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Psicodramma al Centro. Da Renzi a Calenda tante sigle e pochi voti

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I più spaventati ieri mattina, dopo la caduta del governo Draghi, erano i renziani, nei corridoi del Parlamento. Da fuori esibiscono la loro solita sicumera, con gli account social del partito che menano sberle al Pd, a Forza Italia, alla Lega e al M5S, ma la loro situazione per andare al voto è nera.

Matteo Renzi è riuscito a rendersi indesiderato perfino da Carlo Calenda (che pesca nella stessa area)

Matteo Renzi in questa legislatura è riuscito nell’ordine: ad abbandonare il Pd di cui era segretario dopo avere accusato gli altri di non dimettersi per farsi il proprio partitino facendosi il suo partitino; è riuscito a urlare al “capolavoro politico” per avere fatto cadere Salvini per poi ripetersi con un altro “capolavoro politico” facendo rientrare nel governo successivo Salvini; è riuscito a rendersi indesiderato da Carlo Calenda (che pesca nella stessa area) e infine a promettere che il Governo Draghi non sarebbe caduto e che gli altri avrebbero perso la faccia.

Ma il problema più grave di Renzi e del suo partito personale Italia Viva è sempre quello di non avere voti, essere pieno di ceto politico ma magrissimo negli elettori, come confermano i sondaggi e i risultati delle ultime elezioni amministrative. Chissà che incubo dover uscire da Twitter, dal Parlamento, a scoprire con mano il mondo là fuori.

Carlo Calenda lancia subito il suo programma elettorale

Calenda invece lancia subito il suo partito scrivendo agli azionisti un programma elettorale a poche ore dalla caduta del governo: 1) rigassificatori e termovalorizzatori; 2) profonda modifica Rdc (Reddito di cittadinanza) con agenzie private e perdita dopo un rifiuto; 3) basta bonus 110% e sussidiopoli; 4) valutazione dei magistrati; 5) tempo pieno in tutte le scuole; 6) no scostamenti di bilancio per finanziare tagli di tasse in deficit; 7) salario minimo, ma non stabilito nell’entità dalla politica; 8) chiusura false cooperative; 9) impresa 4.0; 10) formazione permanente ma non irrigidimento mercato lavoro; 11) accordo di libero scambio Usa.

E ancora: 12) centralizzazione della spesa Pnrr in caso di mancata risposta dei comuni e delle regioni; 13) spese per la difesa in linea con obblighi Nato; 14) transizione ecologica ma evitando furori ideologici antindustriali. 15) si alla concorrenza; 16) limitazione della possibilità di ricorso ai Tar e del potere interdittivo di Anac e authority varie. 17) apertura di un cantiere costituzionale per arrivare al monocameralismo e revisione del federalismo. 18) legge elettorale proporzionale con sbarramento alto; 19) cessione Alitalia e Ilva; 20) liberalizzazione servizi pubblici locali e gare per gestione sistema idrico basate su investimenti sulla rete.

Un filotto di proposte che mischiano un po’ di bile contro i nemici di cortile e un po’ di liberismo (agenzie private a gestire i disoccupati, questa è un capolavoro) che in sostanza dicono una cosa sola: Calenda sa perfettamente da chi vuole essere votato e anche in questo caso, come per Renzi anche se per motivi diversi, lo scopo è quello di diventare la filiale parlamentare della Confindustria più spinta, anche se con pochi voti.

Nella mischia moderata pure Luigi Di Maio

Poi al centro c’è Luigi Di Maio, dopo il suo capolavoro politico: scindersi e formare il suo partito per fare da stampella a un governo caduto subito dopo. Ma non preoccupatevi, dalle parti del centro basta essere utili e si diventa subito competenti, quasi statisti.

Gelmini e Brunetta del resto sono già stati incoronati come figlioli prodighi che sono tornati a casa dal padre. Ci sono insomma tutti gli ingredienti per essere di destra tirando la giacchetta al Pd per fare il centro-sinistra-destra che spiani la strada alla destra. Con un ultimo piccolo particolare: sono piccoli, sono in tre, senza voti e non vanno d’accordo tra loro. Questa, bisogna ammetterlo, è l’unica caratteristica veramente di sinistra.

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