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Tanto per stare sui programmi: Sinistra italiana/Verdi

Sinistra italiana e Verdi hanno presentato il proprio programma. Sì allo Ius-soli, stop alla Bossi-Fini, tassazione progressiva e investimenti green tra le proposte. Nicola Fratoianni annuncia una «patrimoniale sulle mafie attraverso la liberalizzazione della cannabis». E sul fisco, aggiunge: «Bisogna chiedere a chi ha molto di più di pagare un po’ di più». «Proponiamo di intervenire sul fisco per ristabilire un meccanismo di progressività che in questi anni è stato compresso e cancellato, e una crescita progressiva e continua dell’aliquota al crescere del reddito», spiega. E ancora: «Noi proponiamo di eliminare le patrimoniali esistenti, come l’Imu sulla seconda casa, a favore di un’unica tassazione sul patrimonio che sia progressiva».

Il programma (lo trovate qui) punta a «combattere la disuguaglianza che dilaga – dice il segretario nazionale di Sinistra italiana Nicola Fratoianni – e a dare a tutti e tutte pieni diritti di cittadinanza e di libertà». Si articola in 110 punti raggruppati per tematiche, dall’energia alla lotta alle mafie.

Primo capitolo, “Italia rinnovabile e green”: stop esportazione del gas italiano; abolizione dei sussidi fossili; spinta alle rinnovabili e no al nucleare; una legge per il clima entro i primi 100 giorni; trasformare Cdp, Sace e Invitalia in Banche per il clima; portare gli obiettivi 2030 del pacchetto Fit for 55 ad almeno il 50% di penetrazione di rinnovabili e al 45% di risparmio attraverso l’efficienza energetica; difesa e attuazione della Costituzione repubblicana e antifascista; rifiuto di ogni forma di presidenzialismo; piano di investimenti contro la dispersione idrica e un piano che acceleri la realizzazione dei sistemi di depurazione; sostegno all’agricoltura biologica e a km zero; lotta a erosione e dissesto idrogeologico, tutela delle foreste.

“Mobilità sostenibile”: rimodulare il fondo complementare del Pnrr (30 miliardi di euro) per destinarlo a investimenti sul trasporto pubblico; favorire lo smart working; dieci mesi di trasporto pubblico locale gratuito, tpl e treni regionali gratuiti per gli under 30.

“L’Italia che ama”: legge contro l’omolesbobitransfobia e l’abilismo; nuova legge sulla cittadinanza, che parta dallo ius soli e dallo ius scholae; legge sul fine vita; legalizzazione della coltivazione della cannabis per uso personale; legge che preveda all’interno delle scuole progetti e programmi che parlino di educazione all’affettività, alle differenze e al rispetto.

“L’Italia è donna”: legge sull’uguaglianza e la pari dignità familiare; estensione dei diritti e dei doveri delle coppie eterosessuali anche alle coppie dello stesso sesso; stop ai trattamenti di conversione, dette terapie riparative, che attraverso pratiche di qualsiasi natura hanno come obiettivo quello di modificare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona; divieto di interventi chirurgici e procedure non necessarie dal punto di vista medico sui bambini e le bambine intersex e piena ricezione della Risoluzione del Parlamento europeo del 14 febbraio 2019 sui diritti delle persone intersex; un piano straordinario per l’occupazione femminile e politiche e misure efficaci per le imprese femminili.

E ancora: interventi contro la disparità economica e nell’accesso alle risorse e alle opportunità; strutturare la sicurezza sul lavoro in considerazione delle specifiche differenze tra occupazione femminile e maschile; applicazione della Convenzione Ilo 190 “contrasto alle molestie, molestie sessuali e violenze sul posto di lavoro”; indennità di caregiver; congedo di maternità obbligatorio retribuito al 100% per almeno due mesi prima + sei dalla data del parto, nonché uno del padre che non sia alternativo a quello della madre e per una maggiore durata rispetto ad oggi; allontanamento del maltrattante in caso di violenza maschile contro le donne; modifica dell’articolo 1 della legge 54/2006 (sull’affido dei figli in caso di separazione, ndr); porre al centro della azione legislativa la serenità della figlia/figlio minorenne.

“L’Italia a rifiuti zero”: più raccolta differenziata, riciclo e economia circolare; piano nazionale rifiuti che consideri la termovalorizzazione solo come soluzione di ultima istanza; politiche per favorire la riduzione dei rifiuti a partire da una progettazione sostenibile.

“Lavoro”: riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; salario minimo di 10 euro all’ora; intervenire sul Codice degli appalti per impedire che la competizione fra imprese avvenga a scapito di salari e diritti dei lavoratori; protezione del potere d’acquisto e ripristino della protezione contro i licenziamenti ingiustificati; un Piano nazionale per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e una campagna di assunzioni nelle apposite funzioni delle Asl per arrivare entro la legislatura a triplicare il numero delle attuali ispezioni; pensione a 62 anni o con 41 anni di contributi, riconoscendo i periodi di disoccupazione involontaria, il lavoro di cura non retribuito, la maternità e pensione minima non inferiore a 1.000 euro.

“L’Italia giusta”: abolizione dell’Imu e dell’imposta di bollo sugli investimenti; lotta all’evasione fiscale; tassazione degli extraprofitti dei colossi energetici.

“L’Italia della bellezza”: no alla privatizzazione della città e dei beni comuni; bloccare l’articolo 6 del decreto Concorrenza e revisione delle cartolarizzazioni che mettono in vendita i beni demaniali; stop al consumo di suolo.

“L’Italia della biodiversità e dell’amore per gli animali”: obiettivo 30% di aree protette, delle quali il 10% a stretta protezione; adottare al più presto la proposta di norma sui pagamenti per i servizi ecosistemici e l’attuazione integrale delle norme di gestione dei siti della Rete natura 2000; abolizione della caccia; animali domestici e selvatici esseri senzienti come indicato nell’art. 9 della Costituzione; migliorare le capacità gestionali di parchi e riserve nazionali e regionali; rafforzare l’attuazione, il ruolo e la cultura della Rete natura 2000 in Italia; ridiscutere la soppressione della Forestale, istituendo un nuovo Servizio ambientale e forestale (Saf).

“L’Italia sociale”: valorizzare le periferie dotandole dei servizi necessari allo svolgimento della vita quotidiana, teatro, biblioteche, musei, parchi; destinare a verde e boschi urbani le superfici ancora non edificate nelle città; piani decentrati per l’autonomia energetica da fonti rinnovabili.

“Per un’Europa di pace e accoglienza”: istituzione del dipartimento della Difesa civile non armata e non violenta; mozione per l’adesione dell’Italia al Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw), come Stato osservatore; istituzione dei Corpi civili di pace; rendere stabile, operativo e aperto a tutti il Servizio civile universale; possibilità di obiezione alle spese militari; trasformare l’ecocidio nel quinto reato internazionale soggetto al Tribunale dell’Aia; abolizione della legge Bossi-Fini; diritto di asilo che comprenda anche la protezione dei rifugiati climatici e ambientali; rivedere gli accordi Italia-Libia ed eliminare i finanziamenti alla Guardia costiera libica; piano europeo per le migrazioni che preveda il superamento del sistema di Dublino.

Cancellare i centri di permanenza per i rimpatri; iscrizione dei migranti ai centri per l’impiego con formula “stp” (straniero temporaneamente presente); riforma della legge anagrafica nella sezione relativa ai residenti stranieri per facilitare l’iscrizione anagrafica e il mantenimento della residenza; istituzione di albi regionali e comunali per le figure professionali di settore (interprete, mediatore culturale/interculturale, operatore dell’accoglienza); costituzione della consulta delle cittadine e dei cittadini stranieri non comunitari e apolidi e dei consiglieri comunali aggiunti a carattere elettivo; tutela famiglie transnazionali; riformare la rappresentanza parlamentare e consultiva degli italiani all’estero; incentivi per chi vuole rientrare in Italia.

“Italia della scuola”: massimo di 15 alunni per classe e recupero di spazi pubblici per nuove aule; estensione del tempo scuola e obbligo scolastico a 18 anni; gratuità dell’istruzione, dal nido all’università; creazione di Zone di educazione prioritaria e solidale nelle aree di maggiore difficoltà sociale e culturale; superamento del precariato e sulla formazione dei docenti; sostegno psicologico permanente nelle scuole; modifica del sistema di valutazione; educazione sessuale e affettiva dall’ultimo anno della scuola primaria, poi con cadenza biennale dal primo anno della scuola secondaria inferiore.

“Università e ricerca”: rilanciare l’investimento in ricerca, formazione, cultura; gratuità dell’iscrizione universitaria; governo democratico della ricerca pubblica che valuti atenei e ricerca in maniera equa; università e ricerca devono partecipare nel delineamento del Pnrr.

“Welfare e comunità”: inserimento dell’obiettivo “salute” in tutte le politiche; piano di rafforzamento strutturale del personale dipendente, con l’assunzione di complessivi 40mila operatori in tre anni; piano straordinario di investimenti pubblici per l’ammodernamento strutturale e tecnologico della sanità pubblica; promozione dei farmaci equivalenti; abolizione dei vantaggi fiscali connessi alla sottoscrizione di polizze assicurative sanitarie e alla partecipazione a fondi sanitari integrativi; sanità di prossimità e rete dei medici Sentinella per l’ambiente; creazione di un fondo per l’acquisizione degli immobili posti a garanzia di crediti deteriorati nel sistema bancario.

Limitare il fenomeno degli affitti brevi per contrastare l’emergenza abitativa; rafforzare il reddito di cittadinanza; promozione dello sport adattato e l’accesso alla pratica sportiva delle persone con disabilità; assunzione straordinaria di psicologi e specialisti della salute mentale nei sistemi sanitari pubblici territoriali, convenzionati; potenziare il servizio di psicologia scolastica e un portale per la prevenzione dell’istigazione al suicidio e all’autolesionismo; stabilità e certezza normativa in materia fiscale per il terzo settore; semplificazione delle procedure per il mantenimento dell’iscrizione al Runts (il Registro unico nazionale del terzo settore, ndr); ridurre il sovraffollamento e migliorare la qualità della vita delle persone detenute; miglioramento della qualità di preparazione del personale penitenziario; nuovo regolamento penitenziario che preveda più possibilità di contatti telefonici e visivi.

“Lotta alla criminalità organizzata e alle ecomafie”: introduzione nel Codice penale dei delitti contro gli animali; inserire i delitti ambientali previsti dal titolo VI-bis del Codice penale e il delitto di incendio boschivo tra quelli per cui non scatta l’improcedibilità; potenziare il personale di Noe (Il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, ndr) e Guardie forestali; potenziare le Agenzie per l’ambiente; Patti di integrità relativi alle procedure di gara finalizzate alla stipula di contratti pubblici.

Buon giovedì.

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Lo smemorato di Arcore all’assalto della giustizia, Teresa Bellanova come Fonzie e Meloni che come fa sbaglia. La sveglia di Giulio Cavalli per La Notizia

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Potrebbe andare peggio, è vero, ma la campagna elettorale ogni giorno sfida anche l’ultimo barlume di ottimismo. Ecco il bestiario elettorale.

Hey!

Enrico Letta fa notare (giustamente) che Matteo Renzi per raschiare un po’ di voti assume toni e modi come un no vax qualsiasi. Parte il battibecco (ne scriviamo sul giornale) e a un certo punto interviene Calenda che accusa i virologi di “protagonismo” (potrebbe anche avere ragione ma ve lo vedete Calenda fare la morale sul protagonismo?).

Mentre gli animi si scaldano nel torbido scontro s’ode una frase rivolta a Letta: «Hey, occhi di tigre, il no vax era Crisanti!». Chi è? La renzianissima Bellanova. Anzi sarebbe meglio dire: qualcuno con l’account di Teresa Bellanova. La stessa che 24 ore prima raccomandava «sobrietà a tutti i colleghi del PD che in queste ore stanno utilizzando parole sprezzanti e offensive». Manca solo Fonzie.

Lo strabismo di Calenda

Che per Carlo Calenda (leader di Azione e baby sitter di Matteo Renzi in questa campagna elettorale) i nemici non stiano a destra diventa ogni giorno più evidente. Ieri però è riuscito anche a bisticciare con Emma Bonino con cui fino a poche ore fa andava d’amore e d’accordo promettendo un futuro radioso.

In un impeto d’ira (che lui scambia per politica) in attesa di scontrarsi nel collegio di Roma centro Calenda accusa Bonino di correre nella lista del PD. «Puoi chiudere il tuo partito +Europa», le dice stentoreo. Peccato che Emma Bonino corra proprio con il suo partito, +Europa. Per fortuna il pallone non l’ha portato Calenda. Altrimenti l’avrebbe preso per tornare a casa e far smettere la partita.

Lo smemorato di Arcore

Silvio Berlusconi, che sembra non essersi ancora ripreso dal torpore e rimane incastrato negli anni ’90, propone ancora una volta un bell’assalto alla Giustizia proponendo che le assoluzioni siano inappellabili.

Per la centesima volta. Così all’ANM tocca perdere tempo, prendere carta e penna e ricordare “che la questione era stata affrontata dal legislatore nel 2006 con la legge Pecorella e la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella legge”. Domani lo aspettiamo per l’annuncio di Gullit al Milan.

A Giorgia conviene non fare niente

Giorgia Meloni in questa campagna elettorale si sente e si vede poco. Del resto, come le dicono anche i suoi, il vantaggio è talmente ampio he si può solo sbagliare. E infatti ieri prova a dire due parole sul Reddito di cittadinanza e ci spiega che «quelle risorse andavano usate per aiutare le imprese ad assumere».

Nessuno le ha mai detto che tra i percettori del Reddito di cittadinanza ci sono persone inabili al lavoro e ci sono persone che già sono “assunte” dalle imprese ma con salari talmente bassi che non gli permettono di uscire dalla povertà. Prima uscita e primo errore. A quelli di Fratelli d’Italia conviene metterla sotto una teca fino al 25 settembre.

Milano caput mundi

Nelle liste di Milano c’è di tutto. Ci sono Berlusconi e Renzi che saranno candidati nello stesso collegio. «Io mi candiderò al Senato in Toscana – dice Renzi – ma anche in Lombardia e nello stesso collegio di Berlusconi. A proposito, mi piacerebbe tanto fare un bel confronto con il presidente Berlusconi…». Così poi possono tornare a casa insieme.

A Milano il centrodestra ha anche il coraggio di candidare Giulio Gallera, il disastroso assessore regionale che ha umiliato la Lombardia di fronte al mondo durante la pandemia. Solo non si vedono i due liocorni.

Briatore doppia mozzarella

Flavio Briatore dichiara: «Nessuna candidatura ma si scelgano ministri e manager bravi». Ecco perché non si candida.

16 – Segue

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La tragedia degli ex renziani del Pd. Sotto accusa il capocorrente Guerini. Base riformista contro il ministro: non ci ha tutelati

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Il primo vero smottamento dopo la presentazione delle liste in casa del Partito democratico è il fuoco dentro Base riformista, la corrente del partito fondata da Luca Lotti e Lorenzo Guerini durante i fasti di Matteo Renzi. Quando Renzi se n’è andato per apparecchiare il suo partito personale Lotti e Guerini hanno continuato a tenere viva la corrente – quella dei “sabotatori, come li chiamiamo noi”, ci dice un deputato, ma l’esclusione di molti elementi dopo il repulisti del segretario Enrico Letta ha agitato non poco le acque.

Nella chat della corrente e nei corridoi a finire sotto tiro è il ministro della Difesa Guerini, accusato di avere pensato solo a se stesso (“e al suo amico Di Maio”) senza riuscire a difendere i suoi compagni di partito. Per il “Forlani del Pd”, come lo chiamava Renzi nei tempi d’oro, ora si tratta di stare in bilico tra Letta che non lo ama particolarmente e i suoi compagni di corrente (decimata) che non vedono l’ora di defenestrarlo. Gli rimane Di Maio. Non è un gran capolavoro politico.

Dietrofront

Sulle candidature dopo i mal di pancia di ieri si registrano diversi dietrofront. Monica Cirinnà dopo essersi lamentata per avere ottenuto una candidatura in un “collegio uninominale dato perdente dai sondaggi, difficile, senza paracadute e senza che io lo sapessi” ci ripensa e annuncia di accettare la sfida. Non disdegna però polemiche al suo segretario: “Letta chiacchiera di occhi di tigre – ha detto -. Li tiro fuori ma lo faccio solo per queste persone. Perché il Pd è l’unico a poter fermare Meloni e Salvini. Ci ho pensato tutta la notte. Combattere come gladiatori è l’unico modo per non sfuggire alle mi responsabilità”.

Scena pressoché identica per Alessia Morani (anche lei in Base riformista) che appena ufficializzate le liste aveva scritto: “A mia insaputa, il mio partito ha deciso di assegnarmi il collegio uninominale di Pesaro e un terzo posto nel proporzionale. Ho comunicato al mio partito che non intendo accettare queste candidature”. Ieri ci si aspettava la formalizzazione della rinuncia e invece Morani ci ripensa.

Parla di “una marea di telefonate e messaggi di persone che mi hanno manifestato un enorme affetto e stima”, si dice “francamente molto colpita da questa mobilitazione” e annuncia: “non posso rimanere indifferente all’appello che mi viene rivolto”. E dichiara: “Tutti mi hanno detto che non posso rimanere in panchina nella partita più importante che dobbiamo giocare per il nostro paese. Sono una che combatte e non si spaventa anche di fronte alle battaglie difficili. Sono, perciò, a disposizione della nostra comunità politica”.

Mal di pancia nel Pd

Dietro a questi ripensamenti repentini, al di là delle “mobilitazioni” che in questa fase sono piuttosto strumentali, ci sarebbe un Letta molto infastidito dal ritenere la campagna elettorale “un premio” più di una sfida. Quando il segretario parlava di “occhi di tigre” si riferiva proprio alla pessima abitudine di ritenere i collegi uninominali buoni solo se sicuri. Della sinistra del Pd si rivede Gianni Cuperlo, non candidato alle scorse elezioni e ora in una posizione difficilmente eleggibile.

Malumori si registrano anche in Articolo 1 che ha ottenuto solo tre posti utili (tra cui il ministro Speranza) e poco altro. “Passa la voglia di pensare a un rientro nel Pd”, dice uno di loro. Mentre tra gli zingarettiani oltre al “caso” Cirinnà si registra l’esclusione di Valeria Fedeli: l’ex ministra dell’Istruzione si dice a disposizione del partito comunque. Il risultato delle lezioni deciderà la forma che assumeranno i malumori.

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Jeffrey Baby e Traffik in manette per una rapina ma non chiamateli artisti. Aggredito un nigeriano: “A morte il nero”. Cantano l’odio, ma alimentano il razzismo

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Vorrebbero essere artisti e invece sono criminali (nemmeno troppo micro) e pure cretini. L’arresto dei due trapper Jordan Jeffrey Baby e Traffik (questi i nomi d’arte di Jordan Tinti e Gianmarco Fagà) è solo l’ultimo episodio della violenza che diventa marchio. Eroi di plastica di un esibizionismo amplificato dai social ma che è reale, tangibile e sta in una sottocultura che in questo Paese sembra non conoscere mai crisi.

Bei curricula

Secondo l’accusa i due hanno rapinato un cittadino nigeriano gridandogli in faccia “vogliamo ammazzarti perché sei nero”, nel sottopassaggio della stazione di Carnate, vicino a Monza. I due hanno rubato alla vittima lo zaino e la bicicletta, hanno poi gettato la refurtiva sui binari e sono aliti sul treno verso Monza, pronti per la loro successiva spacconata da dare in pasto ai follower adoranti.

Poiché la violenza e la stupidità sono spesso in coppia Tinti e Fagà hanno pensato bene di riprendere la scena con il loro telefonino rendendo semplicissimo il compito dei carabinieri di Vimercate che li hanno trovati e accusati del reato di rapina aggravata dall’uso del coltello e dalla discriminazione razziale. No, non è una ragazzata.

Jordan Tinti l’hanno scorso ha ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini per istigazione a delinquere, dopo avere augurato a Vittorio Brumotti di Striscia la Notizia un bagno d’acido. La colpa di Brumotti, secondo Tinti che vorrebbe essere un artista e invece è un banale delinquente, era il suo andare per spacciatori. Non è difficile quindi immaginare da che parte stia.

Tinti non è famoso per le sue (mediocri) canzoni: per avere uno spicchio di visibilità gli è toccato vandalizzare un’auto dei carabinieri di fronte la comando provinciale di Napoli. Un mese dopo questa sua “performance artistica” ha pensato bene di insultare i poliziotti (ovviamente in diretta Instagram) che l’avevano sorpreso in un b&b con dell’hashish in tasca.

Fagà (detto Traffik) invece si è preso una condanna a tre anni e due mesi di carcere per maltrattamenti vero la sua compagna. Dopo avere preso l’auto da Roma per raggiungerla in Piemonte è entrato nella caserma dei carabinieri e anche lui ha pensato bene di farsi una bella diretta social mentre li denigrava. Altra denuncia. Com’è diventato famoso Traffik? Alle solite: gioielli, donne raccontate come carne a disposizione, occhiolini strizzati alle droghe, il culto dei soldi e poi quel “negro” usato in quasi tutte le sue canzoni.

Tra Casapound e Fn

Ma i nostri due sono soprattutto razzisti. Fagà è lo stesso che aveva pestato un bengalese mentre aspettava l’autobus. Loro due sono i componenti di un quadro molto più largo in cui il sessismo, il razzismo e la violenza sono i motori della popolarità. Ci saranno pagine e pagine nelle prossime ore su quanto la musica trap sia colpevole e pochi, pochissimi, che si chiederanno come possa accadere che in Italia, nel 2022, sembrare forte pestando e rapinando un debole possa produrre seguaci e soldi.

Del razzismo, vedrete, non parlerà quasi nessuno. Ci si interrogherà sul fatto che questi due siano lo specchio della società o una cattiva influenza. Invece rendere trendy l’essere razzisti, e associare il razzismo alla forza ha dei mandanti culturali precisi. Traffik è stato accompagnato nei suoi live in giro per l’Italia da personaggi come Yari dall’Ara e Massimiliano Minnocci, detto il “Brasiliano”: il primo ha militato nell’estrema destra prima con CasaPound, poi con Forza Nuova, il secondo sul corpo ha tatuate diverse svastiche e il volto di Hitler e Mussolini. “Da giovane andavo a picchiare i barboni e i negri”, disse in un’intervista a Le Iene.

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Altro che polo della serietà, Renzi che attacca il virologo Crisanti sul Covid sembra il sosia di Salvini

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Povero terzo polo (che poi sarebbe il quarto): il primo giorno in cui Matteo Renzi prova a raggranellare qualche voto finisce come al solito per combinare un pasticcio e la coppia Renzi-Calenda si avvita su una pessima figura che li mette nel cassetto dove finiscono i Salvini.

Renzi contro Crisanti sul Covid

La giornata inizia con il solito Salvini che prova a grattare gli intestini dei no vax attaccando il virologo Crisanti, candidato tra le fila del Pd.

Crisanti non si fa pregare e risponde per le rime, ricordando al leader della Lega che “se fossimo stati nelle sue mani ora ci sarebbero 300mila vittime di Covid al posto di 140mila e oggi saremmo allineati con Putin”.

Renzi si infila nella polemica parlando di “una cultura di lockdown illiberale e inutile”. “Se vince la linea del Pd Crisanti dice Renzi – al primo raffreddore finiamo tutti in quarantena”.

Sembra un Salvini qualsiasi. Così viene facile a Letta bastonarlo spiegando che tra i meriti della candidatura di Crisanti c’è che “ognuno dice cosa pensa veramente della più grande tragedia degli ultimi tempi”. Non ha tutti i torti.

Calenda in imbarazzo ci mette una pezza

Renzi tramortito: prova a soccorrerlo il suo alleato Calenda che ricorda al Pd di avere votato tutti i provvedimenti sanitari.

Uno da fuori lo legge e pensa: che c’entra Perché Calenda che si fregia di “stare sempre nel merito” delle discussioni questa volta svicola è d’accordo o no con l’uscita di Renzi?

Non erano loro “il partito della scienza”? Non male questo “polo della serietà”, sembra Gianluigi Paragone senza barba e con la cravatta

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Teodem, liberisti e altri… Casini: le liste del Pd targate Letta già scoppiano

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Certo non è facile stilare delle liste con una legge elettorale indecente e con un taglio dei parlamentari che spaventa tutti. Enrico Letta però aveva promesso candidature innovative e “apertura alla società civile” e quello che ne è venuto fuori è una mediazione che ha i contorni del pasticcio.

Negli ultimi giorni il segretario del Partito democratico si è sfiancato per spiegare – giustamente – che con il Rosatellum non esistono coalizioni ma esistono solo “alleanze elettorali”: ogni lista ha il suo programma, il suo capo politico e gestisce le proprie candidature.

Il pasticcio delle liste Pd

La cosiddetta “generosità” di Letta però rischia di essere un boomerang per la tenuta del suo partito e indica che no, che non sarà questa la legislatura in cui il Pd riesce contemporaneamente a scrollarsi di dosso il suo passato renziano e liberarsi dell’insopportabile perso del suo apparato.

Sui renziani rimasti nel Pd per sabotarlo e che oggi si lamentano di essere stati esclusi basta un semplice dato: Base Riformista, la corrente nel Pd legata all’ex segretario fiorentino, non ha votato le liste durante la direzione nazionale.

Non è un dato da poco perché lì dentro c’è Luca Lotti (che ora si lamenta dicendo di avere “tenuto insieme il partito” e proditoriamente dimenticando di essersi autosospeso) ma c’è anche l’attuale ministro Lorenzo Guerini che si può tranquillamente accomodare come capolista con il seggio assicurato.

Se è vero che gli ultrà renziani potrebbero scannarsi meno e candidare nella propria lista i “competentissimi” per cui strepitano in queste ore (non sarebbe meglio Ceccanti candidato nella lista di Renzi e Calenda al posto di Gelmini? Sarebbe meglio per tutti, no?), è altresì vero che rivenderci Casini come “difensore della Costituzione” è una truffa: come può credere Letta che attivisti e elettori non osteggino la candidatura dell’ex amico di Cuffaro che entrerà nel Gruppo misto un secondo dopo essere entrato in Parlamento?

Come si racconta ai propri elettori di volere i diritti per le coppie gay candidando TeoDem che sono contrari al programma che sottoscrivono per garantirsi un posto? Qui non si tratta di alleanza, si tratta di posti nella propria lista.

La candidatura di Casini e Lorenzin e l’esclusione di Cirinnà sono, piaccia o meno, un segnale politico. Se a questo ci aggiungete che Cirinnà (come altri) dichiara di non accettare la candidatura in un seggio uninominale – salvo però poi ripensarci – parlando di “territori inidonei ai suoi temi” come se la politica non fosse una battaglia per il voto ma semplicemente un posizionamento di potere allora verrebbe da chiedersi cosa accadrebbe nel caso di una legge elettorale con le preferenze.

Perché, dobbiamo ammetterlo, l’apparato del Partito democratico (che è un maschio avanti con l’età, bianco e borghese) con una legge elettorale decente farebbe fatica a farsi eleggere amministratore di condominio.

Tutto e il contrario di tutto

Questa scena di politici che vorrebbero il seggio sicuro senza dover fare campagna elettorale, semplicemente in nome di una vicinanza a questo o quel segretario, è un ulteriore colpo alla credibilità e l’ennesimo assist all’astensionismo. Fingono di non saperlo ma lo sanno benissimo.

I “diritti e giovani come bandiera” non funzionano se non vengono messi in pratica. Cacciare gli ex renziani per fare liste innovative, spostate a sinistra, con nuove idee e con nuovi talenti e con persone che vengono dai territori sarebbe stato lo scatto necessario.

Il Pd è ancora la riserva degli ex Pci e ex Dc che si fanno la guerra. Il solito peccato originale. E se qualcuno cerca un po’ di coerenza si ritrova le due ex segretarie di Cgil e Cisl (così diverse da loro) compagne di partito. Sicuri che funzioni?

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Il diritto alla felicità

«Questo è un programma diverso da quello degli altri partiti che si presentano alle elezioni del 25 settembre. È l’unico programma pacifista e contro le guerre, per la fratellanza universale, la giustizia sociale, economica ed ambientale, contro corruzioni e mafie. È un programma che considera prioritaria l’attuazione della Costituzione italiana, e non più solo la sua difesa. È un programma che non parla a chi ha grandi ricchezze, potere e privilegi, ma al Paese reale. Un programma che si occupa dei bisogni essenziali di chi lavora ogni giorno (spesso troppe ore per troppi pochi soldi), di chi vorrebbe lavorare ma il lavoro non l’ha più, di chi è preoccupato per i prezzi delle bollette che aumentano. È un programma scritto per chi aspetta troppo tempo per essere curato, intrappolato nelle code infinite della nostra sanità maltrattata. Per chi dopo quest’estate rovente è seriamente preoccupato per la salute del pianeta e per il futuro dei propri figli. Per chi è contrario alla guerra, e vuole un impegno serio per una soluzione diplomatica. Per chi pensa che le enormi disuguaglianze sociali del mondo di oggi siano tanto ingiuste quanto inefficienti per l’economia. Per chi è rimasto senza lavoro a causa della chiusura o delocalizzazione di un’impresa. Questo programma è per la maggioranza sociale del nostro paese, per costruire insieme l’Italia di cui abbiamo urgentemente bisogno e ricominciare a guardare con fiducia al futuro. È stato scritto dalla società civile insieme al contributo di tanti esperti, e si compone di 120 proposte organizzate in 12 capitoli:

1. Ricompensare e rispettare il lavoro

2. Lottare per la sicurezza economica e contro la povertà

3. Perseguire la pace e la democrazia in Europa e nel mondo

4. Migliorare la sanità e la pubblica amministrazione

5. Ridare dignità all’istruzione e investire nella ricerca e nella cultura

6. Fermare l’autonomia differenziata e salvaguardare i beni comuni e i servizi locali

7. Trasformare il sistema energetico e dei trasporti per attuare una vera riconversione ecologica

8. Proteggere l’ambiente e sostenere l’agricoltura

9. Ricostruire la nostra industria favorendo un nuovo modello di sviluppo

10. Tassare di meno chi ha poco e di più chi ha tantissimo

11. Combattere contro le mafie e garantire una giustizia equa

12. Far crescere i diritti e le libertà Sono proposte ambiziose, ma necessarie per affrontare i problemi di lungo corso del nostro paese e le nuove emergenze degli ultimi anni. È un programma visionario ed allo stesso tempo concreto, che considera prioritario il diritto alla felicità».

Sono le righe iniziali del programma di Unione popolare (lo trovate qui) l’altro polo di cui pochi parlano perché torna comodo a molti raccontarlo come l’ennesimo “partitino” che corre senza troppe possibilità alle elezioni, mentre altri partiti inesistenti (il partito di Tabacci, ad esempio, scommetto che nessuno sa come si chiami) vengono trattati con i guanti di velluto perché portano acqua ai fratelli maggiori.

Tra le cose che mi hanno colpito – io lavoro con le parole – è il “diritto alla felicità” che sovverte quel “dovere della fatica” che certi presunti liberali nostrani – che sono solo liberisti – usano come mantra per dirci che “non c’è alternativa”, ispirandosi a Margaret Thatcher che solo da noi può essere usata come modello di futuro senza provare un po’ di vergogna.

Non è il diritto alla felicità il punto di programma di ogni partito che voglia essere di sinistra Un dignità felice che garantisca a chiunque la realizzazione – attraverso ciò che fa e ciò che può fare – è quel professionismo pensato dai padri costituenti: professare i propri valori nel proprio mestiere e ricevere un salario adeguato alla persona, oltre che al reddito.

Poiché questa campagna elettorale fatica a decollare sui programmi, inchiodata com’è sulle maschere politiche, cominciare a parlare di programmi porta una ventata di democrazia sana, di confronto utile, di campagna elettorale da Paese che tiene a sé stesso. Comunque la si pensi.

Buon mercoledì.

 

* In foto, la presentazione del simbolo di Unione popolare davanti a Montecitorio, alla presenza dei dirigenti di Rifondazione comuniste, Potere al popolo e Dema e delle parlamentari di Manifesta. Immagine tratta dalla pagina Facebook di Unione popolare

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Renziani a sua insaputa. Berlusconi è rimasto ai tempi di Mangano. Il solito bestiario elettorale. La sveglia di Giulio Cavalli per La Notizia

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Si rientra dal Ferragosto lanciati, gambe in spalla per un campagna elettorale che non smette di regalare mostruosità. Eccoci al nostro quotidiano bestiario elettorale.

Bassetti s’offre, si offende e s’offre di nuovo

Vi ricordate che il virologo che voleva essere una rockstar Matteo Bassetti proprio ieri si era lamentato dei giornalisti che avrebbero inventato un suo ingresso in politica che lui stesso evocava Beh, ieri si è superato. Intervistato da Adnkronos Salute Bassetti ha dichiarato: «sono contento di fare il medico e il professore universitario. Non mi candido» e quando gli hanno chiesto dell’ipotesi di fare il ministro della Salute ha risposto «vedremo cosà succederà dopo il 25 settembre, chi sarà il premier». Ecco il problema: Bassetti non vuole fare la campagna elettorale, altrimenti si sgualcisce il camice.

Lotti di renzismo

Luca Lotti, uno di quelli che aveva l’enorme qualità politica di essere amico del capo ai tempi di Renzi, se la prende con il PD per la sua mancata candidatura facendoci sapere di avere sempre tenuto «unito e compatto» il «suo» partito e di avere saputo della sua esclusione dal «suo» segretario. Ma scusate? Ma Lotti non si era autosospeso dal partito? Possibile che renziani e ex non riescano ricordarsi una bugia per più di qualche ora Conclude dicendo: «il Pd è casa mia. Lo sarà anche in futuro». Sembra una minaccia.

Qualcuno svegli Berlusconi

Silvio Berlusconi rilascia un’intervista a politico.eu e dichiara: «Il rischio di astensionismo è molto alto. Questa è una delle ragioni – non la più importante, naturalmente – per le quali avremmo preferito che il governo Draghi potesse continuare fino alla fine naturale della legislatura, e si andasse a votare nella primavera del 2023. Non è stato possibile, per il comportamento irresponsabile dei Cinque Stelle e per le manovre ambigue del Partito democratico». Per Berlusconi PD e M5S hanno fatto cadere Draghi, mica Forza Italia e la Lega che non hanno votato la fiducia. Qualcuno lo svegli, per favore, fatelo tornare nel 2022. Altrimenti fra poco lo ritroveranno mentre cerco Vittorio Mangano nelle sue stalle.

Tengo famiglia

Ci si è indignati per la candidatura alle parlamentarie del Movimento 5 Stelle (e in effetti non è un bello spettacolo) del compagno di Dadone, del fratello di Sorial, quelli di Buffagni e di Trenta. A onor del vero dovranno sottoporsi ai voti degli iscritti. Ci si è lamentati per la probabile candidatura di Elisabetta Piccolotti, compagna di Nicola Fratoianni, dimenticandosi che è stata tra i fondatori di Sinistra Italiana. S’odono pochi lamenti per la candidatura blindata (e quindi elezioni) del figlio del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, messo in posizione sicura all’interno di una lista bloccata. Stavolta niente lanciafiamme, vero?

Giornalisti giornalisti

Sul fronte Lega tra le candidature spuntano i nomi di Maria Giovanna Maglie, Hoara Borselli, Annalisa Chirico. Non l’avremmo mai detto. Sono candidature di una certa levatura. Esperienza politica Twitter. Le parlamentarie nel partito di Salvini funzionano con i cuoricini sotto i post.

I terzi populisti

Uno scambio meraviglioso catturato su Twitter di due elettori di Renzi-Calenda, il polo della serietà. Il primo scrive: «La superiorità del programma del #TerzoPolo rispetto a quello della destra/sinistra populista è imbarazzante». Gli risponde Simonella: «Dove si può leggere? Mi risulta che lo presentino giovedì». E lui: «Hanno fatto uscire un po’ di schede. lo ho letto pnrr e nucleare». Stanno parlando di una presentazione PowerPoint stile tesina alle scuole medie. Sono dei fenomeni, davvero.

 

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Pd, liste e terzopopulisti: trambusto di Ferragosto

Il Partito democratico approva le sue liste. Bastano pochi minuti, una rapida osservazione, per capire innanzitutto che oltre a questa pessima legge elettorale (di cui tutti si lamentano e che quasi tutti hanno votato) anche la riduzione dei parlamentari è stata un duro colpo. Ricordate quando dicevano che la riduzione del numero dei parlamentari avrebbe garantito «un innalzamento della qualità degli eletti»? Ai tempi da queste parti ci siamo permessi di scrivere che si trattasse di un’idea senza nessun fondamento. Era facile prevedere che meno parlamentari eletti significasse premiare ancora di più la fedeltà al proprio capo di partito rispetto alla qualità. È andata così.

Gli stessi parlamentari che hanno tentato di rivenderci come digeribile il Rosatellum e che hanno esultato per il taglio del Parlamento oggi sono in radio e in televisione per spiegarci quanto sia difficile. Per un risparmio ridicolo (e per appoggiare un populismo bipartisan) hanno spinto una riforma di cui oggi si lamentano. Ma fate davvero?

Ieri il Partito democratico ha varato le sue liste e il cosiddetto terzo polo (che poi sarà il quarto nella migliore delle ipotesi) ha sfidato il senso del ridicolo passando tutto il giorno a contestare le scelte di Letta, ovviamente aiutato dalla propaganda social della bestiolina di Renzi & co. (solo apparentemente più urbana di quella di Salvini) che ha passato tutto il giorno a buttare merda nel ventilatore (eh sì, il “polo della serietà”). I terzopopulisti hanno una strategia elettorale invidiabile: vogliono prendere voti di mostrando che sarebbero bravissimi a dirigere un partito che però non è il loro. E così hanno passato tutto il giorno (e ci aggiungeranno anche la giornata odierna) a spendere lacrime e indignazione per i loro ex amici che non hanno trovato posto in lista. La reazione più facile sarebbe dirgli “cari Renzi e Calenda candidateli voi, no?” ma poi gli toccherebbe fare i conti con le proporzioni, ci si accorgerebbe che stiamo trattando una pozzanghera centrista come se fosse un partito vero e crollerebbe tutta la narrazione.

Ma cosa ha scatenato l’isteria nel Pd? Semplice: la corrente dei renziani indefessi che non si fidano di Renzi e quindi non l’hanno seguito in Italia viva è stata sensibilmente ridimensionata da Enrico Letta. I cosiddetti “riformisti del Pd” in realtà sono gli appartenenti alla corrente “Base riformista” che Luca Lotti e Lorenzo Guerini hanno eretto come monumento equestre in onore del loro capo Matteo quando il Partito democratico aveva una classe dirigente che proveniva da un raggio di 10 chilometri e una manciata di oratori. Ora Lotti sembra che sia stato fatto fuori (ma il Paese, il Parlamento e il Pd hanno davvero bisogno di Luca Lotti? Per quale recondito motivo?) e Lorenzo Guerini ha perso il suo abituale aplomb per aprire finalmente bocca – lui che aveva perso la parola per rispondere alle critiche sul vergognoso innalzamento delle spese militari – per difendere il suo compagno di catechismo.

Poi ci sono le liste e qui si potrebbe aprire un capitolo a parte: la ricandidatura di Pier Ferdinando Casini può bastare da sola per smontare la retorica del rinnovamento – fa il paio con quella di Fassino – e i “nomi forti” che dovrebbero essere Crisanti e Cottarelli lasciano più di qualche dubbio. Abbiamo (giustamente) passato giorni a criticare la sovraesposizione dei virologi attratti dal miele della politica in riferimento a Bassetti e intanto Crisanti aveva già firmato le carte.

La campagna è ancora lunga. Buon lunedì.

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Siamo alle solite, tornano i Casini nel Partito democratico

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Passato bene il Ferragosto? Preparatevi a non digerire il pranzo. Arriva il bestiario elettorale.

Siamo alle solite, tornano i Casini nel Partito democratico

L’agenda Totti

Abbiamo finalmente trovato l’argomento che unisce il terzo polo, il secondo polo, il primo polo e anche i poli extraparlamentari: il calcio. Avremmo dovuto immaginarlo. Così con una guerra in corso, con una recessione alle porte, con un povertà che è stata sconfitta solo per chi si è assicurato un’altra legislatura i partiti hanno pensato bene, di domenica, di promettere a tutti gli italiani di poter vedere tranquillamente le partite della Serie A. Interrogazioni, dichiarazioni, indignazioni. Ora sì che il futuro fa meno paura.

I ritirati della politica

Quando scrivo questo articolo non si sa ancora come andrà a finire ma per ora sembra che il PD voglia far eleggere Pierferdinando Casini togliendo il posto alla giovane deputata Giuditta Pini. Casini, quello che giurava con tutte e due la mani sul fuoco che il suo amico Totò Muffare sarebbe stato innocente. Casini, quello che aveva promesso di ritirarsi dalla politica se Cuffaro fosse stato condannato. Cuffaro era colpevole ed è stato condannato, Casini è ricandidato e Cuffaro è perfino tornato in politica. Cosa potrebbe andare più storto di così?

Date a Calenda i suoi 15 minuti di celebrità

Dice Calenda: «Almeno un confronto tra i leader delle quattro coalizioni è necessario. Aiuterebbe gli italiani a valutarne la consistenza e la preparazione». Scrivendolo pubblica un’immagine con la foto di Letta, di Meloni, di Conte e ovviamente la sua. Dimentica che ci sarebbero altri candidati ma Calenda ha deciso che con la sua risicata percentuale merita di giocare con i “grandi”. Ha già comprato la cravatta nuova. Sono tre giorni che non finisce in televisione come argomento del giorno ed è preso da una terribile malinconia. Qualcuno gli dia una trasmissione televisiva, almeno una conduzione alla sagra della porchetta di Ariccia.

Come s’offre (ancora) Bassetti

“Dopo le illazioni, le falsità e gli attacchi personali, ricevuti negli ultimi giorni su un mio futuro politico, desidero chiarire che non ho mai richiesto o espresso volontà a nessuno di essere candidato alle prossime elezioni politiche per alcun partito”, scrive il virologo Matteo Bassetti. Ce l’ha con chi ha scritto e parlato della sua candidatura. E chi ha parlato di una sua candidatura Lui, proponendosi perfino come ministro. Quindi sostanzialmente Bassetti ha passato tutto il Ferragosto a girare su sé stesso per provare a prendersi la coda.

Di Maio in peggio

«Il ruolo del Quirinale è sempre fondamentale, al di là delle leggi elettorali e delle maggioranze, perché è il garante della Costituzione. Mi è dispiaciuto che in questi giorni c’è stato chi ha chiesto le dimissioni di Mattarella». A dirlo, intervistato da Radio Montecarlo, è Luigi Di Maio. Lo stesso Di Maio che Mattarella avrebbe voluto quasi arrestarlo durante un comizio pochi anni fa. Luigi, va bene voler sembrare un moderato ma a forza di moderarti rischi di invertirti. Come molti moderati, del resto.

L’antifascismo omeopatico di Renzi

Dice Renzi: «Non credo che Meloni sia un pericolo per la nostra storia repubblicana, penso sia un pericolo per il portafoglio mio e dei miei figli.». Il fascismo e l’antifascismo per Matteo, si sa, sono solo un’etichetta. Il vero pericolo è il portafoglio. Si è costituito.

 

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