pubblicato su Articolo21
C’è un porcellum più odioso di qualsiasi alchimia elettorale dei partiti o tecnici di governo che arrancano per preservarsi. E’ una dinamica elettorale odiosa perché cresce sulla disattenzione degli onesti e lascia praterie da percorrere da indisturbati a pezzi di criminalità organizzata. L’utilizzo del voto di preferenza è il modo democratico per dichiarare che quella persona, quel nome e cognome, è il portatore dei nostri interessi leciti. E’ passato questo concetto? Tra i siti di informazione, i giornali, i blog ci siamo preso la responsabilità di dichiarare con forza che la lobby degli interessi leciti è obbligatoria per una cittadino utile alla democrazia? Perché negli ultimi anni ci siamo stupiti per i successi elettorali di uomini vicini alla criminalità organizzata e non ne abbiamo studiato le cause? Le mafie negli ultimi anni hanno utilizzato la convergenza sulle preferenze per avere la certezza di un proprio uomo all’interno delle istituzioni. Hanno vinto non solo sul piano dell’illegalità ma anche (e soprattutto) sulla consapevolezza e la conoscenza dei meccanismi politici. Noi non siamo stati abbastanza vivi: non abbiamo raccontato, analizzato, spiegato, alzato la voce. Per questo io e Pippo Civati chiediamo a voi (e a noi) di sfruttare le prossime amministrative per recuperare il tempo perso. La campagna #preferenzepulite è un memorandum per tutti: scegliete il vostro sindaco, la vostra coalizione ma presidiate anche il consiglio comunale scegliendo il vostro consigliere. Più si alza la soglia numerica di preferenze per entrare in Consiglio Comunale e più le mafie saranno disturbate nei loro uomini. E poi, in fondo, ogni volta che si sfrutta una possibilità di esprimere un voto, vince la Costituzione e la Democrazia. Nelle ultime elezioni amministrative la criminalità organizzata ha avuto gioco facile nell’eleggere un consigliere all’interno delle istituzioni a cui fare riferimento e su cui esercitare le proprie pressioni. I dati elettorali degli ultimi anni indicano chiaramente come bastino qualche decina di voti per entrare nei consigli comunali di città importanti per dimensione, posizione e attività sul territorio. Ne parla spesso anche Nando Dalla Chiesanel suo decalogo antimafia e le ultime operazioni contro le mafie (anche in Lombardia) hanno stilato l’elenco dei nomi e dei cognomi. Se ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra utilizzano lo strumento del voto di preferenza meglio e più consapevoli della stragrande parte degli elettori il problema non è solo politico: è un problema di cittadinanza praticata troppo poco. Se le mafie dimostrano di conoscere gli strumenti democratici e di utilizzarli a proprio vantaggio significa che anche su questo punto noi dobbiamo provare ad essere più vivi. Il “porcellum mafioso” è garantito dagli argini troppo bassi. Per questo chiediamo in questi ultimi giorni di campagna elettorale che i candidati sindaci, la stampa, i partiti, la rete e la società civile alzino la voce sull’uso responsabile della preferenza da esprimere nel seggio. Indicare un cognome di cui fidarsi e a cui affidarsi non è solo il modo per non delegare solo alla coalizione l’attenzione per i punti di programma e avere una persona di riferimento; dare il voto di preferenza significa alzare l’argine contro le mafie per rendere più difficile la loro gestione del consenso.
Votate. E date una preferenza.
Su twitter #preferenzepulite