La tassa sugli extraprofitti delle banche che ha contribuito a disegnare la presidente del Consiglio Giorgia Meloni come “donna forte al comando” non c’è più. Dopo UniCredit anche Intesa San Paolo, la banca italiana guidata dal ceo Carlo Messina, quella tassa sugli extraprofitti delle banche varata dal governo Meloni, non la pagherà.
Nel corso della conference call con gli analisti nei giorni scorsi, il ceo di UniCredit Andrea Orcel ha ricordato che, con quell’ultima versione della misura sbandierata con orgoglio dalla stessa presidente del Consiglio Meloni, due sono le opzioni che il governo italiano ha messo a disposizione delle banche italiane: «una era pagarla, l’altra era di rafforzare le nostre riserve e non pagarla, a meno che queste non vengano distribuite in un secondo tempo». E UniCredit ha deciso di rafforzare le sue riserve, destinando 1,1 miliardi a riserve proprie non distribuibili.
Due giorni fa anche Intesa San Paolo ha emesso un comunicato di “destinare a riserva non distribuibile un importo pari a circa 1.991 milioni di euro, corrispondente a 2,5 volte l’ammontare dell’imposta di circa 797 milioni, in luogo del versamento di tale imposta, avvalendosi dell’opzione prevista dal predetto provvedimento” annunciando che “la Capogruppo darà indicazione alle banche controllate interessate dal provvedimento (Fideuram, Intesa Sanpaolo Private Banking e Isybank) di adottare analogo orientamento”. Sostanzialmente, invece di versare la tassa sugli extraprofitti, la banca ha deciso di destinare a riserva una somma che ammonta a circa 2 miliardi di euro.
Così la “tassa sugli extraprofitti delle banche” si aggiunge alla collezione di annunci irrealizzati.
Buon venerdì.
Nella foto: la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, il vice Ministro Maurizio Leo, e i vice presidenti del Consiglio e ministri, AntonioTajani e Matteo Salvini (governo.it), Roma, 16 ottobre 2023