Aldo Giannulli sul suo blog affronta in modo sfrontato (che è un sinonimo spregiativo del tanto benvoluto “a viso aperto” la questione di Rivoluzione Civile, Rifondazione, Sinistra Critica e SEL ipotizzando scenari che hanno dell’apocalittico in un ecosistema a sinistra portato al conservatorismo che progredisce al massimo per frammentazione. Le conclusioni sono nette:
Debbo anche precisare che non ritengo affatto che una confluenza di Rifondazione in Sel risolva il problema di costruire un vero soggetto della sinistra radicale. Peraltro guardo con molta attenzione ad Alba e Cambiare si può oltre che Sinistra Critica. Però, Cambiare si può, Alba e Sinistra Critica sono un po’ un gioco di scatole cinesi, in cui una cosa sta nell’altra, ma le persone sono più o meno le stesse. E sono poche, molto poche. D’accordo che Csp ha inaugurato un metodo di lavoro interessante, però, date le scarse forze di cui dispone, è difficile che dia risultati in tempi brevi e qui i tempi sono stretti. Non dimentichiamoci che a giugno 2014 ci aspettano le elezioni europee, nelle quali si vota con sistema proporzionale ma con clausola di sbarramento al 4%. Dopo una nuova sconfitta, quel che resta della sinistra rischierebbe di disperdersi del tutto. E teniamo presente che neanche Sel ha il 4%.
Peraltro, alle Europee non ci sono le coalizioni ed ognuno corre per suo conto. Nel frattempo, c’è un’ emergenza: che si fa dei resti di Rifondazione che, nel complesso, dispone ancora di diverse migliaia di militanti e di sedi un po’ in tutta Italia? Teniamo conto che, allo stato attuale, non ha mezzo euro da spendere e che la prospettiva è quella di una nuova traversata del deserto senza parlamentari. Il rischio evidente è che, nel giro di qualche mese, si squagli tutto, se non c’è un approdo, per quanto provvisorio, verso il quale dirigersi per riprendere fiato.
Considerato che il suo attuale gruppo dirigente è al di sotto di ogni sospetto, la cosa più probabile è che, qualora restasse in sella, farebbe probabilmente due cose:
a- liquidare quel che resta del patrimonio immobiliare del partito per spartirsi con l’apparato il magro gruzzolo a titolo di ultimi stipendi e liquidazioni
b- nascondersi dietro Ingroia, che è l’unico che continua a credere che Rivoluzione civile esista ancora, per poter andare a battere alle varie porte vicine (M5s, Sel, Pd..) nella speranza che se ne apra una.
Ovviamente, la seconda operazione ha ottime probabilità di fallire e, a quel punto, Rifondazione (posto che ci sia ancora) si disintegrerebbe del tutto. Di qui la necessità di liberarsi di questo branco di parassiti che “dirigono”: non ho detto “sfiduciare il gruppo dirigente”, intendo dire proprio ruzzolarli dalle scale (metaforicamente parlando… si intende).
Ma, anche dopo questa sana disinfestazione del partito (chiamiamolo ancora così), resterebbe il problema di cosa fare, senza denaro, senza accesso alle istituzioni ed ai media, con una base in grave crisi psicologica. Per risalire la china ci vorrebbe un colpo d’ala: un’ iniziativa politica forte ed innovativa, ma questo, a sua volta, esigerebbe un nuovo gruppo dirigente, che sappia prendere in mano le redini ed invertire la tendenza. Ma dove lo trovano?
Pensare che, dopo anni di sonno bertinottiano e di catastrofi ferreriane, dopo anni di assenza di idee politiche e di discussione vera, possa venir fuori d’improvviso un nuovo gruppo dirigente, come Minerva armata dal cervello di Giove, è solo una illusione illuministica. Dunque, le premesse per una ripresa immediata non ci sono, mancano i mezzi e la gente è fortemente sfiduciata. Che si fa? Si aspetta che tutto finisca per consunzione e che l’ultimo spenga la luce? Se non vogliamo che tutto evapori nel giro di una manciata di mesi, occorre dare “un tetto” a quel che resta e l’unica possibilità è Sel, che a sua volta deve iniziare un ripensamento molto serio di tutte le sue scelte. Inoltre, le critiche che vengono mosse circa l’alleanza di Sel con il Pd non tengono conto che:
a- c’è una consistente possibilità che muti la legge elettorale e che le coalizioni non si formino più, ma si vada al voto su liste scollegate
b- non è scritto da nessuna parte che si riformi l’intesa Pd-Sel e che magari non venga fuori un cartello Pd-Monti che obbligherebbe Sel a cercare altre strade
c- il Pd è sottoposto a forti sollecitazioni interne che non è escluso possano sfociare in aperte rotture, nel qual caso l’esistenza di un polo di sinistra piccolo, ma di qualche solidità, potrebbe risultare molto utile.
Insomma, non sto affatto proponendo di ridurre tutta la sinistra radicale a Sel, ma solo di iniziare un percorso di rifondazione (questa volta vera e non solo slogan) che porti alla nascita di un efficace partito di sinistra anticapitalistica. Su questa strada occorre anche lavorare con Alba, Csp e Sinistra Critica, d’accordo, ma intanto occorre evitare la diaspora finale.
La discussione sul futuro della sinistra diffusa è il santo graal di questi ultimi anni per tutto quel pezzo che passa dall’ala sinistra del pd fino ai gruppi più oltranzisti (e lo dico con affetto) a sinistra e la soluzione paventata alla fine è quasi la stessa: mettersi insieme. Eppure sfugge come il punto politico oggi sia questa idiosincrasia ad un percorso identitario reale prima di pensare alle somme: come un accorpamento di corpi celesti di cui non si conoscano ancora perfettamente le sostanze che li compongono ma che debbano stare insieme per la caratteristica comune di “essere troppo piccoli da soli”.
Io non credo che Rivoluzione Civile abbia fallito in questa ultima tornata elettorale (e, attenzione, ritengo che anche SEL esca sconfitta rispetto agli obiettivi) perché non ci sia bisogno di una sinistra in questo paese quanto piuttosto essere risultata una somma con poca identità. Chi come me ha partecipato ai direttivi nazionali (nazionali, attenzione) di IDV non può credere che il dialogo con Diliberto e Ferrero sia frutto di un percorso d’intenti piuttosto che di un calcolo algebrico e nemmeno posso pensare che Ingroia o De Magistris (e con entrambi mi lega una profonda stima e riconoscenza per la loro intelligenza) abbiano potuto credere il “pericolo Monti” potesse essere un valore fondante per una coalizione che vorrebbe guidare l’Italia. Ancora di più oggi che è chiaro che Monti è solo una scheggia rispetto al confronto doveroso con il Movimento 5 Stelle. E nemmeno posso credere che l’ipotesi di una Cosa Seria (e qui, come Puffo Quattrocchi, mi ripeto) con punti precisi e chiari (si possono leggere qui e guarda caso alcuni sono i punti che hanno fatto forte anche il M5S) sia stata vissuta come un azzardo inconcludente.
Ora siamo qui, con un Governo che forse non si farà e con un cerchio in cui non si capisce nemmeno chi ha la palla e chi sta sotto. E sembra impossibile che non si sia capaci di vedere il futuro come nascita piuttosto che conseguenza.