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Salvini è una mina vagante. Ora Meloni teme un altro Papeete

Giorgia Meloni si sente forte, fortissima. La vittoria di Marsilio in Abruzzo ha spazzato le nubi soffiate dalla Sardegna e la presidente del Consiglio è rinfrancata. Si continua quindi sulla stessa linea, decide tutto lei. Tra le soddisfazioni che la leader di Fratelli d’Italia si intasca per il risultato abruzzese c’è anche il caotico crollo dell’alleato scomodo Matteo Salvini. Le voci vicine a Palazzo Chigi dicono della reale speranza che il ministro alle Infrastrutture molli la polemica nella maggioranza. Più che dedicarsi al fallimentare – per ora – tentativo di erodere voti alla premier il segretario della Lega dovrà occuparsi di tenere insieme la base del suo partito.

Oltre al fronte aperto con la Meloni. Salvini è bersagliato pure nel Carroccio. Dove la sua leadership non è più un tabù

Non va sottovalutato comunque che il governo perde cinque punti di fiducia nell’ultimo mese e scende sotto il 40%. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio Ixè, diffuso subito dopo le elezioni regionali in Abruzzo. Nel gradimento dei leader, scendono Giorgia Meloni (40%, -3% rispetto a febbraio) e Matteo Salvini (33%, -3%). Stabile Giuseppe Conte (32%) e in crescita di due punti Elly Schlein (26%). Per la seconda settimana consecutiva Fratelli d’Italia cala nei sondaggi, passando dal 27,3 al 27,1 per cento. Sette giorni fa il calo era stato dello 0,4 per cento. Naturali e prevedibili flessioni, dicono da Fratelli d’Italia. Chi sorride nel centrodestra è Antonio Tajani che ora sogna realisticamente il sorpasso alla Lega alle prossime elezioni europee ristabilendo gli equilibri di sei anni fa.

Il risultato abruzzese è un viatico importante in previsione dello sprint per le elezioni di Bruxelles. Per quell’occasione il leader di Forza Italia potrà contare su una nutrita truppa di leghisti della prima ora, proprio quelli che riaccendono lo spirito della Lega che fu e che con Salvini non riesce ad essere più. Sono sempre più insistenti le voci del reclutamento per le prossime europee di Marco Reguzzoni, ex capogruppo in Parlamento della Lega che tre giorni fa ha condannato la gestione di Salvini: “Ha commesso un errore fondamentale – ha detto Reguzzoni il 29 febbraio durante la presentazione del suo libro -. Aveva i numeri per poter incidere in Europa e ha scelto di stare fuori dal Ppe e in opposizione. Aveva un numero di parlamentari importante, ben 23, pensate che tutta l’Ungheria ne ha eletti 21, eppure non ha saputo incidere. E questo, la Lega lo pagherà in termini di consenso alle prossime elezioni”.

L’Abruzzo ha messo all’angolo il leader della Lega. Che minaccia di correre da solo in Veneto

Reguzzoni andrebbe ad aggiungersi agli ex colonnelli leghisti Flavio Tosi, Roberto Cota, l’eurodeputata Stefania Zambelli e altri transfughi in arrivo. I pessimi risultati di Matteo Renzi con il suo partito Italia Viva hanno convinto Tajani di tentare anche un deciso assalto al centro tra i moderati. Alla candidata al Nord Letizia Moratti il compito di adescare nomi di peso spaventati dalla soglia di sbarramento complicata per Renzi come per Calenda. Lui, Salvini, tenta di arginare l’emorragia puntando su nomi esterni che gli permettono di non mettere mano nel partito in subbuglio.

l problema è che le candidature simbolo come quella del generale Roberto Vannacci (che comunque non ha ancora sciolto la riserva) rischiano di acuire il malcontento. Il rifiuto dei presidenti di regione di aiutare il loro segretario, da Luca Zaia ad Attilio Fontana fino a Massimiliano Fedriga, è un segnale politico che non ha bisogno di troppe interpretazioni. E qui sorge il timore vero di Giorgia Meloni: se Salvini rimarrà solo potrebbe pensare al colpo di coda mettendo in pericolo il governo, come ha già fatto con il primo governo Conte. Proprio ieri il leader della Lega ha balenato l’ipotesi di correre da solo in Veneto “se ci saranno incompatibilità”. È una provocazione, ovviamente. Ma è il primo passo per vedere l’effetto che fa.

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