Dopo una pandemia che ha messo in ginocchio l’Italia non solo dal punto di vista sanitario ma soprattutto dal punto di vista economico e sociale, la cosa più stupida che si potrebbe fare sarebbe fingere che il nostro sistema sanitario si sia dimostrato all’altezza. L’hanno fatto.
Nella bozza della legge di Bilancio per il 2023 per la sanità vengono previsti due miliardi di euro in più per il fabbisogno standard ma di questi 1,4 miliardi di euro sono da destinarsi solo al caro bollette. Avanzano quindi solo 600 milioni dopo avere pagato i costi delle luci e dei macchinari, una cifra che non basterà nemmeno a fronteggiare l’inflazione galoppante. Si può dire che la legge di Bilancio di questo governo consiste in un taglio alla sanità (l’ennesimo) dopo una pandemia. Non serve essere degli esperti per capire quanto tutto questo sia irresponsabile e dannoso.
Come un filo rosso che attraversa tutte le decisioni del governo anche in questo caso a pagare saranno i lavoratori. “Alla sanità del 2023 vengono destinate certo più risorse, ma per bollette e vaccini e farmaci anti Covid, non per servizi e personale. Niente per il Contratto di lavoro 2019-2021, che prevede incrementi pari a un terzo del tasso inflattivo attuale, e nessun finanziamento per quello 2022-2024», denunciano le organizzazioni sindacali dei medici, veterinari e dirigenti sanitari.
Anaao assomed, Cimo-Fesmed, Aaroi-Emac, Fassid, Fp Cgil medici e dirigenti Ssn, Fvm federazione veterinari e medici, Uil Fpl e Cisl medici esprimono preoccupazione e aggiungono: «Le condizioni di lavoro dei dirigenti medici, veterinari e sanitari, divenute insopportabili, anche a causa di una pandemia non ancora superata, alimentano uno stato di crisi della sanità pubblica che ha ridotto il Ssn a malato terminale».
«Le fughe di massa dei professionisti, insieme con l’insoddisfazione e lo scontento di chi non fugge – dicono i sindacati – suonano un allarme che, però, non arriva alle orecchie del ministro della Salute e del governo che non vedono organici drammaticamente ridotti al lumicino al punto da mettere a rischio l’accesso dei cittadini alla prevenzione e alle cure, insieme con la loro qualità e sicurezza».
«Servono – rincarano i sindacati – investimenti per le retribuzioni e per le assunzioni, perché la carenza di specialisti non può essere colmata dalle cooperative dei medici a gettone, pagati per lo stesso lavoro il triplo dei dipendenti e gratificati di una flat tax che porta a livelli intollerabili anche il differenziale contributivo».
«Per un adeguato rilancio del Ssn servono risorse per allineare spesa sanitaria a media europea, coraggiose riforme e visione lungo periodo. Altrimenti, Ssn è condannato ad una stentata sopravvivenza e finirà per sgretolare un pilastro della nostra democrazia», dice Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
Per un adeguato rilancio del SSN servono risorse per allineare spesa sanitaria a media europea, coraggiose riforme e visione lungo periodo. Altrimenti, SSN è condannato ad una stentata sopravvivenza e finirà per sgretolare un pilastro della nostra democrazia. #SalviamoSSN #gimbe pic.twitter.com/Hd7DwtWvWe
— Fondazione GIMBE (@GIMBE) November 24, 2022
L’obiettivo non dichiarato è facilmente intuibile: distruggere la sanità pubblica è il metodo migliore per pompare la sanità privata. La salute tolta dal cassetto dei diritti e messa sulla bancarella del mercato è il sogno recondito di questa destra (che in alcune regioni come in Lombardia è riuscita a realizzare). Difendere la sanità pubblica oggi ancora di più è un manifesto politico.
Buon venerdì.