I colleghi dell’Agi, la seconda agenzia di stampa più importante in Italia, hanno proclamato due giorni di sciopero contro la possibile cessione della testata al gruppo del deputato leghista e ras delle cliniche nel Lazio Antonio Angelucci. L’Eni, proprietaria dell’agenzia, ha provato a calmare gli animi con un comunicato che nega le trattative.
Anche se da fuori la vicenda sembra roba da giornalisti (e tra giornalisti) l’interlocuzione tra Agi e Angelucci è una questione politica e dice molto del Paese che siamo. Angelucci più che deputato è l’editore di un polo editoriale di destra che a oggi comprende Libero, Il Giornale e Il Tempo. Tra gli azionisti dell’Eni che potrebbe vendere Agi c’è il ministero della Finanze guidato da Giancarlo Giorgetti che è anche compagno di partito del potenziale acquirente Angelucci. Per le leggi vigenti potrebbe aprire un’istruttoria sull’operazione che interesserebbe un ramo strategico anche Palazzo Chigi dove ha lavorato fino a pochi mesi fa come portavoce della presidente del Consiglio Mario Sechi, ex direttore di Agi e oggi direttore di Libero. Era stato Sechi a spingere alla direzione dell’Agi Rita Lofano, che era sua vice, quando lui decise di diventare portavoce di Giorgia Meloni. Rita Lofano proprio oggi partecipa al lancio dell’associazione delle giornaliste di centrodestra fortemente voluta da Giovanna Iannello, storica addetta stampa proprio di Giorgia Meloni.
Alessandra Costante, segretaria della Fnsi, ieri ha detto che l’informazione non dovrebbe “essere coinvolta in conflitti di interesse”. Pd e M5s hanno presentato due interrogazioni sul caso. È l’editoria italiana, bellezza.
Buon giovedì.