Eh, no, Mimmo Lucano non era un delinquente. La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha smontato la ridicola sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che aveva aizzato una masnada di razzisti, di salvinisti-meloniani, di giornalisti con più bile che cultura giuridica, di liberali pelosi, di riformisti con il minnitismo conficcato dentro il petto e di giornalacci garantisti solo con gli amici degli amici. Quei 13 anni e 2 mesi di carcere per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio sono diventati un anno e sei mesi di reclusione per un reato bagatellare amministrativo (abuso d’ufficio per la determina sindacale del 5 settembre del 2017) con pena sospesa.
Crollano tutti quelli che aspettavano con il sangue tra i denti che a cadere fosse Mimmo Lucano. Crollano le penne bavose di chi colpiva Lucano per colpire l’accoglienza. Il “business criminale” nel sistema di accoglienza di Riace non sta a Riace. Era facile: bastava seguire i soldi, come suggerivano Falcone e Borsellino: di soldi in questa storia non ce ne sono mai stati nelle tasche di Lucano.
È vero però che su Mimmo Lucano hanno lucrato le copie vendute di qualcuno, ha lucrato lo share di qualche mendace trasmissione. Riace sta lì, ben piantata con i piedi per terra, a schiaffeggiare gli incapaci di immaginare l’accoglienza e l’integrazione. Ora, vedrete, i manettari sculetteranno da garantisti.
Resta una domanda interessante? Chi furono i ministri che pasteggiarono con le ispezioni a Mimmo Lucano? Chi era il Prefetto a Reggio Calabria che montò un disegno inesistente? Che carriera hanno avuto?
Buon giovedì.
Nella foto: Mimmo Lucano nella piazzetta di Riace (Carlo Troiano Wikipedia), 15 agosto 2018