Il generale delle gaffe: Vannacci inciampa sulle leggi per la cittadinanza
Nel circo politico italiano, Roberto Vannacci ancora una volta si distingue per la sua capacità di elevare la gaffe a disinformazione. L’ultimo capolavoro del neo-europarlamentare leghista è andato in scena a Pontida, dove ha regalato al suo pubblico una lezione magistrale su come parlare di leggi sulla cittadinanza senza avere la minima idea di cosa stesse parlando.
La lezione di geografia creativa di Vannacci
Vannacci, con la solita sicumera, ha dichiarato: “Chi è che vi dà la cittadinanza Il Marocco forse se la chiedete? La Libia Il Bangladesh? La Nigeria No, non ve la concedono, e quindi non c’è motivo affinché noi la regaliamo agli altri”. Un’affermazione che sarebbe stata brillante, se solo Carlo Canepa di Pagella Politica, evidentemente afflitto dalla malsana abitudine di verificare i fatti prima di parlare, non avesse avuto la pazienza di smontare la perla di saggezza vannacciana scoprendo che in tutti i paesi citati dal generale esistono leggi che prevedono la concessione della cittadinanza agli stranieri. Che sorpresa.
In Marocco, ad esempio, un bambino nato da genitori stranieri può ottenere la cittadinanza se i genitori sono nati nel paese. La legge marocchina offre anche una seconda possibilità: chiunque nasca in Marocco da un padre straniero a sua volta nato in Marocco può chiedere la cittadinanza marocchina se il padre proviene da un Paese in cui la maggioranza della popolazione parla l’arabo e in cui la religione più diffusa è l’Islam. Inoltre, uno straniero può ottenere la cittadinanza del Marocco per “naturalizzazione” dopo cinque anni di residenza regolare, dimostrando una sufficiente conoscenza della lingua araba e mezzi di sostentamento adeguati.
La Libia richiede dieci anni di residenza per la naturalizzazione. In Nigeria, la cittadinanza per naturalizzazione richiede 15 anni di residenza, ma questo periodo può ridursi a 12 mesi se nei vent’anni precedenti si è vissuto in Nigeria per un periodo complessivo non inferiore a 15 anni. Il Bangladesh chiede cinque anni di residenza, una buona conoscenza del bengalese e l’intenzione di rimanere nel paese dopo l’ottenimento della cittadinanza.
I dati evidenziano non solo l’imprecisione delle affermazioni di Vannacci ma anche la complessità delle dinamiche migratorie e delle politiche di cittadinanza. Le leggi sulla naturalizzazione nei paesi citati, lungi dall’essere inesistenti come sostenuto da Vannacci, riflettono una varietà di approcci e requisiti.
L’analisi comparativa rivela anche che questi paesi, pur avendo leggi sulla cittadinanza meno liberali rispetto ad alcuni stati europei, non chiudono completamente le porte agli stranieri. Al contrario, offrono percorsi, seppur talvolta complessi, per l’integrazione legale degli immigrati di lungo periodo.
Numeri che parlano: la realtà contro la retorica
In Italia vivono 415 mila marocchini, 124 mila nigeriani e 174 mila bangladesi. Ma ci sono anche italiani che hanno fatto il viaggio al contrario. In Marocco sono 6.101, in Nigeria 840 e in Bangladesh 531.
Ma Vannacci non è solo in questa crociata contro la realtà. Il ministro Piantedosi, non molto tempo fa, ha dichiarato che nessun paese europeo applica lo ius scholae dimenticando paesi come Grecia, Portogallo, Lussemburgo e Slovenia abbiano forme di ius scholae nelle loro leggi sulla cittadinanza.
Ogni giorno il dibattito (bassissimo) sulla cittadinanza svela il lato peggiore della propaganda.
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