Un’intervista per vulcanostatale.it:
Gli ultimi scandali legati ad Expo 2015 hanno riportato sulle prime pagine nazionali la questione della permeanza mafiosa stratificata a più livelli nel Nord Italia. Si parla ora di una nuova Mani Pulite e – dopo la gara agli appalti truccati – pare iniziata quella a chi se le lava prima, le mani; mani sporche di corruzione, tra aste irregolari e malavita; le stesse mani che hanno stretto quelle di numerosi esponenti politici di numerosi partiti, che tuttavia non risultano indagati.
Da anni, ormai, hai intrapreso una dura battaglia contro la criminalità — su molti fronti e con diversi mezzi: hai fondato, insieme a Cremonesi e Civati, il primo gruppo interistituzionale che si occupa appunto delle infiltrazioni mafiose per quanto riguarda Expo 2015; dunque forse saprai dirci ciò che un po’ tutti, intimamente, ci domandiamo: si tratta davvero di uno “scandalo”?Se lo “scandalo” sottintende una sorpresa, direi che non c’è proprio nulla di scandaloso: la gestione degli appalti in Regione Lombardia si trascina da anni un sistema costruito ad hoc per coagulare gli interessi particolari di alcuni, e da anni si invocano trasparenza e controlli. Non stupisce infatti – al di là dei reati eventualmente commessi – che le Commissioni e il Consiglio Regionale non abbiano avuto nessun sentore, nonostante le numerose interrogazioni: l’impunità è garantita meglio in mancanza di strumenti di controllo, e in Lombardia negli ultimi anni solo la Magistratura è riuscita ad intervenire in questioni che tecnicamente apparivano “con le carte a posto”. Sulla questione “mafie”, sono stati in molti a dire che, vista l’attuale situazione lombarda e l’attuale legislazione, sarebbe apparso difficile allontanarle – e non mi pare ci sia stato mai alcun concreto cambio di passo, al di là delle rassicurazioni verbali.
Dal teatro alle librerie, di lì poi alla politica: da IDV a SEL, fino alla corsa in Regione Lombardia. Parlaci di queste esperienze così diverse tra loro, delle motivazioni che ti hanno spinto ad impegnarti prima nel teatro, poi nella scrittura e, infine, in politica; di come questi canali possano diventare mezzo per promuovere la lotta alle mafie, la voglia e la ricerca di legalità.
Io credo che si possa cercare di coltivare legalità in tutti i modi possibili, con qualsiasi professione e addirittura funzione all’interno della società. L’esperienza politica mi ha permesso di affinare ed allenare la curiosità e, nel mio piccolo, di sollevare temi che apparivano “dormienti” all’interno del Pirellone. Certamente una seria lotta alle mafie non può prescindere da una maggioranza assoluta nella volontà politica e questo, in Regione Lombardia, sembra ancora lontano dal verificarsi. La scrittura e il teatro sono professioni fortemente politiche – nel caso in cui si decida di affrontare temi così presenti o addirittura futuribili.
Non si può negare che il tuo sia un mestiere che comporta molti rischi, che ti espone a diversi pericoli. Come è cambiata la tua vita da quando hai intrapreso questo percorso? Ti penti mai di averlo fatto, delle decisioni prese a riguardo, a scapito forse di una vita “normale”, “tranquilla”?
Non mi pento, e non mi sento più anormale di altri. Faccio il mio lavoro con la schiena diritta e la coscienza pulita. Alla faccia dei cattivi e dei “finti buoni”.
C’è un lavoro teatrale, un tuo libro cui sei particolarmente legato? Perché?
Come libro sono stato molto soddisfatto del percorso de L’Innocenza di Giulio che – come io e Gian Carlo Caselli speravamo fin dall’inizio – ha offerto una chiave di lettura sugli “andreottismi” del presente, soprattutto tra i più giovani. Le presentazioni del libro si trasformano molto spesso in un’agorà appassionata sul presente, in cui le azioni di Andreotti servono per cercarne la ciclicità; inoltre, propone con forza il senso dell’opportunità politica che, complici gli ultimi vent’anni, si è andata molto affievolendo. Per gli spettacoli devo dire di essere rimasto molto sorpreso della longevità di Nomi Cognomi e Infami che ancora oggi, dopo qualche anno, ha tutta la forza della risata contro le mafie.
La percezione e la consapevolezza della presenza di associazioni mafiose in Lombardia a livello ormai strutturale paiono essere aumentate – complici anche il tuo prezioso lavoro, i fatti di cronaca, e tutti quegli “scandali” che ultimamente non si fanno attendere. Realtà, oppure troppo ottimismo? Qual è dal tuo punto di vista il vero quadro della situazione attuale?
Sicuramente abbiamo fatto molti passi avanti nella consapevolezza — raggiunta purtroppo più con gli allarmi che con una seria analisi; ora bisogna riuscire ad avere una classe dirigente che appartenga alla “generazione istruita”. In tutti i campi.
Ingabbiati nella routine quotidiana, spesso dimentichiamo di questo importante ed urgente problema, che in realtà ci tocca sempre più da vicino, e per il quale tutti, in un modo o nell’altro, dovremmo fare qualcosa; soprattutto noi giovani, anche attraverso le università, potremmo diventare una grande risorsa. Come consigli di impegnarsi attivamente in questo senso?
Non credete nelle ricette uniche; cercate sempre di trovare nel dubbio uno stimolo, anche tra le tesi dei nostri affezionati o stimati: esercitate il muscolo della curiosità. Riuscirete a fare rete senza essere solidali solo con i sodali, ma riuscendo ad esserlo con tutti. E, sì — questo è forse un proposito utopico di vita, piuttosto che un banale comandamento antimafioso.
Marta Clinco
@MartaClinco