La farsa del Piracy Shield è l’ennesima dimostrazione di come il matrimonio tra calcio e politica in Italia continui a generare mostri. Questa volta il parto ha prodotto una piattaforma che, con la scusa di combattere la pirateria, si arroga il diritto di oscurare siti web senza alcun vaglio giudiziario. Un piccolo dettaglio costituzionale che evidentemente è sfuggito ai nostri legislatori, troppo occupati a compiacere i desiderata della Serie A.
La genesi di questo pasticcio all’italiana ha del surreale: una piattaforma commissionata dalla Lega Calcio ancora prima che esistesse la legge per utilizzarla, sviluppata dallo studio legale dell’ex avvocato di Berlusconi, “regalata” all’AgCom che però deve pagarne la manutenzione con soldi pubblici. Il tutto benedetto in Parlamento da Claudio Lotito, contemporaneamente senatore di Forza Italia e patron della Lazio. Un capolavoro di conflitto d’interessi che neanche ai tempi d’oro di Berlusconi.
Il risultato? Google Drive bloccato mentre si giocava Juventus-Lazio, con buona pace di chi doveva accedere ai propri documenti. Ma tranquilli, il governo ha già trovato la soluzione: una nuova legge che allarga le maglie dei blocchi invece di restringerle. D’altronde, quando hai due senatori come Lotito e Galliani a fare da pontieri tra il pallone e Palazzo Chigi, tutto diventa possibile, persino calpestare i diritti digitali dei cittadini in nome della lotta al “pezzotto”.
È la solita storia italiana: problemi complessi affrontati con soluzioni semplicistiche e dannose, partorite in stanze dove gli interessi privati si mescolano indisturbati con quelli pubblici.
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