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Pino è un Don Quijote ma i mulini sono cambiati come cambiano i tempi: hanno facce, mani, testa, voce, ferro in tasca, soldi in borsa e avvocati. avvocati bravi, pagati bene. Il mulino che gli è rimasto più di traverso è la Distilleria Bertolino: una distilleria che inquina come vomito di Polifemo sopra Partinico.
Pino è come il calcare, ostinato fino ad indurirsi tanto da fargli male. Di quelli che sorseggiano il gusto di “battersi” come all’inizio di un aperitivo che probabilmente finirà male. Pino appena fuori dal cancello della Bertolino, a fotografarlo dall’alto, è piccolo come un tombino.
Pino è un rubinetto rotto: lavora per erosione, ai fianchi e alle spalle con una televisione larga come un cesso ma che suona martellate di artigianato fino e continuo.
Pino è un immoderabile: nel dubbio getta l’amo ma sempre con la sua faccia in mano.
Pino è la zucca di Cenerentola: si veste sguincio da cerimonia ma non si appiattisce al diktat del valzer della moderocrazìa.
Pino è mezzo nei guai, per una condanna che aggiunta alle altre lo fa arrivare lungo. Ma nei guai ci nuota bene. Perché a mare ci buttiamo in tanti che, poco poco, organizziamo un quadrangolare di pallanuoto.
Perché a raccogliere palle in rete ci abbiamo fatto il callo, ma siamo forti nel contropiede.
Pino qualcuno vorrebbe farlo stare zitto. Coprirlo, magari con le ingiurie o magari con il cemento.
[CEMENTO dal libro di Sergio Nazzaro IO, PER FORTUNA C’HO LA CAMORRA Fazi Editore]
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