Ne scrive Alessandro Gilioli:
«Perché non mettere a disposizione il Campo Base di Expo per ospitare gli sfollati del terremoto? Mi pare una destinazione idonea, invece che farci un campo ‘profughi’».
Lo ha scritto ieri Roberto Maroni su Facebook, comprese le virgolette attorno alla parola profughi: come dire che veri profughi non sono.
Maroni era ministro degli Interni nel governo che gestì la vergogna dell’Aquila: decenza vorrebbe che di terremoti e simili non parlasse mai più.
Invece, contrapponendo terremotati e migranti mette i piedi nel piatto in quello che è il tratto politico e subculturale più forte di questi anni.
Non vale nemmeno la pena di spiegare a Maroni che portare gli sfollati dalla Sabina alla periferia di Milano sarebbe una solenne stronzata proprio per gli sfollati: che non devono essere sradicati dalle loro terre, che devono restare il più vicino possibili ai loro paesi e ricostruirli dov’erano, com’erano.
Non vale la pena perché a Maroni degli sfollati non importa una mazza: a lui interessa soltanto che le casette di Expo non vadano ai migranti. Anzi, per essere più precisi: a lui interessa soltanto che sia attizzata e rinfocolata la contrapposizione tra due componenti deboli della società.
Tra chi è rimasto senza casa per via del terremoto e chi casa propria ha dovuto abbandonarla per guerra o per fame.
Ecco, appunto: è questo il tratto forte dell’oggi, quello a cui ci hanno portato gli ultimi decenni – e ben oltre il terremoto: odiatevi tra voi, che state in basso.
(continua qui)