Vale la pena leggere Christian Raimo:
Fare politica a Roma in nome del degrado e del decoro vuol dire non aver presente che la “riparazione” che occorre a questa città non è un belletto, ma una cura radicale. Fatta di trasformazioni profondissime, infrastrutture serie, investimenti massivi, e soprattutto visione politica e scelte di lungo respiro, che si giocano sui trasporti, sui rifiuti, sul consumo del suolo.
Proviamo a porci degli interrogativi seri, e non domande pleonastiche che servono solo a confermarci nelle nostre inutili retoriche.
Non è ovvio, per esempio, che la condizione di sofferenza di Roma sia il prodotto della creazione di aziende partecipate che sono state il brodo di coltura del clientelismo? Come dimenticare che le politiche di austerità hanno sempre di più svuotato i fondi a disposizione della giunta per attività che non fossero di emergenza: tutto il settore cultura, per esempio, dalle biblioteche ai teatri, pesantemente sottofinanziato?
Immaginare di salvare Roma eliminando la sporcizia dal centro storico vuol dire, nel migliore dei casi, radicalizzare questa divisione tra un’immagine turistica – che serva come fondale per qualche produzione hollywoodiana – e una città reale – che non riesce per esempio a trovare una vocazione industriale.
Nel peggiore dei casi, significa invece preservare l’accesso di alcuni luoghi a un’élite sempre più ristretta e abbandonare il resto di questa città alle sue spinte peggiori: il razzismo, il neofascismo, la porosità alle mafie.
Chi vuole affossare Marino dovrebbe pensarci bene. Da parte sua anche il sindaco dovrebbe capire com’essere permeabile a un reale desiderio di partecipazione dal basso, prima di finire la sua esperienza politica piena di promesse sotto i colpi della demagogia.
Il resto è qui.