C’è un’immagine che parla da sola. Matteo Salvini nel giorno della crisi scarta i cronisti – lui che di giornalisti è sempre affamato – dicendo: «Oggi lascio spazio alla squadra, non parlo, tocca ai capigruppo». In quel momento sa benissimo che la Lega abbatterà il governo Draghi a suo modo, giocando di sponda, ma si nasconde. Perché si nasconde? Perché Salvini è consapevole che inventarsi su due piedi la caduta di un governo che fino a ieri era ribadito e rassicurato sarebbe un figura barbina senza un motivo valido da presentare anche ai propri elettori. Quindi il “Capitano” – colui che da sempre si rivende come l’uomo forte e che in questi giorni vuole sembrare “più forte” della sua avversaria interna Giorgia Meloni – decide di mandare avanti qualcun altro. Ha un nome questa inclinazione: codardia. Così anche in questo caso Salvini riesce a rimediare la figura del capitan Fracassa. Di lui rimane la fotografia seduto alla buvette del Senato con una Coca Cola in mano, mentre sbrodola un “cin cin!”, brindando alla fine del governo.
Berlusconi ci vuole convincere che lui con la crisi non c’entra nulla
Silvio Berlusconi in questi giorni sta provando a convincerci che non è stato il suo partito a fare cadere Draghi. Dice che Draghi era stanco – da Palazzo Chigi hanno smentito piuttosto risentiti a questa illazione – e teorizza che gli orari di lavoro di un Presidente del Consiglio, più impegnativi di quelli di un governatore di una banca centrale, abbiano fiaccato il capo del governo. Lo dice con quel suo sorriso sornione, mentre promette di piantare un milione di alberi (una volta erano un milione di posti di lavoro ma la crisi climatica ha cambiato il pay off del marketing politico berlusconiano) e intanto promette pensioni a 1000 euro e una vecchiaia felice per tutte le mamme degli italiani.
La marcia indietro dei grillini
Il capogruppo alla Camera Davide Crippa del Movimento 5 Stelle rilascia un’intervista al Corriere della Sera in cui dice: «Secondo me si doveva lavorare per star dentro e incidere nei provvedimenti in lavorazione». Davide Crippa era pronto alla scissione fino a qualche giorno fa, ora ha cambiato idea e chiede che ci sia «un confronto interno». Fabiana Dadone, ex ministra dei grillini dice: «Questa crisi non l’abbiamo innescata noi così come non l’abbiamo conclusa». Paolo Ferrara, nel Consiglio nazionale del M5s, invece ci fa sapere che «il M5s non è responsabile per la situazione in cui ci troviamo e non vuole diventare complice senza fare nulla per cambiarla».
Da Fedriga a Giorgetti, i governisti della Lega tacciono
Ma quelli che devono sempre scindere e poi rimangono sempre accomodati sono anche Giorgetti, Fedriga e tutta l’ala governista della Lega. Gente che si è costruita “credibilità” perfino nel centrosinistra per la il suo «senso di responsabilità» (in molti scrivevano così) e perché, a leggere certi giornali, stavano tutto il giorno a smussare Salvini. Appena hanno sentito profumo di elezioni hanno deciso che contraddire il capo sarebbe troppo maleducato e si sono seduti in disparte per non perdersi il prossimo giro di prebende.
Le idee, in questa campagna elettorale agostana, sono pericolose
Si può essere d’accordo o meno con il disarcionamento di Draghi ma la codardia del giorno dopo è significativa: non è stato nessuno, è colpa di tutti. Non è solo una questione di onestà intellettuale: nessuno ritiene necessario spiegare i motivi politici della caduta del governo, come se fossero una sciocchezza da scavalcare. L’importante è buttarsi sulle prossime elezioni. Così agli elettori non viene nemmeno data la possibilità di farsi un’idea. Le idee in questa breve campagna elettorale estiva sono pericolose. Sarà tutto solo un turbinio di emozioni. E non è un bene, credeteci.
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