Non c’è nulla di più patetico del potere che ha bisogno di farsi prepotente per riuscire a governare perché non ci riesce semplicemente seguendo le regole. Recep Tayyip Erdogan è in questo momento il paradigma del potere in tutte le sue peggiori storture, fatto di bile e vendetta (grottescamente legittimate da un propizio fallito colpo di Stato) aggrappato a una proiezione di se stesso che rasenta l’iperbole. Il fatto è che qui non c’è niente da ridere: nonostante la posa da bullo Erdogan con la sua Turchia oggi tiene sotto scacco l’Europa grazie all’errore politico di chi ha deciso di usarlo come sacchetto dell’umido dell’immigrazione europea.
Erdogan intervistato da RaiNews 24 (a proposito: che bellezza vedere giornalisti non accomodanti sulle reti del nostro servizio pubblico) riesce in poche frasi a condensare l’impensabile tracotanza di chi crede di essere legge, sostituendosi alle leggi: “la vicenda dell’indagine su mio figlio a Bologna potrebbe mettere in difficoltà le nostre relazioni con l’Italia, che dovrebbe occuparsi piuttosto della mafia” ha dichiarato il leader turco, riferendosi anche ad una presunta timidezza da parte dell’Europa che non avrebbe sostenuto abbastanza il “ripristino della legalità” dopo il golpe fallito in Turchia.
Peccato che l’idea di ripristino di Erdogan passi attraverso la violenta censura degli organi di informazioni non allineati con una repressione che non ha nessuna parvenza di legalità né di democrazia. Il ripristino delle regole passa attraverso l’eliminazione degli avversari? Se Erdogan non è in grado di capire che la personalizzazione delle regole è incompatibile con l’idea di moderna gestione di un Paese non può essere considerato un interlocutore affidabile. La muscolarità è una deriva dei tronfi falliti.
(il mio editoriale per Fanpage continua qui)