(scritto per i Quaderni di Possibile qui)
Alla fine è Gentiloni il nuovo Presidente del Consiglio. L’ex ministro è stato designato dal Presidente della Repubblica Mattarella come traghettatore verso una nuova legge elettorale (magari non incostituzionale, questa volta, se vi riesce, grazie) e poi le prossime elezioni politiche. Una designazione figlia delle consultazioni del Capo dello Stato con tutti i gruppi parlamentari e, parallelamente, con le inusuali consultazioni di un Renzi dimissionario eppur ciondolante nei suoi molteplici ruoli. Attenzione: il segretario del PD (che è Renzi) ha tutto il dovere e il diritto di trovare una soluzione condivisa con il partito che guida, peccato che del coinvolgimento del suo partito non s’è vista traccia (rimbomba ancora il monologo spacciato per direzione nazionale) e che la scelta di Palazzo Chigi piuttosto che il Nazareno come sede dei suoi incontri non sia stata un grande idea (lo scrivevano ieri anche insospettabili renziani, per dire).
Comunque alla fine è il giorno di Gentiloni: l’ex rutelliano sale al Quirinale con un curriculum che comprende, solo negli ultimi anni, un terzo posto alle primarie per scegliere il candidato sindaco del PD su Roma (terzo su tre, eh) e un coinvolgimento mai chiarito su uno smercio d’armi italiane verso l’Arabia Saudita che altrove avrebbe fatto gridare allo scandalo. Ma Gentiloni, sia chiaro, ha in questo momento la qualità indispensabile per poter ambire al ruolo di Presidente del Consiglio poiché non fa ombra a Renzi eppure lo rappresenta. Ieri ho letto (non so dove e me ne scuso) che Gentiloni Presidente del Consiglio è un po’ come quando l’allenatore viene espulso e rimane il secondo in panchina filocollegato con la tribuna.
Il governo ombra (che non fa ombra) di chi aveva promesso (nel suo discorso in Senato già il 20 gennaio di quest’anno) di abbandonare la politica è l’ennesimo errore di Renzi che sembra non voler capire che i trucchetti non funzionano più e ormai si scorgono in fretta. Avrebbe potuto starne fuori e poi provare a ricominciare (che è un suo diritto, eh, ricominciare ma al netto delle promesse non mantenute) e invece è più forte di lui: a Gentiloni l’improbo compito di smentirci.