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Povera Cop29, poveri noi

La Cop29, l’annuale vertice sul clima delle Nazioni Unite, è terminata dopo due settimane di negoziati. La cronaca delle trattative ha meritato poca attenzione sulla stampa, qui dalle nostre parti. Ormai l’ambientalismo è diventato un tema per gli affezionati, una di quelle cose di cui non ti puoi permettere di non parlare, ma che puoi benissimo inserire nelle rubriche fisse: motori, risultati delle partite, meteo, lettere dei lettori e infine anche l’ambientalismo.

Nemmeno i 300 miliardi all’anno fino al 2035 per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare la crisi climatica hanno fatto notizia. Del resto, viviamo in un Paese governato da un ministro dei Trasporti che capeggia un’orda di maschi fieri di inquinare il più possibile. Lo smog come prolungamento del pene.

Il gran capo dei maschi, Donald Trump, alla Cop29 ha deciso di non volgere uno sguardo e di non sprecare nemmeno una parola. Per lui le auto interessanti, così come i missili, sono quelle del suo padrone Elon Musk.

Non aiuta nemmeno che, mentre le Cop aumentano di numero, anno dopo anno, le promesse degli anni precedenti vengano sempre smentite. Così tutto appare come una lunghissima analisi della sconfitta, a puntate, con un finale nero per tutti.

I Paesi colpiti da disastri climatici hanno fatto notare sommessamente che forse l’impegno profuso fin qui non basta. Gli altri hanno promesso soldi, ancora soldi. C’è qualcuno talmente stupido da pensare che risarcire possa essere risolutivo per annullare le cause.

Dicono che la crisi dell’attenzione verso l’ambientalismo corrisponda alla crisi del progressismo in giro per il mondo. Ma qui non si perdono le elezioni.

Buon lunedì.

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