Pure Pd e destre non ne possono più del governo Draghi
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La sintesi migliore, seppur cattiva, l’ha fatta Alessandro Di Battista: “E anche oggi il Movimento 5 Stelle esce domani – scrive sul suo account Facebook -. Esprime a Draghi il proprio disagio, come se uno dei peggiori presidenti del Consiglio della storia fosse un prete nel confessionale.
Il governo Draghi, checché ne dicano alcuni commentatori interessati, è sbriciolato da tempo
Chissà, magari il Movimento uscirà dal governo dopo l’estate, quando i parlamentari avranno maturato la pensione. Magari uscirà dopo la finanziaria, momento d’oro per chi è alla ricerca di denari da trasformare in markette elettorali. O forse non uscirà mai”. In realtà Giuseppe Conte chiarisce di “non aver dato rassicurazioni a Mario Draghi sulla permanenza nel governo” e lega il futuro dell’esecutivo dei migliori alle risposte che arriveranno dal presidente del Consiglio.
Di risposte non ne arriveranno o se arriverà qualcosa saranno mezze promesse impossibili da mantenere. Il governo Draghi, checché ne dicano alcuni commentatori interessati, è sbriciolato da tempo, resta in piedi un po’ per l’atavica paura della classe politica di fronte alla possibilità del voto, un po’ per la ciurma trasversale dei parlamentari terrorizzati dal doversi trovare un lavoro e un po’ perché la retorica dell’emergenza – anche se siamo in emergenza praticamente da tre anni – attecchisce ancora tra qualche leader di partito.
Il governo Draghi però non traballa “per l’irresponsabilità del M5S” come scrive qualcuno. Il M5S ha messo sul tavolo temi che ritiene identitari – come il reddito di cittadinanza, il salario minimo, la transizione ecologica, il superbonus 110% – ma soprattutto ha fatto presente (e questo lo sanno tutti) che un governo che si rivende come “apolitico” o “tecnico” logora i partiti e rinforza i portatori di interessi.
Dall’altra parte anche la Lega punta su “aumento di stipendio e pensioni, lavoro e taglio delle tasse” rilanciando anche “l’autonomia e la lotta all’immigrazione clandestina”. La linea della responsabilità in casa leghista si attenua giorno dopo giorno. Per ora Salvini punta il dito contro la “sinistra” ma è solo il trucco per avere a disposizione “provocazioni” da sventolare in caso di rottura con il governo.
La base del Carroccio è in subbuglio, le recenti sconfitte alle elezioni amministrative e sui referendum stanno mettendo all’angolo Salvini che infatti ha offerto un patto di cogestione del partito fino alle prossime elezioni ai “governisti” Zaia e Giorgetti con cui litigava fino a pochi giorni fa. Nel vertice milanese del partito è emerso come tema di dibattito lo scetticismo “di gran parte del partito” nei confronti del governo Draghi.
Il capogruppo della Lega in Senato Massimiliano Romeo continua a ripetere di “avere messo in conto qualche sacrificio in termini di consenso elettorale decidendo di sostenere il governo Draghi” ma che ora serve una svolta nei rapporti con il governo ben superiore a quella che traspare dalle dichiarazioni ufficiali.
Nel frattempo Enrico Letta – almeno a parole – conferma di “non voler arretrare di un millimetro sullo Ius Scholae” e di non essere disposto “a subire ricatti”. Il vice segretario del Pd Peppe Provenzano rilancia la battaglia sui “salari, diritti, lotta alla precarietà” e “un’agenda sociale per rispondere ala rabbia”.
La tragedia della Marmolada nelle ultime ore ha evidenziato anche la distanza tra le diverse forze politiche su come si intende attuare la transizione ecologica con l’asse Renzi-Salvini-Calenda che – sempre a proposito della “responsabilità” che tanto decantano – sta spingendo sul ritorno del nucleare. L’aspetto più curioso è che tutti questi governano insieme.
L’ipocrisia del governo Draghi. Si impallinano tutti i giorni ma siedono allo stesso tavolo
O almeno dovrebbero. Si impallinano tutti i giorni e siedono allo stesso tavolo del Consiglio dei ministri. Questa è la vera ipocrisia del governo dei migliori: starci fingendo di non esserci, come nella peggiore tradizione politica italiana. E forse il governo è già finito e semplicemente manca un matto che dica che il re è nudo.
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