Il primato della politica si dovrebbe scorgere nella forza e la capacità di prendere decisioni “prima” della magistratura. Dovrebbe. Appunto:
La Corte d’appello di Reggio Calabria ha sancito l’incandidabilità (c.d. Legge Severino) dell’ex sindaco di Reggio Calabria, Demetrio Arena. Il collegio, nei giorni scorsi, aveva già deciso lo stesso provvedimento nei confronti di Pino Plutino (detenuto per concorso esterno in associazione mafiosa), Luigi Tuccio, Walter Curatola, Giuseppe Eraclini, Giuseppe Martorano, Sebastiano Vecchio e Pasquale Morisani, tutti ex amministratori del Comune sciolto per contiguità mafiose. Arena, attuale assessore regionale alle Attività produttive, era stato eletto sindaco di Reggio il 21 maggio 2011 a capo di una coalizione di centrodestra, dopo le dimissioni di Giuseppe Scopelliti, candidatosi ed eletto nel 2010 presidente della Regione. Il tribunale di primo grado ne aveva dichiarato l’incandidabilità per un turno di elezioni amministrative. “Il Collegio – è stato il commento di Arena – così come per gli altri amministratori, ha censurato però l’operato dei giudici di primo grado che non sono entrati nel merito dei rilievi posti dai ricorrenti. Ha invece introdotto una nuova fattispecie, svincolata totalmente dagli addebiti posti a base della decisione dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria, ritenendo che al Sindaco non e’ da ascrivere ‘l’omesso personale adempimento riguardo ai rilievi formulati’, né tanto meno ‘l’omessa vigilanza’, dando atto che la situazione organizzativa e amministrativa del Comune, nella quale il sindaco si e’ trovato ad operare, era tale da non poter pretendersi la ‘minuziosa vigilanza e il dettagliato controllo delle attività amministrative’, poiché ‘ormai compromessa, forse irrimediabilmente’. Il giudizio di incandidabilità – prosegue Arena richiamando la sentenza – si fonda, quindi, esclusivamente sulla carenza di ‘impulso d’indirizzo’ atto a stimolare ‘con l’urgenza dettata dalla gravita’ del caso, percorsi diversi finalizzati all’immediata e determinata, nonché tenace e perseverante bonifica dal malcostume e dal malaffare diffusi dell’intero impianto strutturale della propria organizzazione (poiché ormai compromessa, forse irrimediabilmente) ed al ripristino di una effettiva conformità a legge e Costituzione del suo andamento ordinario, mediante ogni opportuna dotazione normativa e regolamentare”’. “La Corte d’Appello, con sentenza notificatami alla Vigilia di Natale – ha proseguito Arena – ha confermato quindi la mia incandidabilità per le prossime elezioni amministrative. Nel prendere atto della decisione, che rispetto ma non condivido, osservo così come in quello del Tribunale, anche nel provvedimento della Corte non vi è, e d’altronde non vi poteva essere, alcun accenno a miei atti o comportamenti indicativi, nemmeno larvatamente o indirettamente, di contiguità, connivenza o vicinanza alla criminalità organizzata. La Corte d’Appello ha delineato minuziosamente il contesto in cui la mia Amministrazione si e’ trovata ad operare sin dal suo insediamento, rilevando una marcata situazione di inefficienza e degrado della macchina amministrativa comunale, non addebitando pertanto al sottoscritto alcuna responsabilità rispetto ai fatti contestati e alla più complessiva attività di vigilanza; tuttavia la decisione dell’incandidabilità si ‘fonderebbe’ sulla mancanza di una attività di impulso che nei sei mesi di attività amministrativa si sarebbe dovuta espletare per bonificare la macchina organizzativa dal malcostume e dal malaffare diffusi. Prendo atto di ciò, ma rilevo che nessuno fino ad ora mi aveva chiesto di produrre i numerosi atti ed iniziative che nei pochi mesi di mia sindacatura ho adottato per ridare efficienza ai servizi, tutti, e per correggere prassi e comportamenti distorti da parte degli uffici comunali. Credevo, invero, di dovermi difendere, nel giudizio di incandidabilità, da responsabilità mie personali e dirette, rispetto alle cause dello scioglimento per contiguità alla ‘ndrangheta della Amministrazione comunale. Mi si addebita invece una responsabilità oggettiva riguardo alla situazione amministrativa e non rispetto alle cause di scioglimento decretate dal Governo: e’ evidente che chiunque al posto mio sarebbe stato dichiarato incandidabile. Se da un lato ciò mi conforta con riferimento alla mia personale onorabilità, dall’altro non posso accettare che gli elementi utilizzati per decretare lo scioglimento dell’amministrazione comunale siano oggettivamente addebitati a colui che si trovava ad esserne il massimo rappresentante, ma che non li aveva in alcun modo determinati; con la conseguenza che tali elementi comportano la mia incandidabilità per la prossima tornata elettorale (sempre che io ne fossi intenzionato), sottraendo un diritto costituzionalmente garantito al cittadino quale è quello dell’elettorato passivo. Per questo – ha concluso Arena – impugnerò il provvedimento della Corte d’Appello davanti alla Suprema Corte di Cassazione”.