Viveva tranquillo a Caracas grazie ad una falsa identità, ma quando si è presentato all’aeroporto internazionale di Guarulhos a San Paolo del Brasile, quei documenti non lo hanno salvato. Dopo anni di latitanza è finito in manette Vincenzo Macrì, uno dei principali broker della cocaina del clan Commisso, incaricato di tessere e gestire le rotte del narcotraffico tra Europa e America Latina per la ‘ndrangheta della zona jonica reggina.
L’uomo, che si presentava come l’italo-venezuelano Angelo Di Giacomo, è stato fermato dagli uomini della Policia Federal brasiliana e dell’Interpol, all’esito di un’indagine della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dello Sco di Roma, coordinata dalla Dda guidata da Federico Cafiero de Raho. L’annuncio è stato dato dalla Policia Federal con un tweet e in mattinata confermata dagli inquirenti italiani. Macrì stava tentando di tornare a Caracas, che secondo gli investigatori è stata negli ultimi anni la sua base operative.
Nome noto nel mondo del traffico di droga, Macrì non è solo uno dei “logisti” della droga dei clan. Cinquantadue anni, di cui 13 passati in carcere negli Stati Uniti per traffico di stupefacenti, Vincenzo Macrì è il figlio di Antonio, il “boss dei due mondi” che per decenni ha governato sulla ‘ndrangheta tutta, prima di essere spodestato e ucciso dalla prima guerra fra clan. Considerato dai pentiti il “capo dei capi” con in mano “le ‘chiavi’ per entrare negli Usa, in Canada e in Australia’’, u “Zi Ntoni Macrì” è stato ucciso a 73 anni a colpi di mitra, mentre giocava a bocce, da un commando formato dagli esponenti dei clan più importanti del reggino. Ma quella tranquilla attività da anziano non dà il metro del regno criminale di Macrì.
Vero ideatore del cartello della droga Siderno Group, insieme ai boss di Cosa Nostra americana Frank Costello e Albert Anastacia, Antonio Macrì ha scritto di proprio pugno la storia del narcotraffico internazionale. E nonostante la morte violenta e le avverse fortune del suo clan, il figlio Vincenzo ha ereditato un ruolo di vertice nel settore. E non solo. Per anni residente fisso ad Aalsmeer (Olanda), insieme al cognato Vincenzo Crupi, arrestato circa un anno fa, Vincenzo Macrì ufficialmente lavorava solo nel commercio di fiori. In realtà, è da lì che per anni ha curato la spedizione e l’arrivo in Europa di innumerevoli container pieni di cocaina. Ma non solo. Dall’Europa, Macrì ha continuato a monitorare con attenzione gli equilibri criminali delle famiglie stabilmente residenti in Canada e direttamente collegate ai clan di Siderno, soprattutto in seguito all’omicidio del boss Carmine Verduci, assassinato a Woodbrige, in Ontario, il 25 aprile 2014. Una “responsabilità” ereditata dal padre ‘Ntoni e che Macrì divideva con esponenti di primo piano della ‘ndrangheta di Siderno, come Cosimo e Angelo Figliomeni, formalmente residenti in Canada ma di fatto latitanti, e Giuseppe e Antonio Coluccio, entrambi arrestati e finiti in carcere negli anni scorsi.
Quando anche per Crupi l’aria si è fatta “pesante” e il boss ha iniziato a sentire che gli investigatori gli stavano con il fiato sul collo, avrebbe trasferito la propria base oltreoceano. Nuovo continente, nuovo paese, nuova identità, ma medesimo settore di business. Secondo gli investigatori, da Caracas Macrì avrebbe continuato a coordinare acquisti, traffici e logistica non solo per il suo clan, ma per tutte le famiglie di ‘ndrangheta decise ad “investire” nel settore. Per gli investigatori infatti, era lui che insieme a Giuseppe Coluccio, Antonio Stefano, Nicola Tassone, Antonio Coluccio e Alfonso Condino decideva presso quali canali di approvvigionamento procurarsi la droga e le località in cui consegnare lo stupefacente, nonché le modalità di ripartizione degli utili.
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