Alessandro Gilioli ha centrato il punto:
«Mi pare di leggere nelle sue frasi, infatti, un certo grado di sospetto verso le pratiche di quella stessa parte politica che lo avrebbe voluto candidare. Mi riferisco a quando scrive: «Il ruolo di sindaco dovrebbe prevedere il supporto di una squadra di persone scelte con anticipo e ponderazione, competenti e fidate, con le quali condividere un percorso così importante per i cittadini». Ecco, magari sbaglio, ma ci leggo una critica alle improvvisazioni pre-elettorali della sinistra (e quante ne abbiamo viste, in questi anni, di queste improvvisazioni!). E ci vedo pure una possibile preoccupazione per quello che gli sarebbe rapidamente successo se avesse detto sì: l’assalto alla diligenza per un posto in lista o in squadra, e poi paletti, mediazioni, trattative, spartizioni. Che un po’ fanno parte della politica, certo, ma se sono troppe la inquinano, la distorcono, ne svuotano il senso.»
E sono d’accordo con lui, in pieno. Perché questa lezione sembra proprio che non si riesca ad imparare. Il suo post è qui.