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Il sindaco torna a casa

Mimmo Lucano è stato eletto sindaco di Riace. Sì, sì, Mimmo Lucano è anche un nuovo europarlamentare nelle liste di Alleanze verdi sinistra, 190 mila preferenze sparse per l’Italia che sono una sberla in faccia all’Italia che abbraccia gli autocrati per appaltare le esecuzioni nel Mediterraneo e su terraferma. Ma Mimmo Lucano è tornato sindaco nella sua Riace, quella terra martoriata da sei anni in cui l’ex sindaco era il cadavere da esporre per distruggere un’idea di accoglienza che smutandava l’Europa e i carnefici di destra e di sinistra che si sono avvicendati al Viminale. 

Mimmo Lucano ha sconfitto le calunnie che non gli hanno scalfito lo spirito, Riace ha battuto il refrain assassino che la raccontava come borgo a disposizione dei traffici del suo sindaco. L’ex sindaco Tonino Tripoli, ex salviniano che ha abbandonato la nave per rifugiarsi in Forza Italia, è stato superato di 83 voti. 83 voti che vengono dopo i processi strampalati smontati pezzo per pezzo. 83 voti che vengono dopo un conato di giornalisti che banchettavano sui cadaveri. 83 voti che hanno dovuto superare un’Unione europea mortifera e indifferente. 

Riace ha votato Mimmo Lucano perché quel modello di stare insieme non è il prodotto della vanità di un sindaco ma è un benefico modello di comunità. «La mia Europa si chiama Riace», ha detto Mimmo mentre commosso leggeva i numeri del trionfo. Portare Riace in Europa è l’obiettivo politico. La marea nera non si ferma solo con la denuncia, l’Europa torva si supera con un modello contrario che preferisca il calcolo umano al calcolo politico. Hanno provato a demolirlo, non ci sono riusciti. Ben tornato a casa sindaco.  

Buon martedì. 

Nella foto: Mimmo Lucano, frame del video

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Schlein rilancia l’alternativa al centrodestra con M5S e Avs

La segretaria del Partito democratico Elly Schlein nella sala del Nazareno affollata di dirigenti e neo eletti Pd in Europa, la mette così: “Il messaggio è chiaro: Giorgia, stiamo arrivando”. La segretaria del Pd riferisce che con Meloni c’è stata una telefonata: “Ci siamo sentite, come normale che sia, per farci i complimenti per i reciproci risultati positivi”. I dem sono il partito che cresce di più in termini di voti, insieme ad Alleanza Verdi e Sinistra, soprattutto al Sud dove il Pd trainato anche dal record di preferenze di Antonio Decaro (quasi 500mila). La battaglia sul salario minimo, sulla sanità, contro l’autonomia differenziata hanno pagato in termini di consenso. E permesso di accorciare le distanze con Fdi. “Il Pd è il partito che è cresciuto di più dalle politiche, 10 punti dai sondaggi dall’inizio dello scorso anno, 2 in più dalle europee del 2019, 7 punti in più al sud rispetto alle europee. La distanza da Fdi si è assottigliata; da 2 milioni a un milione di voti”, spiega Schlein. E la somma dei partiti all’opposizione supera quella della maggioranza di centrodestra. Ora la sfida per la segretaria è la costruzione di un’alternativa. Il divario di voti con il M5s per i dem hanno chiarito i rapporti di forza. “Il Pd è il perno indiscusso per la costruzione dell’alternativa. Ora speriamo che passate le europee, con il risultato netto” che si è determinato con il Pd “di distacco primo partito del centrosinistra” si possa costruire l’alternativa, “noi – sottolinea Schlein – continueremo a lavorarci testardamente in modo unitario”. Schlein ci tiene a sottolineare che il Pd “non si considera autosufficiente” ma avverte che Giuseppe Conte che “perseverare nella strada della divisione o della competizione con il Pd, non credo porti a un risultato diverso rispetto a quello di ieri”. 

Schlein: ‘Il Pd è il perno indiscusso per l’alternativa

Il Movimento 5 Stelle fa i conti con un “risultato deludente”, come ha sottolineato l’ex premier nelle dichiarazioni a spoglio in corso. Un risultato, ha aggiunto Conte, che merita una riflessione profonda. A cosa porterà’ questa riflessione e’ il quesito che ci si pone tra i dem. Il timore è che l’alleato decida di scartare di lato, alla ricerca di uno spirito anti-sistema e anti Pd simile a quello delle origini. La speranza è che Conte si convinca del fatto che “perde chi non è unitario”, come dice la segretaria Pd: “Chi ha avuto l’atteggiamento più unitario è stato premiato, e non parlo solo del Pd”, spiega Schlein riferendosi evidentemente agli alleati di Alleanza Verdi e Sinistra: “Mi viene da dire che le divisioni non pagano. Non pagano quelle dei progressisti e non pagano quelle tra chi si è presentato insieme per governare”, e qui la stoccata è a Matteo Salvini. È anche per capire quale direzione prenderà il M5s, e quindi il cantiere dell’alternativa, che Schlein chiamerà nelle prossime ore Conte. 

Conte promette “una riflessione profonda”

Da Alleanza verdi sinistra Angelo Bonelli manda un messaggio chiaro rispetto alla creazione di un’alternativa al centrodestra: “Noi intendiamo assumere questa iniziativa nei confronti di Schlein e Conte, gli errori commessi alle politiche li abbiamo pagati cari. Renzi e Calenda Per noi è fondamentale un programma che federi”, dice a Rai Radio1. Fratoianni e Bonelli da mesi lavorano per consolidare il dialogo con il M5s a discapito di Renzi e Calenda. L’ottimo risultato di Avs fortifica una campo largo che si fermi un centimetro prima di Renzi e Calenda. È lo stesso confine che ha in testa Conte. La deputata dem Debora Serracchiani avverte: “dobbiamo parlare senza alcuna sudditanza né sensi di superiorità, con la capacità politica di essere punto di mediazione”. 

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La sfida tra lei e gli altri non ha portato bene

Nella Lega la chiamano la zarina, anche se oggi sembra piuttosto spenta. Susanna Ceccardi è colei che nel 2014, ospite di Michele Santoro, disse: “Chi mi accusa di tenere più alla vita di un chihuahua che alla vita di un immigrato, non capisce che i chihuahua non sbarcano a migliaia sulle nostre coste”. Da sindaca di Cascina (Pisa) disse: “Non ho messo la foto di Sergio Mattarella nel mio ufficio, è un retaggio dell’ancien régime” e si rifiutò di celebrare un unione civile gay perché, “il registrucolo degli amanti omosessuali è un’invasione di campo che ha ragioni di progettualità ideologica in vista del mutamento del concetto di famiglia”.

Nel 2017 disse “menomale” che i medici calabresi guadagnano meno di quelli dell’Emilia Romagna. Qualche mese fa ha confuso Aldo Moro con Berlinguer e con De Gasperi. Due anni fa ha confuso l’articolo 1 con l’articolo 3 della Costituzione. Per queste elezioni europee Ceccardi ha giocato la sua campagna con lo slogan “o me” e “o lui/lei”, nel goffo tentativo di polarizzare il suo elettorato (come se ce ne fosse bisogno). L’ha fatto con Mimmo Lucano, l’ha fatto con Lucia Annunziata, l’ha fatto Ilaria Salis, l’ha fatto con Elly Schlein.

Lucano, Annunziata e Salis sono stati comodamente eletti a Strasburgo, facendo incetta di voti. Elly Schlein ha incassato un clamoroso risultato da segretaria del Partito democratico. Si potrebbe tranquillamente dire che gli elettori tra Ceccardi e gli altri hanno sempre scelto gli altri. Lei è rimasta in silenzio per ore perdendo la grinta della campagna elettorale, appesa alla ripartizione dei seggi che la Lega potrebbe racimolare in giro e alle scelte del generale Vannacci. È il rischio di fare i bulli: quando si perde, si perde sempre fragorosamente.

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Meloni supera il referendum. A FdI più voti delle ultime politiche

Giorgia Meloni aveva deciso di usare le elezioni europee come referendum se sé stessa e sul governo (anche se per lei le due cose coincidono) e alla fine ha avuto ragione. Fratelli d’Italia cresce rispetto alle ultime elezioni politiche che già l’avevano portata a Palazzo Chigi. “Fratelli d’Italia si conferma primo partito italiano, superando il risultato delle scorse elezioni politiche”, scrive sui suoi social Meloni postando una foto in cui fa con la mano il segno della vittoria. In conferenza stampa dice di accogliere i risultati delle europee con ancora più gioia rispetto alle ultime politiche promette ancora più determinazione. Giovanni Donzelli, parlando al comitato di Fdi al Parco dei Principi, dice che a vincere è stata l’Italia: “Il dato da notare è che mentre in tutta Europa i governi hanno risentito della crisi internazionale e delle difficoltà economiche” il governo italiano “esce forte da queste elezioni”, osserva il responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia. 

Pd

È una vittoria dentro e fuori dal suo partito anche quello della segretaria del Partito democratico Elly Schlein. Il risultato delle europee sbroglia diverse matasse. L’avvicinamento dei dem nei confronti di Fratelli d’Italia rende il Pd di Schlein l’asse portante della costruzione di una possibile alternativa a questo governo, spegnendo le ambizioni e la competizione di Conte e del M5s e rimettendo nell’angolo le pretese dei pezzi del cosiddetto Terzo polo. Il risultato del Partito democratico, ancora di più alla luce dei numeri di Renzi e di Calenda, serve a Schlein anche per ridimensionare l’opposizione interna che dall’inizio della sua reggenza spingevano per spostarsi al centro mollando il M5s. Le candidature volute dalla segretaria (Cecilia Strada in primis) hanno funzionato tenendo insieme il partito. La difficile gestione delle diverse sensibilità ha permesso l’affermazione elettorale anche di candidati non vicinissimi a Schlein, restituendo l’immagine di un partito in fin dei conti unito. Spostare l’asse del partito a sinistra ha attratto voti. “Sentiamo la responsabilità di costruire l’alternativa”, dice la segretaria tenendosi a fianco sorridente il neo europarlamentare Bonaccini. 

Forza Italia

Antonio Tajani ce l’ha fatta. Nel quartier generale di Forza Italia si diceva fino a ieri che anche uno 0,1% in più rispetto alla Lega sarebbe stato un grande risultato. “Ci davano per morti e invece siamo vivi e vegeti”, dice il coordinatore di Forza Italia. Avrebbe colpito in particolare, raccontano fonti azzurre all’Adnkronos, oltre al risultato della Lega, quello degli Stati Uniti d’Europa con Iv di Matteo Renzi che rischia di restare fuori dalla corsa mancando lo sbarramento del 4 per cento. Si aprirebbe così, avrebbero commentato nel corso della riunione con il segretario nazionale, un grande spazio politico che Fi potrebbe riempire.

Alleanza Verdi-Sinistra

Candidature indovinate, posizioni nette e copertura (riuscita) del fronte pacifista. Alleanza Verdi-Sinistra sfiora il 7% e colleziona un risultato sorprendente per tutti. “Ne abbiamo sentite molte. Ci hanno accusato di usare candidature a fini strumentali. Abbiamo fatto bene ad agire. Ilaria Salis da stasera è un europarlamentare”, ha detto il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni nel comitato elettorale di Avs a Roma. Ma il risultato è molto di più dell’italiana in arresto nell’Ungheria di Orbàn. “Questa sera diciamo ai leader delle altre forze di opposizione: ora e’ il momento di costruire una convergenza, a cominciare dal premierato e dall’autonomia differenziata, ci vuole responsabilità e coraggio”, dice Fratoianni. E sullo sfondo anche Schlein sorride. 

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Salvini rischia la leadership, arretrano i 5 Stelle

Matteo Salvini avrà poco da festeggiare con il generale Roberto Vannacci. Nonostante la trovata del suo candidato di punta la sua Lega sta ben sotto le aspettative e le promesse del ministro ai Trasporti e vice presidente del Consiglio. E da oggi comincia ufficialmente la marcia per la sua sostituzione alla guida del partito. Il “Capitano”, sempre pronto a sfruttare i microfoni, ha perso la parola. Umberto Bossi, definito “traditore” da Vannacci e accusato da Salvini, è la fotografia di un partito che non vede l’ora di tornare alle origini. O meglio, di superare in fretta l’era Salvini.

Non solo Salvini, flop anche del Movimento 5 stelle

Giuseppe Conte promette che nei prossimi giorni il Movimento 5 Stelle si riunirà per l’analisi della sconfitta, esercizio tipico dei partiti-partiti. “Potevamo sicuramente fare meglio, faremo una riflessione interna per cercare di approfondire le ragioni di questo risultato che non era quello che ci aspettavamo”, ha detto Conte, promettendo che il dialogo “con le forze progressiste non dipende da un appuntamento elettorale” e sarà “sempre più intenso man mano che dovremmo assumerci la responsabilità di offrire un’alternativa rispetto alle forze di governo”.

Terzo Polo

Matteo Renzi aveva promesso che sarebbe volato a Bruxelles e aveva giurato di sentire un’aria positiva. Ma si è sbagliato di nuovo. Italia Viva non supera la soglia di sbarramento, come annunciato dallo stesso Renzi, nonostante il matrimonio con +Europa e il fu Terzo polo si conferma politicamente ininfluente nonostante lo sproporzionato spazio che occupa sui media. Anche i suoi fedelissimi, sempre molto abbondanti nelle dichiarazioni, non si sono né visti né sentiti.

Unica consolazione l’esule risultato negativo dell’ex alleato Carlo Calenda. La politica “sul serio” fuori dalla cerchia ristretta e da qualche giornale compiacente non esiste nel Paese. In tempi di pericolose nostalgie fasciste e di compressione delle libertà e dei diritti le elezioni premiano le posizioni nette, da una parte o dall’altra. Ma in fondo è la storia della Seconda Repubblica, dove in ogni elezioni qualcuno si propone come interprete di uno spazio politico che i risultati elettorali non hanno mai evidenziato.

Ora per Calenda (come per Renzi) si prospetta il dovere di affrontare la richiesta più pressante degli elettori liberali: assumersi la responsabilità di avere lasciato un’area fuori dal Parlamento europeo. Bocciatura anche per Emma Bonino, nella lista insieme a Renzi.

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Ma dai, il mondo là fuori è diverso da quello che si legge

Ma dai. In un momento storico in cui la destra si mette a fare la destra nell’accezione più becera la sinistra funziona. Che sorpresa. Mentre Giorgia Meloni accumula voti degli arrabbiati, dei mussoliniani nostalgici, di quelli che godono perché finalmente un uomo forte anche se donna i risultati delle elezioni europee scandiscono un concetto basilare: la politica si fa per prendere posizione e non per guadagnare posizioni. 

Così Alleanza verdi e sinistra che molti giornali e molti commentatori politici imbiancati hanno sempre trattato come una pittoresca combriccola di idealisti incassa un risultato che è la somma dei cosiddetti liberali che occupano paginate di pensosi analisti. Le catene di Ilaria Salis che qualcuno considerava  un argomento laterale hanno ottenuto un riscontro elettorale prevedibile in un Paese (il nostro) in cui le catene non sono d’acciaio ma stringono i polsi dell’informazione. Il modello di accoglienza che stava a Riace dimenticato e calpestato da certi giornalisti è presente e vivo.

Il Partito democratico che per qualcuno avrebbe dovuto liquefarsi sotto la guida di Elly Schlein ha guadagnato voti di persone che non avrebbero mai pensato di poterlo votare, spinti da candidature come quella di Cecilia Strada che sovvertono il paradigma del dibattito pubblico in questo Paese, parlando di vite in mezzo a quelli che sciorinano numeri, ricordando che i diritti umani andrebbero rispettati anche quando vengono appaltati. 

Ma dai, la pace non interessa solo a coloro che la intendono come restituzione politica agli ex amici tiranni ma anche a chi la considera un’urgenza più dell’armarsi. Una cosa queste elezioni europee ce la dicono chiaramente: i cosiddetti liberali interventisti che non vedono l’ora di infiammare l’escalation escono malamente sconfitti con l’atavico vizio di aiutare le destre. 

Buon lunedì. 

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L’asse della guerra franco-tedesco batte in ritirata

L’asse della guerra franco tedesco esce sconfitto dalle elezioni europee. In Francia la schiacciante (e prevista) sconfitta alle elezioni europee del partito del presidente Emmanuel Macron in contemporanea con la vittoria fuori misura dell’estrema destra di Rassemblement National e del suo candidato Jordan Bardella hanno provocato un terremoto politico. Macron a sorpresa ha scelto lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e la convocazione delle elezioni legislative il 30 giugno e il 7 luglio. Una scommessa ultra-rischiosa nel suo secondo mandato, presa solo sei volte nella Quinta Repubblica, otto volte in tutta la storia della Francia, e non sempre con esiti positivi.

L’ultimo scioglimento, deciso da Jacques Chirac nel 1997, aveva visto la sinistra conquistare la maggioranza dei seggi, dando luogo alla nomina del socialista Lionel Jospin a Matignon e alla coabitazione. La furia bellicista del presidente francese, che nelle ultime settimane aveva ipotizzato l’invio di soldati Nato in Ucraina (smentito dalla Nato stessa) non ha portato fortuna. E così, ancora una volta, un liberale prepara il terreno alla destra. L’obiettivo di rilanciare la Francia come grande potenza militare e geopolitica per supplire ai vuoti lasciati dalla difficile situazione del mercato interno e dell’occupazione hanno evidentemente fallito.

L’asse della guerra sconfitto: in Francia Macron rischia di regalare il Paese a Marine Le Pen, in Germania Scholz subisce un tracollo

In Germania l’Spd incassa un 14% che è il peggior risultato della sua storia, due punti sotto le scorse elezioni europee del 2019. “È una sconfitta politica, di tutti nella Spd. Sarebbe eccessivo attribuire tutta la responsabilità a uno solo”, ha detto il segretario generale della Spd, Kevin Kuehnert, cercando di alleggerire la posizione di Olaf Scholz e del suo litigiosissimo governo semaforo, con i Verdi che sono crollati al 12% perdendo più di 8 punti rispetto a cinque anni fa. I socialisti del cancelliere Olaf Scholz sono dietro anche all’Alternative für Deutschland e raccolgono metà dei consensi rispetto alla Cdu/Csu, che con il 30% dei consensi si proietta come primo partito nel Paese. Il dato dirompente è l’ascesa dell’Afd, l’Alternative für Deutschland. Sono primo partito in tutti i Land della Germania dell’Est, tranne Berlino, nonostante i numerosi scandali delle ultime settimane che hanno evidenziato i rapporti opachi e lo scambio di denaro tra alcuni membri e Russia e Cina.

Anche Scholz come Macron fa parte di quella fetta d’Europa che spingeva per armare l’Ucraina per sferrare attacchi in territorio russo, portando a un’inevitabile innalzamento del conflitto. Nel suo Spd ha fatto rumore la posizione del ministro della Difesa Boris Pistoriu, che ha addirittura avvertito la Germania di “prepararsi alla guerra” entro il 2029. La guerra per Macron e per Scholz è stato il terreno su cui hanno voluto provare a costruire la loro centralità europea proponendosi come irrinunciabili guide. L’ambizione di creare un’Europa agli ordini di Franci e Germania come ai tempi di Merkel e Sarkozy (e poi Hollande) è miseramente fallito. E ora a farne le spese sarà anche l’Ucraina usata come strumento elettorale. 

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Astensionismo record: l’affluenza crolla al 49,52%

Affluenza in calo drastico, con il 50% appena mancato. Il primo partito italiano è sempre l’astensionismo ma questa volta avrebbe la maggioranza necessaria per governare. Durante la campagna elettorale, tutti i partiti avevano evocato il rischio di una significativa diminuzione dei votanti, che si è concretizzato già dai primi dati delle 23 di sabato. Questo andamento è stato confermato anche nella seconda giornata di voto e alla chiusura dei seggi, con risultati arrivati molto lentamente.

Un nuovo record negativo di affluenza, dopo il 54,5% del 2019. Sempre meno italiani partecipano alle elezioni del Parlamento Europeo, mentre l’elettorato delle amministrative sembra mantenersi stabile. In Piemonte, l’affluenza è stata del 56,37% (rispetto al 63,22% precedente) e alle comunali del 62,72% (contro il 67,90% precedente). Sono lontani i tempi del 73% raggiunto nel 2004. E qui perde la politica, tutta. 

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Una racchetta per la cucina italiana. Con Lollo dal Padel nella brace

S… padel… late culinarie

Sempre lui, il cognato d’Italia nonché ministro all’Agricoltura nonché Francesco Lollobrigida, il principe delle gaffe.  Qualche giorno fa si è lanciato a parlare di padel, lo sport molto in voga che l’ex tennista Nicola Pietrangeli ha definito “il trionfo delle pippe”. Il ministro ci ha deliziato con una dichiarazione che è pura poesia, sottolineando come “organizzare una partita di padel è facile e si può bilanciare il livello. Anche aver installato un campo di padel a Caivano significa portare benessere sociale. Inoltre è un modo per promuovere anche la cucina italiana che oggi, insieme ai monumenti, è il più grande attrattore turistico. Ho proposto di trasformare la padella tanto che avremo una racchetta dedicata alla cucina italiana”, ha aggiunto. A questo punto siamo nella comicità professionistica. Ma chi saranno i suoi autori?

Alluvionati

Durante un incontro elettorale della lista di centrodestra ‘Cambiamo Castello’ alle elezioni comunali di Castel Bologneseviceministro Galeazzo Bignami ha minacciato il ritiro dei 6 mila euro forfettari di rimborso per i beni mobili danneggiati dall’alluvione “se ci sono persone, dirette o eterodirette dal Pd, che vogliono continuare a fare di tutto ciò un’arma di lotta politica”. “Quello che ha detto è incredibile, c’è proprio un’idea diversa di cosa sono un partito e un’istituzione. Siete stati voi – urla Stefano Bonaccini in risposta al meloniano – a promettere il 100% dei rimborsi”. Dimmi chi voti e ti dirò che risarcimento avrai.

Altresì detto

Giorgia Meloni è detta “Giorgia” ma sono molti i candidati per le prossime elezioni europee che hanno provato a semplificare la vita agli elettori (e a se stessi) aggiungendo nomignoli o soprannomi. Il record è del candidato di Forza Italia circoscrizione isole Edmondo Tamajo “detto Tamaio detto Di Maio detto Edy detto Edi detto Eddy”. Contiene moltitudini.

La Decima di Vivaldi

Il giornalista David Parenzo ospita in studio il candidato per la Lega di punta, il generale Roberto Vannacci. Lui entra, saluta tutti e si siede mentre sullo sfondo suona l’inno europeo. Parenzo chiede a Vannacci: “Le piace l’inno d’Europa Sa di chi è”. Vannacci: “Bella domanda, Vivaldi?”. La melodia utilizzata per rappresentare l’Ue è tratta dalla Nona sinfonia, composta nel 1823 da Ludwig van Beethoven, che ha messo in musica l’Inno alla gioia, scritto da Friedrich von Schiller nel 1785. Ma ora Vannacci dirà che “non si può nemmeno esprimere la propria opinione”. Decimati.

Non ne imbrocca una

Antonella Soldo fondatrice dell’associazione Meglio Legale e candidata con Stati Uniti d’Europa nel nord-est, poco fa ha consegnato una pianta di cabbabis al vicepremier Matteo Salvini, a seguito della presentazione di un emendamento della Lega al ddl sicurezza che vieterebbe anche la raffigurazione della foglia di canapa. Salvini parte con la manfrina “la droga è morte, la droga è morte, la droga è morte” e poi invita a “fare l’amore”. Niente, sbagliata pure questa. Come ricorda Carlo Canepa di Pagella politica “Si stima che nel mondo muoiano ogni anno più persone per malattie sessualmente trasmissibili di quelle uccise dall’abuso di sostanze, come alcol e droghe”.

Palla in tribuna

L’imperdibile account su X di @nonleggerlo riporta un dialogo durante una trasmissione. Giannini: “Trump ha chiamato il suo popolo alla rivolta a Capitol Hill, raggiungendo quasi un colpo di stato. Che idea di democrazia è questa”. Salvini: “Lasciamo decidere agli americani”. Giannini: “Questo però è accaduto, no?” Salvini: “Se l’ha fatto ha sbagliato, punto”. Gruber: “Non è ‘se’, ha fatto questo”. Poi Salvini s’è messo a parlare d’altro. Palla in tribuna.

Giuramento di sangue

Crazy Ass Moments in Italian Politics pubblica il video del candidato consigliere comunale di Pescara Michele Calvani si è rimboccato la manica della camicia, ha tirato fuori un coltello, si è tagliato il braccio e ha prestato giuramento di sangue. Poco dopo ha ritirato la sua candidatura. Spergiuro.

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Un francobollo per il fascista Italo Foschi, altra vergogna che sdogana il revisionismo – Lettera43

Il ministero del Made in Italy guidato da Urso ha celebrato così il primo presidente dell’As Roma. Che però fu anche squadrista, pupillo dell’antisemita Farinacci, fedele servitore di Mussolini. Tra saluti romani e negazione dell’antifascismo, ogni giorno il governo Meloni sposta l’asticella per vedere l’effetto che fa.

Un francobollo per il fascista Italo Foschi, altra vergogna che sdogana il revisionismo

Dicono che si tratti solo di un francobollo, che sarà mai. Poi dietro l’angolo c’è la cancel culture urlata spesso a proposito da coloro che odiano chiunque non sia d’accordo con la loro opinione. Il ministero del Made in Italy guidato da Adolfo Urso ha dedicato un francobollo celebrativo a Italo Foschi. Motivazione ufficiale: fu il primo presidente dell’As Roma, la squadra di calcio capitolina. Foschi merita quindi di finire inquadrato e appiccicato sulla corrispondenza che circola in Patria. Incidentalmente Foschi fu però anche fascista, squadrista, pupillo dell’antisemita Roberto Farinacci e del quadrunviro del partito nazionale fascista Cesare Rossi. Fu ovviamente un fedele servitore di Benito Mussolini che seguì fino alla Repubblica di Salò.

Italo Foschi esultò per l’assassinio di Giacomo Matteotti

Nella sua ventennale carriera di servizio al fascismo Foschi ha compiuto atti di pura violenza. Per citarne uno, si potrebbe ritornare a novembre del 1923 quando organizzò la devastazione dell’abitazione romana dell’ex presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti. Pochi giorni dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, Italo Foschi scrisse ad Amerigo Dumini, propulsore dell’omicidio: «Sei un eroe, degno di tutta la nostra ammirazione».

L'irritazione al Corriere per l'articolo sulle nozze della figlia di Cairo e altri spifferi
Giacomo Matteotti, al centro in primo piano.

Processato per l’adesione alla Repubblica sociale italiana, fu graziato da indulto

Italo Foschi aderì alla Repubblica sociale italiana, si avviò alla carriera prefettizia e solo nel 1944 venne definitivamente collocato “a riposo”. Dopo la Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo fu processato per la sua attiva adesione alla Repubblica sociale italiana, ma graziato da indulto. Da prefetto di Trento Foschi frequentò assiduamente Wolfram Sievers, detentore di una personale collezione di crani e scheletri umani derivante dall’assassinio di 112 prigionieri ebrei appositamente selezionati e uccisi dopo essere stati misurati per analisi antropometriche.

Un bel tipino: espulso dal partito per gli eccessi dell’attività squadrista

Foschi era troppo fascista perfino per i fascisti. Il Dizionario biografico italiano della Treccani riporta che Italo Foschi fu segretario politico del Fascio Romano, «coinvolto in numerose aggressioni contro gli avversari politici del fascismo», espulso dal partito dopo l’omicidio di Matteotti per gli eccessi dell’attività squadrista. Venne quindi riammesso poco dopo per ordine di Farinacci, ma di nuovo dovette abbandonare la segreteria per «non aver soppresso convenientemente lo squadrismo e di esserne stato coinvolto».

Un francobollo per il fascista Italo Foschi, altra vergogna che sdogana il revisionismo
Italo Foschi.

Così il ministero «interpreta il sentimento della Comunità nazionale»

Poi, dopo tutta questa melma, Foschi è stato anche presidente e fondatore della squadra di calcio della Roma. Dicono le linee guida del ministero che i francobolli andrebbero dedicati a «personaggi non in vita purché abbiano avuto un impatto eccezionalmente rilevante sul territorio e/o sulle comunità italiane “riservando” al ministro o a un suo delegato il compito eminentemente politico di interpretare il sentimento della Comunità nazionale». Forse il segreto sta qui, nell’«interpretare il sentimento della Comunità nazionale» che dalle parti del ministero viene associata alla comunità politica del ministro in carica. O forse Foschi è soltanto l’ennesimo grimaldello della “memoria storica” utilizzata per sdoganare il revisionismo che va così tanto di moda.

Una scelta quasi elegante paragonata ai discorsi di Vannacci…

Nei giorni in cui Roberto Vannacci, generale dell’esercito candidato alle Europee, si ridicolizza per infilare la fascistissima X nei suoi squinternati discorsi, la scelta di recuperare dal sacco dell’umido Italo Foschi risulta perfino elegante, pensandoci bene. Il francobollo dedicato a Foschi è un ulteriore passo di un percorso che andrebbe osservato da lontano per averne una visione di insieme. Ogni giorno si sposta l’asticella per vedere l’effetto che fa. Dai saluti romani che erano solo «opera di qualche scalmanato» siamo passati alla commemorazione «per esigenze storiche» fino a oggi con una bella celebrazione di Stato. Perfino l’ex ministro Carlo Giovanardi, componente della consulta che al ministero del Made in Italy esprime il suo parere sulle emissioni di nuovi francobolli, in un dolente articolo su Il Riformista ha scritto che «celebrare negli stessi giorni Foschi e Matteotti e non ricordare l’anniversario delle migliaia di morti di una città martire come Zara è un grave errore».

Un francobollo per il fascista Italo Foschi, altra vergogna che sdogana il revisionismo
Il francobollo dedicato a Italo Foschi (da forzaroma.info)

Se non ti dichiari antifascista, questa si chiama connivenza

Cosa viene dopo la celebrazione? Il già magistrato di Cassazione Aniello Nappi avverte: «È singolare che non si comprenda come sia essenziale distinguere situazioni non assimilabili. Il silenzio o comunque la mancata enfatizzazione delle manifestazioni fasciste è interpretabile come tolleranza, se proviene da partiti dichiaratamente antifascisti; è interpretabile come connivenza se proviene da partiti che rifiutano di dichiararsi antifascisti. E indipendentemente dalla volontà degli interessati, la supposta connivenza di un partito di governo accrescerebbe probabilmente la possibilità che a quelle manifestazioni consegua il pericolo di ricostituzione del disciolto partito fascista».

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