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Roghi e scontri di piazza. I Trattori mettono Bruxelles a ferro e fuoco

La protesta dei trattori arriva fino al cuore del Parlamento europeo e ora ai confini con l’Olanda. Prima i mezzi hanno occupato piazza Luxembourg, a Bruxelles, poi sono stati dati alle fiamme copertoni e materiale di scarto. La statua eretta nel 1872 in onore e in memoria di John Cockerill è stata vandalizzata. Compare un cartello: “Diciamo no al dispotismo”. La polizia, schierata in tenuta anti-sommossa dietro alle transenne posizionate lungo tutto il perimetro, ha azionato gli idranti. I manifestanti, presenti nelle vie adiacenti all’Eurocamera con centinaia di trattori, hanno fatto esplodere anche numerosi petardi al grido di “Senza agricoltori non c’è agricoltura”.

La protesta dei trattori travolge le istituzioni Ue e si sposta ai confini con l’Olanda. Metsola prova a mediare ma non convince

La presidente del parlamento Ue prova a smorzare i toni: “Dobbiamo ascoltare di più. Ci sono settori che non abbiamo ascoltato abbastanza”, dice. Mentre il Consiglio europeo sblocca i soldi per l’invio di armi in Ucraina la principale preoccupazione di Metsola è dichiarare che non vengano “sottratte risorse ai cittadini europei”. L’Eurocamera dovrà “esaminare i dettagli dell’accordo” sulla revisione del bilancio comunitario, che include il sostegno all’Ucraina, ha spiegato Metsola, avvertendo, tuttavia, che “l’intesa prevede un modesto aumento dei fondi per la gestione della migrazione e per le calamità naturali” sottraendo risorse a “programmi da cui i nostri cittadini dipendono e che gli Stati membri hanno concordato qualche anno fa”. “In vista delle elezioni europee, dovremmo incrementare, e non ridurre, i fondi per la salute, come EU4Health, e per la ricerca come Horizon”, ha evidenziato Metsola.

All’origine delle proteste, le misure per la tutela dell’ambiente contenute nel Green Deal europeo, l’accordo per ridurre l’impatto ambientale dell’Unione. Tra le misure più criticate, quella che impone di lasciare almeno il 4% delle terre a riposo per proteggere la biodiversità, regola già sospesa nel 2022 in seguito alla guerra in Ucraina. Gli agricoltori protestano anche contro l’aumento del prezzo del gasolio e contro i negoziati di libero scambio con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay). “La violenza non è mai giustificata, per nessuna ragione” ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, per il quale “le manifestazioni democratiche e pacifiche della grandissima parte degli agricoltori vanno rispettate. Quando c’è violenza invece è un problema”.

La Lega cavalca la protesta. Però con la legge voluta da Salvini gli agricoltori andrebbero arrestati

In una nota, gli europarlamentari della Lega affermano da parte loro che “le proteste degli agricoltori che vanno avanti da settimane in tutta Europa e arrivate fino a Bruxelles in questi giorni, con manifestazioni di massa di fronte alle istituzioni Ue, non possono e non devono essere ignorate. Di fronte a queste proteste, Bruxelles dovrebbe iniziare a fare autocritica. Quanto sta accadendo è il risultato di anni di scelte politiche sbagliate da parte dell’Ue, che con la sua agenda vuole sacrificare l’agricoltura e interi settori produttivi fondamentali sull’altare dell’ideologia green. Quella che vediamo in piazza è l’esasperazione di imprese, lavoratori e famiglie che pagano sulla propria pelle il prezzo di una transizione estremista e scellerata ideata da Timmermans e portata avanti da Von der Leyen. Il loro grido d’allarme va ascoltato: questa Europa non funziona, va cambiata radicalmente”.

Ai parlamentari leghisti sfugge solo un piccolo particolare: se si dovesse applicare il decreto contro gli ambientalisti voluto dal loro capo partito Matteo Salvini oppure il decreto Piantedosi sulle manifestazioni e sul blocco stradale quegli agricoltori andrebbero fatti scendere dai trattori e arrestati.

 

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Per Calenda erano scappati di casa. Ma ora imbarca i transfughi M5S

Per Carlo Calenda sono come la criptonite: scappati di casa, populisti, incompetenti. Per il leader di Azione, il Movimento 5 stelle e tutti i suoi componenti (eletti e elettori) sono il vero grande male del nostro Paese, quasi più dei protofascisti al governo e dei sovranisti vari. Però se qualche eurodeputato grillino decide di svestirsi e citofona al partito di Calenda il leader è pronto ad aprire la porta e abbracciarli come figlioli prodighi. Fabio Massimo Castaldo (nella foto), europarlamentare eletto col M5S e Federica Onori, deputata proveniente dallo stesso Movimento, ieri sono passati ad Azione. Lo ha annunciato Calenda in persona, durante una festosa conferenza stampa alla Camera: “Vengono in Azione e lo fanno su un punto dirimente per noi, cioè la tenuta di un asse di sostegno all’Ucraina. Oltre a questo ci unisce l’europeismo. Per noi è un onore accoglierli”.

Per il leader di Azione Calenda i Cinque Stelle sono il grande male del Paese. Adesso si dice onorato di accoglierne due

Federica Onori, parlamentare nella circoscrizione estero, diventa quindi il primo cambio di casacca in Parlamento. I due ex grillini motivano la loro scelta di entrare “convintamente in Azione” dopo essersi “battuti in politica estera senza ambiguità per la difesa dell’Ucraina – spiega Onori -: l’abbiamo dimostrato con i nostri voti, con le nostre presenze ai presidi contro la propaganda russa e per noi questo è un elemento dirimente”. Anche Castaldo parla di “scelta di coerenza e di linearità. All’inizio di questa crisi non abbiamo avuto alcuna esitazione sullo schierarci al fianco dell’aggredito contro le pretese imperialiste dell’aggressore. Lo abbiamo declinato lottando contro la propaganda russa, denunciando i molteplici tentacoli che anche nel nostro paese e forse il fatto che mancano un po’ di anticorpi all’interno della nostra democrazia”.

Castaldo è al termine del suo secondo mandato e quindi sarebbe stato non più candidabile per le regole interne del M5S. Nelle scorse settimane aveva attaccato il leader del Movimento Giuseppe Conte accusandolo di “un’involuzione democratica” nella gestione del partito. Pure per Calenda l’accoglienza dei due fuoriusciti è l’occasione per rintuzzare l’ex premier: “Oggi constatiamo che Conte è molto più vicino a Salvini che ai liberali, ai progressisti e ai popolari”, ha spiegato in conferenza stampa. A stretto giro è arrivata la risposta di Conte che ha augurato al leader di azione “buona fortuna”: “Dopo aver ripetuto all’infinito che il M5S è ‘un branco di scappati di casa’ che ‘vanno cancellati dalla politica’, oggi accoglie fiero i due ex M5S Castaldo e Onori, sottolineandone i ‘curricula di grandissima qualità’. Ma si sa, con Calenda a scappare di casa è al solito la coerenza”.

Il leader dei 5S non ha mancato di riservare un augurio personale anche a Castaldo “che dopo infiniti e sofferti tormenti, ha finalmente trovato con Calenda un approdo utile per una sua ricandidatura immediata alle prossime elezioni europee: d’ora in poi avrà una casa, una lista che gli consentirà il terzo mandato, ma anche il quarto, il quinto”. Conte ha anche sottolineato la distanza tra i due partiti ricordando ai due fuoriusciti “le battaglie che da domani combatteranno insieme a Calenda: per i tagli al Rdc, per l’invio di armi a oltranza, per il ritorno alla prescrizione, per la legge bavaglio e le tante norme sulla impunità”. L’europarlamentare Castaldo ci ha tenuto a sottolineare che “l’ambiguità non gli appartiene”. In effetti essere coerenti a un’idea che passa dal M5s ai calendiani deve essere uno sforzo notevole. Mancano solo il Papa, Che Guevara e Madre Teresa, come cantava Jovanotti.

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La legge sintetica del cognato Lollobrigida

Quando accade una bocciatura ampiamente prevista come quella della legge omeopatica sulla carne coltivata – volgarmente detta sintetica per favorirne la mortificazione – da parte dell’Unione europea si consolida la consapevolezza che non ci sia niente di più stupidamente costoso di un governo o di qualche ministro che utilizza la macchina legislativa dello Stato per propaganda.

Il disegno di legge fortemente voluto dal ministro all’Agricoltura nonché cognato Francesco Lollobrigida ha goduto di una velocità d’approvazione che ha inevitabilmente ostruito la strada a leggi più utili anche se meno altisonanti. Lollobrigida di fronte ai giornalisti si era anche vantato dell’Italia come primo Paese europeo a legiferare sul tema, senza essere colto dal dubbio che primeggiare nella foga non sia un’abilità da statisti. Luciano Capone su Il Foglio scrive che con una stringata nota, il 29 gennaio la Commissione europea ha informato il governo di aver archiviato in anticipo la notifica sulla legge che vieta la “carne sintetica” perché “il testo è stato adottato dallo stato membro prima della fine del periodo di sospensione” previsto dalle direttive europee. La Commissione invita pertanto l’Italia “a informarla del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia”.

La legge quindi non è applicabile perché notificata dopo l’approvazione. Un distillato tutto naturale di incompetenza e furore ideologico sia nei modi che nei contenuti. Il ministro Lollobrigida l’ha rivendicata da subito come enorme vittoria personale, grande almeno quanto il piacere che avrebbe voluto fare a Coldiretti. Che sia una figura enorme non c’è dubbio ma di sintetica per ora c’è solo la legge.

Buon venerdì. 

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Frana olimpica sul bob. Già dismessa la nuova pista

Luigi Casanova è una voce storica dell’ambientalismo. Per il mensile Altreconomia ha analizzato il caos intorno alla costruzione della pista da bob a Cortina per le prossime Olimpiadi, su cui il presidente veneto Luca Zaia e il suo capo partito Matteo Salvini hanno deciso di giocarsi un bel pezzo di credibilità.

Con il decreto del Governo Meloni i costi per la nuova pista da bob necessaria per le Olimpiadi sono lievitati a 128 milioni

Nel dossier della candidatura del 2019 ricorda Casanova che la pista da bob, slittino e skeleton avrebbe dovuto essere a Cortina ristrutturando la vecchia pista Monti chiusa nel 2008 per un susseguirsi di gravi incidenti e per gli insostenibili costi di gestione. Spesa prevista: 47 milioni di euro. “Poi i costi hanno cominciato a lievitare – spiega Casanova – prima a 61 milioni nel 2021, saliti nel 2022 a 85 milioni.

Fin qui, per zittire le proteste, Zaia proclamava che la pista se la pagavano i veneti. Per poi scoprire che il Governo Draghi, su pressioni di Zaia, il 26 settembre 2022 stanziava 85 milioni di euro per l’opera. Con il decreto del Governo Meloni dell’8 settembre 2023 i costi sono lievitati a 128 milioni complessivi, cinque dei quali già spesi per consulenze e demolizioni. Siamo ai giorni nostri. Zaia spinge per avere un progetto leggero da 81 milioni appaltato con affido diretto alla ditta Pizzarotti che ha 400 giorni per realizzarla. Ma il Cio insiste: le gare si devono svolgere solo su impianti già esistenti.

Quindi che potrebbe accadere? Secondo Casanova “qualora la pista venisse costruita è reale il rischio che non venga usata per l’evento olimpico. Siamo in presenza di un incubo – dice – un sistema decisionale che della trasparenza fa carta straccia”. In effetti avere impianti in disuso prima ancora delle olimpiadi sarebbe proprio da campioni.

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Parte la Carta cultura. Ma è la copia al ribasso del vecchio Bonus

Da ieri sono entrate in vigore la “Carta della cultura Giovani” e la “Carta del merito”, i nuovi strumenti elettronici introdotti dal ministero della Cultura con l’obiettivo di finanziare e potenziare la diffusione della cultura tra i giovani. Come specificato sul sito del ministero fino al al 30 giugno è possibile richiedere entrambe le Carte: ciascuna è individuale, nominativa e del valore nominale di 500 euro, e può essere utilizzata entro e non oltre il 31 dicembre dell’anno in cui i beneficiari si sono registrati sulla piattaforma.

Da ieri sono entrate in vigore la “Carta della cultura Giovani” e la “Carta del merito” con l’obiettivo di potenziare la diffusione della cultura tra i giovani

Le due Carte inoltre sono cumulabili tra loro. La “Carta della cultura giovani” è riconosciuta a tutti i residenti nel territorio nazionale in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, appartenenti a nuclei familiari con Isee non superiore a 35.000 euro. La Carta è assegnata e utilizzabile nell’anno successivo a quello del compimento del diciottesimo anno di età.

La “Carta del merito” è riconosciuta a tutti i residenti nel territorio nazionale in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, che hanno conseguito, non oltre l’anno di compimento del diciannovesimo anno di età, il diploma di maturità presso istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado con una votazione di 100 o 100 e lode. La Carta è assegnata e utilizzabile nell’anno successivo a quello del conseguimento del diploma. Se a prima vista l’iniziativa del governo vi sembra molto simile al Bonus Cultura ideato fin dai tempi del governo Renzi non vi sbagliate.

Il governo ha tolto i fondi alla 18App. E poi gli ha cambiato nome per farla sua

Il titolare della Cultura, ministro Gennaro Sangiuliano, aveva annunciato “la necessità di riformare, ridefinire e rinominare la 18App”. Nel 2023, erano stati stanziati 230 milioni di euro per erogare la cosiddetta Diciott’App ai neo diciottenni. Poi è arrivato il centrodestra che sui “giovani” ha costruito parte del suo consenso elettorale e le risorse previste sono state portate a esaurimento. A ottobre dell’anno scorso sulla pagina web dedicata è apparso un messaggio che dichiarava: “Si comunica che il plafond previsto dall’articolo 1, comma 357, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, quale limite massimo di spesa, è esaurito. Si rappresenta, pertanto, che la Piattaforma non consente più registrazioni”.

Ai tempi non fu il ministro a metterci la faccia, preferendo mandare in avanscoperta il deputato di Fdi Gimmi Cangiano che alla Camera aveva sostenuto che la vera origine del problema risiedesse – manco a dirlo – nelle azioni del precedente Governo. Ora hanno trovato la soluzione: mantenerlo, ritoccarlo (come sempre al ribasso) e riproporlo come iniziativa propria. Non è molto diverso dal percorso dell’odiosissimo Reddito di cittadinanza che il governo ha mediatamente demolito per riproporlo in altre vesti con molti meno soldi. La legge di Bilancio 2023 ha stabilito che dal 1° gennaio 2024 il Reddito di cittadinanza sarebbe stato superato dalle nuove misure di inclusione sociale e lavorativa.

La stessa operazione di maquillage è stata fatta con il Reddito di cittadinanza peggiorandolo

Dal primo settembre dell’anno scorso è entrato in vigore il Supporto per la formazione e il lavoro per i singoli componenti dei nuclei familiari, di età compresa tra 18 e 59 anni, con un valore dell’Isee non superiore a 6.000 euro annui e l’Assegno di inclusione per i nuclei famigliari con un valore Isee non superiore a 9.360 euro. Anche in questo caso il nuovo nome nasconde semplicemente il restringimento della platea e dei fondi a disposizione. La nuova politica di quelli che erano “pronti” è un fondotinta slavato dei governi precedenti.

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Saied rovina la festa a Meloni. La Tunisia non sarà il campo profughi dell’Ue

Il portale d’informazione tunisino non ha dubbi, il bilaterale tra il presidente Kaïs Saïed e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto esiti diversi da quelli proiettati dalla stampa governativa delle nostre parti. Il capo dello Stato ha sottolineato che il trattamento della questione migratoria può avvenire solo nell’ambito di un “approccio eminentemente collettivo” e non “individuale o addirittura di sicurezza”, aggiungendo che dovrebbe tenersi presto una conferenza di alto livello per discutere le questioni relative alle strategie e ai programmi di sviluppo da attuare nei paesi africani. Per Saïed, finché c’è speranza e futuro nessuno osa avventurarsi a lasciare il proprio paese a bordo delle imbarcazioni della morte destinate ad altri paesi, denunciando come disumane le condizioni che i migranti irregolari sopportano.

Il No di Saïed al Governo Italiano: “La Tunisia non accetterà l’insediamento di migranti africani sul proprio territorio”

Siamo ben distanti dalla colpevolizzazione dei migranti e la loro vittimizzazione secondaria così care al governo italiano. Ma la frase che i media governativi si sono furbescamente dimenticati di riportare è un’altra. “La Tunisia non accetterà l’insediamento di migranti africani sul proprio territorio”, ha affermato il capo dello stato tunisino, aggiungendo che “la Tunisia sarà un luogo di insediamento solo nel rispetto della legislazione del paese e non nell’ambito di una ‘misura’ o ‘’accordo’ proveniente dall’estero”.

Ieri il ministro Piantedosi è volato in Algeria da dove partono per l’Italia pochissimi migranti

Se il governo italiano ha deciso di finanziare Saïed per fungere da tappo nell’esternalizzazione delle frontiere l’accordo Italia-Tunisia è già bell’e naufragato, con tanti saluti ai porti chiusi in arrivo e in partenza. A proposito di differenze tra la propaganda nostrana e la propaganda in casa d’altri. Ieri il ministro all’Interno Matteo Piantedosi era in visita ufficiale ad Algeri. Inutile dire che nell’agenda dell’inquilino del Viminale ci fosse anche l’immigrazione, tasto dolente di un governo che sul tema non può che ammettere il fallimento. Peccato che l’Algeria sia più che marginale nel computo totale degli arrivi sulle nostre coste. Poco più di 500 persone hanno raggiunto le coste italiane in modo irregolare nel 2023, a fronte di 1.273 arrivi dell’anno precedente.

I pochi “harraga” (migranti illegali) algerini che sbarcano in Sardegna considerano l’Italia come punto di transito e non la destinazione finale. La stragrande maggioranza degli algerini, infatti, vuole raggiungere parenti o amici residenti in Francia o in Spagna, dove vivono milioni rispettivamente 2,5 milioni e 250 mila algerini, secondo le statistiche dei consolati algerini. Secondo le ultime statistiche di gennaio della polizia di Stato italiana, solo 18 algerini risultano attualmente trattenuti nei Centri di permanenza per i rimpatri. Anche in questo caso la retorica sicuritaria si scontra con la realtà. L’Algeria, questo è vero, potrebbe giocare un ruolo sulle partenze dalla Tunisia ma in questo caso si torna alla casella precedente, dove Saïed rimane fermo sulla posizione di non essere a disposizione dell’Italia per raccogliere i migranti che Meloni non vuole.

Sullo sfondo rimangono bene a mente anche la prole del premier albanese Edi Rama che di fronte al suo Parlamento a proposito dell’accordo tra Italia e Albania ci tenne a dire che l’Albania “non sarebbe diventato il campo profughi dell’Italia” ma ammise semplicemente di “avere voluto fare un piacere a Giorgia Meloni”. Come dire: mi hanno chiesto un piacere e li ho accontentati. Nulla di più. Ospite ad Atreju il premier albanese infatti precisò che “dire che questa (l’accordo tra i due Paesi, ndr) è la soluzione è pretenzioso, ma è uno sforzo per trovarla in una situazione dove è chiaro che l’Ue non si capisce sulla soluzione né sull’origine del problema”. È il metodo Meloni: comportarsi in Patria al contrario di come ci si comporta sullo scenario internazionale.

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I Mangiafemmine: intervista al Corriere Torino

Anatomia di un Mangiafemmine: «Chiunque tenga in tasca il proprio privilegio come un’arma da sfoderare per riempirsi lo stomaco di una turpe voglia qualsiasi. I mangiafemmine si nutrono di donne per definire la propria identità e per mostrarsi al branco come capaci alla caccia». È veramente distopico (non usiamo altri aggettivi in sostituzione di uno che si ripropone come la cipolla a colazione) e speriamo non preveggente, il romanzo che Giulio Cavalli presenta oggi alle 18.30 al Bistrò di Off Topic. «Quando il governo di DF smette di tollerare il bollettino quotidiano dei femminicidi emesso dall’Istituto Superiore della Naturalità resta una soluzione: la legalizzazione… Il rispetto della donna — dice la presidente di DF, scelta in quanto donna poco prima dell’importante riforma — si esercita dicendo la verità. La verità è che le donne soppresse dai loro mariti sono un argine al populismo di genere che ha intossicato il vivere civile».

Sul serio ha scritto il libro in 18 giorni?
«Sedimentava da molto. Ogni volta che da giornalista mi ritrovavo di fronte a una notizia utile alla costruzione di un mondo fallocratico mi si aggiungeva uno strato di consapevolezza».

Quanti mangiafemmine vede intorno a sé?
«Ne vedo e ne ho visti moltissimi. Ci sono quelli conclamati, quelli in incubazione, i sieropositivi al mangiafemminismo asintomatici, quelli ormai colti da demenza mangiafemminica, i consapevoli, gli inconsapevoli, i fascinorosi da non confondere con gli affascinanti. Io mi ritengo un mangiafemmine culturale. Sono nato in quei tempi lì, cresciuto in un mondo che aspirava alla piccola borghesia specializzandosi nel benpensantesimo. Riconosco i genomi di quelli che mostrifichiamo per dichiararci assolti».

Qual è la riflessione che possono e devono fare gli uomini?
«Serenamente coltivare la consapevolezza che il patriarcato è una componente millenaria della storia che ci ha portato fin qui. Avere la dignità di riconoscere una responsabilità culturale che è collettiva e che richiede di collettivizzare una riforma sociale che non può che partire dai maschi. In questi mesi abbiamo assistito a moti dovuti da eccesso di difesa che avevano l’aria di essere un mezza confessione. Quando gli oppressori si dichiarano oppressi non c’è nulla di buono all’orizzonte».

C’è un fatto che l’ha ispirata?
«Durante una riunione di redazione ho proposto un pezzo su un femminicidio avvenuto in un coppia anziana. Mi hanno spiegato che quel delitto non aveva nessuna caratteristica particolarmente notiziabile perché era “scontato”. Mi sono detto: l’abbiamo normalizzato».

C’è un filo sottile tra distopia e realtà, già scavallato in molti casi. Accadrà ancora?
«Qualcuno leggendo il libro ha parlato di iperrealismo. Un aggettivo molto più responsabilizzante».

Lei dice che ha fiducia nella lotta. In quale?
«Giro per le scuole e tocco un progresso fulminante. Sono stato usato come molla di assemblee in cui le donne rivendicano il diritto e il dovere di non stare al loro posto. Nei piccoli abusi quotidiani travestiti da innocenti scherzi mi capita di vedere maschi che non sorridono ed esprimono il loro fastidio. Credo che il mondo sia pieno di persone che ogni mattina provano a essere migliori e smettere di mangiare femmine è una materia obbligatoria».

E la sua, di lotta, qual è?
«Riconoscere i fallimenti. Se ti dichiari fallibile ti scrolli di dosso il paternalismo, uno degli elementi inquinanti del patriarcato. Da giornalista insisto per trovare spazio a ogni femminicidio e alle testimonianze delle donne sopravviventi. Mi illudo che le ripetitività degli abusi possa dare le dimensioni del dirupo».

https://torino.corriere.it/notizie/cultura/24_febbraio_01/giulio-cavalli-e-il-suo-ultimo-libro-siamo-tutti-mangiafemmine-e-la-responsabilita-e-collettiva-190ca4d5-f39d-4128-a014-b3c9ade55xlk.shtml

Revisionismo storico. Con Gasparri diventa legge

Per la milionesima puntata della saga di un governo che di professione si oppone alla sua opposizione ieri il senatore di Forza Italia (ed ex dirigente del Movimento sociale italiano), Maurizio Gasparri, ha presentato un disegno di legge per estendere i benefici previsti dalla normativa approvata 20 anni fa (legge 3 agosto 2004, n. 206) per “tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi” anche alle vittime “di atti criminosi di matrice politica compiuti sul territorio nazionale negli anni dal 1970 al 1979”.

Gasparri ha presentato un disegno di legge per estendere i benefici previsti per le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi anche alle vittime “di atti criminosi di matrice politica compiuti sul territorio nazionale negli anni dal 1970 al 1979”

La proposta di Gasparri, si badi bene, si inserisce nella scia di una riforma culturale oltre che legislativa auspicata sia da destra che sinistra. Il 16 giugno del 2011 gli allora deputati del Pd D’Antona e Veltroni depositarono un ddl molto simile in cui si citavano i casi di Giorgiana Masi descritta come “pacifista e inerme che si trovò sulla traiettoria di una pallottola e pagò con la vita gli eccessi di veri e propri squadroni della morte” e la vicenda dell’attivista di destra Sergio Ramelli, sprangato sotto casa e morto dopo una terribile agonia.

Stessa cosa fece Forza Italia nel 2020. Ciò che stupisce nell’azione politica di Gasparri è l’incessante dedicarsi a disegni di legge con lo scopo di martellare fingendo di voler pacificare. È lo stesso Gasparri che qualche giorno fa strumentalizzava le “sofferenze degli ebrei che oggi vengono aggrediti dal terrorismo fondamentalista”, lo stesso che piega la scienza per dare personalità giuridica al concepito per disarticolare il diritto all’aborto e che utilizza la Viglianza Rai come bastone. Usare la politica come luogo di continua autopromozione inquina così anche le battaglie giuste. Un’altra occasione mancata.

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Salis e il garantismo di fango di Salvini

Matteo Salvini ci tiene a farci sapere che esistono cose ben più gravi dell’italiana Ilaria Salis detenuta nelle galere di Orbàn in Ungheria senza tutele giuridiche, senza potersi difendere in un giusto processo e legata come un cane al guinzaglio con catene alle mani e ai polsi. 

Ieri il ministro alle Infrastrutture – sempre pronto a buttarsi nella mischia dalla parte sbagliata – ha estratto dal cilindro una vicenda giudiziaria che ha visto protagonista Ilaria Salis in Italia. Il leader della Lega ci tiene a farci sapere che Salis «è finita a processo» per avere «assaltato il 18 febbraio 2017, a Monza, un gazebo della Lega». «Il fatto che sia a processo anche in Italia per altri episodi di violenza e altre aggressioni sicuramente è spiacevole», dice Salvini. 

Di cosa sta parlando? Di una vicenda per cui non solo Salis è stata assolta ma, addirittura, la giudice Maria Letizia Borlone del Tribunale di Monza nelle motivazioni della sentenza evidenzia che la 39enne ha impedito che le violenze contro il banchetto della Lega proseguissero mettendo il «braccio dietro la schiena ad un giovane che aveva appena buttato a terra la bandiera leghista, come ad invitarlo a proseguire nel corteo».

La sentenza, riporta LaPresse, è datata 1 dicembre 2023 e ha assolto per non aver commesso il fatto la 39enne antifascista e altri tre coimputati, tutti accusati di violenza privata e danneggiamento. Secondo la sentenza, che si basa in particolare sulle immagini fotografiche e video girate il 18 febbraio 2017, nessuno degli imputati avrebbe «partecipato all’azione delittuosa commessa dai compagni di corteo, né pare averli in qualche modo incoraggiati o supportati moralmente».

Ma il fango intanto è sparso. 

Buon giovedì. 

 

In foto il murales di Laika dedicato a Ilaria Salis

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Sale la furia dei trattori. C’è scappato pure il morto

La protesta dei trattori dilaga e questa volta per non perdere il terreno il ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida decide di assecondare – seppur da lontano – la protesta. Ieri la Commissione europea ha annunciato che presenterà domani una proposta per una nuova deroga alle norme Ue rivolte agli agricoltori sulle quote minime di terreno da mantenere a riposo per avere accesso agli aiuti della Politica agricola comune (Pac).

La protesta dei trattori dilaga e questa volta per non perdere il terreno il ministro all’Agricoltura Lollobrigida decide di assecondarla

“Sulla base della minaccia percepita per la sicurezza alimentare” a causa della guerra in Ucraina, ricorda il portavoce, Bruxelles aveva già introdotto una deroga ai requisiti (in gergo, Bcaa 8) sui terreni a seminativo da lasciare a riposo. Ora, con le proteste degli agricoltori che montano in tutta Europa, una nuova deroga è all’esame. Gli agricoltori spagnoli hanno annunciato l’adesione al movimento di protesta europeo, convocando la mobilitazione in tutto il Paese. Le organizzazioni agricole Asaja, Coag e Upa hanno annunciato un calendario di protesta per chiedere un “cambio nelle politiche europee e un piano shock di interventi del governo a favore dei territori contro la crisi che vive il settore”. Gli agricoltori belgi, che protestano da giorni, intendono bloccare per 36 ore le strade di accesso al porto container di Zeebrugge, sul Mare del Nord.

Ieri la protesta ha raggiunto l’area del Parlamento europeo a Bruxelles

Ieri i primi trattori hanno raggiunto l’area del Parlamento europeo a Bruxelles e la città vallona di Namur è stata presa d’assalto da circa 300 mezzi. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha dichiarato ieri che sarebbe “semplicistico dare la colpa di tutto all’Europa” per spiegare le difficoltà degli agricoltori francesi che denunciano alcuni obblighi di legge della Politica agricola comune (Pac). In Italia oltre 250 trattori con più di 400 agricoltori provenienti in particolare dalle province di Milano, Pavia e Lodi, si sono dati appuntamento stamani nell’area antistante il casello autostradale di Melegnano, nell’hinterland di Milano, guidati dal coordinamento nazionale di ‘Riscatto Agrario’ per protestare contro le politiche dell’Unione europea nel settore.

L’organizzatore del presidio: “Andando avanti così rischiamo tutti, prima o poi, di chiudere”

Filippo Goglio, organizzatore del presidio, ha spiegato: “Andando avanti così rischiamo tutti, prima o poi, di chiudere”. “Non siamo contro il Governo – ha aggiunto -: siamo per l’Italia. Ecco perché come simbolo della nostra battaglia abbiamo scelto la bandiera italiana con il trattore raffigurato”. Protesta degli agricoltori contro l’Europa anche a Grosseto dove circa 50 trattori e diversi mezzi pesanti si trovano bloccati su un lato della vecchia Aurelia, oggi strada provinciale 154, mentre tentano di raggiungere il capoluogo dal sud della Maremma. Proteste anche davanti al casello dell’autostrada A/1 Valdichiana dell’autostrada del Sole, in Toscana, tra Sinalunga (Siena) e Foiano della Chiana (Arezzo). Primi blocchi anche al porto di Cagliari per i camion che cercano di entrare e uscire dallo scalo del capoluogo.

Fosse successo alle manifestazioni di Ultima generazione gli ambientalisti sarebbero stati crocifissi

L’altro ieri per le proteste un uomo di cinquantasei anni, D.C: è morto tra Cropani e Botricello, nel catanzarese, mentre era in auto insieme alla moglie e alla figlia, che i genitori stavano accompagnando ad un torneo nel crotonese. Come centinaia di automobilisti era incolonnati sulla statale 106 bloccata. Provate a immaginare come avrebbero urlato i ministri e certa stampa conservatrice se una persona avesse perso la vita durante le proteste dei giovani ambientalisti come quelli di Ultima generazioni. Nel loro caso ci siamo sorbiti fiumi di inchiostro per qualche vetro sporcato di zuppa. Per il decesso in coda dietro ai trattori la notizia è finita nelle brevi di cronaca.

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