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Resistete come la banda di Ceccano

Per il 25 aprile a Ceccano è accaduto un episodio minimo, come in molti altri comuni d’Italia, di una storia che contiene un insegnamento. Il sindaco della città, Roberto Caligiore di Fratelli d’Italia, decide che la banda cittadina non può suonare “Bella ciao” durante la cerimonia.

“Bella ciao” è divisiva, dicono da quelle parti. In effetti “Bella ciao” non piace a chi la guerra di Liberazione l’ha persa. Solo a loro. Solo a loro provoca imbarazzo (non è nemmeno imbarazzo, è solo la memoria della sconfitta) e solo loro credono che si possa sabotare il 25 aprile impedendo di suonarla. È uno dei tanti modi vigliacchi di svuotare il 25 aprile per renderlo il più possibile un rito stanco, sperando che diventi il prima possibile una commemorazione senza intenti e senza slanci per il futuro. Non si fa fatica a capire il perché: c’è nella lezione della Resistenza un foglietto delle istruzioni per capire chi già o meno vigliaccamente decide di rifarsi al fascismo, chi si rifiuta di rinnegarlo, chi vede negli antifascisti dei nemici.

La banda di Ceccano ha seguito in modo impeccabile il cerimoniale deciso dal sindaco. Lui impettito non ha provato nemmeno un pizzico di vergogna mentre “Bella ciao” veniva suonata al cospetto del Capo dello Stato Sergio Mattarella. Quello stesso Mattarella che per questo 25 aprile ha deciso di usare parole chiare, nette: vincitori e vinti del 25 aprile non sono uguali.

Alla fine della cerimonia, quando la piazza ancora non si svuota, la banda di Ceccano ha deciso di suonare ciò che le era stato impedito. Formalmente non ha contravvenuto a nessuna regola dettata dal sindaco. Simbolicamente ha dimostrato il dovere di rispondere colpo su colpo alla provocazione. Così il sindaco che voleva ammorbidire la Resistenza s’è ritrovato la resistenza in piazza, musicale, con fiati e tamburi. Non arretrare di un centimetro, ora e sempre. Grazie, banda.

Buon mercoledì.

Nella foto: frame del video (da facebook) dell’esecuzione di “Bella ciao”

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