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Commissariato il segretario: ora la Lega non ha più un comandante

L’ultimo atto dello sgretolamento di Matteo Salvini è l’annuncio che dopo le elezioni europee si terranno i congressi regionali del partito a partire dall’estate per arrivare al congresso federale in autunno. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non avrebbe mai voluto aprire uno spiraglio sulla stagione congressuale, ancora di più in un momento di enorme difficoltà con i pessimi risultati alle regionali sarde e abruzzesi e con le prossime elezioni europee che rischiano di essere il sasso che scatenerà la frana.

Una brutta piega per Salvini

In una nota il partito specifica che la squadra è compatta al fianco del segretario Salvini: “Tutti i Capigruppo (tra Europa e Italia), un ministro, un governatore e un sindaco lavoreranno insieme per il programma in vista delle europee. Salvini ha ribadito che la Lega è alternativa ai socialisti, sinistre e Ursula von der Leyen”. E poi: “Per un risultato a doppia cifra, il leader desidera liste forti e aperte”.

In realtà il direttorio formato da Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, il ministro Giancarlo Giorgetti e, infine, il governatore del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga è già un mezzo commissariamento. Tra questi solo Romeo è nel cerchio dei fedelissimi al segretario leghista. Molinari, il capogruppo alla Camera, ultimamente sta prendendo le distanze dal segretario e rientra con Luca Zaia nella schiera dei critici dell’appuntamento di oggi in cui la Lega ospiterà a Roma i partiti dell’ultradestra europea.

Delle frizioni tra il vice premier e il suo ministro Giorgetti si sa ormai da tempo mentre Fedriga viene indicato da più parti come il sostituto naturale di Salvini a capo del partito, gli manca solo il deciso via libera di Zaia. A proposito del governatore veneto l’altro ieri quasi a notte fonda è stato lui a parlare chiaro e tondo con l’ex capitano in caduta libera.

“Eventi come quello di sabato ci fanno solo perdere voti”, ha detto Zaia prendendosi la responsabilità di dire quello che molti pensano pur tacendo. Intanto a un mese dalla presentazione delle liste per le elezioni europee si studia la strategia per l’eventualità di incassare il no del generale Roberto Vannacci. “Tante idee che Vannacci ha espresso non sono condivise da una parte della base – ha spiegato Romeo – e non le condivido neanche io in alcuni contesti. Ma al di là di questo lui ha avuto il coraggio di difendere la libertà di pensiero nel mondo del politicamente corretto. In un partito come la Lega, che difende tutte le libertà, ci può stare la sua candidatura”.

Si rivedono le ramazze

Chi sta vicino al generale al contrario dice che sarebbe proprio Vannacci a non essere convinto di imbarcarsi in un partito in piena tempesta, per di più malvoluto preventivamente da un pezzo dei suoi dirigenti. “Stiamo compatti ora e arriviamo al 10 per cento”, ha detto Salvini ai suoi ma ormai l’accerchiamento è nei fatti oltre che nelle intenzioni.

Tra le decisioni del consiglio federale c’è anche un direttorio composto dai capigruppo, dal presidente della Camera Lorenzo Fontana e Giorgetti con cui il segretario dovrà condividere le decisioni sul programma per le prossime europee. Anche questo è un segnale che non lascia spazio a troppe interpretazioni: il vice premier non è più l’uomo solo al comando dell’Italia e non lo è nemmeno dentro il suo partito. La “responsabilità collegiale” è il viatico per lo sfratto dalla poltrona di leader. Forse questa volta non ci saranno le ramazze come avvenne con Umberto Bossi ma la smania di cambiare è la stessa.

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Se le Nazioni Unite delegano la tutela dei diritti delle donne all’Arabia Saudita – Lettera43

La prossima Commissione annuale sullo status delle donne dell’Onu sarà presieduta da Riad. Chi meglio del progressista Bin Salman può impegnarsi per l’emancipazione femminile e la parità di genere? Le riforme varate in pompa magna nel 2022 parlano da sole.

Se le Nazioni Unite delegano la tutela dei diritti delle donne all’Arabia Saudita

Un Women è l’organizzazione dell’Onu che si dedica all’uguaglianza di genere e all’emancipazione delle donne. Questa settimana a New York si è tenuta la 68esima Commissione annuale sullo status delle donne (CSW68), il più grande incontro annuale delle Nazioni Unite con un ambizioso obiettivo: “Accelerare il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e l’emancipazione di tutte le donne e le ragazze affrontando la povertà e rafforzando le istituzioni e i finanziamenti con una prospettiva di genere”. In 11 giorni di incontri al CSW68 governi, organizzazioni della società civile, esperti e attivisti di tutto il mondo si sono riuniti per concordare azioni e investimenti che possano porre fine alla povertà delle donne e promuovere l’uguaglianza di genere.

Se l’unico candidato alla presidenza del CSW69 è l’Arabia Saudita

Ma non è questa la notizia. Alla fine della sessione di incontri di venerdì si è insediato l’ufficio di presidenza per il CSW69 che preparerà l’appuntamento del prossimo anno. L’unico Paese candidato alla presidenza era l’Arabia Saudita, il famelico stato che si affanna sul palcoscenico mondiale per apparire progressista. Di fronte ai dubbi di tale scelta, la delegazione saudita presente all’evento ha spiegato che «il Regno ha compiuto importanti passi e le riforme sono ancora in corso» e a sostegno della propria tesi ha portato un comunicato stampa della Banca Mondiale che plaude le riforme saudite che segnano «progressi senza precedenti» nell’ingresso delle donne nel mercato del lavoro.

Se le Nazioni Unite delegano la tutela dei diritti delle donne all'Arabia Saudita
L’apertura dei lavori del CSW68 (dal sito Un Women).

La riforme progressiste di Bin Salman in realtà discriminano le donne, mogli e madri

Bene, viene da pensare, è una buona notizia. La legge cardine delle riforme saudite è stata proclamata l’8 marzo del 2022. Il principe bin Salman è sempre attento a fare coincidere le date per agevolare la simbologia e quell’8 marzo sembrava perfetto per un ulteriore mattoncino da aggiungere al progressismo percepito del suo Paese nel mondo. Promulgare una legge del resto costa molto meno che acquistare una stella mondiale di calcio e può allo stesso modo portare un benefico ritorno di immagine. Ma com’è quindi la legge del Rinascimento saudita? Rothna Begum, ricercatrice senior sui diritti delle donne presso Human Rights Watch nel 2023 disse: «Nella Giornata internazionale della donna l’anno scorso, le autorità saudite hanno proclamato di aver approvato una legge sullo status personale “progressista”, ma invece hanno semplicemente sancito la discriminazione contro le donne nel codice legale». Non benissimo, a ben vedere. Che dice quella legge? Richiede alle donne di ottenere il permesso di un tutore maschile per sposarsi, codificando la pratica di lunga data del Paese. Le donne sposate sono tenute a obbedire ai loro mariti in modo «ragionevole». Il sostegno finanziario di un marito dipende specificamente dall’«obbedienza» di una moglie che può perdere il diritto a tale sostegno se si rifiuta senza una «scusa legittima» di fare sesso con lui, di trasferirsi o di vivere nella casa coniugale o di viaggiare con lui. La legge afferma inoltre che nessuno dei due coniugi può astenersi dalle relazioni sessuali o dalla convivenza senza il consenso dell’altro coniuge, di fatto è un diritto coniugale ai rapporti sessuali. Ma non finisce qui. Mentre un marito può divorziare unilateralmente, una donna può solo chiedere a un tribunale di sciogliere il loro contratto di matrimonio per motivi limitati e deve «dimostrare il danno» che rende «impossibile» la continuazione del matrimonio. La legge però non specifica cosa costituisca «danno» o quali prove possano essere presentate a sostegno di un caso, lasciando ai giudici un’ampia discrezionalità nell’interpretazione e nell’applicazione per mantenere lo status quo.

Se le Nazioni Unite delegano la tutela dei diritti delle donne all'Arabia Saudita
Una famiglia. Riad (Getty Images).

Anche sui diritti vale la regola del business 

E ancora. I padri rimangono i tutori predefiniti dei loro figli, limitando la capacità di una madre di partecipare pienamente alle decisioni relative al benessere sociale e finanziario dei figli. Una madre non può agire come tutore di suo figlio a meno che un tribunale non la nomini, altrimenti avrà un’autorità limitata per prendere decisioni per il suo benessere, anche nei casi in cui i genitori non vivono insieme e le autorità giudiziarie decidono che il bambino dovrebbe vivere con la madre. I padri possono nominare tutori alternativi per i loro figli, ma la legge non dà alle madri la stessa facoltà. Infine un padre può chiedere di porre fine alla custodia del proprio figlio per «incompetenza» della madre. A New York, nei corridoi del CSW68 i diplomatici occidentali hanno riconosciuto informalmente, solo in privato, i problemi legati alla presidenza saudita per il prossimo CSW69. Ma business is business, anche sui diritti. In fondo basta poco di questi tempi per sembrare progressisti.

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Vittime del lavoro, l’ecatombe non si ferma

L’altro ieri a Valdidentro, in provincia di Sondrio, un operaio di 51 anni ha perso la vita dopo essere stato schiacciato da 300 kg di pannelli di legno. Inutili i soccorsi. A Genova Pegli un operaio è caduto da oltre tre metri e non ce l’ha fatta. Inutili soccorsi anche qui. Poco prima, nella notte, tre operai erano feriti gravemente – due di 48 anni sono in terapia intensiva con prognosi riservata, un altro di 38 anni in gravi condizioni – dopo un incidente nel cantiere per la realizzazione della galleria passo San Giovanni-Cretaccio, in Trentino. Sono precipitati forse a causa di un cedimento del carrello elevatore da un cestello all’altezza di 5 metri.

Per l’Osservatorio nazionale morti sul lavoro al 21 marzo sono morte 220 persone sul luogo di lavoro che diventano 285 se si aggiungono i morti in itinere. Ieri Cgil e Uil hanno annunciato una manifestazione per il 20 aprile “per dare un segnale al governo e chiedere risultati”. “Il governo ha trovato solo 12 milioni per nuovi ispettori del lavoro, ma 600 milioni per gli agricoltori”, spiega il segretario della Uil Bombardieri.

Sciopero di quattro ore annunciato per l’11 aprile. Tra le richieste dei sindacati un nuovo Durc dove viene riportata anche “l’assenza di denunce di infortuni gravi e mortali negli ultimi cinque anni”. Altre richieste: stop ai fondi pubblici alle imprese senza requisiti di regolarità e legalità e che non applicano i contratti nazionali sottoscritti dai sindacati più rappresentativi. L’applicazione del codice degli appalti pubblici anche in quelli privati. Il divieto di subappalti a cascata, sia nel pubblico che nel privato. E poi più controlli e più ispezioni.

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Maxi-sequestro a Dell’Utri. Nel mirino dei pm di Firenze i soldi per il silenzio su Berlusconi

Per ora sono più o meno 10 milioni. A tanto ammonta la cifra che ieri è stata sequestrata a Marcello Dell’Utri e alla moglie Miranda Anna Ratti nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Firenze sui presunti mandanti esterni delle stragi mafiose del 1993 a Roma, Milano e Firenze, dove l’ex senatore di Forza Italia risulta ancora indagato. La Direzione investigativa antimafia di Firenze ha eseguito il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, emesso dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Firenze.

Per la Dda di Firenze il fondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri e sodale di Berlusconi avrebbe nascosto al fisco oltre 42 milioni euro

Per la Dia fiorentina il fondatore di Forza Italia e sodale di Silvio Berlusconi avrebbe nascosto al fisco 42.679.200 euro come variazione del reddito violando la legge Rognoni-La Torre sulle misure antimafia. Secondo la Procura quei soldi arriverebbero dai conti di Berlusconi a partire dalla sentenza passata in giudicato nel 2014 con cui Dell’Utri è stato condannato per concorso esterno nel delitto di associazione di tipo mafioso.

Secondo il procuratore Filippo Spiezia Dell’Utri avrebbe omesso di “comunicare, entro i termini stabiliti dalla legge, le variazioni patrimoniali. La misura cautelare è stata richiesta e ottenuta poiché Marcello Dell’Utri “con più azioni e omissioni, in tempi diversi, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, pur essendovi tenuto, in quanto condannato con decisione passata in giudicato”, ha omesso di “comunicare le variazioni patrimoniali”. Con il provvedimento del Gip è stato disposto “il sequestro preventivo in forma diretta, sino alla concorrenza della somma di 10.840.451,72 euro riconducibile a Marcello Dell’Utri, nonché, per la quota parte di 8.250.000,00 euro della somma complessivamente suindicata (42.679.200 euro, ndr), anche indirettamente riconducibile al predetto, per il tramite di Miranda Anna Ratti, ovvero per equivalente sui beni nella disponibilità diretta e indiretta di Marcello Dell’Utri”.

L’indagine, spiega la Dda fiorentina, “si inserisce nel quadro di procedimento penale oggetto di un più ampio coordinamento investigativo, portato avanti, in ambito nazionale, dalla Direzione Nazionale Antimafia, finalizzato all’individuazione dei mandanti esterni delle stragi continentali del 1993-1994”. Fino alla sua scomparsa, anche Berlusconi risultava indagato con l’ex senatore di Forza Italia.

Per la Dda la continuità di flussi di denaro è “sicuramente connessa a un riconoscimento anche morale, l’assolvimento di un debito non scritto, la riconoscenza, per quanto riguarda l’ultimo periodo”, dovuta all’ex senatore “per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi”. Il sospetto su cui indagano i magistrati è che quel denaro sia il premio per il silenzio di Dell’Utri durante il processo per mafia che ha subito. Dai bonifici emerge anche che le spese legali di Dell’Utri siano state interamente sostenute dall’ex presidente del Consiglio.

Berlusconi ha lasciato a Dell’Utri 30 milioni dopo la sua morte, come da volontà testamentaria

I magistrati ritengono che le modalità delle richieste di denaro da parte di Dell’Utri e della moglie “fanno ben considerare che alla base vi sia effettivamente una sorta di ricatto non espresso, ma ben conosciuto da tutti, e idoneo al persistere delle dazioni”. La moglie di Dell’Utri, Miranda Ratti, intercettata, secondo la Procura “ritiene di essere portatrice, e titolare, di veri e propri diritti economici verso Berlusconi” in base alla “consapevolezza che tutte le loro richieste, assecondate da Berlusconi, trovano fondamento in una sorta di risarcimento di quanto hanno patito nel tempo per colpa sua, per averlo, probabilmente, coperto”. Silvio Berlusconi ha lasciato a Dell’Utri 30 milioni dopo la sua morte, come da volontà testamentaria.

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Guerra di successione nella Lega. Salvini rischia la fine di Renzi

Ogni giorno una sberla. Ieri è stato il presidente del Partito popolare europeo (Ppe) a suonarle al leader della Lega Matto Salvini. “Non dobbiamo riconoscere le elezioni russe, e non dobbiamo riconoscere questo regime”, ha detto Weber, sottolineando come “dopo le elezioni tutti hanno visto la dittatura autocratica del Paese”. Tutti tranne Salvini. E infatti il presidente del Ppe, ricorda come in questo conflitto con la Russia “noi siamo con l’Ucraina, e dobbiamo essere tutti uniti” nel sostegno a Kiev.

Acque agitate sulle candidature al Consiglio federale della Lega. E la convention di domani a Roma va verso il flop

In Italia non va meglio. Ieri il presidente della Regione Veneto Luca Zaia rispondendo ai giornalisti sulla kermesse di ultranazionalisti convocata dal suo segretario domani a Roma dice che non potrà essere presente perché “da tempo” aveva “programmato una serie di inaugurazioni”. Zaia che taglia il nastro in qualche paese di provincia in contemporanea a Salvini che avrebbe voluto essere il leader del gruppo europeo Identità e democrazia è un’immagine che vale più di mille parole.

“Non aggiungo altro – ha detto Zaia – ogni altra domanda sarebbe come chiedermi ‘vuoi più bene alla mamma o al papà’?…”. Intorno al leader leghista I fedelissimi ormai si contano sulle dita di una mano. Dove prima spingevano tutti per riuscire a entrare nelle grazie del leader ora sono rimasti Claudio Durigon, Andrea Crippa, Luca Toccalini, Andrea Paganella, Roberto Marti, Susanna Ceccardi e Andrea Cecchetti. Troppo poco per costruire entusiasmo intorno a una manifestazione che in molti danno già per fallita. Su La Stampa si racconta di uno strappo più rumoroso dei soliti anche con il ministro alle Finanze Giancarlo Giorgetti.

Mentre il ministro dei Trasporti cavalcava la protesta degli agricoltori il governo di cui fa parte (e da cui ogni giorno si allontana) aveva deciso di ripristinare l’esenzione dell’Irpef agricola con un tetto. Per Salvini la misura sarebbe stata insufficiente per calmare gli animi e quindi avrebbe chiesto che a firmare il provvedimento non fosse il “suo” ministro a Palazzo delle Finanze ma il cognato della Meloni, Lollobrigida. Giorgetti sconfessa per l’ennesima volta il suo segretario e firma di suo pugno. Nel tentativo di rivitalizzare il partito in previsione dell’evento di domani l’ufficio stampa della Lega ha scritto una nota in cui dice che sono tutti occupati i i 1.500 posti disponibili allo studio 7 dei Roma Studios in via Tiburtina. Nella nota si parla di delegazioni da Portogallo, Austria, Fiandre, Francia.

Sale la tensione con Giorgetti per il via libera sull’Irpef agricola contro il parere del segretario Salvini

Non c’è traccia, per ora, di Alternative für Deutschland che in Germania sono la seconda forza politica. È certo che non ci sarà Marine Le Pen. I nomi annunciati per ora si limitano al portoghese André Ventura, il belga Gerolf Annemans e l’austriaco Harald Vilimsky. In mezzo ai forfait e alle incertezze Matteo Salvini alla fine ha richiamato “tutti gli eletti” nei collegi del centro Italia con un messaggio per precettarli. Intanto nel partito si discute molto più di quel che si vorrebbe fare vedere della voce che insistentemente circola sull’ottimo rapporto politico che la presidente del Consiglio sta seminando con il presidente del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga, già da mesi individuato come possibile successore di Matteo Salvini alla guida del partito.

Qualcuno ipotizza che dopo le Europee potrebbe avvenire il ribaltone che è nell’aria. La buona Lega uscirebbe dall’angolo dell’ultradestra europea per tornare a difendere i territori e per farsi portavoce delle amministrazioni locali. Salvini a quel punto potrebbe decidere di galleggiare con un suo piccolo partito personale. Esattamente come l’altro Matteo.

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Vi ricordate i trenta all’ora a Bologna

Poiché i numeri hanno l’enorme pregio di essere limpidi nella loro compostezza ecco quelli dati dal Comune di Bologna dopo l’introduzione del limite di trenta chilometri all’ora che ha così infastidito il ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Secondo quanto registrato dalla polizia locale nel periodo 15 gennaio-10 marzo ci sono state 73 persone ferite in meno rispetto al 2023, con un calo del 19,4 per cento. Per quanto riguarda le multe per gli eccessi di velocità su 4.500 controlli sono state eseguite 61 multe per il superamento dei 30 km/h e 119 per i 50 km/h.

Nel dettaglio, spiega l’amministrazione, nelle prime otto settimane dall’avvio del progetto sulle strade urbane si sono verificati in totale 377 incidenti, di cui uno mortale; 252 incidenti con feriti – che hanno provocato 304 persone ferite – nessuno con feriti in prognosi riservata e 124 incidenti senza feriti. Nelle stesse settimane del 2023 – dal 16 gennaio al 12 marzo – gli incidenti erano stati in totale 452, di cui 3 mortali, 296 incidenti con feriti – che avevano provocato 377 persone ferite – uno con un ferito in prognosi riservata e 152 senza feriti.

Guardando alle percentuali, si registra un calo del 16,6 per cento degli incidenti totali, un calo del 14,9 per cento di incidenti con feriti, un calo del 19,4 per cento delle persone ferite (che corrisponde a 73 persone in meno rispetto allo scorso anno), un calo del 18,4 per cento di incidenti senza feriti, due incidenti mortali in meno (1 nel 2024 mentre erano stati 3 nel 2023) e un incidente con ferito in prognosi riservata in meno (0 nel 2024, 1 nel 2023). Il calo di pedoni coinvolti in incidenti è del 5,8 per cento (69 erano quelli coinvolti nel 2023, 65 nel 2024). Quanti ai controlli, i veicoli controllati sono stati 4.578: 61 i verbali elevati per superamento del limite dei 30 km/h e 119 quelli per superamento dei 50 km/h (con 2 patenti ritirate).

Il nuovo codice della strada voluto da Salvini va esattamente nella direzione opposta. 

Buon venerdì. 

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Non basta commemorare. Ai clan va scassata la m…

Ieri a Roma in occasione della 29esima giornata dela memoria e dell’impegno per le vittime innocenti di mafia sono stati ricordati i nomi delle vittime della criminalità organizzata in Italia, alla presenza di una mare di persone che ogni anno decidono di stare accanto ai famigliari.

Perché abbiano giustizia le vittime di mafia e le loro famiglie bisogna spezzare la saldatura tra mafiosi, colletti bianchi e i loro protettori che stanno nelle istituzioni

L’80% di loro in questo Paese non ha avuto giustizia. Otto volte su dieci lo Stato non è riuscito a dare risposte al dolore e soprattutto alla sete di verità. Come accade ogni anno la politica ha sfornato una quantità industriale di comunicati stampa simili a pensierini scartati dentro un cioccolatino contribuendo a rappresentare le mafie come un fenomeno passato o comunque laterale. Non è un caso che degli importanti arresti che hanno coinvolto i clan baresi si parli solo per i risvolti politici, come se fossero una bega da lasciare a magistratura e forza dell’ordine.

Durante la 29esima giornata del ricordo e dell’impegno al fondatore di un partito che sta al governo sono stati trovate decine di milioni di euro regalati da un ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Quell’uomo, Marcello Dell’Utri (articolo a pagina 6), è indagato dalla Procura di Firenze per le bombe posate dalla mafia nel 1993. Quell’uomo tace, anche dopo la condanna a 7 anni per mafia, perché il suo silenzio è d’oro.

Perché abbiano giustizia le vittime di mafia e le loro famiglie bisogna spezzare la saldatura tra mafiosi, colletti bianchi e i loro protettori che stanno nelle istituzioni. Ieri il Presidente della Repubblica Mattarella ha ricordato che la lotta alle mafie è compito e dovere di tutti coloro che amano la Repubblica e intendono renderne migliore il futuro, istituzioni e cittadini. Scassare la minchia è l’azione necessaria, non solo commemorare.

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Perché la possibile cessione di Agi dice molto di quello che siamo

I colleghi dell’Agi, la seconda agenzia di stampa più importante in Italia, hanno proclamato due giorni di sciopero contro la possibile cessione della testata al gruppo del deputato leghista e ras delle cliniche nel Lazio Antonio Angelucci. L’Eni, proprietaria dell’agenzia, ha provato a calmare gli animi con un comunicato che nega le trattative. 

Anche se da fuori la vicenda sembra roba da giornalisti (e tra giornalisti) l’interlocuzione tra Agi e Angelucci è una questione politica e dice molto del Paese che siamo. Angelucci più che deputato è l’editore di un polo editoriale di destra che a oggi comprende Libero, Il Giornale e Il Tempo. Tra gli azionisti dell’Eni che potrebbe vendere Agi c’è il ministero della Finanze guidato da Giancarlo Giorgetti che è anche compagno di partito del potenziale acquirente Angelucci. Per le leggi vigenti potrebbe aprire un’istruttoria sull’operazione che interesserebbe un ramo strategico anche Palazzo Chigi dove ha lavorato fino a pochi mesi fa come portavoce della presidente del Consiglio Mario Sechi, ex direttore di Agi e oggi direttore di Libero. Era stato Sechi a spingere alla direzione dell’Agi Rita Lofano, che era sua vice, quando lui decise di diventare portavoce di Giorgia Meloni. Rita Lofano proprio oggi partecipa al lancio dell’associazione delle giornaliste di centrodestra fortemente voluta da Giovanna Iannello, storica addetta stampa proprio di Giorgia Meloni. 

Alessandra Costante, segretaria della Fnsi, ieri ha detto che l’informazione non dovrebbe “essere coinvolta in conflitti di interesse”. Pd e M5s hanno presentato due interrogazioni sul caso. È l’editoria italiana, bellezza. 

Buon giovedì. 

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Ucraina, oggi il Consiglio Ue sulle nuove forniture di armi a Kiev

Giorgia Meloni passa dalla Camera prima del Consiglio Ue e va in onda la scena del figliol prodigo. La scena è quasi commovente, il vice presidente del Consiglio Matteo Salvini passa tra i banchi del governo solo per abbracciare la presidente del Consiglio in favore di telecamera. I due sorridono. La foto per i giornali è servita. Come accade dai giorni dell’insediamento questo governo pensa di sciogliere le questioni politiche come certi influencer, con un video veloce da fare ingoiare ai propri sostenitori. Terminata l’esibizione Salvini leva le tende e se ne va a passo svelto.

Oggi il Consiglio Ue per aiutare a oltranza l’Ucraina fornendogli le armi. E portare il continente all’escalation con la Russia

Il punto politico rimane: un vice presidente del Consiglio Ue che non nasconde la propria vicinanza a Putin e che ha accesso alle informative riservate di un Paese Nato. A Bruxelles oggi a Meloni servirà molto di più di qualche moina in favore di telecamera per tranquillizzare i partner europei. “Mi si dice di parlare con Orban e con Salvini per chiarire il sostegno all’Ucraina”, dice la presidente del Consiglio intervenendo alla Camera, “in entrambi i casi contano le decisioni e i voti. Il governo italiano ha una posizione chiara in Ue. Quando io parlo con le persone con cui ho buoni rapporti porto a casa dei risultati”. È un personaggio già visto quello di Meloni che vuole fare credere di essere l’ago delle mediazioni sullo scacchiere internazionale.

La leader di Fratelli d’Italia non viene sfiorata dal dubbio che il suo indaffararsi per appianare sia figlio soprattutto delle sue amicizie sbagliate. Poi, come sempre, arriva il rovesciamento delle accuse: “Mi pare ci sia una questione maggiore nel famoso campo largo. Non parlo solo della posizione molto chiara e cristallina del M5S, ma anche dell’ambiguità di chi spiega a noi cosa dobbiamo fare e poi si astiene sull’invio delle armi all’Ucraina”, dice Meloni al dem Piero De Luca.

Conte a Meloni: “Gli italiani non vogliono la terza guerra mondiale dove lei ci sta portando”

Il leader del M5S Giuseppe Conte ha risposto per le rime, rimettendo al centro il tema della giornata ovvero la possibile decisione dell’Ue di prepararsi a una vera e propria economia di guerra per i prossimi anni. “Lei oggi – ha detto Conte a Meloni – si presenta senza soluzioni, non vuole inviare le truppe in Ucraina, non vuole trattare con Putin, non vuole partecipare a un tavolo di pace, ha messo l’Italia in un vicolo cieco. Negoziare le migliori condizioni per l’Ucraina è l’unico modo per evitare la terza guerra mondiale”. Per Conte “gli italiani non vogliono la terza guerra mondiale dove lei ci sta portando”. E poi: “Che cosa ne è della scommessa che ha fatto sulla vittoria militare contro la Russia Che cosa abbiamo prodotto con questa strategia Morti, distruzione, indebitamento degli italiani. E lei ha guadagnato un bel bacio sulla testa per la fedeltà che ha dimostrato nei confronti di Washington”.

La segretaria del Pd Elly Schlein ha voluto consigliare a Meloni “quando va in Egitto” di pretendere “da al Sisi gli indirizzi dei 4 assassini che hanno ucciso un ricercatore italiano, un ricercatore europeo, questo dovrebbe chiedere ad al Sisi”. Sull’Ucraina “abbiamo sempre mantenuto un atteggiamento coerente – ha detto Schlein – al di la delle sue fake news: abbiamo sempre sostenuto che sia doveroso sostenere il popolo ucraino“. E “sostenere l’Ucraina è giusto, ma siamo contrari a mandare militari europei sul campo. Serve uno sforzo in più per una pace giusta e duratura e questo sforzo finora non è stato sufficiente”, bisogna anche fare i conti con chi come “Viktor Orban che pone veti e lei lo sta per accogliere a braccia aperte nel suo gruppo in Europa. Braccia aperte a differenza di quelle di Ilaria Salis che sono in catene”.

Oggi a Bruxelles si riuniscono i capi di stato europei sull’onda delle parole del presidente del Consiglio europeo Charles Michel (“Se vogliamo la pace prepariamoci alla guerra. Serve spendere di più per la difesa e produrre più munizioni”) e quelle del presidente francese Emmanuel Macron (“Non escludo l’invio di truppe in Ucraina, rivendico le mie parole. La Russia non deve vincere”). Ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiarito che ciò che serve ora sono soprattutto munizioni. La paura di un’escalation è condivisa anche dall’Italia. Meloni l’ha ripetuto in questi giorni: No all’idea della Francia, nessun dispiegamento di truppe sul suolo ucraino. Il sostegno a Kiev deve andare avanti, ma senza l’intervento diretto.

La Polonia ha deciso di destinare 27 milioni di euro per la costruzione di rifugi anti-bomba

Ma la vera paura è un possibile disimpegno degli Usa in caso di vittoria del repubblicano Donald Trump. Così l’era dell’elmetto contagia un po’ tutti in Europa. Tre giorni fa ministra dell’educazione tedesca Bettina Stark-Watzinger, esponente del liberale Fdp, ha affermato che gli studenti devono imparare come comportarsi nell’evenienza di un conflitto armato. La Polonia ha deciso di destinare 27 milioni di euro per la costruzione di rifugi anti-bomba e il governo nazionale sta studiando un piano per restaurare vecchi bunker e costruirne di nuovi in tutto il paese, e addestrare i cittadini al loro uso. Copenaghen annuncia l’estensione della durata della leva e l’introduzione per le donne dal 2026. “Ci riarmiamo non per fare la guerra ma per evitarla”, ha spiegato la premier socialista Mette Fredriksen. Questa è l’aria che tira.

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Lobbysti al ministero. Pichetto Fratin s’è persa l’agenda

La giornalista di lavialibera Natalie Sclippa ci fa sapere che è impossibile sapere chi sia andato a incontrare i ministri e i dirigenti del ministero all’Ambiente dal 2021 a oggi. Come scoperto da lavialibera, “non è stata operata alcuna raccolta dati o informazioni”: i decisori, ossia tutti coloro che dentro il dicastero hanno incontrato i portatori di interessi, non hanno tenuto traccia di chi abbia avanzato richieste, né di quante volte abbiano avuto interlocuzioni e di che tipo.

Alla richiesta di accesso civico della giornalista Sclippa Roberta Spada, a capo della segreteria del ministro, aveva risposto sottolineando la sospensione della pubblicazione e l’impossibilità di soddisfare la loro domanda perché “l’ostensione delle informazioni […] richiederebbe un’attività di elaborazione dei dati” compresi “l’oscuramento dei dati personali”.

Strana come risposta visto che la cancellazione dei dati personali è una prassi della pubblica amministrazione che non richiede nessun complicato lavoro ex post. E infatti lavialibera ha scoperto che quell’agenda semplicemente non esiste, come scrive nero su bianco il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza Pietro Cucumile: “Dal giorno dell’effettiva sospensione dell’allora disciplina – scrive Cucumile – i decisori e i portatori di interesse precedentemente tenuti all’obbligo non hanno più comunicato i dati e le informazioni che rappresentano la base per poter garantire la loro pubblicazione”.

Dobbiamo quindi accontentarci delle foto di rito sui social del ministro Gilberto Pichetto Fratin o dei comunicati stampa che escono dal dicastero. Stiamo a posto così.

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