società civile: Rita Dalla Chiesa, Maurizio Casasco e la campionessa olimpica Valentina Vezzali».

Rita Dalla Chiesa, a proposito di volti nuovi, la vediamo in televisione dal 1983 e 1986 lavora per le reti di Berlusconi. Badate bene: non “nelle” reti di Berlusconi, “per” le reti di Berlusconi visto che ne condivide le idee. A proposito: Rita Dalla Chiesa ci ha tenuto a dirci che per fare la parlamentare rinuncerà alla sua partecipazione al Grande Fratello.

Si immola per la patria, che tenerezza. Valentina Vezzali è stata eletta nel 2013 con Scelta Civica, a proposito di novità. Casasco è presidente della confederazione delle Piccole e Medie Imprese in Italia, a proposito di “società civile”. Che altro ha detto ieri Berlusconi? Che «il ponte sullo Stretto è una priorità». Ormai fa ridere anche senza raccontare barzellette.

Candidati a sua insaputa per Renzi e Calenda

Accade ancora in Puglia e al centro dell’ultimo caso delle candidature dei “competenti” del cosiddetto terzo polo che al massimo sarà il quarto c’è Antonietta Curlo. Avvocata, fasanese, è nel collegio uninominale Camera U07. Però le segreterie provinciali di Azione e Italia Viva l’hanno disconosciuta. Non hanno idea di chinai e quel poco che sanno fa venire i brividi.

Martedì hanno diffuso una nota congiunta: “Le segreterie provinciali di Azione e Italia Viva apprendono dalla stampa della candidatura nel collegio uninominale Camera U07 di Antonietta Curlo nella lista del “Terzo Polo”, ma intendono precisare che non è una loro iscritta e non è stata da loro indicata”.

Non solo: “Risulta essere stata candidata alle ultime amministrative a Fasano nella coalizione di centro destra con la lista civica “Circoli Nuova Fasano” vicina all’ex sindaco di Roma Alemanno”, scrivono. Ah, i competenti.

Ci eravamo tanto odiate

Dorina Bianchi non è sicuramente una fervida sostenitrici delle libertà e dei diritti: ha proposto un’indagine conoscitiva sulla pillola abortiva, prese posizione a favore del disegno di legge Calabrò contro il testamento biologico ed era tra quelle che voleva “salvare” Eluana Englaro contro la sua volontà.

In più è la relatrice della contestata Legge 40 del 2004 che vietava la fecondazione eterologa e venne dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Per questo Emma Bonino l’aveva definita un “mullah Omar”. Bianchi rispose: “Sono i radicali a essere i veri ayatollah”. Ora Bonino l’ha candidata nelle sue liste di +Europa.

Applaudono Draghi ma non lo stanno a sentire

Da quei simpaticoni di Comunione e Fatturazione sbarca Mario Draghi e i presenti, appena sentono odore di potere, si spellano le mani nella loro preghiera laica in cui sono bravissimi: incensare il re. Fremono per Draghi anche a destra, a sinistra e ovviamente al centro, dove Draghi se lo tatuerebbero sul polpaccio per sembrare ancora più competenti.

Solo che Draghi nel suo discorso ha detto che “chiunque verrà eletto saprà preservare lo spirito repubblicano”, che le regole di bilancio attuali della Ue “sono poco credibili” e che “non permettono di gestire delle fasi di crisi così come non permettono di un costruire un necessario sovranismo europeo”. In sostanza hanno applaudito Meloni, fenomeni.

 

21 – Segue

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Cos’è la destra, cos’è la sinistra

Tra gli spunti più nauseabondi di questa campagna elettorale c’è la solita melma che vorrebbe confondere destra e sinistra truccando come al solito le parole e inventandosene di nuove per confondere le acque. Tra progressisti, riformisti (che sono gli autoproclamati della peggiore corrente all’interno del Partito democratico), i cosiddetti “liberali socialdemocratici” e altre simpatiche etichette pronte all’uso si assiste ai travestimenti continui di chi vorrebbe essere né di destra né di sinistra, che è il modo migliore per capire che qualcuno è di destra senza nemmeno avere l’onestà intellettuale di ammetterlo.

Così accade che i partiti che professano la laicità dello Stato si inginocchino di fronte al peggior ramo della religione che si fa impresa e corrano a baciare la pantofola di Comunione e Liberazione, con un’irrefrenabile voglia di piacere a tutti i costi a pezzi del Paese che nonostante si professino quasi santi sono deliberatamente di destra. Si tratta, vale la pena ricordarlo, di un movimento che si professa “di comunione” e ha prestato il fianco a una privatizzazione di scuole e sanità nel nome del loro dio. Si tratta, vale la pena ricordarlo, di un movimento di “spiritualità di etichetta” (parole di Papa Francesco, eh, mica di qualche pericoloso anticlericale) che vuole fare politica, espressamente.

Enrico Letta appare quasi naïf quando si dice stupito del trattamento ricevuto: questa smodata voglia di piacere a quelli che dovrebbero essere avversari è una sindrome che andrà studiata, prima o poi. Del resto non sarebbe stato difficile prevedere che Giorgia Meloni sarebbe stata la più applaudita: Cl ama il potere, solo il potere, e lo incensa per ottenere ciò che vuole (la proposta di parificare le scuole pubbliche e private nei programmi di centrodestra è la penitenza che si deve ai ciellini, del resto). Piuttosto sarebbe utile sapere perché partiti di presunta centrosinistra si ostinino a legittimare un meeting che invece andrebbe combattuto con forza. “Beh, ma siamo in campagna elettorale”, fa notare qualcuno. Quale momento migliore?

Buon mercoledì

Nella foto da Facebook Meloni, Salvini, Letta, Lupi al Meeting di Cl di Rimini

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