Il vicepremier si è intestato la battaglia contro i cosiddetti ‘eco-imbecilli’ che fermando il traffico mettendo a rischio la vita delle persone. Ma se a farlo sono gli agricoltori – e il morto ci scappa per davvero – allora i toni cambiano. Lo stesso vale per la maestra incarcerata a Budapest: garantismo sì, ma solo con chi la pensa come te.
Piccolo manuale dell’ipocrisia. Matteo Salvini da qualche tempo ha deciso di intestarsi la battaglia contro i ragazzi di Ultima generazione, collettivo di persone per di più giovani che chiedono un’immediata inversione di rotta per frenare il cambiamento climatico in corso e non rischiare di essere l’ultima generazione – appunto – che potrà abitare serenamente questo Pianeta. Inutile cercare reali motivazioni politiche nella presa di posizione del capo della Lega. Salvini annusa l’aria che tira sui social tra i suoi potenziali elettori e si ingegna per politicizzare il malcontento di turno declinandolo in dichiarazioni politiche e in iniziative legislative. L’ossessione contro i ragazzi di Ultima generazione dice molto del Paese che siamo. C’è lì dentro innanzitutto il paternalismo di chi ritiene l’età biologica un sinonimo della maturità morale e intellettuale. In una società annichilita dall’autopreservazione dove la paura di perdere posizioni di potere o di rendita elegge il conservatorismo come unica salvezza i giovani sono pericolosi e destabilizzanti. Vanno tenuti a bada finché non siano abbastanza farciti di voglia di obbedire e finché non siano abbastanza ricattabili da diventare mansueti. Così questi tipi di Ultima generazione che si permettono di mettere sul banco degli imputati tutte le classi dirigenti degli ultimi decenni diventano il nemico.
I passi per delegittimare l’attivismo ambientale: dalla negazione dell’emergenza climatica al pugno duro
Come si disarticola l’avversario? Si tenta di negarne le ragioni, di svilirne le richieste. Per delegittimare l’attivismo ambientale si nega che esista un’emergenza ambientale. Non avendo evidenze scientifiche ci si aggrappa a qualche sepolcro imbiancato con tesi deliranti e poi si atterra sul più immediato «è sempre stato così». Infine si criminalizza la protesta. «Se questi bloccano la strada e ci scappa il morto per un’urgenza che rimane incagliata nel traffico?». La domanda è tendenziosa ma funziona. Non solo: Matteo Salvini si riscopre cultore dell’arte (che lui da sempre confonde con la tradizione) e rende pubblico il suo strazio per un vetro protettivo insozzato di zuppa. Infine l’avversione politica diventa norma: pugno duro contro i blocchi stradali, pugno duro contro il minestrone sui pavimenti dei musei.
Se il legislatore bulimico scrive leggi che si ritorcono contro il suo bacino elettorale
Arriviamo a questi ultimi giorni. Lo spazio sui giornali riservato contro i cosiddetti “eco-imbecilli” viene coperto dagli agricoltori in protesta a cavallo di possenti trattori. Nessun editorialista si sogna di chiamarli “agro-imbecilli” perché bisogna rispettare le ragioni delle proteste, dicono. Si assiste così a un’inversione dei giudizi morali che valevano fino a qualche minuto prima. Che fanno gli agricoltori? Bloccano le strade, esattamente come quegli altri, con modalità più rudi. Grattando bene si scopre che qualche giorno fa ci è scappato anche il morto – non ipotetico – in coda a Catanzaro bloccato in una strada ingolfata da mezzi agricoli in protesta. La notizia va cercata con pazienza certosina poiché si è meritata solo qualche taglio basso nelle pagine di cronache minori. E l’arte per cui si stracciano le vesti? C’è anche quella: a Bruxelles una statua che si stagliava da qualche secolo diventa maceria sotto gli applausi dei manifestanti infoiati. Il cortocircuito è degno del teatro dell’assurdo: il legiferatore bulimico ha scritto leggi che si ritorcono contro il suo bacino elettorale. Dalle parti del governo scoprono che le leggi – mannaggia – vanno applicate allo stesso modo con tutti, almeno dovrebbero, e quindi la criminalizzazione degli avversari ricade anche sugli amici. Come si difendono? «Con gli agricoltori siamo di fronte a un intero settore che rischia di essere messo fuori dal mercato», ci spiegano. Ah, ok. La difesa del Pianeta in effetti ha tutta l’aria di essere una vile questione personale di quei ragazzetti, evidentemente. Di fronte all’ipocrisia ammiro quei ragazzi che con pazienza e autocontrollo si limitano a qualche secchiata di vernice lavabile o qualche blocco di una tangenziale per una decina di minuti.
La bufera sullo staff Unrwa e il garantismo a singhiozzo sul caso Salis
Piccolo manuale dell’ipocrisia. La polemica sullo staff Unrwa accusato di aver preso parte agli attacchi del 7 ottobre coinvolge 12 persone. Dodici persone su 13 mila impiegati a Gaza sono lo 0,09 per cento. Agli attacchi hanno preso parte almeno 2 mila persone, ovvero almeno lo 0,08 per cento della popolazione. Se dovessimo applicare la sineddoche dello 0,09 per cento a partiti o associazioni l’Italia sarebbe un fiorire di organizzazione criminali in ogni dove, dalla bocciofila sotto casa ai partiti di governo. Piccolo manuale dell’ipocrisia. Sul garantismo dei garantisti cultori della responsabilità proporzionale alla vicinanza delle proprie idee si sono scritti fiumi di inchiostro. Un dato irrilevante ma paradigmatico: il ministro Salvini su una donna – Ilaria Salis – in cella in Ungheria mangiata dalle cimici e trasportata in catene trova il tempo di dire che «se condannata non può tornare a fare la maestra». Gli ipocriti hanno bisogno di essere anche ignoranti: un condannato per reati gravi non può fare il maestro come non può assumere qualsiasi altro ruolo nella pubblica amministrazione. Il ministro sotto processo per sequestro di persone non sa che per i dipendenti pubblici non funziona come per i ministri o i sottosegretari: la pena è una cosa seria.
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