Femminicidi, dopo Giulia Cecchettin le donne ammazzate tornano a essere dimenticate – Lettera43
Nicoletta Zomparelli, Renée Amato, Maria Battista Ferreira e Sara Buratin. Sono le quattro vittime solo di febbraio. Casi che non risvegliano l’indignazione popolare e scomparsi perfino dalla strumentalizzazione politica. Ma non doveva essere il tempo di una rivoluzione?
Ripercorriamo solo febbraio. Il 13 Nicoletta Zomparelli, 46 anni, e la figlia Renée Amato, 19 anni, sono state uccise nel tardo pomeriggio nella loro abitazione del quartiere di San Valentino a Cisterna di Latina. A compiere il duplice omicidio è stato un maresciallo della Guardia di Finanza, Christian Sodano, 27 anni, ex compagno di Desyrée Amato, 22 anni. A pomeriggio inoltrato Sodano e la sua ex compagna Desyrée hanno cominciato a discutere animatamente e lui ha estratto la sua pistola d’ordinanza mentre lei terrorizzata si è chiusa in bagno. La mamma e la sorella sentendo le urla sono accorse e Sodano ha sparato a entrambe. Il finanziere avrebbe anche tentato di sfondare la porta del bagno, ma Desyrée è riuscita a scappare dalla villetta rifugiandosi in un piazzola di un distributore di benzina e mettendosi in salvo. Christian Sodano ha confessato, raccontando di volersi suicidare perché Desyrée aveva intenzione di lasciarlo. Come riporta il sito femminicidioitalia.info l’attività investigativa condotta dalla Procura di Latina ha fatto emergere una serie di atti persecutori posti in essere dal finanziere ai danni dell’ex compagna nei giorni precedenti al duplice omicidio.
I femminicidi di Maria Battista Ferreira e Sara Buratin
Il 26 febbraio Maria Battista Ferreira, 51 anni, è stata uccisa dall’ex compagno Vittorio Pescaglini, 57 anni, a Fornaci di Barga, una frazione del comune di Barga in provincia di Lucca. I due erano sposati ma si stavano separando. Lui l’ha seguita con in tasca un coltello con una lama di 18 centimetri. Hanno discusso e poi l’ha colpita. Il fendente che le ha forato il polmone è stato la causa della sua morte. Il giorno dopo i due avevano un appuntamento all’ufficio anagrafe del Comune di Fabbriche di Vergemoli per firmare alcuni documenti e definire gli ultimi dettagli del divorzio. Il giorno successivo, il 27 febbraio, Sara Buratin, 41 anni, è stata uccisa a coltellate dall’ex compagno Alberto Pittarello, 39 anni, a Bovolenta in provincia di Padova. Secondo le ricostruzioni, la coppia si era separata da circa due settimane. Sara Buratin aveva infatti lasciato la casa dove conviveva con il marito, ormai divenuto ex compagno, e insieme alla figlia adolescente si era trasferita nell’abitazione della madre in viale Italia a Bovolenta. Secondo le ricostruzioni si erano separati da due settimane. Pittarello aveva chiesto un giorno di ferie all’azienda in cui lavorava e aveva chiesto un’incontro alla sua compagna dicendo anche aveva un regalo da consegnare alla figlia.
Altro che rivoluzione, le donne ammazzate dopo Giulia Cecchettin sono scomparse perfino dalla strumentalizzazione politica
Sono quattro le vittime di femminicidio nel mese di febbraio, che si aggiungono alle cinque avvenute nel mese di gennaio. Come tocca fare ogni volta che si scrive un articolo sul tema bisogna precisare che questo pezzo è stato scritto di venerdì. La frequenza dei femminicidio è tale che il rischio che un articolo invecchi prima ancora di essere pubblicato è molto alta. Dopo la fiammata per la morte di Giulia Cecchettin l’opinione pubblica italiana e la stampa si sono ripiegate sulla solita resilienza alle notizie di femminicidio. Anche il femminicidio – come molti altri casi di cronaca – subisce il processo di normalizzazione che lo rende una notizia breve, un cenno nei discorsi, una statistica da aggiornare. Sarebbe facile e consolatorio credere che la distrazione sui femminicidi sia solo colpa della stampa. È vero che per meritare una posizione di primo piano un femminicidio deve rispondere ad alcune caratteristiche come la bellezza e la giovane età della vittima (che non deve però essere troppo provocante perché altrimenti “se l’è cercata”), l’alone angelico dell’assassino che fino a un minuto prima era un ragazzo modello, la suspense del mancato ritrovamento di lui e di lei che consenta una ferale romanticizzazione immaginando una fuga d’amore oppure le caratteristiche tipiche del delitto morboso su cui sbizzarrirsi con ricostruzioni e macabri particolari. Le donne ammazzate dopo Giulia Cecchettin sono scomparse anche dall’indignazione popolare, dai cosiddetti influencer che in quel caso si erano esposti. Le donne ammazzate dopo Giulia Cecchettin sono scomparse dalla politica e perfino dalla strumentalizzazione politica. Quanto interessano i femminicidi al di là dell’uso strumentale per farsi notare nel dibattito, per attaccare un avversario o per guadagnare qualche clic? Forse molto meno di quello che si sperava nei tempi in cui alcuni troppo facilmente dissero che dopo Giulia Cecchettin sarebbe stato il tempo di una rivoluzione.
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