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Patto illegale con Tirana per nascondere gli sbarchi continui

Mettere tutti gli eventi in fila fa spavento. Era agosto del 2022 – anche se sembra un’era geologica fa – quando la presidente del Consiglio Giorgia Meloni cianciava ancora di “blocco navale”. Sapevano benissimo anche loro che non sarebbe stato possibile – a livello di legge e a livello operativo – ma pensarono evidentemente di rimandare il senso di responsabilità. A marzo 2023 il governo partì con la “caccia agli scafisti in tutto l’orbe terraqueo”. Era la confessione morbida di avere mentito fin lì rilanciata con un’altra promessa strabica. Dimostrarono nel giro di pochi giorni di saperne poco o nulla su chi fossero realmente gli scafisti puntando il dito contro quattro disperati che si ritrovano a guidare carrette del mare sotto minaccia. E infatti fu un flop: nonostante i giornali si affannassero a scrivere di arresti a ogni sbarco le facce sfinite di questi ragazzetti violentati non sfamava gli elettori dei partiti di maggioranza.

Balle spaziali

A dire il vero gli “scafisti” che si arricchiscono con i migranti sono gli stessi che di giorno indossano la divisa delle cosiddette Guardie costiere dei Paesi con cui il governo italiano stringe accordi, già prima dell’insediamento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Fare la guerra agli scafisti continuando a pagare, per esempio, i libici è come voler sconfiggere la mafia trattando con Totò Riina (sì, lo so, è successo anche questo). A giugno di quest’anno Giorgia Meloni ha promesso un “cambio di passo dell’Europa” e i giornalini di quella parte hanno titolato a nove colonne che la nostra presidente del Consiglio avesse messo in riga l’Unione europea come nessun altro prima di lei.

Risultato? Non cambiò nulla. Bastarono pochi giorni perché l’Europa tornasse sporca e cattiva e così Meloni ha deciso di guardare fuori, in Africa, coniando un Piano Mattei che avrebbe dovuto essere l’invitante confezione dello sgretolamento dei diritti umani. Il primo Paese che avrebbe dovuto risolvere il problema italiano è stata la Tunisia di Kaïs Saïed. C’era un piccolo particolare: al presidente tunisino non interessava risolvere le angustie della presidente del Consiglio italiana. Voleva soldi, solo soldi, dal Fondo monetario internazionale e dall’Ue. Così gli arrivi dalla Tunisia addirittura aumentarono. Una barzelletta.

A settembre Meloni ci ha fatto sapere che Ursula von der Leyen “è collaborativa con l’Italia”. Qualcuno fece notare che tornare ad affidarsi alla presidente della Commissione europea era un’implicita ammissione del fallimento del Piano Mattei. Alcuni sottolinearono come quest’affannosa ricerca di partner in giro per il mondo stesse diventando patetica. E infatti qualche giorno fa Giorgia Meloni ha esultato per un accordo con l’Albania, che smentisce la strategia con Bruxelles. Su quell’accordo l’Ue dovrà ufficialmente pronunciarsi, ma intanto i giuristi di mezzo mondo, le organizzazione internazionali e il Consiglio d’Europa hanno già bocciato l’accordo con il presidente albanese Edi Rama.

Sbarchi a pieno regime

Intanto solo tra la notte e la mattinata di ieri a Lampedusa si sono verificati dieci sbarchi per un totale di 1.133 persone. Le diverse autorità del Mediterraneo sono state allertate dall’Ong internazionale Alarm Phone della presenza di 11 barconi carichi di migranti, per lo più nella zona tra la Tunisia e Lampedusa. Nell’hotspot di Lampedusa c’erano ieri 1.430 persone. Molte di loro sono partite dalla Libia che lautamente paghiamo e addestriamo e dal porto di Sfax in Tunisia. Intanto la Corte Suprema di Londra ha stabilito che il programma di deportazione del governo britannico dei migranti in Ruanda è illegale (leggi pezzo a pagina 6). È il preludio di quello che accadrà qui sull’accordo dell’Italia con l’Albania.

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