Assicurano tutti che entro la fine della settimana sarà tutto risolto, capigruppo e segreteria, ma l’organizzazione della macchina del Partito democratico guidato dalla neo segretaria Elly Schlein è ben lungi dal trovare una quadratura. “È la segretaria che ha il vento in poppa, è lei a dover decidere”, spiega un pezzo pregiato della mozione Bonaccini. Schlein ha deciso. Ieri ha spiegato a tutti che il partito avrà bisogno di essere nelle piazze a riconquistare elettori ma dovrà essere conseguente nelle azioni politiche in Parlamento. Per questo Schlein ritiene indispensabile alla Camera e al Senato avere due persone a cui affidarsi mentre lei proverà a riconnettere il partito con la presenza anche fisica nei luoghi caldi del Paese.
Ieri la leader del Partito democratica Schlein ha incontrato deputati e senatori. Oggi nuovo vertice per blindare i nomi dei capigruppo
Su Francesco Boccia capogruppo al Senato e Chiara Braga capogruppo alla Camera non si tratta. Saranno loro a essere eletti dai gruppi parlamentari nei prossimi giorni nonostante i mal di pancia di Base riformista la corrente che fa riferimento all’ex ministro Lorenzo Guerini e al senatore Alessandro Alfieri e che più di tutti ha sostenuto Stefano Bonaccini. Lo scontro però rischia di essere solo rimandato. “La segretaria continua a parlare di unità di partito ma bisognerà vedere se vuole davvero cedere i ruoli”, dicono da Base riformista. Tradotto: non basterà qualche posto in segreteria per fingere unità.
Anche ieri nella trattativa tra le due parti (gestita da Boccia per Schlein e da Davide Baruffi per Bonaccini) si è chiarito che l’accordo sui capigruppo è “condizionato” dalle mosse successive. “Elly non è espressione di un pacchetto di mischia”, riflette un senatore del Pd che i meccanismi interni del partito li conosce molto bene. “Renzi era espressione di un pacchetto mentre Schlein nonostante usi sempre il plurale ha intorno pochissime persone che toccano palla. Ci sono Alivernini (il portavoce) e Righi (lo storico “braccio operativo” di Schelin) ma se si va in un cerchio più esterno gli altri sono solo supporter”. Lo sondo politico del Pd che verrà sta tutto qui.
Schlein è approdata al Partito democratico con una rete “leggera” che in tempi brevissimi dovrà strutturarsi
Al di là delle polemiche strumentali Schlein è approdata al Partito democratico con una rete “leggera” che deve strutturarsi in tempi brevissimi e che deve inevitabilmente essere allargate anche alle altre anime del partito. Anche perché, come osserva qualcuno, già intorno a Schlein stanno Franceschini, Zingaretti, Orlando e Letta, ovvero il gotha del Nazareno degli ultimi cinque anni, seppur con nomi più masticabili (non hai Franceschini ma Braga, D’Elia per Zingaretti, Misiani per Orlando). “Ma quanto sono davvero dentro le decisioni di Elly?”, si chiede qualcuno. Ieri la segretaria nel suo incontro con i parlamentari dem ha rinviato la trattativa sui nomi.
“Ritenevo utile un primo momento di confronto sulla nuova fase e sulle priorità dell’attività politica e parlamentare. Domani, invece, affronteremo la questione degli assetti”, ha detto ai suoi colleghi, rivendicando la crescita del partito nei sondaggi e “una fase positiva testimoniata dalle 16mila tessere che sono arrivate in pochissimo tempo”. Ha ringraziato i capigruppo uscenti Debora Serracchiani e Simona Malpezzi oltre all’ex segretario Enrico Letta. I lettiani intanto hanno ufficializzato la costruzione di una nuova corrente “neo ulivista” guidata da Marco Meloni. “E voglio sperare per loro che abbiano messo in piedi tutto questo almeno per trattare qualche posto in segreteria, almeno per questo”, riflette un sostenitore di Bonaccini. Sembra una battuta cattiva e invece è il vero nodo di sempre del Partito democratico.
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