Manca solo un giorno al voto che potrebbe segnare la fine di un’era per il Regno Unito. Domani 4 luglio gli elettori britannici si recheranno alle urne per eleggere i 650 membri della Camera dei Comuni, in quello che si preannuncia come un terremoto politico destinato a riscrivere gli equilibri di potere oltremanica.
Dopo 14 anni di dominio incontrastato, il Partito Conservatore rischia una disfatta di proporzioni storiche. I sondaggi sono impietosi: danno i Tories in svantaggio di oltre 20 punti percentuali rispetto ai Laburisti. Un divario abissale che potrebbe tradursi in una débâcle senza precedenti per i conservatori, con la prospettiva concreta di essere ridotti a un manipolo di 80-90 deputati. Uno scenario da incubo per il giovane premier Rishi Sunak, che si è ritrovato a dover gestire una campagna elettorale in salita fin dall’inizio.
La caduta dei conservatori: un decennio di turbolenze
Dal canto suo, il leader laburista Keir Starmer assapora già il gusto dolce della vittoria. Con la cautela di chi sa che in politica nulla è scontato fino all’ultimo, il 62enne ex procuratore della corona sta già lavorando alla formazione della sua squadra di governo. I bookmaker lo danno per favorito assoluto: il Labour potrebbe conquistare una maggioranza schiacciante di 440-450 seggi, un risultato che supererebbe persino il trionfo di Tony Blair nel 1997.
Nell’ultimo giorno di campagna, Sunak tenta disperatamente di esorcizzare la sconfitta. “Intendo impegnarmi fino all’ultimo momento”, ripete come un mantra il premier uscente, lanciando appelli agli indecisi a “non consegnarsi” ai laburisti. Ma il suo sembra ormai un canto del cigno, la resistenza estrema di chi sa di essere con le spalle al muro. Il sistema elettorale maggioritario britannico rischia di amplificare ulteriormente la portata del tracollo conservatore.
Starmer, dal canto suo, si limita a evitare passi falsi dell’ultimo minuto. La sua strategia è quella della cautela e della rassicurazione. Punta tutto sulla sua immagine di “uomo normale”, lontano dagli eccessi ideologici del suo predecessore Jeremy Corbyn. Un profilo moderato e centrista che sembra aver fatto breccia nell’elettorato, stanco di anni di instabilità e caos politico.
Il Labour si prepara a raccogliere i frutti di una campagna incentrata sui temi sociali ed economici: più fondi per la sanità e l’istruzione pubblica, misure per il costo della vita, spinta sulle energie rinnovabili. Temi che hanno fatto presa su un elettorato provato da anni di austerity e dalle conseguenze della Brexit.
Il ritorno dei laburisti: una nuova era per il Regno Unito
I conservatori pagano lo scotto di un decennio turbolento, segnato dalle lacerazioni sulla Brexit e da una successione vertiginosa di premier: da David Cameron a Theresa May, passando per il controverso Boris Johnson fino all’effimera parentesi di Liz Truss. Sunak, arrivato a Downing Street nell’ottobre 2022, non è riuscito a invertire la rotta del declino Tory.
L’incognita di queste elezioni è rappresentata da Reform UK, il partito populista guidato dall’eterno Nigel Farage. I sondaggi gli attribuiscono un potenziale 10% dei consensi, che potrebbe erodere voti preziosi ai conservatori nei collegi in bilico. Un’ulteriore spina nel fianco per Sunak.
Tutto lascia presagire che domani sera il Regno Unito si sveglierà con un nuovo inquilino a Downing Street. Keir Starmer si prepara a varcare la soglia della residenza del premier, ponendo fine a 14 anni di egemonia conservatrice. Un passaggio di consegne che potrebbe avvenire già venerdì, una volta certificato l’esito del voto.
Il nuovo governo laburista promette di imprimere una svolta nella politica britannica. Starmer punta a ricucire i rapporti con l’Unione Europea, pur senza rimettere in discussione la Brexit. Sul fronte interno, la priorità sarà il rilancio del servizio sanitario nazionale, fiore all’occhiello del welfare britannico messo a dura prova da anni di tagli.
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