Sempre su nonna Peppina (ne ho scritto qui) vale la pena leggere l’aggiornamento di Loredana Lipperini:
Così, se non lo sapete già, Peppina è andata via. Non molto lontano dalla casetta che ha dovuto abbandonare dopo che il suo ricorso è stato respinto: nel famoso container di 15 metri quadri, che si suppone non confortevole con il primo freddo autunnale. Se ne va e insieme rimane e, oh certo, qualcuno dirà che ci si fa scudo con il corpo di una vecchia signora per andare a coprire, e in futuro giustificare, gli abusi.
Bisogna rispettare la legge, certo. E i vincoli paesaggistici ed edilizi esistono, evidentemente. Ma sono concepiti anche per una situazione di emergenza come quella attuale? Perché questo occorrerebbe faresecondo la Soprintendenza:
“L’edificio deve essere allineato con quello principale – all’interno della sua proiezione – l’intonaco va realizzato a base di calce idraulica naturale e successivamente tinteggiato con un prodotto a base di calce naturale a colori tenui, la copertura deve essere a due falde con il colmo del tetto parallelo al lato lungo e non più alto di ml. 2,40, gli sporti di gronda con i canali in rame non superiori a cm. 30, mentre quelli sulle falde non superiori a cm. 15, il manto di copertura deve essere realizzato con coppi anticati, gli infissi in legno, inoltre la morfologia dei luoghi deve rimanere inalterata ed il manufatto va schermato con essenze autoctone”.
Non solo:
“Nodo del contendere c’è, oltre all’orientamento del tetto, l’altezza massima calcolata dal colmo del tetto. Il regolamento regionale 2/2015, all’articolo 21, regolamentando le pertinenze, parla di un’altezza massima di 2,40 metri, senza ulteriori indicazioni. Misura che, secondo uno dei tecnici privati che si sta occupando delle pratiche per i suoi concittadini, per consuetudine solitamente viene calcolata fino alla gronda e non al colmo del tetto. “Ci sono pertinenze già realizzate, e regolarmente approvate dalla Soprintendenza che prevedono, come ovvio, che l’altezza massima di 2,40 mt sia quella in gronda” sostiene. Sottolineando che calcolare quell’altezza dal colmo del tetto “rende di fatto inutilizzabile l’accessorio considerando che all’imposta l’altezza sarebbe pari a circa 1,5 metri”.
Non solo:
Peppina avrebbe dovuto anche realizzare un parcheggio pubblico.
Non si stanno contestando le norme. Semplicemente, a fronte di un ritardo inammissibile (un anno dopo, le casette NON ci sono), occorreva snellire le procedure del fai-da-te. Non è stato fatto. Comunque vada a finire la storia di Peppina, ci sono gli altri 299 che il procuratore di Macerata intende perseguire. Perché così va. Perché in questo post-terremoto, come si è capito, le persone contano solo ed esclusivamente come possibili elettori, non come cittadini, non come membri di una comunità e di un territorio.
Questa storia è, in una parola, orribile.
(fonte)