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Punire o rieducare? La lezione di una madre ai politici che giocano con le leggi

C.G. ha compiuto da poco 18 anni. La sera del 16 ottobre, di fronte al bar Mediterraneo di Sorrento, è caduto vittima di un agguato. Sei ragazzi l’hanno aggredito alle spalle e, quando è caduto a terra, lo hanno riempito di calci e pugni. Ha rischiato di perdere un occhio; gli hanno frantumato la mandibola, uno zigomo e alcuni nervi; ha perso un dente.

C.G. quella sera è tornato a casa. I suoi genitori l’hanno visto rientrare con il cappuccio della felpa che gli nascondeva il viso e solo al mattino hanno scoperto la faccia sfigurata del figlio. Trasportato d’urgenza in ospedale, vi è rimasto per più di un mese. I medici parlano di danni permanenti.

La colpa di C.G. è stata quella di difendere un amico dal bullo del posto. Questioni di ex fidanzate, “ragazzate”, si scriverebbe negli articoli frettolosi. Qui il morto non c’è stato per poco, ma i morti in Campania e gli episodi di violenza giovanile si ripetono negli ultimi mesi.

La madre del ragazzo, Alessandra, intervistata da Vincenzo Iurillo del Fatto Quotidiano, alla domanda se ritiene troppo flebili gli arresti domiciliari degli aggressori di suo figlio, risponde: “Sui provvedimenti non ho rimproveri da fare. Da mamma mi sentirò tranquilla solo quando questi ragazzi saranno rieducati e capiranno il male che ci hanno fatto. Ho tanta speranza che siano recuperabili”.

Mentre il governo invoca nuovi reati e più punizioni, la madre di una vittima ricorda il dovere costituzionale della riabilitazione. Siamo in un tempo in cui le vittime sono più lucide dei governanti. E questo è tutto.

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