Un ‘sì’ amaro per la Moldavia: il referendum per l’adesione all’Ue apre una nuova guerra fredda con Mosca
Il referendum per l’adesione all’Unione Europea in Moldavia non scioglie incertezza e tensione politica che lasciano il Paese in bilico tra l’Europa e la Russia. Nonostante la vittoria del “sì” con un 50,3% contro un 49,7%, lo scarto minimo di soli 9.000 voti alimenta le accuse di frodi e interferenze straniere che la presidente Maia Sandu non ha esitato a denunciare con forza. Il risultato appare ancor più fragile se si considera che è stato il voto della diaspora a salvare l’aspirazione europea della Moldavia: ben l’88% dei votanti all’estero ha infatti sostenuto l’integrazione nell’UE.
Un trionfo fragile: il voto della diaspora salva l’aspirazione europea
Maia Sandu, in carica dal 2020 e figura emblematica del movimento europeista moldavo, si trova ora in una posizione critica. Non solo è riuscita a superare il primo turno delle elezioni presidenziali con il 42% dei voti, ma dovrà affrontare un secondo turno contro Alexandr Stoianoglo, il candidato filorusso sostenuto dai socialisti, che ha ottenuto il 26%. L’ex procuratore, abile nel catalizzare il malcontento popolare, potrebbe avere il sostegno degli altri candidati, ben otto dei quali sono schierati su posizioni filorusse.
Il clima è divenuto rovente la notte del voto con Sandu che ha denunciato l’interferenza di “forze straniere” e “gruppi criminali”, accusando la Russia di aver orchestrato una massiccia operazione di manipolazione elettorale per ostacolare l’integrazione europea del Paese. Secondo Sandu, sarebbero stati acquistati ben 300.000 voti con decine di milioni di euro per favorire il “no” al referendum. Un’accusa che, se confermata, getterebbe un’ombra sinistra su un processo elettorale già di per sé contestato. Non è la prima volta che Sandu si scaglia contro le ingerenze russe: la presidente ha puntato con decisione verso Bruxelles, rompendo con Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina. Tuttavia, questo referendum, pensato per legittimare il suo percorso europeista, si è trasformato in un banco di prova politicamente insidioso.
La vittoria, se così può essere definita, si rivela infatti un trionfo amaro per Sandu e per il suo progetto politico. Nonostante il risultato finale sia stato favorevole all’UE, il margine ridottissimo e il successo dei partiti filorussi nelle elezioni presidenziali mettono in luce una nazione profondamente divisa. La Moldavia, con una storia di alleanze oscillanti tra Est e Ovest, continua a trovarsi in una posizione scomoda, costantemente influenzata dalle pressioni esterne di Mosca e dalle ambizioni europee.
Il peso delle interferenze russe: accuse di frode e manipolazione elettorale
I prossimi giorni saranno decisivi per capire quale direzione prenderà il Paese. Se da un lato il “sì” ha prevalso al referendum, dall’altro l’instabilità politica potrebbe portare a nuove contestazioni e complicazioni. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha già chiesto che Sandu presenti prove concrete delle sue accuse, definendo le dichiarazioni della presidente “estremamente gravi”. La richiesta del Cremlino non sorprende, dato il delicato equilibrio geopolitico che la Moldavia rappresenta per la Russia: un ulteriore spostamento verso l’Europa significherebbe per Mosca la perdita di un’altra ex repubblica sovietica, dopo l’Ucraina, in un contesto in cui la sfera d’influenza russa si sta progressivamente riducendo.
Per ora la nazione resta sospesa, con una metà del Paese che guarda a Bruxelles come baluardo di democrazia e libertà, e l’altra che teme le conseguenze economiche e sociali di un distacco definitivo dalla Russia. Le elezioni del 3 novembre, che vedranno fronteggiarsi Sandu e Stoianoglo, saranno decisive per il futuro del Paese: un secondo turno dal risultato incerto, in cui il timore di nuove frodi e interferenze non farà che acuire le tensioni.
In questo scenario, l’esito del referendum e delle presidenziali in Moldavia non riguarda solo il destino di un piccolo Paese dell’Europa orientale ma si inserisce in una partita molto più ampia, che vede l’Unione Europea e la Russia contendersi l’influenza su una regione strategica e delicata.
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