Inserire norme che nulla c’entrano con l’argomento su cui l’esecutivo legifera è ormai un’abitudine consolidata. Su cui recentemente si è espressa pure la Consulta. E nel 2021 il presidente Mattarella con una lettera ai presidenti delle Camere. La lotta all’indifferenza verso la politica potrebbe partire proprio da qui: appassionarsi agli stratagemmi sfruttati per comandare più che governare.
Ha fatto poco discutere la recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittima una norma contenuta nel decreto 73/2021, emanato durante il governo Draghi e passato alle cronache come decreto Sostegni bis, quando in coda alla pandemia si moltiplicavano le misure di contrasto al Covid. In quel decreto («misure urgenti connesse all’emergenza da Covid-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali») all’articolo 54 tre comma 2 il governo aveva definito una fase transitoria per alcune Camere di commercio della Sicilia, nell’attesa che entri in vigore la riforma complessiva del sistema camerale regionale. Nulla a che vedere con il Covid, con i giovani, con le imprese, con la salute e con i servizi territoriali. A ben vedere anche nulla di urgente poiché la situazione delle Camere di commercio siciliane poteva essere risolta con una legge ad hoc che compiesse l’iter ordinario. Quella norma disomogenea in effetti era stata aggiunta dal Parlamento in fase di conversione, con la solita fame di fare di ogni decreto un omnibus con cui velocizzare altri provvedimenti e trovare velocemente le soluzioni. Dice la sentenza: «Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la legge di conversione riveste i caratteri di una fonte “funzionalizzata e specializzata”, volta alla stabilizzazione del decreto-legge, con la conseguenza che non può aprirsi a oggetti eterogenei rispetto a quelli in esso presenti, ma può solo contenere disposizioni coerenti con quelle originarie dal punto di vista materiale o finalistico essenzialmente per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare».
Il richiamo di Mattarella ai presidenti delle Camere nel 2021
Già nel 2012 la Corte con la sentenza 22 aveva affermato «il vaglio sugli emendamenti al decreto-legge, se flagrantemente estranei all’oggetto e alle finalità di questo. La loro approvazione importa, secondo la Corte, un uso improprio del potere parlamentare di conversione e concreta un vizio di legittimità costituzionale in parte qua della legge di conversione». Parole simili a quelle scritte il 23 luglio del 2021 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una lettera indirizzata agli allora presidenti di Camera e Senato (Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati) oltre che all’allora presidente del Consiglio Mario Draghi in cui il Capo dello Stato diceva di avvertire «la responsabilità di sollecitare nuovamente Parlamento e governo ad assicurare che, nel corso dell’esame parlamentare, vengano rispettati i limiti di contenuto dei provvedimenti d’urgenza, come già richiesto con analoga lettera dell’11 settembre 2020». «Il testo che mi è stato trasmesso», scriveva Mattarella, «contiene 393 commi aggiuntivi, rispetto ai 479 originari. Tra le modifiche introdotte ve ne sono alcune che sollevano perplessità in quanto perseguono finalità di sostegno non riconducibili all’esigenza di contrastare l’epidemia e fronteggiare l’emergenza, pur intesa in senso ampio, ovvero appaiono del tutto estranee, per finalità e materia, all’oggetto del provvedimento».
La moltiplicazione di commi e parole nei Dl nel corso dell’iter
I dati raccolti da Openpolis relativi a 39 decreti convertiti in legge da questo governo mostrano che «che in media i Dl presentati alle Camere hanno registrato nel corso dell’iter un aumento medio rispetto al testo base di 35 commi e 4.628 parole. In termini percentuali, l’incremento è stato del 55,3 per cento con riferimento al numero di commi e del 63,7 per cento per quanto riguarda il numero di parole». Il poco spazio lasciato al Parlamento e l’esigenza dei parlamentari di avere occasione di adempiere al ruolo di legislatori ha partorito 1.082 emendamenti apportati ai 16 decreti cosiddetti omnibus, per la stragrande maggioranza approvati in commissione per sfuggire alla tagliola del voto fiducia che il governo utilizza come ulteriore tagliola. Così nel decreto Caivano pensato per contrastare la criminalità minorile e l’elusione scolastica sono finiti i finanziamenti per la metropolitana di Napoli, per la diga di Montaquila in Molise e per la linea ferroviaria Biella-Novara. Nel decreto 145/2023, contenente norme fiscali, ci sono anche disposizioni relative a istruzione, sport, sicurezza, e procedure concorsuali della Consob.
Così, senza far rumore, si eludono i meccanismi della democrazia
La questione è sicuramente molto meno avvincente degli epici complottismi della maggioranza o delle polemiche sulla satira televisiva ma rivela chiaramente come l’elusione dei meccanismi della democrazia possa attuarsi con poco baccano e senza bisogno di riforme. La lotta all’indifferenza verso la politica potrebbe partire proprio da qui: l’appassionarsi ai bachi sfruttati per comandare più che governare.
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