Per chi, e sono tanti, crede che l’Italia si meriti da tempo un’antimafia giudiziaria all’altezza della mafia il cosiddetto “problema delle intercettazioni” sta nella difficoltà per ragioni di bilancio di potervi accedere come strumento di indagine. Un po’ perché solo in Italia le compagnie telefoniche incassano così bene per un servizio che andrebbe ricontrattato sui parametri europei e un po’ perché le enormi professionalità che abbiamo nel campo delle indagini sono monche per motivi banalmente economici.
Ha ragione il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Giovanni Conzo, titolare nel capoluogo partenopeo di alcune tra le indagini più significative a contrasto della diffusione nel nostro paese della criminalità organizzata non autoctona, quando dice: “I cinesi che possono contare su un’economia illegale di grande profitto, hanno usante e riti molto differenti dai nostri. Per cui sono un universo inesplorato e vorrei dire inesplorabile. Inesplorabili perché hanno tanti dialetti, tante lingue e fare intercettazioni telefoniche è difficile, perché è difficile trovare interpreti. La maggior parte di loro ha paura, ma non solo. Occorrono risorse per pagarli, visto che svolgono un lavoro che naturalmente deve essere retribuito il giusto. E così, se non ci sono i fondi, è evidente che queste indagini nemmeno possono iniziate”.