Vorrei che ciascuno trovasse il proprio senso della bellezza. Che lo conoscesse, lo coltivasse, lo espandesse, se ne fidasse. Siamo tutti diversi l’uno dall’altro e l’arte deve gioire, e gioisce, delle differenze, e maggiori sono le differenze meglio è. Perché ci uniscono di più.
Leggevo la conversazione tra Aimee Bender e Alice Sebold e per oggi ho deciso di tenermi questa frase di Aimee perché dentro c’è il rifiuto all’omologazione che si respira di questi tempi in politica e allo stesso tempo il nocciolo del nostro fare cultura, politica e cultura politica quando ci riusciamo.
Perché il giorno che verrà riconosciuto il diritto al proprio senso di bellezza e il dovere a coltivarlo e fidarsene scopriremo quanto sia un sospiro di sollievo per l’elaborazione del pensiero (e quindi dell’etica) in tutti i campi.