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Russia, Lavrov: “Se l’Occidente vuole la guerra siamo pronti”

“Se l’occidente vuole combattere noi siamo pronti”. È stato netto l’intervento del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, parlando al Consiglio della Federazione (il Senato russo) a cui si è presentato per ottenere la fiducia per la riconferma nella sua carica. “È un loro diritto, se vogliono essere sul campo di battaglia, saranno sul campo di battaglia”, ha affermato Lavrov, citato dall’agenzia Ria Novosti.

Le forze russe attaccano il Nord di Karkiv, nuovo fronte della guerra. Zelensky intanto sostituisce il comandante delle truppe

Intanto le autorità ucraine sono state costrette a riconoscere i “successi tattici” delle forze armate russe nella loro offensiva a Kharkiv, nell’Ucraina nordorientale, in corso dal 10 maggio. Il nemico sta ottenendo in questo momento successi tattici”, ha riferito lo Stato Maggiore dell’esercito ucraino sui social media. Secondo quanto riportato l’esercito russo dopo la conquista di diversi insediamenti nell’oblast di Kharkiv ora starebbe combattendo nei pressi del villaggio di Vovchansk, che era stato perso nell’autunno del 2022 dopo la controffensiva lanciata da Kiev. Il governatore di Kharkiv Oleh Syniehubov, ha sottolineato che ”i russi stanno cercando di allungare la linea del fronte’’ ha parlato di un “massiccio bombardamento” prospettando il rischio che “i combattimenti si estendano in altri insediamenti”.

Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Synegoubov. l governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze armate di Kiev hanno annunciato intanto di aver sostituito il comandante responsabile della linea del fronte a Kharkiv. Lo ha reso noto il portavoce dell’esercito ucraino Nazar Voloshyn, spiegando che è stato deciso di nominare il generale di brigata Mykhailo Drapatyi a capo delle truppe a Kharkiv al posto di Yuriy Galushkin. 

L’Ucraina continua a colpire in territorio russo

L’Ucraina intanto continua a colpire in territorio russo, come già domenica a Belgorod dove sono morte 19 persone. Kiev ha dichiarato di aver centrato un terminale petrolifero e una sottostazione elettrica rispettivamente nelle regioni di Belgorod e Lipetsk, nella Russia occidentale non lontano dal confine ucraino: “Le esplosioni hanno avuto luogo presso il terminale petrolifero Oskolneftesnab, vicino alla città di Stari Oskol, e presso la sottostazione Ieletskaya, con una capacità di 500 kW”, ha dichiarato una fonte della difesa ucraina, aggiungendo che si è trattato di un’operazione dei servizi speciali (SBU) con l’utilizzo di droni d’attacco.

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Toti, l’inchiesta si allarga anche alla sanità privata

L’inchiesta sul sistema Liguria del presidente Giovanni Toti ora si allarga a presunti favori per la sanità privata e accende un faro sui dati manipolati durante la pandemia. Non è solo una questione di imprenditori portuali. Secondo i magistrati il presidente Giovanni Toti potrebbe avere avuto un occhio di riguardo anche per gli imprenditori della sanità privata, finanziatori (legittimi) delle sue campagne elettorali e beneficiari dello spostamento di risorse dal Servizio sanitario nazionale. 

L’inchiesta sul sistema Liguria del presidente Giovanni Toti ora si allarga a presunti favori per la sanità privata

Il copione ligure sembra una replica del sistema lombardo innestato dal fu presidente Roberto Formigoni. Tra i finanziatori che contano del Comitato Toti spuntano importanti società della sanità privata, come l’Iclas di Rapallo del gruppo Gvm, specializzato in cardiologia, ON Health Care Group, Servizi Sanitari srl, Gadomed, Hc Hospital Consulting, Santa Dorotea e Villa Montallegro. I magistrati vogliono capire se dietro quei finanziamenti si nascondano favori politici ad hoc che potrebbero costituire reato. La sanità privata del resto ha avuto sotto i due mandati del governatore un’enorme spinta, questo è un fatto politico sotto gli occhi di tutti. Le polemiche sulle liste d’attesa impossibili e sul turismo sanitario fuori regione sono all’ordine del giorno nel Consiglio regionale. In Liguria, come sottolinea Fp Cgil Liguria, i costi di acquisto di prestazioni sanitarie da altre regioni sono spaventosi (quasi 100 milioni solo nel 2023) e in 10 anni c’è stato un taglio del 30% del personale sanitario con un aumento del 15% della spesa sanitaria. A marzo di quest’anno l’Ospedale di Bordighera nell’imperiese è stato affidato in gestione privata del gruppo privato di erogazione servizi sanitari GMV Care e Research. Negli anni sono stati ceduti a privati anche analisi cliniche, esami diagnostici, visite specialistiche e persino la gestione dell’assistenza domiciliare. 

E spuntano dati manipolati durante la pandemia

Tra le carte dell’indagine spunta anche un clamoroso falso sui dati Covid per ottenere più vaccini. Il 24 marzo del 2021, con la Liguria in crisi per la mancanza di dosi di vaccino,  Maurizio Caviglia, segretario generale della Camera di commercio di Genova e Matteo Cozzani, capo di gabinetto di Toti ora dimissionario, discutono nell’ufficio della Regione. Cozzani si lascia andare: “il problema qual è stato… che io avevo già truccato, lui li ha presi, li ha riaumentati… quando me li ha rimandati. Ho guardato e gli ho scritto: “Ma c… Presidente, ma sono fuori…”. Ha detto: “Ma no, li ho un po’ aumentati”. “Ma l’avevo già fatto io” gli ho detto. “C… dimmelo che l’hai già fatto te…”. I due parlano di un atto pubblico con il quale sono stati rappresentati al governo i fabbisogni dei vaccini sulla base dei quali calibrare le forniture regionali. Per ottenere più vaccini del dovuto Toti e Cozzani hanno aumentato il dato degli anziani residenti nella regione e per questo sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di falso in atto pubblico. 

Oggi torna oggi davanti al gip Spinelli, imprenditore della logistica portuale, ai domiciliari per corruzione. Interrogatorio di garanzia anche per Moncada, ex consigliere di Esselunga. A La Spezia verrà sentito invece Cozzani. Per quanto riguarda le eventuali dimissioni di Toti in Fratelli d’italia si è deciso di aspettare l’interrogatorio del presidente prima di valutare il da farsi. Un garantismo a orologeria che serve solo a scavalcare le elezioni europee. Poi Toti verrà lasciato irrimediabilmente al proprio destino. 

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Scomparsa di Denise Pipitone, c’è una nuova segnalazione

“C’è un’altra minore che è stata fotografata in un gruppo di persone che è davvero somigliante a mia figlia. Quell’immagine risale a molti anni fa e stiamo cercando di individuare l’anno. Io non ho mai perso la speranza. Sono caduta a terra emotivamente tante volte, adesso per esempio non è un periodo semplice per me. Io non voglio demordere anche sulla diffusione delle locandine”. Piera Maggio, la madre di Denise Pipitone, scomparsa all’età di 4 anni a Mazara del Vallo il primo settembre 2004, riaccende la speranza. La donna ospite della trasmissione Domenica In ha raccontato di avere ricevuto un nuovo indizio da cui ripartire per una ricerca che dura ininterrottamente da 20 anni.

Una foto di una ragazza molto somigliante a Denise Pipitone è stata inviata alla madre

Piera Maggio ha spiegato anche di avere pronto un libro sulla sua storia e su quella di Denise. “Ho deciso di scrivere un libro per Denise perché c’è una parte di me che non era mai stata raccontata – ha detto a Mara Venier -.  Quel libro è stata quella parte di verità che non tutti conoscevano. In questo libro è la mamma che parla. Volevo tirar fuori quella che era la mamma di Denise e poi spero che un giorno mia figlia abbia tra le mani questo libro”.

Piera Maggio ha raccontato di avere trovato due microspie nelle prese elettriche della sua abitazione

La vicenda è tornata agli onori della cronaca negli ultimi giorni quando Maggio ha raccontato di avere trovato due microspie nelle prese elettriche della sua abitazione. “Una microspia era nell’androne di casa e l’altra era nel famoso garage in cucina – ha spiegato Piera Maggio -. Mi ha portato indietro negli anni. Doppiamo capire se è materiale dello Stato o qualcosa di privato. Erano calde e ancora collegate alla corrente elettrica. Adesso stanno cercando di fare delle indagini. Dopo 20 anni ancora questa roba a casa”

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Giovanni Toti come un Formigoni qualsiasi

Come un Formigoni qualsiasi ora il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti rischia di inciampare anche sulla sanità privata. In Procura giace un fascicolo che riguarda il governatore e il suo capo di gabinetto dimissionario Matteo Cozzani che indaga su presunti favori, ricambiati con finanziamenti, a quattro imprenditori della sanità privata. Lì dentro si ipotizza anche il reato di falso per avere gonfiato i dati della popolazione anziana in Liguria nel tentativo di accaparrarsi più vaccini durante la pandemia. 

Privatizzare la sanità per Toti è stato un dichiarato obiettivo politico. Un anno dopo la sua prima elezione il presidente ha voluto con sé l’allora direttore dell’Asl di Milano Walter Locatelli, molto vicino alla Lega, epigone del formigonismo più sfrenato nello scippo della sanità dal pubblico al privato. Il percorso è quello già visto purtroppo in Lombardia: tre ospedali pubblici messi sul mercato (Albenga, Bordighera e Cairo Montenotte) e analisi cliniche, esami diagnostici, visite specialistiche e gestione dell’assistenza domiciliare affidate al privato. I finanziatori (legittimi) di Toti sono ON Health Care Group del manager Filippo Ceppellini e di Billy Berlusconi nipote di Silvio, Servizi Sanitari srl, Gadomed, Hc Hospital Consulting, Santa Dorotea e Villa Montallegro e Casa della Salute. Il disastro è politico prima ancora che giudiziario, come sempre accade privatizzando la sanità: fuga dei pazienti in altre Regioni e liste di attesa impossibili nella sanità pubblica. Oltre a questo – come avevano già visto in Lombardia – c’è l’opacità nei rapporti tra Regione e imprenditori privati su cui indaga la Procura. La lezione di Formigoni in Lombardia non ci ha insegnato niente. 

Buon lunedì. 

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Chissà cosa avrebbe pensato Hannah Arendt

In un suo editoriale per Il Manifesto il professore universitario Mario Ricciardi, che insegna Filosofia del diritto presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Teoria generale del diritto presso l’Università Statale di Milano, riporta le proteste contro la tragedia umanitaria in Palestina nell’alveo della politica, quella vera, che è tutt’altra cosa rispetto all’informazione servile di questi giorni ed è tutt’altra cosa rispetto ai manganelli. 

Chissà cosa avrebbe pensato Hannah Arendt – che ha speso una vita a riflettere sulla disobbedienza civile – sapendo di un Salone del libro protetto dai manganelli

Scrive Ricciardi che “dobbiamo essere grati agli studenti che stanno manifestando nelle università statunitensi e europee. Le loro azioni non violente sono un appello rivolto non solo alla nostra coscienza, ma anche al nostro senso di giustizia”. Ripetiamolo: le proteste in corso sono un appello alla nostra coscienza, al nostro senso di giustizia e anche all’obbligatorietà del prendere una posizione di fronte alla violenza che bombarda cittadini inermi facendo strage di donne e bambini. 

Ha ragione Ricciardi quando dice che sarebbe il caso di riconoscere che il modo in cui gli studenti stanno mettendo in atto la propria protesta ha tutte le caratteristiche di un atto politico che si rivolge alla maggioranza di governo, ed è giustificato da principi di giustizia che trovano nelle costituzioni dei paesi democratici la propria formulazione giuridica. 

Chissà cosa avrebbe pensato Hannah Arendt – che ha speso una vita a riflettere sulla disobbedienza civile – sapendo di un Salone del libro protetto dai manganelli.

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Redditi famiglie, l’Ocse smentisce Meloni: nessuna crescita record

Altro che crescita record, i redditi delle famiglie italiane sono diminuiti ancora. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ne era convintissima e chissà se lo è ancora. “Il reddito disponibile delle famiglie, secondo l’Ocse, è aumentato in Italia sei volte di più di quanto sia aumentato nella media delle altre nazioni”, ha scritto sul suo account X il 12 febbraio del 2024. L’ha ripetuto il giorno stesso in un’intervista al Tg5, l’ha ridetto sei giorni dopo durante un comizio elettorale in Sardegna, l’ha annunciato il 23 febbraio mentre era ospite di Porta a porta, poi il 5 marzo durante un comizio in Abruzzo, poi il 7 marzo ospite della trasmissione Diritto e rovescio, poi il 19 marzo ospite a Agorà e quello stesso giorno in Senato. 

La premier ha ripetuto dappertutto che i redditi delle famiglie in Italia crescevano più che altrove. Ocse certifica che nel 2023 sono diminuiti dello 0,4%

Il 7 maggio l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha pubblicato i dati sul reddito disponibile reale delle famiglie (real household income) aggiornati al terzo trimestre del 2023 che smascherano la propaganda di governo. Come spiega Pagella politica questo indicatore tiene conto dell’andamento dell’inflazione e fa riferimento al reddito totale delle singole famiglie, al netto delle imposte e dei contributi sociali. Meloni faceva furbescamente riferimento ai dati pubblicati dall’Ocse tra luglio e settembre 2023 secondo cui il reddito delle famiglie in Italia era cresciuto dell’1,4 per cento rispetto al trimestre precedente, mentre in media tra i Paesi dell’Ocse era sceso dello 0,2 per cento.

La presidente del Consiglio ha però omesso di contestualizzare i dati dell’Ocse: per esempio, ha lasciato intendere che l’aumento fosse stato registrato in tutto il periodo in cui lei era a capo del governo e che fosse merito anche dell’ultima legge di Bilancio, approvata alla fine di dicembre. In più, a differenza di quanto detto da Meloni in alcuni interventi, non è vero che l’Italia è l’unica eccezione in positivo con il Regno Unito: nel terzo trimestre del 2023 il reddito reale delle famiglie è cresciuto – seppure con percentuali diverse – anche in altri Paesi, come Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.

I dati pubblicati da Ocse l’8 maggio dicono che nel 2023 il reddito reale delle famiglie in Italia è calato dello 0,4 per cento rispetto al 2022. In controtendenza rispetto alla media Ocse, nel quarto trimestre del 2023 questo indicatore in Italia è calato dello 0,4 per cento rispetto al trimestre precedente, quando era aumentato rispetto al secondo. Lo scorso anno il reddito reale delle famiglie nel nostro Paese è sceso, mentre gli Stati membri dell’Ocse hanno registrato in media una crescita dell’1,2 per cento. Tra i Paesi del G7, Francia, Stati Uniti e Regno Unito hanno registrato un aumento, mentre Canada e Germania un calo (per il Giappone non ci sono al momento dati disponibili).

Da cinque giorni sono pubblici i dati definitivi che fotografano le famiglie in difficoltà

Meloni ha ripetuto dappertutto il dato riferito a un trimestre non spiegando ai cittadini che si trattava di un numero parziale. Da cinque giorni sono pubblici i dati definitivi che fotografano le famiglie in difficoltà (nel 2022 soprattutto per l aumento dei costi dell’energia e per l’inflazione) e sappiamo che la “crescita record” in verità è un calo. Cinque giorni in cui Meloni si è dimenticata di correggere le sue affermazioni. Cinque giorni in cui nessun parlamentare di Fratelli d’Italia ha trovato il tempo di spiegare agli elettori che no, non c’era nulla di vero nella propaganda ripetuta fin qui. 

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Il Bestiario della settimana – Per fortuna… che Lollo c’è. Il cognato d’Italia inciampa pure sulla siccità

Per fortuna, Lollo

Ogni settimana, ogni puntata del Bestiario, comincia con una gaffe del ministro all’Agricolutra nonché cognato d’Italia Francesco Lollobrigida. Non è un caso. Ogni volta che Lollo lascia spazio ai suoi pensieri emerge la scarsa abilità linguistica. Questa settimana Lollobrigida ha detto che “per fortuna” la siccità ha colpito le regioni del sud, in particolare la Sicilia. Per non essere frainteso ha ripetuto il concetto ben due volte. Ora aspettiamo che dica che è stato frainteso, che non voleva dire, che non è stato capito, eccetera eccetera eccetera. Anzi, no ha detto che si trattava di un lapsus. Freudiano, evidentemente.

Il mio programma sono io

Alessandro Cecchi Paone è tra i candidati per le prossime elezioni europee nella lista Stati Uniti d’Europa con Emma Bonino e Matteo Renzi. A qualcuno potrebbe venire il dubbio che si tratti dell’ennesimo candidato catapultato dalla televisione a Bruxelles, solo a traino della sua popolarità. Cecchi Paone invece ha un programma chiarissimo: “La prima proposta che farò a Strasburgo sarà rispolverare la mia trasmissione. La macchina del tempo e creare un canale europeo per mandarla in onda”. Berlusconi nei conflitti di interessi in confronto era un dilettante.

Salvini annusa cose

Dopo quelle terribili immagini del leader della Lega Matteo Salvini che negli anni scorsi si era fatto immortalare con il naso dentro a salumi e formaggi ora il nostro prode ha rispolverato il genere mentre annusa la pasta in un celebre pastificio italiano. Si è agghindato a per confezionare un bello spot elettorale. E voi direte: che c’entra il ministro delle Infrastrutture con la pasta fresca Tutto questo per rilanciare la bufala dell’Europa che vorrebbe farci mangiare i grilli. Di sicuro nessuno si mangerebbe quelle povere tagliatelle.

Pericolo dinosauri

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha detto che a scuola non serve studiare i dinosauri perché ormai sono roba vecchia, passata, quindi inutile. Per il ministro la storia dovrebbe limitarsi a studiare semplicemente le commissioni fatte il giorno prima, al mattino, al massimo l’altro ieri. In fondo il ministro sogna una storia che si concentri sul presente, anzi sul governo del presente, anzi sul ministro all’Istruzione presente. Valditara materia scolastica subito.

Pasta… Balilla

Deve essere stata la settimana della pasta poiché oltre a Salvini anche il ministro Lollobrigida (sì, sempre lui) si è fatto fotografare mentre misura la lunghezza di spaghetti freschi. La battuta viene fin troppo facile: pasta Balilla.

Ce l’ha scritto in faccia

Alessandra Mussolini, omonima parente di quel pessimo personaggio, è tra i candidati di Forza Italia per Bruxelles. Per promuoversi è comparsa in video con il santino elettorale attaccato sulla fronte (con cosa Con lo sputo?) e grasse risate annesse. Dite la verità, non siete fieri di avere rappresentanti così, come i bimbi alle elementari?

Era più bello il film

Il comune di Maglie decide di celebrare l’anniversario della morte di Aldo Moro, barbaramente assassinato il 9 maggio del 1978. È un’occasione importante per la città pugliese perché Aldo Moro è nato proprio lì. Che fanno? Attaccano manifesti in tutta la città con la faccia dell’attore Fabrizio Gifuni nei panni di Moro in un celebre film. Il sindaco dice “Chiedo scusa: aver sbagliato la foto dell’illustre cittadino di Maglie, Aldo Moro, nel manifesto del Comune per ricordare il 46° anniversario del suo assassinio è un errore gravissimo! A nulla servirebbe aggiungere che i responsabili dell’errore non sono da ricercare all’interno dell’Amministrazione cittadina, perché vista l’importanza della ricorrenza avremmo dovuto, comunque, scegliere noi direttamente la foto di Aldo Moro da utilizzare”. Chissà com’era il libro.

Tutto e il contrario di tutto

“Non sono uno di quei politici che cambia squadra o idea a seconda della convenienza”. A dirlo in una delle sue ormai desolate dirette social è Matteo Salvini, quello che tifava contro l’Italia e poi è diventato tifosissimo dell’Italia, quello che voleva uscire dall’Euro e poi no, quello che il Ponte sullo Stretto era una cagata pazzesca e ora no, quello che mai con Draghi e poi con Draghi e così via…

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A pesca di scafisti nella rete finisce di tutto

Nella smania per la caccia agli scafisti e ai trafficanti di uomini in tutto l’orbe terraqueo come promesso dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni capita di incappare in brutte figure che sviliscono l’Italia agli occhi del mondo. Maysoon Majidi, ad esempio, è una donna iraniana di 27 anni ed è stata arrestata a Capodanno a Crotone con l’accusa di essere una scafista. Da allora marcisce in cella a Castrovillari senza possibilità di spiegare. 

Per cogliere la dimensione della figuraccia basterebbe saper usare Google o qualsiasi altro motore di ricerca: compare in moltissimi documentari sulla violazione di diritti umani in Iran, in qualità di attivista, per avere manifestato contro il barbaro omicidio di Masha Amini. Parla di lei la Bbc, la conoscono perfino negli uffici dell’Onu per il suo impegno di attivista. Forse avrebbe anche potuto spiegarlo quando è stata fermata dalla Guardia di finanza di Crotone se qualcuno avesse trovato il modo di comunicare nella sua lingua. 

La Procura di Crotone spiega che due migranti sostengono che Majidi fosse una scafista. I due – che intanto sono andati in Germania – all’avvocato di Majidi hanno negato quella versione. “Lei era una passeggera, stava sotto coperta con noi e non l’abbiamo mai accusata”, dicono in un video. Agli inquirenti di Crotone non è bastata nemmeno la confessione del cittadino turco, Ufu Aktur, che ha ammesso di essere lui il capitano della barca e ha spiegato che Maysoon Majidi era una dei migranti a bordo. Non basta nemmeno la ricevuta del pagamento degli 8.500 dollari pagati per imbarcarsi. 

Nei giorni scorsi è intervenuta perfino la Hana Human Rights organization, che si occupa delle violazioni dei diritti umani in Iran. E ora dei diritti degli iraniani in Italia. 

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Immigrazione, i numeri nascosti dal governo Meloni e l’emergenza come status quo – Lettera43

Ma quale invasione: le persone in accoglienza in Italia rappresentano circa lo 0,18 per cento della popolazione residente. Il sistema tra centri ordinari e straordinari non funziona. E la premier ha affittato una costosissima porzione di Albania per costruirci sopra un messaggio pubblicitario. Che va sbugiardato.

Immigrazione, i numeri nascosti dal governo Meloni e l’emergenza come status quo

Hanno trovato la soluzione per uscire dall’emergenza immigrazione su cui hanno costruito il consenso in campagna elettorale: legalizzandola. Il primo passo del governo per corroborare la propaganda è l’accordo con l’Albania che prevede prevede l’istituzione di due centri, uno per la primissima accoglienza (nella località di Shengjin) e l’altro con funzioni di hotspot e centro di permanenza e rimpatrio (Cpr), a Gjader. Nelle intenzioni del governo le due strutture avrebbero dovuto partire entro il 20 maggio. L’Italia ha più volte sostenuto che in Albania saranno accolte 3 mila persone al mese, per un totale quindi di 36 mila persone l’anno. Falso: mentre a metà agosto 2023 il ministero dell’Interno indicava in quasi 2.599 persone le presenze negli hotspot italiani, il 15 marzo, invece, questo numero arrivava ad appena 712. Scorrendo i costi ci si rende conto del fallimento: la gestione di strutture di questo tipo dovrebbe aggirarsi interno ai 30 milioni di euro circa in cinque anni, oltre ai 30 milioni di euro che servono per costruirle, più 95 milioni di euro per il noleggio delle navi, 65 milioni che se ne vanno per processi e assistenza legale, 64 milioni di euro per la sorveglianza della struttura e 252 milioni di euro per pagare le trasferte. Il tutto per qualche migliaio di persone che dovranno comunque passare dall’Italia. La gara da 134 milioni di euro è stata vinta dalla controversa cooperativa Medihospes, salita alla ribalta in diverse inchieste per i suoi rapporti con la criminalità nella gestione di strutture per l’accoglienza e per le pessime condizioni.

Immigrazione, i numeri nascosti dal governo Meloni e l'emergenza come status quo
Migranti arrivati in Italia (Getty).

Accoglienza ordinaria e straordinaria: il sistema così com’era pensato non esiste più

E l’accoglienza in Italia? Nel 2023 Openpolis rileva che le presenze nel sistema di accoglienza hanno raggiunto un picco di 141 mila persone. Rispetto all’anno precedente è stato quindi necessario reperire tra i 20 e i 30 mila posti, così come già avvenuto tra il 2021 e il 2022. L’organizzazione italiana prevede un sistema di accoglienza ordinario (i cosiddetti Sai) che garantisce un percorso di integrazione più completo e dei centri di accoglienza straordinaria (Cas) attuabili dal prefetture per far fronte alla variazione di presenza che di anno in anno si presenta. Il piano così com’era stato pensato non esiste più. Nel sistema ordinario ci sono il 35,7 per cento dei posti, mentre tutto il resto finisce nella cosiddetta accoglienza straordinaria, in un gioco di inversione delle parole: un minoranza ordinaria e una maggioranza straordinaria.

Numeri fantasma e l’invenzione di un’emergenza al quadrato

Il governo Meloni ha deciso di aggiungere anche centri temporanei più straordinari del Gas – dove già mancano i servizi e il rispetto dei diritti basilari – inventandosi un’emergenza al quadrato. E quindi quali sono i numeri? Impossibile saperlo. A giugno del 2023 i parlamentari avrebbero dovuto leggere il rapporto sul 2022, ma non si è visto. Openpolis ha provato a fare i conti: «Le persone in accoglienza rappresentano circa lo 0,18 per cento della popolazione residente in Italia. Un dato distante dalla cosiddetta “invasione” di cui si sente parlare, che comunque varia a seconda dei territori. Così se le regioni del Mezzogiorno e del Nord-Ovest si pongono al di sotto della media (0,17 per cento), il Centro si trova in linea con il dato nazionale, mentre nel Nord-Est la quota di persone accolte rispetto ai residenti è più alta (0,21 per cento)».

Immigrazione, i numeri nascosti dal governo Meloni e l'emergenza come status quo
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e, alle sue spalle, una foto della premier Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Il capolavoro di propaganda del governo Meloni sull’immigrazione

Nel loro rapporto “Un fallimento annunciato” del 2023 Openpolis e ActionAid sottolineano che «pur essendo generalmente riconosciuta la maggiore efficacia del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) nel favorire il processo di integrazione delle persone migranti, non si è mai investito significativamente per incrementare i posti in questo canale dell’accoglienza. Nondimeno negli ultimi anni il circuito pubblico dell’accoglienza è stato svilito e stravolto sottraendo alle sue competenze persino l’accoglienza dei richiedenti asilo». Ricapitolando, il governo Meloni ha deciso di nascondere i numeri che smentirebbero l’invasione legalizzando l’emergenza come status quo. E ha affittato una costosissima porzione di Albania per costruirci un messaggio pubblicitario. Un capolavoro.

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Repressione, vittimismo e censura

Il mazzo del governo ha due carte: la repressione e il vittimismo. Per analfabetismo istituzionale dalle parti di Palazzo Chigi sono però convinti che la repressione sia sinonimo di fiorente egemonia culturale mentre usano il vittimismo e lo scambiano per censura. Solo due carte, nient’altro fino a qui.

Sfogliare i giornali e i telegiornali di questo anno e mezzo di governo Meloni è un andirivieni di oppositori zittiti, sventolati come trofei di caccia, e di piagnistei continui per presunti attacchi. L’effetto – pur comico – è disarmante e pericoloso per la postura.

L’ultima puntata della serie è la ministra alla Famiglia Eugenia Roccella, perfetto paradigma della squadra di ministri. Roccella sale alle cronache durante il suo mandato solo in due occasioni: quando trova il modo di infilare la sua avversione all’aborto in pubblico e quando si lamenta dell’avversione alla sua avversione. Continua a mancarle però un particolare: una ministra che sogna di ledere un diritto a una fetta di cittadini è un potere che si impone.

Un governo che impone ai giornalisti di usare le parole che piacciono al potere o peggio che impone il silenzio alle voci dissonanti è un governo che censura. La censura – qualcuno lo spieghi a Meloni e compagnia – è qualcosa che dall’alto arriva verso il basso. Basterebbe aprire un dizionario: la censura è “il controllo della comunicazione da parte di un’autorità, che limita la libertà di espressione e l’accesso all’informazione con l’intento dichiarato di tutelare l’ordine sociale e politico”.

Dichiararsi censurati in apertura dei telegiornali e sulle prime pagine dei quotidiani è una forma intollerabile di propaganda. I censurati scrivono monologhi che non riescono ad andare in onda, vengono estromessi dalle reti pubbliche con le loro trasmissioni, smettono di scrivere certi articoli perché falciati da querele temerarie, producono e scrivono inchieste che non vengono mai pubblicate, non riescono ad accedere a un pubblico per esprimere le proprie opinioni.

Roccella, come i suoi colleghi ministri, è una vittimista incapace di gestire il dissenso ma abilissima a crearlo.

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