No, stando zitti non cambia nulla e nemmeno fingendo di essersene dimenticati. Così quei cigliai di migranti accampati a Tripoli, in Libia, davanti alla sede dell’Unhcr sono ancora lì. L’unica differenza è il freddo che comincia a mordere e la pioggia che richiede dei teli di fortuna per trovare un riparo tra il marciapiede e la strada, usando le pareti di alcune abitazioni che fiancheggiano la strada come unico muro di stanze che non esistono. Gli appelli si sprecano, un appello del resto in questi tempi non si nega mai a nessuno, ma l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha dichiarato di avere sospeso la propria attività e il risultato degli ultimi rastrellamenti delle milizie libiche nel Paese ha portato migliaia di persone in mezzo alla strada, letteralmente, non è mica una metafora, in attesa di una soluzione che non arriva.
Uomini, donne e bambini sono senza cibo, senza acqua e senza alcun trattamento medico. Un riparo è un’aspirazione che non osano nemmeno: i ripari da queste parti sono i lager che il governo utilizza per contenere i disperati.
Nei giorni scorsi si sono svolte manifestazioni di solidarietà nel Regno Unito, in Svezia, in Canada, in Italia. Poi ci sono state le parole di Papa durante l’Angelus del 24 ottobre: «Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì».
Papa Francesco ha evidenziato che «occorre porre fine al ritorno dei migranti in paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo». Anche la Cei ha auspicato: «siano posti in atto interventi efficaci, capaci di garantire il rispetto dei diritti umani e la tutela della persona. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare – verbi indicati dal pontefice – restano la bussola da seguire per affrontare la questione migratoria e trovare soluzioni adeguate a un dramma che continua a mietere vittime e infliggere sofferenze». Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia, una delle tanto odiate Ong impegnate nel Mediterraneo in operazioni di salvataggio dice che le parole di Papa Francesco sono un manifesto da sottoscrivere punto per punto: «l’empatia che emerge dalle parole di Papa Francesco – dice Linardi – è proprio quella che da anni manca alla politica nella gestione dei flussi migratori, «se per politica si intende ancora protezione delle persone e non di altri interessi». «Ma c’è molto da fare anche nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica – conclude Linardi – che davvero non riesce a comprendere il livello di sofferenza che colpisce queste persone».
Ma i politici cattolici, quelli che sventolano il rosario e che anche questo Natale celebrano la loro fede lanciando la solita guerra in difesa del presepe, quando si parla di Libia, diritti e di immigrazione riescono addirittura a farsi scivolare addosso del Santo Padre come se fossero frasi lette di sfuggita su Facebook. Del resto l’Italia con la Libia c’entra eccome: «L’Italia – scrive Annalisa Camilli in un lungo articolo per Internazionale – ha attive in Libia quattro missioni militari: la missione bilaterale di supporto alla Libia, il supporto alla guardia costiera libica, Unsmil (la missione dell’Onu in Libia) ed Eubam (la missione dell’Unione europea per il controllo delle frontiere). Inoltre è presente nel Mediterraneo centrale con le operazioni marittime Mare sicuro della marina militare, con la missione europea Eunavfor Med Irini e con la missione Nato Seaguardian. Dal 2017 Roma ha speso in Libia un totale di 784,3 milioni di euro, di cui 213,9 in missioni militari. Nel complesso i fondi sono aumentati di anno in anno con il doppio obiettivo di fermare l’arrivo di migranti e di accrescere l’influenza italiana nell’ex colonia nel caos dal 2011, dopo la caduta dell’ex dittatore Muammar Gheddafi. Per l’addestramento e il sostegno alla guardia costiera libica lo stanziamento di fondi è passato dai 3,6 milioni di euro nel 2017 ai dieci milioni previsti nel 2020».
Due giorni fa l’Unhcr ha esortato il governo della Libia a rispondere alla situazione disperata di richiedenti asilo e rifugiati con modalità che siano rispettose della dignità e dei diritti umani. Le irruzioni e gli arresti arbitrari compiuti recentemente dalle autorità libiche in aree popolate per lo più da rifugiati e richiedenti asilo hanno provocato numerose morti e portato migliaia di persone in detenzione, molti hanno perso la casa o sono ora ridotti in povertà.
«Dall’inizio delle irruzioni e degli arresti condotti dalle autorità libiche a ottobre per motivi di sicurezza, abbiamo assistito a un drastico deteriorarsi della situazione di richiedenti asilo e rifugiati vulnerabili a Tripoli», ha dichiarato Vincent Cochetel, Inviato Speciale dell’Unhcr per il Mediterraneo occidentale e centrale. «È necessario che le autorità libiche predispongano un piano efficace che ne rispetti i diritti e individui soluzioni durature». Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite a Tripoli sarebbero almeno 3.000 le persone all’addiaccio. Molte hanno subito gli effetti degli attacchi, tra cui la demolizione delle case, e sono fuggite dalla detenzione in condizioni terribili. Altre si sono riunite nella speranza di essere evacuate.
«In seguito alle cosiddette operazioni di sicurezza, essendo rimaste senza casa e avendo perduto tutti i propri effetti personali, molte persone ora dormono al freddo in condizioni di totale insicurezza. È una situazione assolutamente inaccettabile», ha affermato Cochetel. UNHCR e i partner hanno dovuto sospendere le attività presso il Centro CDC per motivi di sicurezza ma continuano a essere impegnati in un dialogo attivo coi rappresentanti dei manifestanti fuori dalla struttura per spiegare loro che il Centro può offrire solo assistenza limitata, tra cui aiuti in denaro e cibo.
Insieme ad altre agenzie delle Nazioni Unite, l’Unhcr si dichiara pronta a sostenere un piano d’azione urgente che possa alleviare le terribili sofferenze patite dai richiedenti asilo e rifugiati in Libia. L’Unhcr continua ad appellarsi alle autorità affinché rispettino la dignità e i diritti umani di richiedenti asilo e rifugiati, mettano fine agli arresti arbitrari e rilascino le persone trattenute in detenzione.
Per strada, sotto i teli cerati da cantiere e riparati con oggetti di fortuna, le persone provano a resistere come si può resistere senza nemmeno sapere cosa permettersi di sperare. Alcuni uomini sono feriti: dei migliaia fuggiti da Gharyan qualche centinaio è riuscito ad arrivare a Tripoli attraversando i boschi e le montagne. Hanno addosso i segni delle milizie, raccontano di molti morti. Nelle scorse ore si è diffusa la voce della scomparsa di Saddam al Saket, un giornalista libico che documentava la situazione.
L’articolo Papa Francesco chiede accoglienza per i migranti, ma nessuno lo ascolta proviene da Il Riformista.